Fare previsioni sul futuro è cosa assai difficile, eppure sono molti quelli che si cimentano in questo arduo esercizio. Nel 1983 ci provò anche il grande scrittore e scienziato Isaac Asimov, a cui il quotidiano Toronto Star chiese di scrivere un articolo su come sarebbe stato il mondo nel 2019. Dalle previsioni asimoviane possiamo comprendere un po’ di cose: innanzitutto quanto il futuro fosse vicino 35 anni fa e poi che il futuro è una cosa che non è così facile comprendere, ancora.
Fantascienza e previsioni sul futuro
Era, dicevamo, il 1983 quando un capo redattore dello Star telefonò a Isaac Asimov per chiedergli al famoso scienziato e scrittore se fosse disponibile per scrivere un articolo a 4 mani sul futuro.
Malgrado si possa pensare diversamente, gli scrittori di fantascienza, specialmente coloro che hanno una forte preparazione scientifica, sono piuttosto bravi a cogliere elementi di futuro. Di recente Boeing e Nike, tanto per citare marchi famosi, hanno assunto scrittori di fantascienza per offrire previsioni attendibili, su macro scenari futuri. Se consideriamo alcune previsioni divenute realtà possiamo ricordare Arthur Clarke che discusse di orbite geostazionarie quando questa favorevole locazione orbitale era ancora pressoché sconosciuta e utilizzata, oppure William Gibson che analizzava la società mutata dalla rete quando Arpanet era appena uscito dal “giro dei militari.
Le previsioni di Asimov possono essere suddivise in 3 blocchi: futuro nucleare, computerizzazione (oggi diremmo digitalizzazione) e utilizzo dello spazio.
Questioni sul futuro nucleare
Scrive Asimov che lo scenario da guerra fredda potrebbe scaldarsi molto. Nel caso non succedesse, il futuro dell’uomo è sicuramente possibile.
Malgrado oggi ci si alzi la mattina discutendo del rischio di una nuova guerra fredda tra Putin e Trump (la cosa più lontana dalla verità a mio avviso) le generazioni dei millennial e X sono dimentiche che ci furono vari momenti nella storia umana recente in cui si rischiò di arrivare ad un confronto atomico. L’evento più significativo di cui abbiamo notizia riguarda un ufficiale russo, Petrov, sconosciuto a tutti.
L’ufficiale decise che i missili americani che vedeva in arrivo su uno schermo erano un glitch del computer. Di recente la sua scelta, che di fatto salvò il mondo e a cui tutti noi dobbiamo la vita, è divenuta un film che tutti dovrebbero guardare almeno una volta. La riflessione di Asimov sul conflitto nucleare oggi può far sorridere ma questo incidente, e molti altri di cui probabilmente non sapremo mai nulla, fa riflettere. Per uno scrittore di fantascienza in periodo di piena guerra fredda, immaginare un futuro per l’umanità non era poi così scontato.
Digitalizzazione e robotizzazione dell’industria
Asimov sosteneva che la computerizzazione era inevitabile. Per dare le proporzioni, nel 1983 era appena uscito Lisa la trisnonna dell’attuale Mac-air. Aveva un microprocessore Motorola 68000 e aveva 1 mb di Ram.
Nel pacchetto digitalizzazione (usiamo questo termine moderno per non suonare troppo antichi) Asimov discute le applicazioni dei computer per la società civile. Oggi i pc o i Mac sono presenti in ogni casa, allora erano ancora un oggetto per Nerd. I videogiochi di allora avevano grafiche a pixel cosi grandi che oggi difficilmente possiamo immaginarlo. Curioso tuttavia che negli ultimi anni, nel mondo gaming, abbia ripreso vita una sorta di corrente culturale dei pixel game: giochi sviluppati con una grafica anni 90.
Sul tema digitalizzazione anche il settore industriale avrà delle grandi sfide, spiegava Asimov.
Sul tema digitalizzazione e robotizzazione dell’industria Asimov ci ha preso a metà.
L’utilizzo pervasivo di sistemi autonomi o semi autonomi e i loro relativi effettori è una previsione che ha centrato in pieno.
La sua percezione di come la robotizzazione e la successiva digitalizzazione stia impattando il sistema di produzione e l’intera catena del valore, è un tema che Asimov non ha compreso in pieno. La sua visione è positivista, con un approccio romantico che ricorda i dipinti del 800 che ritraevano il futuro con uomini che volavano su macchine a forma di bicicletta e camini riscaldati da singoli atomi di uranio, che irradiava calore.
Asimov parla di lavori umanamente usuranti e di come le macchine potranno svolgerli come noi e con maggior efficienza. Su questo tema non si discute. Se pensiamo solo alle catene di montaggio della sua epoca paragonate a quelle odierne si comprende il cambiamento. Oppure se pensiamo a Kiva (oggi Amazon robotics), e la massiva produzione di warehouse bot che sostituiscono la forza lavoro umana nei magazzini del gruppo di eCommerce, è ovvio che i lavoro ripetitivi e affaticanti sono un primo target di sostituzione.
Un sotto-tema che Asimov indovina è la necessità (tutt’ora in sviluppo, in vero) per la società moderna di diventare digital compatibile (oggi diremmo meglio digital native).
Egli parla di una serie di nuovi lavori che sarebbero emersi legati all’assistenza dell’intero comparto di industria e servizi legato alla automazione. Il suo paragone è con la forza lavoro dell’epoca pre-industriale che si dovette riconvertire a forza lavoro industriale. Un paragone che funziona in vero solo a metà, lo riconosce lo stesso Asimov, perché la transizione dall’epoca industriale a post industriale (quanto meno in occidente) sarà molto veloce.
Questa transizione, secondo Asimov, sarebbe già terminata nel 2019. Chi si sarà adattato e riformato sarà un felice cittadino. Per gli altri si dovrà trovare una soluzione (che Asimov non indica).
Il progresso sociale e demografico visto da Asimov
Sulla scia di queste considerazioni sociali Asimov si lancia in una digressione sul progresso sociale e demografico. Discute di sovrappopolazione ed è convinto che un controllo delle nascite ben strutturato a livello nazionale e sovranazionale sarà la soluzione.
È probabile che abbia preso ispirazione dal programma 1 figlio 1 coppia applicato per anni in Cina.
Un programma, sulla carta, ottimo ma che applicato “distrattamente” come avvenne in Cina, senza considerare i fattori sociali e culturali contadini (che vedono nel maschio una naturale superiorità alla femmina), ha generato oltre 50 milioni di maschi “in più” che dovranno lottare in Cina se vorranno trovare una donna.
Il secondo tema analizzato in ambito demografico e social è l’inquinamento. Asimov è veloce in questa analisi, si limita ad auspicare che le avanzate tecnologie (io aggiungerei sia man made the nature made come i banali alberi) avranno risolto il problema. In questo caso la previsione del futuro non potrebbe essere più errata. Forse Asimov, con la sua visione della psico-storia, ha immaginato una umanità futura molto più razionale di quella che viveva ai suoi tempi. Triste considerare che 35 anni fa come oggi l’umanità e la sua maturità sociale non si è evoluta, anzi.
La terza sezione della sua analisi sociale riguarda la gestione sanitaria nazionale e transnazionale sarà utile per compensare la transizione sociale. In questo caso Asimov, che di base vive in una cultura americana del consumismo (Reagan lo ricordiamo tutti?), dove le assicurazioni sanitarie sono strettamente legate agli impieghi lavorativi, teme, giustamente, che la perdita di lavoro possa portare alla perdita della copertura sanitaria.
Un’intuizione corretta ma che, come dimostra anche il recente video documentario di Moore, non ha trovato riscontro nei decisori politici americani. Tema diverso per l’Europa, con un sistema assistenziale sociale differente, ma di base chi perde il lavoro anche in Europa, non è così protetto dalla copertura sanitaria (che pur esiste ma deve essere integrata, in molti regioni d’Europa, da una copertura sanitaria assicurativa privata).
Una visione del futuro un po’ troppo ottimista
Conclude questa analisi sulla digitalizzazione e la società con una visione super ottimista. In questo caso completamente sbagliando la sua previsione.
Parla di una sorta di visione pan-terrestre, dove i governi più forti comprenderanno che aiutare quelli più deboli è necessario, fidando che viviamo sulla stessa terra.
Sicuramente ci sono state scelte di massima, diciamo delle direttive, su vari temi.
Dall’epoca di Asimov alcune soluzioni inquinanti, come il gas Freon ,sono stati aboliti. Esiste una carta delle nazioni per studiare i fenomeni dell’inquinamento e prevenirlo. Considerando l’esito dell’ultimo COP polacco, diciamo che è più una discussione che una applicazione di leggi.
Dove Asimov ancora pecca alla grande è la sua visione positivista di come la società sarà rivoluzionata dalla tecnologia digitale. La sua analisi riecheggia pesantemente della visione del suo personaggio preferito: Hari Seldon con la sua visione della psicostoria e variabili interconnesse. Un’analisi affascinante, se consideriamo l’epoca in cui Asimov la scrisse, ma se applicata alla realtà un’analisi fin troppo ottimista.
Asimov parla di scuole e di validi insegnanti che, data la presenza di dati in quantità massicce, più che insegnare dovranno instillare la curiosità nei propri alunni.
Dagli insegnati ignoranti che non sanno nemmeno usare internet a quelli più giovani che fanno sexy selfie ci sarebbe seriamente da discutere sulla qualità del sistema scolastico moderno.
Asimov discute dell’opportunità che ogni giovane avrà di educarsi da solo, alla sua velocità, decidendo i tempi e modi a lui consoni. Anche in questo caso una lodevole visione, quasi amorevole. In realtà, oggi lo sappiamo sicuramente, tutti i giovani usano cellulari e portatili con una dipendenza quasi maniacale. Ma la maggioranza di loro li usano per fare selfie, vivere in Instagram oppur consultare video su YouTube (e di rado sono documentari).
Il massimo dell’errore asimoviano arriva nello spiegare o prevedere come i robot e l’automazione miglioreranno la vita della società. Parla chiaramente di una vita vissuta nel lusso e nel piacere dove l’umano, mondato della fatica quotidiana, vivrà godendo di tutte le gioie moderne. Asimov, malgrado il gigantesco errore, non discute tuttavia di inedia o beata ignoranza. Ma si riferisce a questa vita dorata dove ogni cittadino avrà modo di fare quello che vuole e non quello che deve. Che si tratti di fare un lavoro che lo soddisfa o di diventare un artista o uno scienziato.
Alla fine di questa sua visione digital socialista (tutti uguali e felici, nemmeno in un romanzo di Huxley si leggeva tanto ottimismo), ammette che tutti questi radicali cambiamenti non saranno possibili senza un opportuna attività di sfruttamento delle risorse spaziali.
Esplorazione e sfruttamento spaziale
Qui, e lo dico con rammarico, Asimov sbaglia alla grande tutto. Parte discutendo che per il 2019 entreremo nello spazio per rimanerci. Anzi dibatte il fatto che ci saremo già da un po’. Questo grave errore è tutto sommato comprensibile per Asimov. Se consideriamo l’epoca in cui era vissuto, dove in 10 anni gli Stati Uniti erano riusciti a mandare un uomo sulla luna, si comprende come la percezione dello scienziato fosse molto ottimistica.
Vero che lo sviluppo tecnologico della guerra fredda aveva portato ad uno scatto nella ricerca scientifica paragonabile solo al quinquennio della Seconda guerra mondiale. Una corsa che, sembrerà discutibile ammetterlo, alla fine della guerra fredda si è di fatto fermata. La spinta alla competizione, generata da un forte evento di contrasto (una guerra fredda o calda che sia cambia solo al velocità della ricerca), viene completamente a mancare al crollo del muro di Berlino. La storia moderna ci insegna come gli Usa abbiano approfittato di una serie di spazi, lasciati vacanti nella sfera geopolitica Russa, e una contrazione del blocco centro asiatico con l’emersione, a partire dall’entrata della Cina nel Wto, di una nuova potenza asiatica a scompaginare la visione della Pax Americana, tanto cara all’epoca di Asimov.
Vale comunque la pena analizzare le visioni di Asimov, quanto meno per comprendere cosa ci siamo persi, a giocare con i Tamagotchi per tanti anni.
Energia e materie prime dallo spazio
Le miniere lunari sono la prima voce di Asimov sul tema sfruttamento spaziale. Lo scrittore discute in modo approfondito dei materiali che si potranno estrarre e le successive fasi di processazione delle stesse. L’estrazione delle materie prime lunari non avrebbe avuto, nella visione dello scrittore, una applicazione solo locale. Una parte dei materiali minati e processati sarebbero divenuti parte di un sistema di supply chain che avrebbe supportato la costruzione di grandi infrastrutture orbitali.
A discolpa di Asimov si può ipotizzare che la sua visione delle colonie orbitali possa aver preso ispirazione anche dalla idea di O’Neill: la sua orbita geostazionaria avrebbe sfruttato simultaneamente la vicinanza con la terra e le materie prime lunari.
Un’altra visione interessante di queste stazioni orbitali sarebbe stata la funzione energetica. Grandi specchi solari, adatti a raccogliere la luce del sole, ed inviarla sulla terra tramite raggi a microonde. Il Pentagono ha supportato varie ricerche in tal senso, e non è detto che alcuni prototipi siano effettivamente in orbita (ricordiamoci che la stragrande maggioranza degli oggetti in orbita, sia che si tratti di rifiuti che di unità operative, ci sono di fatto sconosciuti).
La visione positivista di Asimov si collega di nuovo a questa soluzione energetica. Egli scrive che le stazioni orbitali di questo genere, magari proprietarie di molte nazioni o consorzi, avrebbero garantito una fornitura energetica senza precedenti, permettendo di livellare molti conflitti, spesso basati sulla necessità di acquisizione di materie prime energetiche.
Sulla fronte ricerca spaziale Asimov afferma che ci saranno osservatori e altre strutture per studiare lo spazio remoto. Se consideriamo Hubble, e le strutture satellitari simili, possiamo convenire che abbia avuto ragione a metà. Sicuramente i satelliti astronomici sono una realtà, ma la frequenza delle ricerche portate a termine e la loro quantità in orbita rispetto alla visione di Asimov, lasciano molto a desiderare.
Un altro tema completamente mancato da Asimov sono le infrastrutture produttive orbitali. Lo scienziato spiega che avere posizionato fabbriche nello spazio permetterà al genere umano di ridurre la presenza di industrie inquinanti sulla terra e, allo stesso tempo, di poter sperimentare nuovi materiali e sistemi più efficienti di produzione. Vero è che dei timidi tentativi di manifattura orbitale si sono fatti.
Wired alcuni mesi fa riportava di un piano per mettere una stampante 3d in orbita sulla stazione spaziale. Sicuramente un passo avanti ma parliamo ancora di sperimentazione, non di produzione di massa strutturata e integrata nel tessuto sociale e industriale dell’umanità.
Colonie extraterrestri
L’ultimo errore sul tema spaziale sono le colonie extra terrestri. Lo scienziato ne fa breve menzione ma dà per scontato che almeno sulla luna, vi saranno colonie in costruzione o probabilmente già operative e funzionanti. Una visione chiaramente legata al concetto di diaspora dell’umanità. Un concetto discusso da Hawking poco prima di morire, che invitava la razza umana a darsi una mossa e colonizzare altri pianeti per evitare che un evento cataclismico (dalla guerra con le IA ai meteoriti) spazzasse via la razza umana.
Purtroppo, di questo piano B non si sa ancora molto.
Di recente l’allunaggio della Cina fa ben sperare. O meglio fa ben sperare che una Cina imperiale possa finalmente fare quello che gli Usa si sono dimenticati. Elon Musk (l’uomo che manda in orbita le macchine ma non sa produrle per chi le ha preordinate) ha detto che porterà l’uomo su Marte (dimenticando che il pit-stop più importante è la luna).
In quest’ultima visione Asimov purtroppo pecca grandemente di ottimismo, forse lo stesso ottimismo che ha connotato grandi menti come Einstein, Hawking o altri validi scrittori fantascienza come Herbert.