intelligenza artificiale

IA generativa, cosa ne sarà di crescita e produttività? Ecco le sfide



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Una serie di dilemmi e di sfide si profilano per l’umanità in un’era dominata dalla GenAI e dai suoi ulteriori, imminenti sviluppi. Esserne consapevoli a livello individuale e collettivo è solo il primo, essenziale, passo per elaborare strategie all’altezza delle prove da affrontare

Pubblicato il 6 set 2023

Mauro Lombardi

BABEL – Blockchain and Artificial intelligence for Business, Economics and Law – Università di Firenze



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È fondato ritenere che gli effetti della diffusione dei Large Language Models (LLMs) saranno estesi e profondi ma, date la loro natura e caratteristiche, è impossibile fare previsioni con un attendibile grado di precisione.

Appare più logico, quindi, individuare tendenze qualitative e quantitative, cercando di limitare le estrapolazioni ingiustificate.

LLM, cosa sono e perché ci affascinano

Large Language Models (LLMs), ovvero l’insieme di modelli linguistici in grado di processare informazioni relative a molti domini conoscitivi (testi scritti, discorsi, foto, video, codici di computer, opere d’arte, ecc.), esercitano una capacità attrattiva su un numero crescente di persone nel mondo.

Il fascino esercitato si basa su alcune caratteristiche evidenti:

  • Velocità e elevata attendibilità delle risposte.
  • Varietà dei campi disciplinari in cui è possibile apprezzare tali peculiarità.
  • Chiara superiorità, in molti casi, della performance rispetto a quanto ottenibile da un esperto umano.

Tutto questo è possibile perché i sistemi algoritmici in questione hanno la capacità di “processare” il linguaggio umano e sono quindi dotati di una tale capacità di elaborazione formale dei contenuti da costituire un vero e proprio salto qualitativo rispetto ai “tradizionali”, per così dire, modelli di Deep Learning.

Proprio questi aspetti richiedono particolare cautela e adeguate conoscenze in modo da contenere facili entusiasmi ed evitare inappropriati scenari apocalittici.

I mutamenti attesi, ma ignoti, richiedono pertanto una riflessione attenta e sistematica sugli strumenti da attivare per la realizzazione di strategie orientate al beneficio dell’umanità e non a obiettivi “particolari”.

Gli strumenti oggi disponibili sono infatti così potenti da innescare processi e conseguenze devastanti in assenza di una consapevolezza, diffusa ad ogni livello, delle molteplici traiettorie evolutive che potrebbero profilarsi e quindi della necessità di elaborare visioni di medio-lungo periodo non deleterie.

Basata su queste considerazioni, la presente analisi si prefigge le seguenti finalità: delineare con chiarezza proprietà fondamentali dei modelli generativi, chiamati anche fondativi (foundation), da cui si motiverà la tesi che siamo di fronte ad un salto qualitativo negli sviluppi dell’IA, destinati a cambiare gli schemi tradizionali con cui si analizzano le attività umane e la produttività; proporre valutazioni sui possibili e contraddittori sentieri evolutivi che si profilano, in modo da poter elaborare orientamenti e principi strategici atti a ridurre le conseguenze dannose e sviluppare le componenti più positive per l’evoluzione del genere umano.

Modelli generativi: alcune peculiarità essenziali

I sistemi di cui si parla tanto hanno una capacità fondamentale: riescono a realizzare combinazioni efficienti ed efficaci di vari domini conoscitivi (scritto, parlato, visuale, simulato e reale, campi disciplinari senza limiti apparenti). È noto che tutto questo si basa su alcune ingredienti essenziali:

  • Aumento esponenziale della potenza computazionale.
  • Esistenza di enormi database, cioè i cosiddetti “set di addestramento” degli LLMs, peraltro non noti. Le centinaia di terabyte di allenamento costituiscono una miniera inesplorata di informazioni, che solo in parte sono raggiungibili da un singolo ricercatore o da un team, ai quali poi accorerebbero tempi infinitamente lunghi per l’elaborazione dei dati e delle informazioni.
  • Sono in atto circuiti di feedback positivi, che generano un trend esponenziale: la diffusione dei processi di digitalizzazione e la conseguente proliferazione informativa richiede maggiore potenza computazionale, che a sua volta retroagisce sulla prima, favorendo l’ulteriore aumento dei flussi informativi.
  • I modelli linguistici sono in grado di “estrarre” dalla miniera inesauribile di dati, in continuo aumento, componenti e patterns-associazioni tra di essi, grazie alla capacità di elaborazione amplificata da quanto indicato nei tre punti precedenti e da un altro strumento fondamentale: l’impiego di sistemi statistici, che consentono di “catturare” associazioni tra elementi da database crescenti e sempre più complessi. Questa capacità di estrazione incrementa a sua volta i circuiti di feedback positivi prima indicati e al tempo stesso spiega l’efficienza e l’efficacia con cui sono erogate le risposte alle richieste degli utenti nelle loro “linee di comando” (prompt). È a questo punto legittimo porsi un interrogativo: da dove scaturisce la grande capacità estrattiva degli LLMs? La risposta a questa domanda sta nel riflettere sul significato dell’espressione “modelli linguistici”.
  • Il fattore essenziale, che dà un impulso alle loro prestazioni, conferendo ad esse sostanziali proprietà innovative, è che esse possiedono componenti significative del linguaggio umano, ma non tutte. Teniamo presente che il grande sviluppo dell’IA, tra “inverni” (winter, Schuchman, 2019) ed “eccessi di entusiasmi” (generati da spring, Bughin, 2017; Manyika e Bugin, 2019) nel corso della sua evoluzione, ha come base fondamentale il linguaggio binario con il quale gli umani hanno dato ad essa la possibilità di rappresentare processi biofisici e socio-tecnici. Mediante moltiplicazioni tra matrici composte di sequenze orizzontali e verticali di 0 e 1, dalla computer graphics all’addestramento di reti neurali[1], le varie generazioni di Machine Learning fino al Deep Learning hanno consentito di ottenere performance pari o superiori a quelle umane (dama, Jeopardy, scacchi, Go, Bridge). Il cambiamento fondamentale realizzato con i modelli generativi consiste nel fatto che sono basati su meccanismi che catturano le regolarità linguistiche (regole grammaticali e sintattiche, morfologia delle frasi) e sono quindi in grado di costruire strutture linguistiche, elaborate sulla base dell’applicazione di sistemi statistici alle enormi base di dati di addestramento. In breve, gli LLMs hanno competenze linguistiche formali (Mahowald et al. 2023), ma sono prive di competenze linguistiche funzionali, ovvero quelle necessarie per “understanding and using language in the world”, che richiedono “formal reasoning, world knowledge, situation modeling, and social-cognitive abilities” (Mahowald et al.: 4, spiegate nella Sez. 4, pp. 13-19). Le competenze linguistiche formali (regole di composizione “delle molecole di parole – le frasi” (Moro, 2012: 17) permettono agli LLMs di generare rappresentazioni molto più efficaci del mondo in cui agiamo, perché impiegano le stesse regole di composizione delle nostre modalità comunicative, pur senza comprenderne il senso, appunto perché prive delle capacità di interagire. Tutto ciò costituisce un salto qualitativo sul piano della interazione comunicativa, specie se si associa ad un’altra peculiarità, che deriva da quanto detto all’inizio e ora possiamo vedere in un’altra luce.
  • L’efficace e dinamica capacità di combinare differenti domini cognitivi, realizzata grazie alle competenze linguistiche formali, fa sì che i modelli in questione acquisiscano una capacità di elaborazione multimodale, che però è molto distante dal sistema percettivo multimodale umano, le cui proprietà di rappresentazione attiva del mondo “reale” sono incomparabili con quelle dei sistemi artificiali (Seth, 2023). Sono le multimodal capabilities di cui è dotata (MGI, 2023: 24) la Generative AI (d’ora in poi GenAI) a fondare la possibilità di creare automaticamente mix di flussi informativi in molteplici campi disciplinari e operativi. Le stesse capacità multimodali possono cambiare radicalmente l’orizzonte di esplicazione delle attività umane, con effetti solo parzialmente immaginabili. Si rivela pertanto necessario lo svolgimento di una vera e propria attività esplorativa, incentrata sul connubio dinamico tra razionalità e immaginazione, conoscenza attendibile e ipotesi ragionevoli, apertura mentale e visione sistemica (Lombardi e Macchi, 2016). Seguendo questa impostazione, si cercherà di esaminare la gamma delle attività umane che saranno presumibilmente trasformate più o meno profondamente dai modelli fondativi.

IA generativa, nuovi orizzonti per le attività umane

L’analisi svolta finora porta a condividere l’affermazione che la GenAI implica un’accelerazione del technical automation potential (MGI, 2023: 36), perché apre uno spazio indefinito di applicazioni. Bisogna tenere infatti presente un elemento cruciale. Vi sono tecnologie definite General Purpose Technologies sulla base di tre caratteristiche:

  • Pervasività.
  • Intrinseco potenziale di continuo miglioramento.
  • Capacità di innesco per tecnologie complementari non conoscibili ex ante (Bresnahan e Trajtenberg, 1995).

In base a queste tre caratteristiche, che corrispondono a tre aspetti (ampiezza di impiego, indefinito potenziale innovativo, fattore abilitante per una molteplicità innovativa in ogni campo applicativo), Goldfarb et al. (2023) hanno valutato una vasta gamma di tecnologie, arrivando alla conclusione che big data, data mining, data science, Machine Learning e Natural Language Processing sono molto probabilmente General Purpose Technologies.

Questa affermazione è da condividere pienamente se si pensa che i processi digitalizzazione consentono oggi di avere la rappresentazione della sfera fisica terrestre e della sfera informativa, che avvolge e permea la prima codificando le interazioni di qualsiasi natura. Si sta quindi realizzando la prospettiva indicata da Trajtenberg (2019), ovvero l’IA come la prossima General Purpose Technology, specie se si considera la significativa discontinuità nel modo di rappresentare, costituita dall’impiego del NLP da parte della GenAI.

Come indicano chiaramente Baily et al. (2023), “the current wave of cognitive automation marks a change from most earlier waves of automation…. Now creative and unstructured cognitive jobs are also impacted…. Now many of the highest-paying occupations will be affected”.

Come l’IA generativa può creare valore

La GenAI, infatti, va oltre i tradizionali modelli di calcolo numerico e ottimizzazione di processi, quindi può “generare valore” se applicata a domini cognitivi e operativi meno investiti dai mutamenti indotti dall’IA tradizionale. I modelli linguistici svolgono funzioni quali classificazione, attività di editing, sintesi di volumi di contenuti molto differenti, rielaborazione di documenti, creazione di output conformi a stili di scrittura o artistici, lettura e completamento di codici, esplorazione dello spazio indefinito delle proteine (AlphaFold), e così via. Un grafico elaborato da MGI (2023) sintetizza efficacemente alcuni trend generali, conseguenti alla discontinuità descritta in queste sede (Fig. 1).[2]

Fig. 1

Fonte: MGI, 2023, Exhibit 3.

Prima di entrare nel merito di alcuni studi sugli effetti quantitativi, riproduciamo un sintetico riepilogo di una serie di prestazioni di ChatGPT:

“Tasks ChatGPT excels at include:

  • Providing answers to questions.
  • Completing a given text or a phrase.
  • Writing fiction and non-fiction content from prompts.
  • Producing humanlike chatbot responses.
  • Generating computer code.
  • Translating text from one language to another.
  • Performing calculations.
  • Summarizing a given text.
  • Classifying text into different categories.
  • Analyzing text sentiment.
  • Generating text that summarizes data in tables and spreadsheets.
  • Responding to user input in a conversational manner.” (Rouse, 2023).

L’impatto dei modelli linguistici sul mondo del lavoro

Vediamo allora come recenti analisi stimano l’impatto dei modelli linguistici sul mondo del lavoro nel complesso. In un precedente contributo su Agenda Digitale (Lombardi, Generative AI, dov’è il bene per l’Umanità?) sono mostrati i risultati di stime, effettuate da Eloundou et al. (2023: 11-20), dell’incidenza su 1016 occupazioni negli Usa, descritte in base ad attività e task lavorativi. Emerge che l’80% potrebbe registrare effetti fino al 19% del lavoro svolto, mentre il 19% sarebbe potenzialmente interessato fino al 50% delle prestazioni erogate.

Se prendiamo in considerazione analisi più focalizzate su attività specifiche, correlate alle indicazioni contenute nella Fig. 1, troviamo altri elementi di notevole interesse, anche in tema di produttività. Brynjolffsson et al. (2023) analizzano le conseguenze sul lavoro degli operatori dei call center di una tra le prime 500 imprese americane di software in relazione al fatturato (Fortune 500). L’utilizzo di sistemi di GenAI ha prodotto un aumento di produttività del 14%, misurato in base alle domande soddisfatte per ora lavorata, grazie alla possibilità di avere a disposizione i nuovi strumenti per l’accesso alle informazioni utili nelle risposte ai quesiti posti dagli utenti. Un altro dato interessante è l’incremento di produttività più marcato (fino al 30%) per gli addetti con minore esperienza lavorativa e competenza rispetto a quelli con maggiori skills e conoscenze accumulate in un periodo di lavoro più lungo[3]. Un ulteriore aspetto positivo è costituito dal maggior grado di soddisfazione degli utenti per la completezza e la rapidità con cui sono forniti chiarimenti richiesti.

Da questo esempio possiamo indurre che i modelli fondativi possono agire da “virtual expert” (MGI, 2023: 13), agendo quasi da repository a disposizione degli operatori per la ricerca efficiente ed efficace di informazioni mirate sulle esigenze emergenti. Al tempo stesso, inoltre, questi modelli agiscono da fattori accelerativi dell’attività e costituiscono un potente strumento per conoscere i fabbisogni della clientela e quindi erogare servizi personalizzati (customer tailored). È pertanto chiara l’importanza di questa ondata innovativa nel campo del marketing, data la possibilità di individuare trend di mercato emergenti e addirittura di elaborare strategie per anticiparli oppure “indurli”, tentazione sempre più frequente, che può facilmente diventare focalizzazione eccessiva sul business, al di là di obiettivi coerenti con una human-centred Generative AI (Cfr infra). È in questi casi evidente l’aumento di efficienza ed efficacia potenziale della funzione di marketing e delle vendite (MGI, 2023: 18), dove si stima un inmento della produttività dal 5% al 15% del totale della spesa effettuata).

Strettamente connesso a quanto appena indicato è il rilievo dei modelli linguistici per l’intero processo di ideazione, sviluppo, realizzazione e proiezione sul mercato dei prodotti (beni e servizi), specie per alcune industrie che assumeranno sempre più un valore strategico per il futuro dell’umanità: industria chimica e farmaceutica. L’incremento della spesa in R&D e l’accelerazione nella scoperta di nuove medicine e nuovi materiali (genomica umana e quella dei materiali), nonché trattamenti biochimici e biotecnologici, può essere fattore di incremento della produttività e del valore creato con gli investimenti in GenAI[4].

È logico ritenere che tutto questo non sia realizzabile senza uno sviluppo dell’ingegneria del software e più in generale delle professioni intellettuali legate alla digitalizzazione a vari livelli e in tutte le fasi: ideazione pianificazione, progettazione dei sistemi, elaborazione dei codici, verifica e manutenzione. Lo studio MGI (2023: 21) stima che l’impatto sulla produttività dell’ingegneria del software potrà oscillare tra il 20% e il 45% dell’odierna spesa per questa funzione, tenendo anche presente che un’analisi svolta da Peng et al. (2023) mostra che il ricorso a GitHub Copilot[5] ha generato un aumento di produttività degli sviluppatori, grazie all’incremento di velocità del 55,8% nel completamento dei task di programmazione. Appare dunque fondato attendersi che il mondo degli sviluppatori sia particolarmente investito dalla GenAI[6].

Come si evince dagli studi e dagli esempi addotti, le professioni con contenuti intellettuali medio-alti e corrispondenti migliori retribuzioni dovranno assorbire gli impatti più elevati della cosiddetta “automazione delle funzioni cognitive”, mentre l’impatto sarà minore per le attività con redditi medio-bassi (Fig.2)

Fig. 2

Fonte: MGI (2023: Exhibit 13).

Date queste premesse quali possono essere gli effetti sulla produttività e sulla crescita delle economie.? Il tema va trattato con cautela e immaginazione razionale, evitando trionfalismi dannosi (vedremo i motivi di questo aggettivo).

Ipotesi sulla produttività e la crescita economica delle economie

È ovvio che analisi importanti del grande potenziale innovativo delle General Purpose Technologies, come la Generative AI, generino attese di significativi aumenti della produttività e della crescita. Bisogna tenere però presente, sulla base delle esperienze passate dei processi di diffusione di tecnologie così dirompenti, che di norma occorrono anni prima del dispiegarsi degli effetti, come viene sottolineato in MGI (2023) e in Goldman Sachs (2023). In quest’ultimo contributo si mette in luce che da numerosi studi accademici emerge come nelle imprese che applicano AI occorrono anni per vedere gli esiti in termini di crescita della produttività di 2-3 punti percentuali, quindi è arduo estrapolare tendenze dall’introduzione della GenAI (Fig. 3)

    Fig. 3[7]

    Fonte: Goldman Sachs (2023)

    Va comunque rilevato che gli investimenti in GenAI sono aumentati in modo esponenziale nei primi 5 mesi del 2023, raggiungendo la somma di 12mila miliardi dollari, con una crescita annuale del 74% dal 2017 al 2022 (MGI, 2023: 5). Bisogna peraltro tenere presente che la spesa in GenAI costituisce una quota minoritaria di quella investita complessivamente nell’Intelligenza Artificiale, aumentata del 29%.

    Nonostante i caveat espressi, sono avanzate ipotesi di aumento della produttività e di crescita economica globale, anche se le due ultime decadi sono stati registrati valori più bassi (Fig. 4), nel corso delle quali alcuni fattori hanno indebolito entrambe: effetti prolungati della crisi economico-finanziaria del 2008, pandemia, declino dei tassi di nascita, invecchiamento della popolazione.

    Fig. 4

    Fonte: Dieppe (2021: 53). Legenda: AE: Advanced Economics; EMDEs: Emerging Markets Developing Economies

    È interessante osservare che, proprio nelle ultime due decadi, la digitalizzazione non ha modificato sostanzialmente il trend evolutivo di lungo periodo (Fig. 5)

    Fig. 5

    Fonte: OECD, 2019, Digitalisation and productivity.

    Nonostante le tendenze emerse, o forse proprio perché è già trascorso molto tempo dall’adozione delle nuove tecnologie[8], su cui sono ora investite risorse ingenti, tali da consolidare aspettative promettenti, sono avanzate ipotesi più favorevoli per il futuro a media-lunga scadenza. MGI (2023: 45) stima che dal 2023 al 2040 le GenAI potrebbe fornire una spinta per aumento dallo 0,2 al 3,3% del tasso composto annuale della produttività (CAGR nella Fig. 6)

    Fig. 6

    Fonte: MGI (2023, Exhibit 15). È da sottolineare che le stime sono relative a 47 Paesi, pari all’80% dell’occupazione mondiale.

    Previsioni analoghe sono contenute in Goldman Sachs (2023), in quanto la combinazione tra minor costo del lavoro, creazione di nuove occupazioni e aumento di produttività dei lavoratori che non saranno sostituiti, può generare “the possibility of a productivity boom that raises economic growth substantially, although the timing of such a boom is hard to predict. Lo scenario possibile è addirittura quello di una crescita della produttività del lavoro di +1,5 punti lungo un arco di 10 anni, anche se molto dipende dalla difficoltà di far svolgere all’IA compiti lavorativi all’altezza di quelli umani e dalle modalità con cui evolve la stessa IA.

    Gli analisti di Goldman Sachs si spingono fino a ipotizzare un potenziale aumento di 7% l’anno del Pil globale, ma ovviamente molto dipende dalle forme di sviluppo e adozione della GenAI, che avrà una molteplicità di effetti differenziati sui vari task lavorativi. Le tendenze possono infatti comportare al tempo stesso effetti di sostituzione, l’innesco di trasformazioni di lavori esistenti per occupazioni complementari, la creazione di nuove occupazioni. Su queste basi (Fig. 7) si ipotizza che circa 2/3 delle occupazioni Usa potrebbero essere parzialmente automatizzate, con una sostituzione del 25-50 % dei carichi di lavoro dei lavoratori, mentre ¼ potrebbero essere del tutto automatizzate con un differente grado di esposizione delle attività alla nuova ondata innovativa: amministrative (46%,), legali (44%), quelle con maggio livello di intensità fisica come nelle costruzioni (6%) e nella manutenzione (4%).

    Anche in Europa ¼ delle occupazioni possono essere soggette ad automazione con una notevole differenziazione del grado di esposizione ai trend innovativi.

    Fig. 7

    Fonte: Goldman Sachs (2023)

    Nel leggere questi dati e le estrapolazioni effettuate bisogna essere consapevoli che vi sono altri fattori in grado di influenzare in varie direzioni le traiettorie applicative della GenAI e degli impatti socio-economici, per cui le analisi e le interpretazioni degli studiosi divergono in maniera a volte sostanziale.

    Autor et al. (2022) mettono in luce come la dinamica dell’IA può generare mix variabili di “augmentation” e automation”, il che porta all’eventualità, già registrata nei decenni post-bellici, di un consistente reimpiego di coloro che sono all’inizio “spiazzati” dall’ondata innovativa, anche perché possono emergere altre esigenze socioeconomiche da soddisfare con competenze nuove, ma accessibili a una parte consistente di coloro che sono nell’immediato investiti dall’innovazione.

    Un argomento da porre al centro dell’attenzione è anche quello che Acemoglu e Restrepo (2019) chiamano “effetto composizione”, cioè gli effetti antitetici della dinamica tecnologica, che può indurre la sostituzione, ovvero l’abbandono di alcune lavorazioni, e al tempo stesso il potenziamento di molte di quelle esistenti (augmentation), con effetti estesi e differenziati nello sviluppo indotto di funzioni complementari e/o di valorizzazione su nuove basi di quelle esistenti. In tale quadro possono al tempo stesso prodursi effetti di aumento e diminuzione della produttività, oltre che diminuzioni temporanee a livello aggregato, seguite da crescita dopo che le nuove tecnologie sono ben assimilate dal tessuto socioeconomico.

    Gli elementi appena messi in evidenza devono indurre a riflettere su una questione cruciale: l’impatto delle nuove tecnologie dipende non da processi lineari, bensì del dispiegarsi di una serie di processi interrelati: andamento demografico, evoluzione delle competenze, regolamentazione del mercato del lavoro, morfologia della dinamica competitiva, investimenti diffusi in R&S, strategie imprenditoriali e politiche strategiche degli istituzioni a vari livelli, capacità di sviluppare ecosistemi innovativi.

    In tale prospettiva un elemento fondamentale da porre al centro dell’attenzione è costituito dall’esistenza di barriere che ostacolano la diffusione innovativa e fattori che invece l’accelerano (Baily et al., 2023). Tra le prime vi sono le propensioni e le attitudini, sia del mondo degli affari che delle organizzazioni di ogni dimensione, ad acquisire la consapevolezza del potenziale insito nelle nuove tecnologie, quindi delle opportunità di adottare il mindset appropriato per l’acquisizione delle competenze necessarie e della loro traduzione in linee di trasformazione strategico-progettuali.

    Un’altra barriera è quella definita “effetto-J” (Brynjolfsson et al., 2021): le General Purpose Technologies -abbiamo prima argomentato che la GenAi è una di esse- richiedono “investimenti in beni complementari e intangibili”, quindi nella riprogettazione di processi e attività.

    Ciò può comportare un’iniziale fase di lenta dinamica innovativa, che poi accelera e induce aumenti di produttività e crescita macroeconomica allorquando le conoscenze sono diffuse e assimilate in modo profondo e sistematico. Contemporaneamente possono però agire altre barriere, quali i timori della perdita di posti di lavoro, l’inerzia strategica privata e istituzionale, problemi apparentemente insormontabili di regolamentazione. Queste considerazioni acquistano pregnanza proprio in tema della GenAI.

    Baily et al. (2023) indicano soprattutto due fattori accelerativi delle innovazioni, che preferiamo definire[9] innesco di circuiti di feedback positivi. La tesi è che, se sono adottate misure appropriate per lo sviluppo delle competenze di lavoratori della conoscenza, ne consegue un aumento della loro produttività e dei complementari investimenti in R&S, che da un lato retroagiscono stimolando ancor più la produttività e dall’altro inducono un’accelerazione della dinamica tecnico-scientifica e tecno-economica. Da questo può quindi derivare una crescita più sostenuta che in passato.

    Alla luce delle riflessioni svolte non è casuale che l’era odierna, incentrata sullo sviluppo della GenAI, sia caratterizzata da incertezza, complessità, ansietà, oltre che da inquietudine circa gli andamenti della produttività e della crescita. Occorre allora essere consapevoli che numerose sfide si ergono di fronte al futuro delle società odierne a livello mondiale. Vediamo una delle più importanti, che merita una serie di approfondimenti successivi.

    Produttività, crescita, le sfide e il rischio della “trappola di Turing”

    Un’affermazione conseguente alle considerazioni contenute nei paragrafi precedenti è che produttività e crescita delle imprese e delle società in generale dipendono da “se e come” interagiscono una serie di fattori sistemici, che possono essere forieri di feedback positivi a favore dell’umanità e al tempo stesso innescare circuiti di feedback generatori, invece, di un futuro distopico. Ci accingiamo a descriverne uno dei principali, da ritenere particolarmente rilevante, al fine di favorire una generale consapevolezza e stimolare la propensione ad incrementare la conoscenza, sia a livello personale che collettivo.

      Il punto decisivo è il seguente: l’espansione e lo sviluppo delle automazioni di funzioni cognitive umane può ampliarsi in due direzioni contraddittorie, cioè sostituzione e/o rafforzamento di competenze e capacità degli umani. Nel futuro più e meno ravvicinato sono tenere presenti due domande, strettamente connesse tra loro: 1) come saranno distribuiti gli effetti dell’IA? Prevarrà l’automazione completa delle funzioni oppure l’augmentation, ovvero la complementarità uomo-macchina e il potenziamento del primo?

      In sostanza, si stratta di assumere come principio di fondo il perseguimento delle Human-Centred AI (Schneiderman, 2021; HAI, Stanford University, Human-Centred AI; ILO, 2019), che significa non rendere prevalente o unico obiettivo la sostituzione dell’operatore umano. Al contrario, la centralità da assegnare dell’augmentation comporta la creazione di nuove capacità e possibilità di arricchimento quantitativo della vita e della mente degli umani.

      L’automazione completa, incentrata sulla sostituzione, implica una distribuzione molto asimmetrica deli benefici potenziali della dinamica innovativa odierna, perché porta con sé una possibile perdita di potere economico e politico da parte del mondo del lavoro, in forza di una inevitabile concentrazione di potere e di ricchezza. In questa situazione coloro che sono senza potere non avrebbero nessuna possibilità di migliorare la loro condizione e la società sarebbe bloccata “nella trappola di Turing”, come la definisce Bryunjolfsson (2022).

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      Trajtenberg M., 2019. AI as the next GPT: a political economy perspective. In: Agrawal, Gans, Goldfarb (Eds.), The Economics of Artificial Intelligence: An Agenda, University of Chicago Press, pp. 175–186.

      1. Tesi espressa da Demis Hassabis, co-fondatore di Open, a ZDNET (Ray, 2022).
      2. Esula dai nostri obiettivi la considerazione dei dati quantitativi contenuti nella figura, la cui discussione esula dagli obiettivi del presente contributo.
      3. Il dato è interessante e comprensibile se si pensa che il set di addestramento della Generative AI utilizzata si basa su “data from 5,179 customer support agents”. Di fatto, si sarebbe realizzato una sorta di trasferimento di competenze dagli addetti più esperti ai nuovi entranti e a quelli con minori competenze.
      4. Nello studio MGI (2023) vi sono numerosi grafici sulle stime per potenziali aumenti di produttività e di valore creato in un’ampia serie di attività.
      5. Si tratta di un ambiente di sviluppo integrato, creato da GitHub e Open AI.
      6. Vale la pena notare che in alcuni workshop, svoltisi negli USA, qualche esperto da “profetizzato” la fine dei “developera”, ma lo scetticismo è prevalso su una contenuta adesione alla tesi in questione.
      7. Nella Exhibit 9 di Goldman Sachs, qui riprodotta, c’è un typo nel riferimento bibliografico ad Alederucci et al (2022). Si tratterebbe in realtà di Alderucci et al. (2020). Ai dati Goldman Sachs si possono aggiungere quelli forniti da Damioli et al (2021), secondo cui le imprese con brevetti in AI dal 2016 hanno registrato “extra-positive effect on companies’ labor productivity”.
      8. Si tratta quindi di un lasso di tempo abbastanza lungo per indurre gli analisti, sulla base delle esperienze indicate all’inizio di questo paragrafo, a ritenere prossimo un impatto significativo delle nuove tecnologie dirompenti, specie alla luce delle peculiarità della GenAI.
      9. Le affermazioni seguenti contengono una parziale rielaborazione dei contenuti originali di Brynjolfsson et al. (2021

      EU Stories - La coesione innova l'Italia

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