Nonostante si tratti di un tema che ho già affrontato all’interno di questa rivista, parlare di creatività offre sempre nuovi spunti di riflessione, soprattutto in vista dell’accelerazione vertiginosa della quantità di contenuti che l’IA generativa ci propone quotidianamente che contribuiscono a minare le nostre certezze in merito di produzione cosiddetta creativa.
Lo spunto per continuare a parlare di questo argomento, mi è offerto dalla partecipazione ad un convegno promosso dall’Università di Bologna il 24 gennaio 2025 dal titolo: Follia e creatività. Tra rappresentazioni, stereotipi e forme dell’esperienza. Una giornata di studi del progetto PRIN 2022 SACre-D (Schizophrenia, Autism and the Myth of Creativity. An Interdisciplinary Perspective on Psychopathological Expression and its Digitalization) dedicata al tema dei rapporti tra la follia e la creatività[1].
Indice degli argomenti
La complessità del concetto di creatività
Il tema della creatività è di per sé complesso. La difficoltà non è relativa tanto ad individuarne manifestazioni e prodotti, quanto all’impossibilità di definirla in modo univoco. Stefano Bartezzaghi[2], nel suo saggio “Mettere al mondo il mondo” (2021), sottolinea proprio questa impossibilità. “Creatività” è una parola espressiva ma al tempo stesso sfuggente, un concetto che attraversa ogni ambito umano, dall’arte alla tecnologia, dal design alla pubblicità, appunto per questo sembra essere qualcosa di ineffabile, un’idea che ci serve per nominare una facoltà umana fondamentale, eppure resta avvolta in un alone di incertezza e mitizzazione.
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Stereotipi su creatività e follia
Uno degli stereotipi più persistenti legati alla creatività è quello che la associa alla follia, un immaginario alimentato da secoli di narrazioni artistiche e letterarie. Il genio incompreso, il visionario tormentato, l’artista che sfida i limiti della razionalità sono figure ricorrenti, ma questa visione, non supportata da dati scientifici, trascura, a mio avviso, uno degli aspetti essenziali della creatività, e cioè il fatto che si tratti di un processo, l’esito di una messa in opera, di un lavoro, indipendentemente dall’ambito settoriale a cui si faccia riferimento.
Il processo creativo secondo Jon Fosse
Jon Fosse, Premio Nobel per la Letteratura 2023, descrive il suo atto creativo come un avanzare verso una totalità sconosciuta, una ricerca che si nutre di concentrazione, intuizione e ascolto interiore. Egli scrive (1994)[3]: “Quando scrivo, scrivo sempre in direzione di una totalità che immagino esistere in un luogo, come qualcosa di assolutamente determinato e qualsiasi cosa io scriva, qualunque periodo, anche una parte un po’ più estesa, qualsiasi cosa, è una ricerca della totalità di cui non ho in anticipo coscienza alcuna, trattandosi di una totalità verso cui mi oriento scrivendo. Quando comincio a scrivere, scrivo e basta. Scrivo a modo mio. Dopo un po’, non molto dopo che ho cominciato, c’è una direzione in tutto quel che c’è scritto e, continuando, devo concentrarmi a tenere quella direzione.È un po’ come se ci fosse una causa per l’ulteriore scrittura. Non è tuttavia tanto semplice, perché, per riuscire a mantenere la direzione, debbo pormi in un ascolto intuitivo, con una partecipazione ch’è una sorta di sussurro nella tenebra (già posso dire al meglio, con una sintesi patetica), che vuol tanto diventare il suono della luce della totalità”.
Il sussurro nella tenebra che vuol diventare suono della luce, oltre ad essere una immagine poetica degna della motivazione che ha accompagnato la sua assegnazione del Nobel (conferito per aver saputo da voce all’indicibile) rappresenta, simbolicamente, la tensione di un processo che mira a raggiungere una destinazione seguendo una direzione e determina nel lavoro per raggiungerla, il senso del procedimento creativo. Lavorando con creativi e alla gestione della progettazione creativa da molti anni, posso dire che si tratta di un processo che ho visto prendere vita molte volte ed il risultato ottenuto è profondamente legato allo sforzo impiegato nel tracciarlo.
Creatività come esplorazione graduale
La creatività non è mai un atto isolato o improvviso, ma piuttosto un’esplorazione graduale, un costruire e ricostruire, sbagliare e correggere, in un continuo dialogo tra intuizione e tecnica. Margaret Boden (2004) distingue tre tipi di creatività: combinatoria, esplorativa e trasformativa. La prima avviene quando elementi già esistenti vengono rimescolati in modi nuovi; la seconda si basa sull’esplorazione di spazi concettuali già esistenti; la terza rivoluziona completamente un paradigma. In tutte e tre le forme, la creatività richiede tempo, iterazione e consapevolezza critica, elementi che sfidano l’idea romantica dell’illuminazione istantanea.
Il ruolo della fatica e della disciplina nella creatività
Un aspetto spesso trascurato della creatività è, infatti, il ruolo della fatica e della disciplina che mal si concilia con lo stereotipo del folle in preda a intuizioni geniali, così come i media spesso descrivono il perfetto creativo. Come sottolinea Mihaly Csikszentmihalyi (1996), gli individui altamente creativi non si affidano esclusivamente al talento innato, ma sviluppano routine e strategie per affrontare il lavoro creativo con costanza e rigore. Questo processo può essere paragonato a una forma di artigianato mentale, in cui la creatività emerge non da un lampo di genio isolato, ma da un’interazione costante tra pensiero, esperienza e sperimentazione.
Creatività umana vs. IA generativa
Questa prospettiva è particolarmente rilevante nel contesto contemporaneo, in cui l’IA generativa produce contenuti in pochi secondi, facendo apparire la creatività come un processo istantaneo e privo di sforzo. Tuttavia, la rapidità con cui l’IA genera testi, immagini o musica non deve essere confusa con la profondità del processo creativo umano, che implica riflessione, scelta e rielaborazione continua.
Dalla creatività individuale a quella collettiva
Se il processo creativo umano si fonda su un’interazione dinamica tra intuizione, esperienza e fatica, un’altra trasformazione fondamentale riguarda il passaggio da una creatività individuale a una sempre più collettiva. Questo fenomeno trova una chiave di lettura nell’approccio trialogico all’apprendimento e alla creatività. La ricerca sull’Approccio Trialogico all’Apprendimento (TLA) di Paavola e Hakkarainen (2005), in contrasto con gli approcci monologici e dialogici, enfatizza la costruzione di artefatti condivisi e il miglioramento continuo delle idee attraverso il confronto e la sperimentazione.
Uno degli aspetti più rilevanti dell’approccio trialogico è la sua capacità di integrare diversi livelli di apprendimento: personale, collaborativo e contestuale. Secondo Lakkala et al. (2012), il processo creativo è reso più efficace quando si combinano momenti di riflessione individuale con attività di costruzione collettiva e confronto con il contesto esterno. L’artefatto creato non è solo il risultato finale di un percorso, ma un elemento in divenire, che si modifica e si arricchisce attraverso il contributo di più attori.
Il ruolo della tecnologia nel processo creativo
In ambito educativo e professionale, questo modello trova numerose applicazioni. Ad esempio, nei progetti di co-design e innovazione, la creazione di artefatti digitali e materiali permette di strutturare il pensiero creativo in modo più concreto, evitando che le idee restino astratte o isolate. La tecnologia, in questo scenario, non è solo un mezzo, ma diventa parte integrante del processo creativo, facilitando l’accesso alle informazioni, la sperimentazione e la condivisione.
La trasformazione della conoscenza attraverso diversi formati
Un altro elemento fondamentale del TLA è la trasformazione della conoscenza attraverso diversi formati. Questo principio sottolinea come la creatività emerga non solo nella generazione di nuove idee, ma anche nella capacità di riformulare e rappresentare il sapere in modi differenti. Ad esempio, un concetto può prendere vita attraverso la scrittura, la rappresentazione visiva, la programmazione o la modellazione fisica, dando origine a nuove prospettive e intuizioni.
L’intelligenza artificiale, in questo contesto, può assumere un ruolo complementare: essa offre strumenti per amplificare la generazione di idee, ma non può sostituire la componente umana della creatività, che implica valutazione critica, intuito e capacità di attribuire significato. Il rischio di una standardizzazione eccessiva dei processi creativi attraverso l’IA può essere mitigato proprio grazie a modelli come quello trialogico, che enfatizzano il valore dell’interazione e della costruzione condivisa.
Il dibattito sulla creatività continua
Come appare chiaro da questo breve approfondimento, il dibattito sulla creatività è tutt’altro che concluso. In questa rivista continueremo a esplorare le sue molteplici sfaccettature, analizzando come si evolve nell’era digitale e quale spazio rimane per l’imprevisto, l’errore fecondo e l’autenticità dell’espressione umana. Perché, al di là delle tecnologie e dei modelli, la creatività resta il cuore pulsante della nostra capacità di reinventare il mondo, o, come scrive Jianwei Xun in “Ipnocrazia”, ci può permettere di “sviluppare una forma di presenza che possa esistere attraverso e grazie dialoghi multipli, mantenendo un nucleo di lucidità metacognitiva che permetta di non essere completamente assorbiti da nessuna conversazione particolare” (Jianwei Xun, 2024:37)
Note
[1] La lista dei partecipanti: Claudio Paolucci, Luigi Lobaccaro, Flavio Valerio Alessi, Aldo Gangemi, Francesca Borriello, Riccardo Manzotti, Gianna Angelini, Giorgio Bedoni, Chiara Bombardieri, Liliana Dell’Osso, Stefano Bartezzaghi, Massimo Leone, e le associazioni di categoria di Bologna
Boden, Margaret. The Creative Mind: Myths and Mechanisms. Routledge, 2004.
McCormack, Jon, et al. Computational Creativity: The Philosophy and Engineering of Autonomously Creative Systems. Springer, 2019.
Runco, Mark A., and Garrett J. Jaeger. “The Standard Definition of Creativity.” Creativity Research Journal, vol. 24, no. 1, 2012, pp. 92-96.
Verganti, Roberto, Luca Vendraminelli, and Marco Iansiti. “Innovation and design in the age of artificial intelligence.” Journal of Product Innovation Management, vol. 37, no. 3, 2020, pp. 212-227.
Paavola, Sami, and Kai Hakkarainen. “The trialogical approach to learning.” International Handbook of Collaborative Learning, Routledge, 2014.
Boden, Margaret. The Creative Mind: Myths and Mechanisms. Routledge, 2004.
Csikszentmihalyi, Mihaly. Creativity: Flow and the Psychology of Discovery and Invention. Harper Perennial, 1996.
Lakkala, M., Raitoharju, R., & Toom, A. “Design principles for collaborative learning environments.” Design-Based Research: An Emerging Paradigm for Transforming Education and Educational Research, 1(1), 1-19, 2012.
Jianwei Xun, Ipnocrazia, Tlon, 2024
[2] Bartezzaghi, Stefano. Mettere al mondo il mondo. Bompiani, 2021
[3] Fosse, Jon. Saggi gnostici, Cue Press, 2018.
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