Come è cambiato il mondo del lavoro dopo la pandemia? È una domanda con cui ci confrontiamo spesso anche per comprendere i fenomeni sociali a cui assistiamo dopo lo smart working, forzato, e l’ampio dibattito sulla sua utilità e sulle opportunità di impiego anche a emergenza finita.
Da ex consulente ho sempre creduto che lavorare in una grande società potesse essere un’opportunità incredibile di confronto quotidiano con la complessità, sia essa progettuale, organizzativa o legata alla gestione degli stakeholder, e con la continua spinta alla trasformazione. Negli ultimi 18 mesi queste considerazioni sono state ulteriormente rafforzate e amplificate nel loro significato, per l’arrivo del “cigno nero” Covid-19.
Lavoro agile: quale modello culturale per i massimi benefici
In questo contesto hanno assunto un valore imprescindibile la costruzione di senso e la visione sistemica in tutte le iniziative che si perseguono, oltre alla capacità di adottare un approccio “sperimentale”, non avendo paura di testare idee e soluzioni, rimanendo aperti alla possibilità di “fallire” e dimostrandosi veloci nel cogliere le opportunità di scale up all’intera organizzazione.
La trasformazione digitale deve essere sempre accompagnata da un percorso di sviluppo su aspetti di cultura e leadership, per poter creare il contesto più favorevole al cambiamento e all’innovazione dei modelli operativi.
Il modello Agile transformation
Proprio da queste considerazioni, oggi consolidate dai fatti, ha mosso i passi l’Agile transformation*. In questo senso è cruciale preparare l’intera organizzazione al passaggio da modelli gerarchici, basati sul tradizionale “command and control”, verso reti di team agili, responsabilizzati sugli obiettivi ed autonomi nella gestione delle risorse messe loro a disposizione, in coerenza con le priorità strategiche aziendali.
Una volta avviato lo scale up sull’adozione della metodologia Agile, la traiettoria della trasformazione è a mio avviso non reversibile e richiede un costante impegno di supporto e sostegno alla community di professionisti coinvolti, che è destinata ad allargarsi al crescere dei progetti in portafoglio.
Il ruolo della formazione
Tale supporto comprende programmi di formazione continua sulla metodologia, per i diversi ruoli previsti nei progetti, e attività di gestione ed “animazione” della community, per condividere le esperienze e le pratiche oltre i confini organizzativi e geografici. La formazione rappresenta sempre un fattore chiave per la crescita professionale in ogni momento della nostra vita, non solo per i giovani.
Nel percorso di tutti noi dobbiamo, e dovremo sempre più, essere pronti ad accompagnare le evoluzioni e i cambiamenti che il contesto lavorativo continuerà a proporci, acquisendo nuove competenze, potenziando e aggiornando saperi che già fanno parte del nostro profilo professionale e, in alcuni casi, “archiviando” competenze non più attuali. Se consideriamo poi l’evoluzione dei modelli di lavoro post-pandemia, dove fiducia, autonomia e responsabilizzazione sui risultati saranno elementi cardine dei nuovi modelli ibridi, ritengo che poter beneficiare dell’esperienza e dell’attitudine di una comunità ampia di “practitioner” dell’Agile sarà un importante vantaggio per le aziende che hanno avviato da tempo questo percorso di trasformazione.
Dal recruting alla talent attraction
Trasformazioni che investe anche i processi di recruting: ormai da tempo i canali digitali sono diventati il principale terreno di confronto dove le grandi aziende giocano la partita della “talent attraction”, che rappresenta un’attività cruciale per garantire di alimentare gli step successivi in modo adeguato, in termini qualitativi e quantitativi. Lavorare sulla talent attraction richiede una gestione mirata del posizionamento aziendale sui vari social network e sui job board reputazionali, facendo leva su competenze non prettamente HR, tipiche di aree come il marketing e la comunicazione digitale. La digitalizzazione passerà dall’adozione di soluzioni di intelligenza artificiale a supporto delle fasi iniziali di screening, con video interviste processate da algoritmi sempre più sofisticati ed “istruiti”, fondati su solidi studi comportamentali e psico-linguistici.
Negli ultimi anni le grandi aziende hanno avviato delle sperimentazioni su queste soluzioni, per procedere successivamente a una loro adozione, una volta verificato che non vi siano rischi di natura reputazionale derivante dal loro “operato”. Anche nelle fasi successive di selezione gli strumenti digitali sono ormai presenti, per supportare l’assessment delle competenze o delle attitudini attraverso la cosiddetta “gamification”.
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*Best practice messa in campo in Romania da Enel Group, e adottata su larga scala nell’ambito del percorso di alfabetizzazione dedicato all’agile, che consente di rendere più efficace la gestione dei progetti di trasformazione e di gettare le basi per l’evoluzione organizzativa verso modelli più flessibili e “liquidi”.