Uno dei principali problemi che ci si trova ad affrontare quando si impostano politiche e iniziative a sostegno della trasformazione digitale delle imprese è la mancanza di risorse umane in possesso delle giuste competenze, in grado di soddisfare la domanda delle aziende, soprattutto di piccola e media dimensione. Un problema particolarmente sentito nelle piccole e medie imprese.
La soluzione generale a questo problema passa necessariamente per una riforma dell’intero sistema scolastico ed educativo che rivaluti e potenzi il ruolo degli Istituti Tecnico Professionali. Ma serve una soluzione più concreta e immediata e questa è fornita dagli Istituti di Formazione Tecnica Superiore (IFTS) che, attraverso corsi post-diploma fortemente orientati alla pratica, formano figure professionali in grado di rispondere alle esigenze delle imprese.
L’obiettivo è creare un sistema formativo capace di rispondere efficacemente alle sfide poste da un mercato del lavoro in continua evoluzione e sempre più digitalizzato.
Perché il problema del “skill mismatch” incide di più sulle PMI
Le nuove tecnologie sono infatti un’opportunità importante per migliorare efficienza e competitività e in periodi di rapida trasformazione del mercato rappresentano spesso una scelta irrinunciabile, ma adottare nuovi strumenti e nuovi processi richiede necessariamente un adeguamento delle competenze presenti in azienda.
Un problema, particolarmente sentito in Italia, è costituito dal cosiddetto “skill mismatch”, cioè la mancata corrispondenza tra le competenze effettivamente richieste dalle imprese e quelle in possesso dei giovani che si affacciano sul mondo del lavoro dopo aver terminato il percorso di studi.
Sebbene si tratti di una situazione generale, ad esserne maggiormente danneggiate sono le piccole e medie imprese.
I grandi gruppi industriali e i grandi operatori di servizi come banche e multiutilities possono rivolgersi ai migliori neolaureati, sfruttando la maggiore attrattività connessa alle dimensioni aziendali e alla notorietà del marchio, reclutare giovani con un curriculum di studi brillante, in grado di affrontare con successo un ulteriore periodo di training e provvedere alla formazione specifica all’interno dei propri programmi di sviluppo delle risorse umane.
La maggior parte delle MPMI, al contrario, anche se avessero la capacità di risultare attrattive sui giovani più promettenti, dovrebbero comunque fare i conti con i costi di un adeguato programma di formazione e con il rischio connesso alla possibilità di perdere i giovani appena formati per effetto delle dinamiche di mercato.
Inoltre, non è detto che un giovane che si sia distinto negli studi di livello universitario abbia di conseguenza un profilo attitudinale adeguato alle effettive mansioni che caratterizzano i posti vacanti nelle aziende.
Rivalutare e potenziare il ruolo degli Istituti Tecnico Professionali
Occorrerebbe, dunque, un processo di rivalutazione e potenziamento del ruolo che istituzionalmente dovrebbero avere gli Istituti Tecnico Professionali.
In particolare, dovrebbe essere urgentemente superato il luogo comune che vede l’Istituto Tecnico come un’alternativa di serie B rispetto al Liceo. Secondo questa logica, purtroppo ancora molto in voga, gli studenti con i migliori voti si indirizzano verso il Liceo Classico o verso il Liceo Scientifico, mentre ai più “somari” viene consigliato un percorso verso istituti che forniscano una preparazione “tecnica” per entrare subito nel mondo del lavoro, senza alcun riguardo alle reali attitudini dello studente.
L’effetto di anni di scelte politiche implicitamente condizionate da questa impostazione, ha portato ad un sistema scolastico in cui gli istituti tecnico professionali sfornano diplomati con competenze tecniche allineate alle esigenze di industrie e botteghe artigiane degli anni ’70, scarsamente preparati sulle nuove tecnologie digitali, e le università formano laureati con conoscenze sufficientemente approfondite sulle nuove tecnologie ma con profili più adatti alle attività di ricerca e al proseguimento degli studi verso i corsi di dottorato anziché all’impiego in mansioni tecniche presso le aziende.
Il problema è ben noto e l’attuale piano Scuola Futura, previsto dal nostro PNRR, è strutturato per riformare adeguatamente il sistema scolastico. Tuttavia, i primi effetti si vedranno fra alcuni anni, mentre la trasformazione digitale delle imprese è un processo che è già iniziato.
IFTS: un’opportunità immediata per colmare il divario delle competenze
Alcune soluzioni possono essere adottate nell’immediato, e molte Regioni, tra cui il Lazio, hanno avviato iniziative importanti agendo sul sistema scolastico di propria competenza.
Uno dei possibili punti di intervento riguarda un istituto poco noto e raramente utilizzato, previsto dal nostro ordinamento scolastico. Si tratta dei percorsi denominati IFTS, cioè Istruzione e Formazione Tecnica Superiore.
Un percorso IFTS si colloca a metà strada tra la scuola superiore e l’università. Si tratta di un percorso alternativo a quello di un corso di laurea triennale. Laddove un corso universitario ha l’obiettivo di formare profili con impostazione più accademica, un IFTS è progettato per formare un profilo professionale più elevato rispetto al semplice diploma di scuola superiore, immediatamente spendibile sul mondo del lavoro.
I percorsi IFTS sono pensati per rispondere in modo efficace e flessibile alle esigenze del mondo del lavoro, offrendo una formazione altamente specializzata in specifici settori professionali.
Gli IFTS possono essere frequentati da chi ha conseguito un diploma di scuola secondaria superiore, ma anche da chi è in cerca di una riqualificazione professionale o desidera acquisire nuove competenze.
I percorsi hanno una durata che può variare da alcuni mesi a un paio d’anni e sono caratterizzati da un forte legame con le aziende e il territorio, per assicurare un’esperienza pratica significativa agli studenti.
Al termine del percorso, gli studenti ottengono una qualifica o un diploma che attesta le competenze acquisite.
Il ruolo delle regioni e degli enti locali nel promuovere i percorsi IFTS
Gli IFTS sono solitamente erogati da organizzazioni composte da enti di formazione accreditati, università, enti di ricerca, associazioni di categoria e imprese.
Nel progettare un percorso di questo tipo è molto importante la scelta del partenariato, poiché ciascuno dei partecipanti ha un preciso ruolo e la presenza di una o più università garantisce la certificazione dei crediti formativi. Gli IFTS infatti, rilasciano CFU riconosciuti dal sistema europeo come un qualunque corso di laurea.
Lo scorso anno la Regione Lazio ha stanziato dei fondi specifici per attivare questo tipo di istituto, rispondendo alla crescente domanda da parte del sistema produttivo locale e ha indetto un bando per selezionare percorsi IFTS in linea con le politiche di riforma del sistema scolastico e qualificarli per la partecipazione a successivi bandi di finanziamento.
Il progetto Smart Factory: un esempio di successo nel Lazio
Uno dei progetti selezionati dal Bando della Regione Lazio è quello denominato Smart Factory e ben rappresenta questo tipo di iniziative.
L’obiettivo è infatti quello di formare profili professionali caratterizzati da competenze approfondite sui nuovi processi di fabbricazione digitale, in grado di applicare strumenti in novativi che vanno dall’Intelligenza artificiale alla progettazione CAD parametrica per effettuare il reengineering dei processi di produzione manifatturiera.
Il mercato di riferimento è quello delle aree industriali e artigianali dell’Alto Lazio e della Tuscia Viterbese, territori caratterizzati da vere e proprie eccellenze, sia artigiane che più propriamente industriali, che sono oggi in prima linea nella transizione verso processi completamente supportati da tecnologie digitali.
L’importanza della collaborazione tra enti di formazione, università e aziende
Non a caso il promotore del progetto è stato CNA Sostenibile, azienda speciale con sede a Viterbo, ente di formazione professionale accreditato alla Regione Lazio, che oltre ad essere la capofila dell’ATS costituita per implementare l’iniziativa, ha anche coinvolto una rete di imprese locali, specializzate nella consulenza e nella formazione sulle nuove tecnologie, che forniranno docenti qualificati sugli aspetti più tecnici e operativi ed ospiteranno gli studenti per i tirocini formativi che sono parte del percorso.
L’I.T.T. Leonardo da Vinci di Viterbo e l’I.S.S. Francesco Orioli di Viterbo sono le due scuole superiori che partecipano al percorso. Il contributo degli istituti scolastici superiori è fondamentale per fornire il giusto orientamento agli studenti neodiplomati, che possono essere indirizzati al proseguimento degli studi verso l’IFTS, soprattutto se provenienti da programmi scolastici appositamente attivati nell’ambito dei corsi di diploma.
I partner universitari sono L’Università degli Studi della Tuscia e il Dipartimento di Architettura dell’Università di Roma TRE. Le università, oltre a fornire docenze e strutture didattiche a supporto delle competenze di carattere più accademico, sono fondamentali per il rilascio dei crediti formativi e per il relativo accreditamento dei diplomi finali nell’ambito del sistema europeo.
Le aziende attivamente coinvolte, e parte dell’ATS, sono la Blu Sistemi, con sede a Roma ma presente anche nei contesti industriali del Nord Italia, la TCH Sistemi di Roma e la Chirale di Roma. Si tratta di imprese presenti sul mercato da molti anni e specializzate nella consulenza aziendale e nell’innovazione di processo, il cui contributo è fondamentale per mettere a disposizione dell’IFTS docenti provenienti dai ranghi aziendali e laboratori in grado di incidere sulla formazione di profili professionali in linea con la domanda di mercato.
Il successo dei percorsi IFTS: il tasso di occupazione dei neoqualificati
L’IFTS Smart Factory è stato progettato a valle dell’omonima esperienza di un corso di qualificazione professionale svolto nel 2020, destinato a neolaureati inoccupati o disoccupati, che con un programma di 600 ore, simile ad un master universitario, ha rilasciato la qualifica di “Esperto in Innovazione dei Processi di Fabbricazione Digitale”.
Il corso è stato seguito da 24 studenti che hanno ottenuto la qualifica professionale superando un esame finale. Dopo 90 giorni dal termine del corso, il 100% dei neoqualificati risultava impiegato presso aziende del territorio. Un tasso di successo di questo tipo, assolutamente non comune nell’ambito dei corsi erogati da enti regionali, dimostra l’efficacia di iniziative di questo tipo.