Compagne di scuola “spogliate” virtualmente con la app Bikinioff, poi le foto postate sui social: perché il caso dei due quattordicenni romani, ora accusati di pedopornografia, deve farci riflettere. Vediamo cosa rischiano i ragazzi utilizzando queste app e come tutelarsi nel caso in cui si sia vittima di questi “scherzi”.
Bikinioff, il reato
La app utilizza l’intelligenza artificiale per modificare delle immagini “spogliando” le persone ritratte nelle foto che vengono caricate.
In sé e per sé considerato, il servizio offerto dalla app è del tutto lecito, a patto che le immagini non vengano né divulgate né mostrate a terzi.
Il problema è che l’accesso a strumenti simili, che richiedono una assoluta responsabilità nel loro utilizzo, è semplicissimo per tutti, minori compresi – anzi, per i nativi digitali è ancora più semplice che per gli adulti.
La pornografia minorile virtuale: ipotesi virtuale o “vera”
Nell’ambito della pornografia minorile virtuale che questo tipo di applicazioni sta giocando un ruolo importantissimo ed il caso di Roma lo dimostra in pieno.
Il reato di pedopornografia virtuale è previsto dall’art. 600 quater.1 Cod. pen. che estende le pene degli articoli 600 ter e quater alle ipotesi in cui le condotte siano relative a materiale virtuale.
Il secondo comma definisce le immagini virtuali come quelle realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.
Solo per dare un’idea della gravità del fatto di reato, è opportuno riportare l’articolo 600 ter del Codice penale per esteso (sia mai che qualcuno, leggendolo, si spaventi per le conseguenze di uno “scherzo”): È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
- 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
- 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali”.
Va quindi capito se “spogliare virtualmente” l’immagine di un minore mediante un’A.I possa integrare direttamente le ipotesi non virtuali, ossia quelle dell’articolo 600 ter del Codice penale appena citato.
Vero è che, trattandosi di minorenni di anni 14, difficilmente subiranno le pene previste dal Codice penale: potranno accedere a tutti i rimedi previsti per il processo minorile, dal perdono giudiziale alla messa alla prova; è anche vero, però, che un processo minorile, che non si concluda con l’archiviazione in indagini, è pur sempre un processo penale.
Come tutelarsi
Oltre a sporgere denuncia – sempre opportuna, in questi casi – le tutele sono anche più effettive, sul piano digitale.
L’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali ha impostato una procedura per la rimozione rapida dei contenuti da revenge porn, all’indirizzo https://www.garanteprivacy.it/temi/revengeporn.
Compilando i form ed inviando la richiesta, l’Autorità dispone la rimozione dei contenuti dai social network e la deindicizzazione dai motori di ricerca: l’effetto è il blocco pressochè immediato e definitivo delle immagini o dei filmati che ritraggono le persone offese.
Conclusioni
L’impatto delle AI è enorme; non è un caso che il Garante per la privacy abbia imposto ad OpenAI, la società che gestisce la app di intelligenza artificiale più famosa al mondo ChatGPT, un filtro per i minori di 13 anni.
Al di là degli strumenti di tutela successiva – denunce etc – è necessaria un’educazione digitale per i giovanissimi che, ormai dalla tenera età, interagiscono con tecnologia sempre più sofisticata.