Spesso abbiamo parlato di realismo del videogioco. Possiamo enumerare quello grafico, che oggi ha raggiunto livelli molto alti, quello della storia, tra news game e serious game sulla storia, o la fisica simulata nell’ambiente virtuale, che sola garantisce flow, immedesimazione e presenza, altrimenti generante senso di straniamento, magari voluto, come in mod artistiche o giochi come Superliminal che sfruttavano proprio le violazioni fisiche e di ottica per incorporarle in dinamiche di gioco interessanti.
Il nuovo realismo della mente
Ad oggi si può enumerare un altro realismo, fino ad ora tralasciato: quello della mente, e quindi le interazioni possibili con i personaggi non giocabili. Fino ad ora abbiamo interagito con i fabbri di tutti i villaggi a grugniti identici, ma cosa succederà quando anche gli sprite non centrali della storia potranno chiacchierare in modo vario, muniti di architetture cognitive e LLM (GPT-4o)?
Evolvendo ed adattandosi alla partita di ciascuno, sorprendendoci con risposte plausibili? Beh, è quello che già sta accadendo.
Project sid: l’esperimento di Altera
Qualche giorno fa è stato raccontato dal MIT Technology Review e altre testate internazionali un esperimento di una start-up di IA, Altera, chiamato Project Sid. I personaggi di Minecraft sono stati muniti di un’architettura chiamata PIANO (Parallel Information Aggregation via Neural Orchestration) e LLM.
Il prompt era molto semplice: gli agenti sono stati introdotti nel gioco con l’obiettivo generico di sviluppare personalità, preferenze e ruoli specializzati.
Evoluzione autonoma dei personaggi
La cosa curiosa è che autonomamente i personaggi hanno cominciato a evolvere sviluppando comportamenti sociali complessi, tra cui una religione più fissa (Pastafarianesimo) rispetto allo scambio memico culturale, quindi trasmissioni identitarie, cangianti a seconda della zona o dei propri interessi e personalità. Giochi, prank, ma anche temi come l’ecologia. Tra gli scherzi, lo scambio di oggetti tra due personaggi senza che un altro soggetto se ne accorgesse: insomma, Teoria della Mente.
Consapevolezza e persuasione nei png
Significa che io so quando tu non sai qualcosa perché non sei presente, e questo è possibile solo quando si sviluppa una consapevolezza della mente altrui e della conoscenza che ha come diversa dalla nostra. Altro dato interessante è che gli agenti hanno cercato di persuadere un personaggio intenzionato a lasciare il villaggio per fare avventure, convincendolo a restare. Così come i diversi atteggiamenti in città o nelle zone rurali, le quali hanno generato meno contenuti culturali delle zone urbanizzate.
Dinamiche sociali e culturali nei giochi: riflessioni sociologiche e antropologiche
Per esempio, una zona rurale era più incentrata sulla cultura dello scherzo, interessi legati alla danza, mentre l’area urbana temi ambientali, e in una buona percentuale la meditazione. La questione del Pastafarianesimo è di nuovo interessante: come si sia evoluta, diffusa, come abbiano cominciato a fare pastasciutte religiose e a spaventarsi nel citare il mostro degli spaghetti.
Trovo questo esperimento molto interessante da un punto di vista sociologico e antropologico. Nel mio caso di particolare interesse non è il terrario digitale di *Minecraft*, ma quello che guarda lo schermo e vede agenti imitare possibilità statistiche sulla base di un ammontare enorme di dati; forse troppo grande. Mi spiace che i PNG debbano finire a mangiare pasta scotta condita con il ketchup: sono convinta che l’ispirazione del Pastafarianesimo sia un italiano che registra reaction di fronte alle americanate.
La costruzione del personaggio secondo Calvino
Ora c’è da domandarsi della costruzione del personaggio. Vorrei citare Calvino, ne Mondo scritto e mondo non scritto. In questo contesto l’autore si sofferma sulla scelta dei nomi quando viene introdotto un personaggio. Se per un altro un nome è un nome, per chi sa scrivere e creare, l’attribuzione del nome è il primo atto di poesia, è una responsabilità. Lo stesso lo diceva Eliot per la scelta del nome di un gatto o gli psicologi del filone junghiano per il nome come un destino.
Nomi e stili nella creazione letteraria
Calvino sostiene che sui nomi si potrebbe fare storia della letteratura distinguendo due filoni letterari: gli scrittori che non soppesano affatto il nome e che scelgono un’anagrafica qualunque, interscambiabile, e quelli che scelgono nomi avendo in mente un non-detto che un nome si sente possa comunicare, anche se di fatto non sta comunicando per nulla al mondo quello.Eppure, come in un atto psicomagico, quell’attribuzione genera un consenso unanime, telepatico, e il lettore concorda nell’immaginare passato, personalità, contesto, e quello che dirà d’ora in avanti quel “nome e cognome” non sarà mai più un discorso privo di connotazioni. Avrà sempre il tono indistinguibile di quel personaggio nominato. Calvino ovviamente sostiene questo secondo filone.
Tensione creativa e ruolo dell’IA
Il nome va di pari passo allo stile: entrambi bisogna sceglierli prima di scrivere qualunque frase. Io la vivo esattamente così. Ho quasi timore reverenziale, tant’è che molte volte, quando creo un personaggio, preferisco non nominarlo mai, piuttosto che attribuire un’anagrafe non definita con rigore; potrebbe andare storto qualcosa nel finale, potrebbe non trovare affatto l’assassino o non dire nulla che possa davvero colpire. Non sia mai che io costruisca un personaggio vuoto; molto meglio un cretino a un personaggio privo di storia, prima che io ovviamente la scriva, perché c’è sempre una storia che viene prima. Il contesto.
Libertà creativa e intelligenza artificiale generativa
Con l’Intelligenza Artificiale Generativa non c’è più questa tensione, questa responsabilità. È come se mettessimo al mondo personaggi in grado di scegliere già tutto, mentre noi osserviamo. Non siamo più Adamo che sceglie che il gatto si chiamerà gatto; siamo Dio che lascia scegliere. Non voglio riferirmi al bene e al male; non è questo il punto. Siamo davvero al di là del bene e del male.
Creatività e incertezza nel “terrario digitale”
Il punto è la tensione che manca. Lo scrittore sa già come va la storia, in linea di massima, ma quando la scrive c’è una tensione formidabile, un senso di rispetto nei confronti della Bellezza e la colpa nel non aver soddisfatto quegli standard. Questo nel romanzo come in qualunque creazione, videogame compresi.
Nel “terrario digitale” la storia è davvero un punto di domanda, ma ci interessa davvero? Forse è quello che prova Dio quando ci guarda affaccendati con il libero arbitrio. Io non voglio essere Dio.
References
https://digitalhumanity.substack.com/p/project-sid-many-agent-simulations
Calvino, I. (2002). Mondo scritto e mondo non scritto. Milano: Mondadori.