l’approfondimento

Il capitale algoritmico nell’era postmediale: le prospettive del “Nuovo Abitare”



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Cambiamento di significato e confusione dei prefissi: l’impatto dei dispositivi postmediali come i Google Glass e le tecnologie di realtà estesa, e la connessione con il concetto di nuovo abitare di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, alla luce di una sensibilità ecosistemica nella progettazione di tecnologie e algoritmi

Pubblicato il 3 lug 2023

Gianna Angelini

Direttrice scientifica di AANT



Online,Curation,Media,Concept.,Electronic,Newspaper.,Young,Woman,Holding,Laptop

Viviamo in un’epoca in cui è sempre più difficile assegnare un valore non ambiguo ai concetti, per come essi mutano velocemente davanti ai nostri occhi. Per questo facciamo uso di molti prefissi (Post-, Neo, Trans-, ecc.) per provare ad identificarli. Quindi parliamo di transgender, ma anche di Nuovo Abitare[1] o postumano e così via. Eppure, alla fine tutti questi prefissi finiscono per confondersi e confonderci quando proviamo, non tanto a farne uso, ma proprio a spiegarli. O a spiegarceli.

Personalmente, da docente di semiotica, trans-disciplina per eccellenza, trovo molto appropriato per questa epoca il prefisso trans-, ma non posso nascondere che ci sono alcuni ambiti in cui il post- non si è ancora esaurito e forse vale la pena capire cosa abbia ancora da dirci.

La differenza tra l’”oltre” prospettato dal prefisso post- e il trasformato implicato nelle accezioni del trans-, chiunque abbia a cuore il cambiamento e ne volesse stimolare una messa a paradigma, opterebbe per un approfondimento del trans-, eppure alcuni ambiti della nostra ‘vita estesa’[2] sono ancora così rarefatti, che osservarli da una post-prospettiva non sembra inopportuno. Mi riferisco, per esempio alla condizione di postmedialità a cui i nuovi dispositivi tecnologici ci mettono di fronte il cui ambito di approfondimento teorico è tutt’altro che esaurito, e per il quale sono a suggerire qui una lettura. Un testo uscito nel 2021, Capitale algoritmico, di R.Eugeni, già autore de La condizione postmediale, del 2015. Userò questo testo per proporre, a partire da alcune affinità di visione, una connessione con un concetto che ritengo centrale oggi, come il nuovo abitare, così come pensato e teorizzato da Salvatore Iaconesi e Oriana Persico.

Il capitale algoritmico e l’epoca postmediale

Il presupposto su cui si basa “Capitale algoritmico” è il fatto che i media, a partire dalla fine del secolo scorso, abbiamo iniziato un processo di evaporazione a cui è seguita una vera e propria polverizzazione, o, vista altrimenti, una morte definitiva. Che non vuol dire che essi siano spariti, ma che, essendosi dissolto il confine tra naturale ed artificiale, si sono letteralmente integrati nella nostra vita, tanto da essere diventati invisibili. Quindi inesistenti alla vista. Di qui l’idea di essere immersi in una dimensione postmediale, che i media, quindi, li ha superati. Scrive Eugeni (2015): “a partire dalla fine del Novecento la tecnologia abbandona lo spiegamento di una potenza percepibile all’interno degli spazi sociali, e tende anzi a minimizzare quando non addirittura a nascondere i propri apparati. In tal modo essa entra in forma capillare nel tessuto delle azioni e delle esperienze degli individui e dei gruppi per costituire tecno-ambienti ibridi e complessi”.

Tale condizione implica delle conseguenze sia sulle modalità narrative scelte per la diffusione dei valori, ma anche sui legami interpersonali, che si costruiscono ed evolvono a partire da un “concreto co-operare con altri soggetti all’interno di spazi virtuali se non finzionali”.

Algoritmi nella postmedialità

Nel suo “Capitale algoritmico” Eugeni si sofferma nello studio di cinque di questi dispostivi postmediali (i Google glass, le camere di ripresa “a campi di luce”, dispositivi di visione ‘implementata”, dispositivi di realtà estesa, dispositivi di intelligenza artificiale usati nel campo visuale) maturando la convinzione che, date le loro caratteristiche, essi debbano essere studiati ed osservati al lavoro, all’interno, cioè dei processi per i quali sono progettati e per cui vengono utilizzati. Essendo incorporati all’utilizzatore, essi (Eugeni, 2021): “permettono di progettare, attuare e controllare l’andamento delle interazioni con il mondo […], come anche di modificare gli ambienti in cui si opera”.

Nel loro operare nell’ambiente, i dispositivi sfruttano e mobilitano una serie di risorse che vengono, di conseguenza, assoggettate a delle regole nuove. Affinché, cioè, le risorse di cui hanno bisogno i dispositivi per funzionare siano effettivamente usabili, esse devono cambiare i loro canali di diffusione e vengano canalizzati in nuovi circuiti. Tale implicazione prevede il fatto che l’approccio allo studio della realtà cosiddetta postmediale non possa essere solo ecologico, ma anche economico, in una economia il cui capitale è rappresentato appunto dall’algoritmo. Scrive Eugeni (2021): “La relazione tra i dispositivi postmediali e gli algoritmi è molto stretta, in quanto gli algoritmi vivono nelle e delle relazioni con gli apparecchi tecnologici che le producono e i soggetti che li utilizzano: essi si possono quindi identificare con i dispositivi postmediali che li producono”.

Dal post al trans, il nuovo abitare

L’analisi che Eugeni svolge nel testo è molto puntuale e offre, a mio avviso, un punto di vista molto interessante dal quale fotografare il presente. Ma siamo ancora nel campo del post. Ciò che Eugeni non dice, infatti, è cosa si nasconde dietro o dopo il post-, come sia possibile guidare questa trasformazione che i dispositivi postmediali presuppongono in modo da non subirli. Lasciare, cioè, intravedere una prospettiva trans-formativa.

Su questo punto mi sento di suggerire l’apporto che una prospettiva non lineare allo studio dei dati ha da sempre offerto l’artista, hacker e interaction designer recentemente scomparso, Salvatore Iaconesi. Mi riferisco in particolare all’idea del nuovo abitare. Una nuova modalità di pensare l’interazione con gli altri basata su 11 presupposti che elenco:

  • Enormi quantità e qualità di dati sono necessari per la nostra sopravvivenza.
  • I dati non sono più quelli di una volta.
  • Nuove alleanze con gli agenti computazionali.
  • Dati come common ground, computazione come traduzione e per stabilire nuove relazioni.
  • Dai modelli estrattivi ai modelli generativi.
  • Data and Computation cyberdiversity.
  • Tecnologie fragili, sensibili, capaci di soffrire e di avere esperienza del limite.
  • Nuova concezione dell’identità digitale: dall’identificazione digitale alle identità digitali.
  • Fine dello Human Centered Design, inizio dell’Ecosystemic Design.
  • Il ruolo dell’arte: la sensatilità.
  • I dati e la computazione sono il più grande bene culturale prodotto dall’umanità.

Trovo cruciali, ai fini del nostro ragionamento, i punti 7 e 8. Scrive Iaconesi a proposito: “attualmente c’è un singolo modello di cose che chiamiamo Intelligenza Artificiale: una qualche forma o combinazione di reti neurali che richiedono grandi quantità di potenza computazionale, e che inizialmente vengono addestrati con grandi dataset per cercare di automatizzare un certo task. Ciò corrisponde a dire che tutti i nostri sistemi di IA condividono e dipendono da un singolo DNA computazionale e che, quindi, condividono anche tutte le fallacie, mancanze e limiti di questa singola modalità di intelligenza.[…] Questo concetto vale anche per i dati: come possiamo prendere in considerazione DNA diversi, DNA culturali, per ciò che chiamiamo IA, o algoritmi, o dati?” Una soluzione è entrare in contatto e sviluppare tecnologie sensibili e capaci di avere esperienza del limite. “Che siano in grado di avere esperienza della “sofferenza” ed, eventualmente, della “morte”, per poter dare vita a nuove forme realmente empatiche con il resto della biosfera che, per definizione, è ciò che muore (in quanto vive). Non si tratta di una relazione “militarizzata” (come invece è la recente dichiarazione di Tesla e dei suoi robot che possono essere sconfitti in combattimento da un umano). Si tratta invece di una necessaria capacità di sensibilità e di limitatezza”.

Ed ecco che si delinea un modo di vivere trasformato in una prospettiva, direi, di ottimista e, per usare un termine che a Salvatore Iaconesi stava molto a cuore, meravigliosa economia algoritmica.

Bibliografia

R.Eugeni, La condizione postmediale, Ed.La Scuola, 2015

R.Eugeni, “Nativi postmediali Alcuni compiti educativi dell’istituzione scolastica”, OPPInformazioni, 118 (2015), 22-29, consultabile al seguente URL: https://oppi.it/wp-content/uploads/2014/11/118_22-29_R.-Eugeni-Nativi-postmediali.pdf

R.Eugeni, Capitale algoritmico. Cinque dispositivi postmediali (più uno), Scholè, 2021

S. Iaconesi, O.Persico (2022) Se l’intelligenza artificiale vive in mezzo a noi. Fortune.https://www.fortuneita.com/2022/03/02/se-lintelligenza-artificiale-vive-in-mezzo-a-noi/

S. Iaconesi, O. Persico (2021) Sensibili alla Fine. Verso un Nuovo Abitare. Su Relazioni n.2. Luca Sossella Editore.


[1] Il riferimento è al progetto a cui Salvatore Iaconesi e Oriana Persico hanno lavorato in questi ultimi anni. Per approfondimenti: https://abitare.xyz/talking-about-nuovo-abitare/

[2] Quella che Luciano Floridi definirebbe OnLife

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