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Il giornalismo nell’era delle piattaforme: nuovi attori e formati



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L’avvento delle piattaforme digitali e dei social media ha rivoluzionato il modo in cui le notizie vengono prodotte, distribuite e consumate, imponendo ai professionisti del giornalismo una continua rielaborazione delle proprie strategie e tecniche per garantire veridicità e mantenere la fiducia del pubblico. Ecco le sfide economiche e culturali che il giornalismo contemporaneo deve affrontare

Pubblicato il 11 lug 2024

Andrea Maria Rapisarda Mattarella

giornalista, dottore in Studi Filosofici e Storici presso l’Università di Palermo

Francesca Rizzuto

professoressa associata nel Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo



robot-journalism

L’evoluzione del giornalismo nell’era digitale rappresenta una delle trasformazioni più significative nella storia dei media. Con l’avvento di piattaforme digitali e social media, le dinamiche di produzione, distribuzione e consumo delle notizie hanno subito profondi cambiamenti, spingendo i professionisti del settore a riconsiderare i loro metodi tradizionali.

Analizzare queste dinamiche permette di comprendere meglio come i media tradizionali stiano rispondendo alle pressioni competitive delle piattaforme emergenti e quale possa essere il futuro della professione giornalistica in un panorama sempre più digitale.

Le sfide per il giornalismo nella platform society

    Questo articolo affronta il tema del recente mutamento genetico del giornalismo anche in Italia, che ha registrato radicali cambiamenti nei contenuti, formati e, soprattutto, negli attori sociali coinvolti nelle pratiche di produzione dei testi informativi, riconducibili all’affermazione delle piattaforme digitali. Inoltre, il processo di digitalizzazione ha radicalmente mutato la professione giornalistica non solo sul piano dei nuovi circuiti per il business delle news ma anche sul significato attribuito al ruolo sociale del giornalista: nel sistema informativo contemporaneo coesistono media tradizionali e nuovi (Chadwick, 2013), che producono e diffondono capsule informative, esacerbando trend emersi già da alcuni anni come la crisi reputazionale ed economica del giornalismo italiano e l’aumento dell’accesso a fonti alternative di news cin grado di rimodellare i consumi mediali degli utenti.

    Senza tralasciare le peculiarità tuttora evidenti delle diverse declinazioni nazionali dei news-system, l’assunto di base delle pagine che seguono è che nel sistema mediatico italiano, tradizionalmente “debole” e politicizzato, nuove logiche di produzione e consumo di notizie stiano ridefinendo non solo i valori dell’informazione (Sorrentino, Splendore, 2022), ma anche i concetti basilari di professionista e destinatario delle news (Zelizer, 2009).

    Nella società delle piattaforme (Van Dijck, Poell, de Waal, 2018), i social media emergono come fonti di informazione privilegiate e si diffondono forme narrative inedite, caratterizzate dalla crescente opacità tra vero, falso e plausibile (Maddalena, Gili 2017): in tale contesto, vecchie peculiarità e nuove pratiche stanno plasmando in termini inediti la crisi del giornalismo.

    Come in molti altri contesti nazionali, anche in Italia si sta sviluppando una nuova fase delle abitudini informative dei cittadini, caratterizzate non solo dalla crescita esponenziale dei social network, ma anche dal deciso declino della fruizione delle notizie tramite i canali tradizionalmente dominanti, come tv e giornali (García-Orosa, López-García, Vázquez-Herrero, 2020; Groot Kormelink, Costera Meijer, 2020): se prima del 2022 le testate giornalistiche legacy hanno continuato a dominare il mercato delle notizie online, in questi ultimi anni le principali emittenti televisive e i giornali più importanti sono stati superati da player nati digitalmente e i ricavi pubblicitari digitali sono diventati predominanti (Rizzuto, 2023).

    In questo articolo, attingendo ai dati raccolti da Istat, AGCOM e Reuters, si mira ad evidenziare alcuni decisi cambiamenti di rotta del giornalismo italiano: in particolare, l’attenzione verrà focalizzata sulle fonti di accesso alla realtà, sui formati e sulle nuove dinamiche relazionali con i destinatari, le cui nuove pratiche di fruizione di news acuiscono la “crisi” economica e culturale del giornalismo, della quale numerosi studi hanno proposto letture e declinazioni differenti già da almeno due decenni. Nel contesto digitale dell’alluvione informativa, il giornalismo italiano si ritrova, pertanto, ad affrontare nuove sfide, dal cui esito potrebbero derivare conseguenze assolutamente rilevanti sia per il riconoscimento pubblico del suo ruolo sociale, che per il futuro dei sistemi democratici consolidatisi nel Novecento (Chambers, 2021). Non possiamo non ribadire, ancora una volta, la centralità della questione per l’attuale architettura istituzionale e la portata degli effetti potenziali di alcuni processi attualmente in corso (Floridi, 2017): del resto, la ricerca sui media ha evidenziato negli anni le modalità in cui le notizie possono alterare concretamente equilibri e policies, influenzando la partecipazione politica dei cittadini, incoraggiando l’apatia civica o rafforzando comunità polarizzate, attraverso la diffusione nociva di fake news e teorie del complotto (Riva, 2018; Bentivegna, Boccia Artieri 2021).

    Social, editori, utenti: i nuovi trend dell’industria informativa italiana

      Lo scenario attuale nel quale ci si deve muovere se si vuole tentare di tracciare le tendenze che interesseranno l’industria informativa è molto volubile. Le differenze rispetto al passato sono già evidenti e radicali per quel che riguarda i canali di distribuzione: secondo un’elaborazione realizzata da Unioncamere-InfoCamere sui dati del registro delle imprese, in Italia negli ultimi 4 anni circa 2.700 edicole hanno cessato l’attività, a fronte di poco meno di 12mila a oggi presenti in tutto il territorio nazionale [1]. Dati come questi da tempo non sconvolgono più, in quanto i prodotti informativi oggi vengono offerti più comodamente al lettore via web, app o direttamente nella casella di posta elettronica. Oltre ai canali di distribuzione e altrettanto repentinamente, cambiano anche i formati dei prodotti: il classico articolo è sempre più affiancato da video, podcast e newsletter. La necessità di riflettere sui trend che investono il panorama informativo s’impone con prepotenza agli stessi giornalisti, i quali tentano di intercettare cosa ma soprattutto come il pubblico consuma news. Esempio per antonomasia è l’istituzione da parte dell’Ordine nazionale dei giornalisti di un Osservatorio sul giornalismo digitale [2]che ha il dichiarato obiettivo di: “individuare i percorsi che il giornalismo intraprende, spesso con difficoltà e con le giuste preoccupazioni da parte degli stessi giornalisti, per definire strumenti da utilizzare e competenze da acquisire, per essere parte di questa continua trasformazione che i tempi e le tecnologie ci impongono”.

      I termini utilizzati in questa dichiarazione d’intenti lasciano poco spazio a interpretazioni: i giornalisti sono in difficoltà davanti a un mercato che muta alla stessa velocità con cui nascono nuove tecnologie. Queste preoccupazioni sono così forti da travalicare i confini delle stanze consiliari e dei comitati scientifici, insinuandosi nelle redazioni. Sul “dannato ruolo del giornalismo[3], un esempio, prova a riflettere Il Post con la sua Charlie [4], una newsletter che, con cadenza domenicale, riporta le vendite dei quotidiani nazionali, analizza le fake news diventate virali ancor prima che qualcuno riesca a pronunciare correttamente “fact-checking”, racconta le vicende che coinvolgono sia il giornalismo italiano sia quello d’oltreoceano. E interessante risulta non solo cosa Charlie tratti ma come lo faccia, ovvero quale scelta attui del mezzo attraverso cui veicolare l’informazione: quello della newsletter, strumento che da anni è tornato alla ribalta nel panorama americano e nel quale stanno investendo anche la maggioranza dei giornali italiani. La ragione è facilmente intuibile: permette di scavalcare piattaforme di distribuzione di terze parti e d’intrattenere un dialogo diretto con quel lettore che da tempo ha perso: si tratta indubbiamente di un piano commerciale coraggioso, dal momento che significa tentare di scavalcare i social media e le piattaforme di aggregazione di notizie, prima fra tutte Google News. Messi in chiaro quali siano gli altri attori in gioco, avendo definito coraggioso il tentativo di disintermediare la propria offerta informativa da quelli che rappresentano i principali luoghi di consumo di prodotti mediali, risulta eufemistico laddove si considera che, a livello globale – la principale porta d ‘accesso alle informazioni è rappresentata da Google e che la maggioranza delle conversazioni online delle persone avvengono nel demanio di Meta.

      Prendendo in esame il nostro paese, l’audience dei siti e delle applicazioni d’informazione generalista nel 2023 ha registrato 37,7 milioni di utenti unici. Non sono da meno i dati riguardanti i social, i quali hanno chiuso lo scorso anno con quasi 39,2 milioni di utenti unici, con una crescita di oltre 640mila visitatori rispetto all’anno precedente. Nondimeno è cresciuto anche il tempo che questi utenti trascorrono sui social: circa 21 ore e 26 minuti al mese, con una crescita di 12 minuti rispetto al dicembre 2022 [5]. Stando a questi numeri, la sola idea di provare a svincolarsi da fornitori del genere non appare più coraggiosa bensì pura incoscienza. Con utenze e tempo di permanenza simili è direttamente consequenziale il fatto che questi giocatori hanno scalato la classifica delle fonti di approvvigionamento d’informazione per gli italiani, a discapito dei media tradizionali.

      Tab. 1 Fonte: Indagini Censis 2022 e 2023

      Ma se si tratta di terreni così floridi, perché non limitarsi ad adagiarcisi piuttosto che nascondere se stessi ed i propri articoli dietro un paywall, in un’epoca in cui domina il social-vetrina? Perché investire tempo e denaro in produzioni audio/video come – a esempio – i podcast, quando il paradigma dominante è quello di reel estremamente brevi? Perché perdere tempo a scrivere una newsletter quando sia il consumatore sia l’algoritmo prediligono il formato video? Di risposte a queste domande ne vengono in mente, in prima battuta, almeno tre: la prima è anche probabilmente il motivo principale per cui i giornali fanno riflessioni come questa sulle tendenze del consumo dei prodotti informativi: ovviamente stiamo parlando di soldi. Qualche anno fa, quando Facebook sembrava l’attore monopolista nel mondo dei social, i più ottimisti credevano che questa piazza digitale avrebbe potuto in quel momento non solo salvare i giornali – il cui declino era già iniziato da tempo – ma persino garantirgli un futuro (Simi, 2024). Ciò in virtù del fatto che sino ad allora su internet non esisteva un così grande aggregatore di potenziali lettori, soprattutto giovani. Il social, infatti, appare come la terra promessa per tutti quei progetti editoriali che puntavano proprio a questi ultimi come target di riferimento, ma anche per chi credeva di aver trovato il modo di offrire i propri contenuti a chi non li cercava più sull’homepage di un sito internet, men che mai in un’edicola. Ma tale promessa non è stata mantenuta; d’altronde i contenuti frutti esclusivamente sui sociali non producono alcun tipo di ritorno economico.

      La loro fondamentale funzione era quella del trampolino di lancio per generare contatti sul proprio sito web nel tentativo di attirarne in massa, ma questo ha solo dato un’ulteriore spinta propulsiva ai fenomeni dell’iperproduzione di contenuti e del clickbaiting. Facebook ha portato, infatti, ad una riclassificazione dei contenuti informativi, abbandonando i precedenti criteri di accuratezza o verifica delle fonti, sulla base dei suoi cinque emoji (Khan, 2024); ed è evidente – con un veloce “scroll” in una qualsiasi pagina Facebook di un giornale – come le reazioni che più si raccolgono nei post d’informazione siano, al di là dell’originario “mi piace”, quelle di rabbia e tristezza. Appare dunque chiaro come titoli sensazionalistici, allusivi e retorici – che risultano funzionare, per l’appunto, da gancio per l’attenzione del lettore – hanno conosciuto la propria età aurea in piattaforme dove la monetizzazione e la condivisione sono indissolubilmente legate (Calderini, 2022). Quella che sembrava una situazione win-win, tanto per Facebook quanto per i giornali, ansiosi di andare a bussare alla porta di potenziali partner pubblicitari con una buona dote di visitatori giornalieri al proprio sito, è però svanita quando si sono intromessi sul mercato nuovi attori, e soprattutto, nuovi social.

      La seconda risposta alle domande poste si può rintracciare proprio alla luce dell’ingresso sul mercato da parte dei nuovi social; il che ha segnato la fine di un modello di riferimento. Stando ai dati Censis sopra segnalazioni, Facebook – che, insieme a Twitter/X, è stato nell’ultimo fondamentale decennio vettore di traffico per i siti d’informazione, è in caduta libera, perdendo ben 5,5 punti percentuali in un solo anno. La dieta mediatica degli italiani conferma, del resto, un trend a cui si sta assistendo anche a livello internazionale: secondo uno studio condotto da Chartbeat e riportato dal Reuters Institute (Newmann, 2024), nel 2023 si è registrato ben il 48% in meno di traffico proveniente da Facebook. Ciò ha ovviamente terrorizzato gli editori che, nel corso del 2024, proveranno a correre ai ripari diminuendo sensibilmente gli investimenti in quelli che oggi potrebbero definire i social media tradizionali, a favore di quelli che rappresentano le nuove promesse del mercato: in cima alla classifica troviamo WhatsApp seguito a ruota da TikTok.

      Tab. 2 Fonte : Indagini Reuters Institute 2024

      Leggere il nome dell’app leader nel campo della messaggistica privata non sconvolge all’indomani del lancio della funzione “updates channel “, tramite la quale è possibile iscriversi a canali dedicati dove le redazioni possono mandare messaggi di testo, foto, video e link a siti esterni. Proprio alla luce dell’implementazione di questa funzione, chiarissimi i motivi per i quali gli editori vogliono aumentare questa voce di spesa: in primis, stando ai dati del report Digital 2024 dell’agenzia We are social in collaborazione con la società di monitoraggio online Meltwater , si tratterebbe dell’app più diffusa sui device italiani: il 90,3% delle persone tra i 16 ei 64 anni dichiara di utilizzarla [6]inoltre, nonostante preveda la fruizione attraverso un canale di distribuzione di terze parti, questo strumento permette un collegamento diretto con il lettore, nel tentativo di fidelizzarlo e quindi di ricucire quella ferita che, da quando è iniziato il declino della carta stampata, non è stata mai sanata. Al contrario, nella seconda fase del giornalismo sui social la situazione si è aggravata in quanto i nuovi social come Instagram e TikTok segnalano proprio la fine di quel modello di riferimento che erano stati Facebook e Twitter: l’elemento più rilevante è che il cambio di paradigma non ha riguardato solo la piattaforma intesa come mero canale di distribuzione, bensì anche il formato di confezionamento delle news, cioè l’ articolo, rimasto al centro del flusso informativo, anche nel mondo digitale perché è molto più semplice indicizzare, cercare e individuare un testo scritto, rispetto ai formati audio/video, su un motore di ricerca. Inoltre, non è da sottovalutare anche la convenienza di questo mezzo: produrre un articolo tendenzialmente costa molto meno in termini di tempo e denaro di quanto non costi, per esempio, una produzione video. L’enorme prolificazione di articoli online si deve forse anche grazie alla loro velocità di realizzazione a basso costo.

      Ma l’articolo scritto è in antitesi rispetto alla ragione d’essere di piattaforme come Instagram e TikTok, nate per la condivisione di contenuti foto e video. Di conseguenza, le redazioni si sono dovute attrezzare per intercettare questa nuova domanda che proviene da una fascia di pubblico ben precisa: le nuove generazioni. Social come Instagram e TikTok sono infatti , subito dopo WhatsApp, i social preferiti dagli under 30 in Italia: il 72,9% di loro dichiara di utilizzare Instagram, il 56,5% TikTok [7]. Il Digital News Report del Reuters Institute dello scorso anno aveva già mostrato come questi network stessiro crescendo in modo estremamente rapido, qualificandosi sempre più come lo strumento attraverso il quale il pubblico più giovane accede alle notizie. Le redazioni si sono lanciate proprio all’inseguimento di questo pubblico, non senza difficoltà. Due elementi in particolare rendono palese l’enorme differenza tra il modus operandi impiegato nelle routine produttive fino all’avvento delle nuove piattaforme: il primo è il totale capovolgimento di prospettiva con il passaggio dai 16:9 della televisione ai 9:16 dello smartphone, che non rappresenta solo un ribaltamento del punto di vista tecnico ma porta con sé logiche e linguaggi che si adattano proprio allo smartphone come, ad esempio, la brevità dei video, la presenza dei sottotitoli, l’utilizzo di parole chiave o, al contrario, l’ ostracizzazione delle parole non gradite all’algoritmo, e così via. Inoltre, non va sottovalutato il fatto che Instagram e TikTok non favoriscono l’accesso ai siti web delle testate; non è possibile, infatti, condividere, se non come mera stringa di testo, link esterni ai post condivisi sul feed; e se, da un lato, è possibile inserirli altrove ( bio , storie, ecc.), dall’altro, l’interfaccia utente non incentiva in alcun modo a farlo, in quanto il loro obiettivo primario è quello di convincere l’utente a rimanere incollato allo schermo il più a lungo possibile, replicando un servizio gratuito, passivo e poco impegnativo che non si discosta troppo dalle modalità di fruizione che hanno caratterizzato la televisione.

      Ciò potrebbe comportare che sul lungo periodo i contatti provenienti da questi social non siano in grado di replicare gli stessi risultati che garantivano Facebook e Twitter. Prime avvisaglie di questo potenziale cambiamento di modello di riferimento si può riscontrare nel fatto che, dopo i progetti editoriali squisitamente digitali che sono stati i protagonisti dell’ultimo decennio, stanno cominciando a nascere nuovi progetti dichiaratamente orientati a essere “solo social” [8].

      Al contrario, la nuova funzione implementata da Meta su WhatsApp poco sopra citata sembrerebbe andare direttamente incontro al desiderio dei giornali di recuperare un rapporto diretto con i lettori; inoltre sembrerebbe farlo con le stesse modalità che avevano caratterizzato l’informazione su Facebook e qualificandosi a sua volta come poco più che una porta d’accesso, grazie a quella corsia preferenziale per la propria pagina web che è rappresentata dai link esterni, col fine di aumentare i visitatori e monetizzare attraverso la pubblicità o farli “scontrare” con un paywall e convincerli ad abbonarsi. Quest’ultima parola, probabilmente, rivela quale sia la reale premura degli editori di ricreare quel rapporto disintermediato tra i propri prodotti ed i consumatori. Nel 2024 ben l’80% degli editori (Newmann, 2024) continuerà a investire grandi somme sulle campagne di abbonamenti e di membership, in quanto queste costituiscono la maggiore voce di entrate per le aziende, superando anche i proventi pubblicitari. I quotidiani si sono chiusi adottando paywall sempre più restrittivi. Hanno in sostanza, cercato di creare nel digitale ciò che era un tempo per la carta stampata: avere come pubblico principale e zoccolo duro i lettori affezionati e paganti.

      Nel frattempo, però, l’età media di questi lettori continua ad avanzare senza che le generazioni native digitali entrino a far parte di questo circolo. Il piano appare abbastanza chiaro: far pagare l’informazione. Una scelta del genere non dovrebbe sconvolgere se si considera che vendere giornali per molti, considerato che gli editori pur stanno man mano scomparendo, è diventato un business come un altro. Eppure, l’idea di dover pagare l’informazione online a molti sembra quasi ossimorica. Tuttavia, d ato che le sottoscrizioni di questi abbonamenti fanno fatica a decollare, la sfida a questo punto rimane: come riabituare i lettori o, nel caso delle fasce più giovani, persino come convincerli per la prima volta a pagare l’informazione, per di più in un mercato dove l’informazione gratuita supera di per sé la domanda?

      Tab. 3 Fonte : Indagini Reuters Institute 2024


      Le motivazioni che spingono gli editori a recuperare quel rapporto diretto e fiduciario con i lettori non coincidono del tutto con ciò che spinge i giornalisti a farlo. Certamente sperare che il mercato editoriale torni in salute è una speranza che coltivano anche loro, ma a dirla tutta la dovrebbero coltivare tutti i cittadini che auspicano nella libera informazione: “Un giornalista precario e sottopagato – soprattutto se tale condizione si protrae nel tempo – viene di fatto sospinto a lavorare puntando alla quantità piuttosto che alla qualità del prodotto informativo, e con poca indipendenza, sotto l’ombra di un costante ricatto che dal piano economico e professionale passa presto a quello dei più elementari diritti, a partire da quelli costituzionalmente riconosciuti.”[9]


      Che oggi il quantitativo abbia ottenuto, almeno economicamente, il primato sul qualitativo è indiscusso, e questo è avvenuto molto prima dell’arrivo dei social, forse ancora prima dell’arrivo di internet. A questo si coniuga il fatto che un giornalista che vive senza prospettive di stabilità economica mostra il fianco a condizionamenti o finanche ricatti che minano “quel diritto insopprimibile dell’informazione e di critica posto alla base dell’ordinamento professionale” [10]. Se già questo di per sé basta a spogliare i giornalisti della loro ragion d’essere, ad aggravare la loro condizione si aggiunge un ulteriore fattore che complica ancor di più il tutto ovvero l’immissione in massa di nuovi concorrenti: i creatori. Nel momento in cui per “pubblicare” sembra che non servire più competenza, gavetta e men che meno l’iscrizione a un albo professionale, perché basta cliccare sullo schermo “pubblica” ed il testo è accessibile ad un pubblico potenzialmente enorme, è stato inferto un ulteriore colpo al giornalismo inteso non solo come settore industriale ma soprattutto come professione indispensabile all’interno di un assetto democratico. Il professionista, dunque, rischia di annegare in un “mare” di creators che si pongono in cima alla catena alimentare dei social network. Sullo sfondo della disaggregazione dell’informazione abbiamo visto emergere proprio questa economia di creatori sostenuta dalle stesse piattaforme digitali, realtà fortemente frammentate nelle quali i giornali non sono altro che uno dei tanti tasselli, perdendo così la propria posizione di epicentro dell’ecosistema informativo. Tra le macerie del settore qualcosa, comunque ne rimane: i valori.

      I giornali dovrebbero quindi smettere di concepirsi come fabbriche di contenuti per riscoprire la propria funzione sociale (Tedeschi Lalli, 2024). La terza risposta che si ricercava è proprio questa: il giornalismo non è mai stato in grado di lasciarsi trascinare dalle tendenze e per questo sente la necessità di riflettere su di esse e di continuare a riflettere sulla stessa professione, dato che tentare di ricostruire un rapporto diretto con il lettore significa non può significare soltanto puntare a ricostruire il proprio posto nel mercato.

      Giornalismi e circuiti dei social. Alcune osservazioni conclusive

        Nella nuova ecologia dei media informativi contemporanei un radicale processo di ibridazione sistemica emerge in maniera evidente non solo dai dati relativi alla produzione e al consumo delle news, ma anche nei discorsi dei professionisti dell’informazione italiani, che riflettono la loro percezione di crisi riguardo al significato del loro ruolo sociale.

        Secondo Splendore (Splendore, 2017) tale processo è l’esito dello smantellamento delle organizzazioni giornalistiche tradizionali così come la conseguenza dei drastici cambiamenti nelle logiche professionali dovuti a nuove modalità di interazione con i destinatari-producers: in queste pagine è stato discusso l’impatto della presenza delle piattaforme nel sistema mediatico italiano attraverso la presentazione dei principali cambiamenti recenti nel consumo di notizie e nella struttura del mercato dei media. I dati presentati rendono evidente non solo le nuove pratiche di consumo delle informazioni, ma anche le strategie messe in campo da professionisti ed editori per intercettare nuovi bisogni di news e nuove modalità di produzione dei contenuti, che rendono plausibile una versione plurale del termine stesso giornalismo, in grado di evidenziare la moltiplicazione di formati, contenuti, attori, canali coinvolti.

        Seguendo trend diffusi in altri contesti occidentali, anche in Italia non solo i social network sono diventati una fonte fondamentale di notizie, ma si segnala il parallelo e costante declino dell’uso della televisione e della carta stampata a favore di player nati digitalmente: si tratta di un cambiamento rilevante dopo decenni di primato della televisione quale strumento principale per accedere alla realtà (Murialdi, 2006) e, perfino, in un news-system in cui le testate giornalistiche tradizionali hanno continuato a dominare per molti anni il mercato delle notizie online. La velocità dei cambiamenti è anch’essa straordinaria: infatti, nel momento attuale assistiamo già ad una vera e propria seconda fase del giornalismo sui social, caratterizzata dalla fine di quel modello di riferimento che sono stati Facebook e Twitter ed il crescente successo di WhatsApp, Instagram e TikTok.

        Si tratta di un verso e proprio cambio di paradigma che non riguarda solo la piattaforma intesa come mero canale di distribuzione, ma anche il formato tradizionale usato da secoli per confezionare le news, vale a dire l’ articolo, che era rimasto al centro del produzione informativa anche nel mondo digitale, in quanto il testo scritto restava comunque più semplice da indicizzare e cercare su un motore di ricerca, rispetto ai formati audio/video. La rivoluzione delle piattaforme, come è stato già rilevato, sta producendo anche cambiamenti significativi nelle strategie del mercato delle news spingendo gli editori ad investire sempre di più risorse per campagne di abbonamenti e di membership, che costituiscono la principale fonte di entrate per le aziende, superando anche i proventi pubblicitari. In conclusione, se è indiscutibile che nello scenario contemporaneo del giornalismo italiano si possono osservare modelli di produzione e consumo delle notizie totalmente cambiati, tuttavia questa trasformazione è piena di contraddizioni. Anche se è sempre stato economicamente debole e non autonomo dalla politica, la sua crisi contemporanea sembra diversa da quella discussa negli ultimi decenni. Il sistema informativo italiano è passato da un’informazione che seguiva ritmi tradizionali (dai telegiornali, ai giornali e riviste con i loro diversi momenti di metabolizzazione delle notizie) ad una improvvisa frattura di tutti i paradigmi e dei modelli di business precedenti. Nell’era delle piattaforme tutto è cambiato: la distribuzione, la sincronizzazione temporale con i fatti, la manipolabilità del significato dato al giornalismo in una società. Adesso è il tempo di gestire i cambiamenti e non semplicemente prefigurarne le conseguenze: l’impatto è già palese ed impone a professionisti così come agli attori istituzionali di fronteggiarlo con regole e criteri coerenti con il nuovo panorama mediale.


        Francesca Rizzuto è autrice dei paragrafi 1 e 3

        Andrea Rapisarda Mattarella ha scritto il paragrafo 2.

        Bibliografia

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        Calderini, B. (2022, gennaio 24). Click baiting , così le big tech finanziano la disinformazione. Agenda Digitale. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/il-clickbaiting-e-un-business-cosi-le-big-tech-finanziano-la-disinformazione/

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        1. https://www.unioncamere.gov.it/comunicazione/comunicati-stampa/giornalai-sempre-piu-difficili-da-trovare-perse-2700-edicole-4-anni
        2. https://www.odg.it/osservatorio-sul-giornalismo-digitale
        3. Come da sottotitolo della newsletter de Il Post del 12 maggio 2024
        4. https://www.ilpost.it/2020/07/31/newsletter-sui-giornali-charlie/
        5. Rapporto AGCOM 2023
        6. Meltwater, Noi siamo sociali, 2024
        7. Censis, 2024
        8. In Italia vedasi progetti editoriali come: Will Media, Penshare , Torcha , ecc.
        9. Carta di Firenze della deontologia del lavoro giornalistico, 2011

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        Pnrr, ok della Ue alla seconda rata da 21 miliardi: focus su 5G e banda ultralarga
        GREEN ENERGY
        Energia pulita: Banca Sella finanzia i progetti green incentivati dal PNRR
        TECNOLOGIA SOLIDALE
        Due buone notizie digitali: 500 milioni per gli ITS e l’inizio dell’intranet veloce in scuole e ospedali
        INNOVAZIONE
        Competenze digitali e InPA cruciali per raggiungere gli obiettivi del Pnrr
        STRATEGIE
        PA digitale 2026, come gestire i fondi PNRR in 5 fasi: ecco la proposta
        ANALISI
        Value-based healthcare: le esperienze in Italia e il ruolo del PNRR
        Strategie
        Accordi per l’innovazione, per le imprese altri 250 milioni
        Strategie
        PNRR, opportunità e sfide per le smart city
        Strategie
        Brevetti, il Mise mette sul piatto 8,5 milioni
        Strategie
        PNRR e opere pubbliche, la grande sfida per i Comuni e perché bisogna pensare digitale
        Formazione
        Trasferimento tecnologico, il Mise mette sul piatto 7,5 milioni
        Strategie
        PSN e Strategia Cloud Italia: a che punto siamo e come supportare la PA in questo percorso
        Dispersione idrica
        Siccità: AI e analisi dei dati possono ridurre gli sprechi d’acqua. Ecco gli interventi necessari
        PNRR
        Cloud, firmato il contratto per l’avvio di lavori del Polo strategico
        Formazione
        Competenze digitali, stanziati 48 milioni per gli Istituti tecnologici superiori
        Iniziative
        Digitalizzazione delle reti idriche: oltre 600 milioni per 21 progetti
        Competenze e competitività
        PNRR, così i fondi UE possono rilanciare la ricerca e l’Università
        Finanziamenti
        PNRR, si sbloccano i fondi per l’agrisolare
        Sanità post-pandemica
        PNRR, Missione Salute: a che punto siamo e cosa resta da fare
        Strategie
        Sovranità e autonomia tecnologica nazionale: come avviare un processo virtuoso e sostenibile
        La relazione
        Pnrr e PA digitale, l’alert della Corte dei conti su execution e capacità di spesa
        L'editoriale
        Elezioni 2022, la sfida digitale ai margini del dibattito politico
        Strategie
        Digitale, il monito di I-Com: “Senza riforme Pnrr inefficace”
        Transizione digitale
        Pnrr: arrivano 321 milioni per cloud dei Comuni, spazio e mobilità innovativa
        L'analisi I-COM
        Il PNRR alla prova delle elezioni: come usare bene le risorse e centrare gli obiettivi digitali
        Cineca
        Quantum computing, una svolta per la ricerca: lo scenario europeo e i progetti in corso
        L'indice europeo
        Desi, l’Italia scala due posizioni grazie a fibra e 5G. Ma è (ancora) allarme competenze
        L'approfondimento
        PNRR 2, ecco tutte le misure per cittadini e imprese: portale sommerso, codice crisi d’impresa e sismabonus, cosa cambia
        Servizi digitali
        PNRR e trasformazione digitale: ecco gli investimenti e le riforme previste per la digitalizzazione della PA
        Legal health
        Lo spazio europeo dei dati sanitari: come circoleranno le informazioni sulla salute nell’Unione Europea
        Servizi digitali
        PNRR e PA digitale: non dimentichiamo la dematerializzazione
        Digital Healthcare transformation
        La trasformazione digitale degli ospedali
        Governance digitale
        PA digitale, è la volta buona? Così misure e risorse del PNRR possono fare la differenza
        Servizi digitali
        Comuni e digitale, come usare il PNRR senza sbagliare
        La survey
        Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
        Missione salute
        Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
        Servizi pubblici
        PNRR: come diventeranno i siti dei comuni italiani grazie alle nuove risorse
        Skill gap
        PNRR, la banda ultra larga crea 20.000 nuovi posti di lavoro
        Il Piano
        Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
        FORUMPA2022
        PNRR e trasformazione digitale: rivedi i Talk di FORUM PA 2022 in collaborazione con le aziende partner
        I contratti
        Avio, 340 milioni dal Pnrr per i nuovi propulsori a metano
        Next Generation EU
        PNRR, a che punto siamo e cosa possono aspettarsi le aziende private
        Fondi
        Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
        Servizi comunali
        Il PNRR occasione unica per i Comuni digitali: strumenti e risorse per enti e cittadini
        Healthcare data platform
        PNRR dalla teoria alla pratica: tecnologie e soluzioni per l’innovazione in Sanità
        Skill
        Competenze digitali, partono le Reti di facilitazione
        Gli obiettivi
        Scuola 4.0, PNRR ultima chance: ecco come cambierà il sistema formativo
        Sistema Paese
        PNRR 2, è il turno della space economy
        FORUM PA 2022
        FORUM PA 2022: la maturità digitale dei comuni italiani rispetto al PNRR
        Analisi
        PNRR: dalla Ricerca all’impresa, una sfida da cogliere insieme
        Innovazione
        Pnrr, il Dipartimento per la Trasformazione digitale si riorganizza
        FORUM PA 2022
        PA verde e sostenibile: il ruolo di PNRR, PNIEC, energy management e green public procurement
        Analisi
        PNRR, Comuni e digitalizzazione: tutto su fondi e opportunità, in meno di 3 minuti. Guarda il video!
        Rapporti
        Competenze digitali e servizi automatizzati pilastri del piano Inps
        Analisi
        Attuazione del PNRR: il dialogo necessario tra istituzioni e società civile. Rivedi lo Scenario di FORUM PA 2022
        Progetti
        Pnrr, fondi per il Politecnico di Torino. Fra i progetti anche IS4Aerospace
        Analisi
        PNRR, Colao fa il punto sulla transizione digitale dell’Italia: «In linea con tutte le scadenze»
        La Svolta
        Ict, Istat “riclassifica” i professionisti. Via anche al catalogo dati sul Pnrr
        Analisi
        Spazio, Colao fa il punto sul Pnrr: i progetti verso la milestone 2023
        FORUM PA 2022
        Ecosistema territoriale sostenibile: l’Emilia Romagna tra FESR e PNRR
        Il Piano
        Innovazione, il Mise “centra” gli obiettivi Pnrr: attivati 17,5 miliardi
        Analisi
        PNRR: raggiunti gli obiettivi per il primo semestre 2022. Il punto e qualche riflessione
        Analisi
        PNRR: dal dialogo tra PA e società civile passa il corretto monitoraggio dei risultati, tra collaborazione e identità dei luoghi
        Webinar
        Comuni e PNRR: un focus sui bandi attivi o in pubblicazione
        Analisi
        Formazione 4.0: cos’è e come funziona il credito d’imposta
        PA e Sicurezza
        PA e sicurezza informatica: il ruolo dei territori di fronte alle sfide della digitalizzazione
        PA e sicurezza
        PNRR e servizi pubblici digitali: sfide e opportunità per Comuni e Città metropolitane
        Water management
        Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 
        LE RISORSE
        Transizione digitale, Simest apre i fondi Pnrr alle medie imprese
        Prospettive
        Turismo, cultura e digital: come spendere bene le risorse del PNRR
        Analisi
        Smart City: quale contributo alla transizione ecologica
        Decarbonizzazione
        Idrogeno verde, 450 milioni € di investimenti PNRR, Cingolani firma
        Unioncamere
        PNRR, imprese in ritardo: ecco come le Camere di commercio possono aiutare
        I fondi
        Industria 4.0: solo un’impresa su tre pronta a salire sul treno Pnrr
        CODICE STARTUP
        Imprenditoria femminile: come attingere ai fondi per le donne che fanno impresa
        DECRETI
        PNRR e Fascicolo Sanitario Elettronico: investimenti per oltre 600 milioni
        IL DOCUMENTO
        Competenze digitali, ecco il nuovo piano operativo nazionale
        STRUMENTI
        Da Istat e RGS gli indicatori per misurare la sostenibilità nel PNRR
        STRATEGIE
        PNRR – Piano nazionale di Ripresa e Resilienza: cos’è e novità
        FONDI
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        La trasformazione digitale degli ospedali
        Governance digitale
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        Pnrr e digitale accoppiata vincente per il 70% delle pmi italiane
        Missione salute
        Fascicolo Sanitario Elettronico alla prova del PNRR: limiti, rischi e opportunità
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        Il Piano
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        FORUMPA2022
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        I contratti
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        Next Generation EU
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        Fondi
        Operativo il nuovo portale del MISE con tutti i finanziamenti per le imprese
        Servizi comunali
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