L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando non solo i processi lavorativi, ma anche il modo in cui i lavoratori vivono la loro esperienza professionale. Questa trasformazione genera dibattiti polarizzati: da un lato, c’è chi sottolinea i vantaggi in termini di efficienza e produttività; dall’altro, emergono preoccupazioni riguardo ai potenziali effetti negativi, come una disaffezione verso il lavoro.
IA e lavoro: i rischi da considerare e l’approccio da tenere
In particolare, i timori maggiori riguardano la possibilità che l’IA sostituisca i posti di lavoro, renda obsolete molte competenze o alteri significativamente le mansioni; queste preoccupazioni possono compromettere l’impegno e la motivazione dei dipendenti, aumentando la percezione di insicurezza, il turnover, il burnout e la resistenza al cambiamento. Da una prospettiva tecnocritica, è importante non sottovalutare questi rischi e adottare un approccio olistico e bilanciato che consideri lo scenario nel suo insieme, poiché né una prospettiva troppo ottimista né una eccessivamente pessimista riescono a cogliere la complessità delle implicazioni di queste tecnologie (Hernández, 2024).
Infatti, la ripartizione delle mansioni e la coesistenza di umano e artificiale modifica la natura stessa del lavoro e le competenze richieste: per ottimizzare l’efficacia organizzativa va analizzato il rapporto tra le due parti e, soprattutto, quali sono gli atteggiamenti dei dipendenti nei confronti dell’uso delle tecnologie più avanzate. Le opinioni a riguardo possono essere ambivalenti ed influenzate da fattori individuali e contestuali (Bankins et al., 2024). È possibile implementare i sistemi di IA in modo che ottimizzino la produttività e portino benefici anche ai lavoratori?
Percezioni e attitudini dei lavoratori verso l’IA
Gli atteggiamenti nei confronti dell’IA possono essere sia positivi che negativi. Secondo il modello integrato di accettazione-evitamento dell’IA proposto da Cao et al. (2021), le opinioni dei lavoratori derivano dalla loro valutazione dei benefici e dei costi associati all’IA: positive quando essa soddisfa le loro aspettative di prestazioni e contribuisce al raggiungimento degli obiettivi, negative in termini di percezione di minaccia per la perdita di lavoro. Perché se ne abbia una percezione positiva però non basta che migliori le prestazioni: deve essere anche intuitiva e facile da utilizzare (Chaudhuri et al., 2023).
Ci sono poi dei fattori individuali come flessibilità cognitiva, strategie di coping e locus of control interno.
La flessibilità cognitiva è la capacità di adattarsi in risposta a stimoli nuovi e considerare diverse prospettive o opzioni: questa elasticità mentale permette di integrare l’IA nelle routine lavorative con minor fatica. Atteggiamenti più positivi vengono determinati anche dalle strategie di coping utilizzate, ovvero le modalità di risposta usate per gestire situazioni stressanti o difficili: approcciarsi all’uso di nuove tecnologie come una sfida invece che una minaccia è una strategia positiva e efficace. Infine, adottare un locus of control interno, cioè ritenere di essere in controllo delle proprie azioni e risultati, di poter gestire le situazioni, rende più propensi a riqualificarsi e ad assimilare nuove competenze (Bankins et al., 2024).
Umano vs algoritmo
In generale, le persone tendono a percepire gli algoritmi come più oggettivi rispetto agli umani perché guidati da modelli matematici e privi di intenzionalità: come riportato da Bankins e colleghi (2024) vengono ritenuti più validi gli output di una IA rispetto a quelli umani perché percepepiti come più affidabili.
Questi vantaggi nel processo decisionale (oggettività, metodo strutturato, assenza di volontarietà) non vanno però a discapito della controparte umana, considerata comunque in grado di ragionamenti più fini e qualitativi. Il lavoro umano è visto come capace di generare risultati unici, poiché gli esseri umani possono considerare in modo più olistico tutte le condizioni che influenzano i risultati di una determinata azione. Un approccio ibrido è quasi sempre preferibile, anche se l’efficacia percepita dipende da contesto, scopi e soprattutto livello di abilità personale percepito (Cao etal., 2021). Per esempio, lavoratori che si ritengono altamente competenti nel loro campo spesso mostrano una maggiore avversione verso l’IA, poiché si sentono più responsabili dei risultati generati e ritengono di possedere abilità superiori e uniche che non vengono valorizzate come vorrebbero. La resistenza all’adozione di suggerimenti provenienti da algoritmi può avere un impatto negativo sull’implementazione dell’intelligenza artificiale. Questa sorta di avversione può essere attenuata se i lavoratori riescono a combinare le proprie conoscenze con i risultati forniti dall’IA o se hanno un maggiore coinvolgimento nelle decisioni.
Una collaborazione uomo-IA efficace
Come riuscire a creare una collaborazione efficace tra esseri umani e intelligenza artificiale?
È essenziale analizzare come le percezioni dei dipendenti influenzino la loro collaborazione o resistenza a queste tecnologie. Sebbene leciti, i timori legati all’uso delle nuove tecnologie possono essere smorzati adottando un approccio sistemico che consideri il quadro nel suo insieme: se è vero che con l’IA molte mansioni saranno sempre più delegate e automatizzate, è vero anche che molte altre, nuove, ne stanno nascendo e nasceranno.
Quindi più che una sostituzione della forza lavoro, si potrebbe parlare di una sostituzione dell’impiego di questa forza lavoro (Chaudhuri et al., 2023). Chi sente un allineamento tra le proprie competenze e mansioni e la tecnologia tende a considerare quest’ultima un’alleata nel suo lavoro, qualcosa che supporta e aiuta, non un pericolo, e tenderà quindi a migliorare le prestazioni, sviluppare maggiore autonomia e competenze più approfondite. In questo senso, l’uso dell’IA può anche accrescere la consapevolezza del proprio valore.
I benefici di produttività ed efficienza forniti dall’IA possono essere raggiunti attraverso una collaborazione strategica tra esseri umani e tecnologia, puntando a nuove modalità di cooperazione tra team umani e IA, oltre a sviluppare approcci tecnologici innovativi nel risolvere problemi organizzativi (Cao etal., 2021).
Il futuro del lavoro dovrebbe focalizzarsi su pratiche di lavoro ibride che integrano o potenziano le competenze umane, non certo sostituirle.
Bibliografia
Bankins, S., Ocampo, A. C., Marrone, M., Restubog, S. L. D., & Woo, S. E. (2024). A multilevel review of artificial intelligence in organizations: Implications for organizational behavior research and practice. Journal of Organizational Behavior, 45(2), 159-182.
Cao, G., Duan, Y., Edwards, J. S., & Dwivedi, Y. K. (2021). Understanding managers’ attitudes and behavioral intentions towards using artificial intelligence for organizational decision-making. Technovation, 106, 102312.
Chaudhuri, R., Chatterjee, S., Vrontis, D., & Basile, G. (2023). Examining the role of knowledge sharing among stakeholders and firm innovation performance: Moderating role of technology usage. Business Ethics, the Environment & Responsibility.
Hernández, E. G. (2024). Towards an ethical and inclusive implementation of artificial intelligence in organizations: a multidimensional framework. arXiv preprint arXiv:2405.01697.