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Il Covid-19 e la rappresentanza femminile in Italia: tutto quello che deve cambiare

Nel contesto di emergenza che stiamo vivendo, le donne hanno fatto un enorme passo verso la digitalizzazione che uno scenario lineare non avrebbe mai consentito. Ma allo stesso tempo ci sono ampie sacche di disagio tecnologico che Il Covid-19 ha reso più acute. Ecco cosa serve per ricostruire un Paese inclusivo

Pubblicato il 23 Apr 2020

donne 4.0

Questo grande momento di discontinuità causato dal covid-19 potrebbe rappresentare un’occasione per migliorare una realtà pregressa decisamente penalizzante per le donne e non ci riferiamo solo nell’ambito digitale. Non si dovrebbe, infatti, in nessun campo tornare alla normalità di prima: la situazione dell’Italia deve migliorare. Nel mondo che sorgerà nel post covid-19, alle donne non dovrebbero essere offerte solo pari opportunità, ma pari doveri, pari responsabilità, pari rappresentanza, pari poteri decisionali.

La situazione femminile nell’Italia pre-covid

Prima della pandemia Covid-19, le tecnologie abilitanti della quarta rivoluzione industriale erano in fase di adozione da parte di molte grandi aziende multinazionali ed italiane. Le PMI innovative avevano intrapreso percorsi di digital transformation e con le poche risorse disponibili cercavano di implementare tali programmi di innovazione. Le PMI più tradizionali facevano fatica a capire il cambiamento aziendale richiesto, ma avevano comunque in parte intrapreso l’adozione di alcune tecnologie e avviato la definizione delle nuove strutture organizzative e dei percorsi di formazione di reskill e upskill del personale, affinché le promesse di agilità, flessibilità e velocità della quarta rivoluzione si potessero realizzare. I professionisti esperti digitali cavalcavano l’onda della digital transformation, mentre i non digitali iniziavano ad entrare in sofferenza.

La pubblica amministrazione, anch’essa era in fase di realizzazione di nuovi servizi e sportelli in cloud e mobile e, a macchia di leopardo, esprimeva delle eccellenze in progetti di digitalizzazione o voragini di inefficienza burocratica. Mentre alcuni Comuni ad esempio affrontavano con successo la sfida delle smart cities, la digitalizzazione delle scuole purtroppo rappresentava una realtà desolante non degna di una potenza industriale.

E le donne? Le donne rappresentavano solo il 13% della forza lavoro in ambito scientifico e tecnologico. Il digital gender gap era una realtà conosciuta ma non affrontata da nessuna azione correttiva a livello nazionale. Cresceva il digital mismatch, ovvero la distanza tra la richiesta di lavoro qualificato digitale e la disponibilità dell’offerta reale, ma cresceva paradossalmente anche la disoccupazione giovanile e femminile. Il paese non investiva nella formazione adeguata dei suoi giacimenti nascosti: donne e giovani.

Covid-19: discontinuità e conseguenze imprevedibili

Il Covid-19 ci ha catapultati in un momento di grande discontinuità con conseguenze imprevedibili, se non ben governate. Tutti siamo stati obbligati ad aprire gli occhi e forzatamente a capire che le tecnologie e i nuovi modelli di business e di interazione da esse abilitati sono l’unico modo disponibile oggi per lavorare, studiare, interagire, sopravvivere e vivere. Le donne inserite nei contesti lavorativi hanno dovuto imparare a usare piattaforme per lo smart working o per la didattica online per supportare i figli nello studio. Le donne quindi hanno fatto un enorme passo verso la digitalizzazione che uno scenario lineare non avrebbe mai consentito.

Nello stesso momento c’è una fascia di donne che ha realmente subito un dramma inaspettato. Ufficialmente risulta che l’occupazione femminile in Italia sia di circa il 50% (contro il 70% della Germania), ma la realtà è che soprattutto al Sud, dove l’occupazione ufficiale delle donne è di circa il 30%, molte donne lavorano, ma in nero o in modo precario e non tracciato. La tecnologia in questi lavori, spesso manuali e non qualificati non è utilizzata. Il Covid-19 sta portando a galla queste realtà. Molte donne, spesso analfabete digitali, si trovano ora a casa, magari con i figli piccoli, a dover fronteggiare una realtà pesante: niente più entrate ed i figli da dover supportare nella didattica online a scuola. Molte famiglie però non hanno neanche un PC a casa.

Questi temi li avevo affrontati nel mio libro “Donne 4.0” nel 2018, dove affermavo che le donne istruite con competenze digitali saranno protagoniste del cambiamento, mente le non istruite affronteranno ancora di più un digital gender gap che le escluderà dal mondo del lavoro, se non supportate. Il Covid-19 quindi ha reso più acuta una realtà prevedibile. Ha decretato che le famiglie più fragili lo saranno ancora di più e che solo le aziende e le imprese innovative con personale altamente qualificato potranno sopravvivere. Ma questo non è accettabile e le donne istruite, hanno ora una grande responsabilità. Offrire le proprie competenze per creare una nuova Italia che non lasci più nessuno indietro.

Un’Italia da ricostruire

Per non collassare abbiamo bisogno di supporti straordinari dallo Stato. In questo contesto infatti il Governo sta iniziando a creare delle task force per la ricostruzione del paese. In un momento drammatico, dove uomini e donne stanno affrontando criticità con prospettive, sensibilità ed esigenze diverse, purtroppo in quasi tutti gli organi creati c’è la solita bassa percentuale di rappresentanza delle donne. Quasi sempre (ci sono ovviamente accezioni) la percentuale è 80% uomini e 20% donne che dovranno rappresentare e lottare per un paese che invece è ovviamente costituito da 50% di donne e 50% di uomini. Questa percentuale così bassa di rappresentanza delle donne italiane nell’economia, nella politica e nelle istituzioni è il motivo, ormai storico e patologico, per cui anche il report annuale di gender gap del World Economic Forum classifica l’Italia sempre a metà dei 153 paese studiati. Quest’anno ad esempio siamo solo al 76 esimo posto.

È necessario quindi che negli organi di governo, vi sia una rappresentanza completa, non parziale e distorta della società. Solo le donne conoscono le criticità che hanno affrontato e che sembrano sfuggire al comune buon senso. Ad esempio, il fatto che si rientri al lavoro ad inizio del mese di maggio, ma che i nostri ragazzi invece torneranno a scuola solo a settembre evidenzia un problema ovvio per ogni mamma: come fare con i ragazzi? A chi lasciarli?

Per questi motivi sono firmataria di una lettera inviata al Premier Conte con altre associazioni e categorie di donne. Credo fortemente che questo grande momento di discontinuità possa anche rappresentare un momento di miglioramento di una normalità pregressa che non funzionava per le donne. Non vogliamo tornare alla normalità di prima. Vogliamo migliorare l’Italia. Non vogliamo pari opportunità, ma pari doveri, pari responsabilità, pari rappresentanza, pari poteri decisionali.

Alcune azioni concrete

Di seguito alcune mie proposte:

  • Coinvolgere le donne competenti in tutti gli organi di decisione e rappresentanza al 50%
  • Avere come priorità la “cura” non solo dell’economia, ma delle persone e delle risorse
  • Investire nella formazione digitale delle giovani generazioni, maschi e femmine
  • Abbattere con le tecnologie la burocrazia borbonica italiana per liberare energie e risorse

Vogliamo essere protagoniste della ricostruzione di una Italia moderna, basata sulle tecnologie dell’industria 4.0 per creare servizi digitali inclusivi per tutti. Una Italia più equa, più giusta. Nord e Sud. Uomini e Donne. Insieme. Dateci voce.

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