Del pianeta Marte non conosciamo molto, ma alcune cose le sappiamo, per esempio che è il quarto pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal sole, che appare rosso per la grande quantità di ossido di ferro che lo ricopre o che ha dimensioni intermedie tra la terra e la luna. Non ci siamo mai stati, ma lo studiamo da anni.
Il metaverso, anzi i metaversi, non sappiamo nemmeno come definirli con esattezza. Seppure da lontano, abbiamo esplorato Marte molto più approfonditamente. Eppure, oltreoceano questo nuovo mondo virtuale è oggetto di investimenti miliardari e grandi speranze di business e diviene sempre più pressante l’esigenza di normarlo. Ma come, se non se ne conoscono ancora il perimetro e la portata? E, soprattutto, quanto potrà incidere sulle future dinamiche del metaverso la proposta di regolamento preannunciata dall’Ue?
Sto nel metaverso, faccio cose e vedo gente
Se il senso di una definizione – lo suggerisce il termine stesso – è infatti quello di perimetrare con precisione un concetto e consentire di comprenderne la portata, le definizioni attualmente disponibili di metaverso appaiono talmente vaste e generiche da rendere impossibile delimitare i confini precisi del fenomeno.
Almeno agli occhi di un profano, appare una sorta di (non) luogo in cui, utilizzando un’immagine comune, si fanno cose e si vede gente.
Eppure, già sappiamo che in questa nuova realtà si potranno, in un futuro non lontano, compiere azioni, tante, concorrenti ad alimentare un mercato che già nel 2024 dovrebbe sforare gli ottocento miliardi di dollari: lavorare, giocare, viaggiare, fare shopping, creare, conoscere persone e chissà cos’altro.
Per il momento, tuttavia, è come se ci stessero dicendo che tra qualche anno potremo atterrare su Marte e fare tante cose nuove: molto stupore, tanta curiosità, tantissime domande, densissimo fumo, poche tracce di arrosto.
Metaverso, i rischi di un mondo nuovo senza leggi e istruzioni per l’uso
Cosa ci vede la finanza nel metaverso
Il mondo della finanza, in realtà, qualcosa di significativo l’ha già intravisto.
Nel settore dei servizi finanziari, difatti, il metaverso è già diventato la base per scambiare monete diverse, incluse le cryptocurrency, e usarle per prestiti ipotecari e affitti di immobili, finanziamenti di progetti e investimenti di risparmi, concessioni di garanzie e, più in generale, per la finanziarizzazione di ogni bene fisico.
“Un business reale nel mondo virtuale” l’ha definito Caroline Pham, autorevole membro della US Commodity Futures Trading Commission, “la nostra vita futura”, che “crea una nuova dimensione della società e della comunità che si materializza come una rete di menti umane non più operanti sulla terra”.
Ad ascoltare questo tipo di voci si può immaginare, con tutte le approssimazioni del caso, che ci troveremo costretti a ridisegnare, per l’ennesima volta in un solo trentennio, il confine tra realtà e fantascienza.
Metaverso, le sfide per il diritto
Affinché il diritto possa ordinare con efficienza un contesto sociale, tuttavia, è indispensabile che quest’ultimo si manifesti con chiarezza, che lo si possa osservare, studiare e comprendere.
In caso contrario, qualunque sforzo regolatorio assumerebbe pericolosamente le sembianze del tentativo al buio, capace di centrare l’obiettivo solo se assistito da una buona dose di fortuna.
Sappiamo che qualcosa di grosso succederà, ne scorgiamo i germogli, ne intuiamo la portata osservando gli investimenti miliardari delle big tech, ma non sappiamo con precisione che forma assumerà il cambiamento.
Sarebbe quindi più opportuno attendere di vedere con chiarezza tutto e porre rimedio, a posteriori, al disordine che un fenomeno nuovo e dirompente, ma non regolamentato, porterebbe con sé (ricordiamoci i primi anni di internet) o sarebbe meglio intervenire fin da subito piantando paletti e recinzioni che, un po’ alla cieca, rischierebbero di rivelarsi inutili, o peggio controproducenti?
La proposta di regolamento europeo sul metaverso
Le preoccupazioni di chi teme che vengano attuati goffi tentativi legislativi, hanno condotto ad accogliere con scetticismo le ipotesi di regolamentazione “a priori” circolanti negli ultimi tempi, da ultima quella lanciata dalla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen insieme al commissario del Mercato Interno Thierry Breton.
In occasione del discorso annuale sullo Stato dell’Unione, la presidente e il commissario hanno difatti preannunciato una proposta di regolamento europeo sul metaverso che dovrebbe vedere la luce entro il 2023.
I contenuti del regolamento, ovviamente, sono ancora tutti da scrivere.
“Questo nuovo ambiente virtuale deve comprendere i valori europei fin dall’inizio. Le persone dovrebbero sentirsi tanto sicure nel mondo virtuale come lo sono in quello reale” ha precisato Breton.
In Italia, lo stesso Paolo Savona, presidente Consob, durante il convegno “Financial regulatory and supervisory authorities facing the Metaverse”, ha invitato a “prevenire piuttosto che subire, innovare rispetto al correggere, come suol dirsi, quando i buoi sono scappati dalle stalle”.
Al commissario Breton si potrebbe facilmente obiettare che sarebbe problematico – lo è sempre stato – innestare valori e principi europei in prodotti frutto della cultura U.S.A, basti pensare alle diverse concezioni che hanno animato e animano i due continenti sui temi privacy e data protection.
Al presidente Savona, per altro verso, si potrebbe far presente che (almeno) dal punto di vista tecnologico, si pensi ai social network, è da molto tempo che l’Europa insegue i buoi scappati dalle stalle statunitensi.
Le diverse visioni Ue-Usa che incidono sulla normazione del metvaerso
A controprova di quanto sia difficile, per l’Europa, incidere su queste dinamiche, si consideri che mentre dalle nostre parti la discussione sul metaverso è animata dal dibattito sulle regole, gli Stati Uniti non sembrano affatto interessati all’argomento.
La visione delle istituzioni americane non è tradizionalmente propensa a porre freni all’evoluzione tecnologica, e ne considera le implicazioni sulla popolazione come qualcosa di cui non è corretto che lo Stato si occupi, se non come extrema ratio.
Sicuramente, in ogni caso, non in chiave preventiva.
Senza contare che sono le grandi imprese americane quelle che stanno investendo cifre da capogiro su questa scommessa, e non rientra nell’ordine delle cose che le istituzioni governative ne ostacolino apertamente le strategie.
preannunciato una proposta di regolamento europeo sul metaverso che dovrebbe vedere la luce entro il 2023Negli Stati Uniti, piuttosto, il vero dibattito è attualmente un altro, molto più pragmatico e meno di principio, e vede contrapposti i sostenitori e gli scettici del metaverso, perché sono in tanti a considerare questo virtuale viaggio su Marte come una scommessa perdente.
Il presidente e CEO di Altimeter Capital Brad Gerstner, grande investitore di Facebook, ha diffuso, di recente, una lettera aperta e rivolgendosi direttamente a Zuckerberg, ha affermato che “nello stesso momento in cui Meta ha aumentato gli investimenti nel metaverso, ha perso la fiducia degli investitori”.
La multinazionale, in effetti, negli ultimi nove mesi ha bruciato in borsa circa 9,4 miliardi di dollari, e il titolo ha perduto, da inizio anno, circa il 70 per cento del proprio valore.
“Le persone sono confuse anche da ciò che significa ‘metaverso’”, ha osservato Gerstner, “se la società investisse 1-2 miliardi di dollari all’anno in questo progetto, allora quella confusione potrebbe non essere nemmeno un problema”.
Tuttavia, dal momento che Meta investe tra 10 e 15 miliardi di dollari l’anno, “un investimento stimato di oltre 100 miliardi di dollari in un futuro sconosciuto è enorme e terrificante, anche per gli standard della Silicon Valley”.
Lo sfogo di Gerstner ha incontrato il plauso di tutti coloro che vorrebbero puntare nuovamente sul tradizionale core business di Meta, che resta uno dei più grandi e redditizi al mondo.
Conclusioni
Questa, in definitiva, è la fotografia del metaverso sul finire del 2022. Mentre oltreoceano si sforzano di far quadrare i conti e scommettono che la nuova internet sarà in grado di cambiare radicalmente il nostro modo di vivere, in Europa ci prepariamo al mondo che verrà, o almeno ci proviamo, e tentiamo di immaginare una cornice di regole che non ci rendano semplici spettatori del cambiamento.