Come si apprende dal sito AgID “la Commissione Europea ha approvato il documento strategico Crescita digitale (PDF), confermando la soddisfazione della condizionalità ex-ante 2.1, pre-requisito per la spesa dei fondi, che garantisce la sussistenza di condizioni programmatiche, regolatorie, di pianificazione e strumentazione operativa, necessarie ad assicurare l’efficacia degli investimenti”.
Come rileva anche Alessandro Longo, questo è un passaggio fondamentale, perché, come spiega il comunicato AgID, consente “l’utilizzo di circa 1 ml e 200 milioni di fondi strutturali destinati da amministrazioni centrali al raggiungimento dell’obiettivo Agenda Digitale (Obiettivo Tematico 2 delle politiche di coesione a sostegno della crescita per il periodo 2014-2020), che si aggiungono alle altre risorse messe in campo per l’attuazione della Strategia, per un valore complessivo che supera i 4,5 miliardi”.
Sono passati più di 18 mesi dall’approvazione ufficiale della prima versione del documento, e questo non è certamente un segnale di coerenza con la velocità richiesta dalla trasformazione digitale, ma almeno adesso l’intero importo previsto a marzo 2015 dovrebbe essere effettivamente impiegabile. E questa è, in ogni caso, chiaramente una buona notizia.
La nuova versione si differenzia sostanzialmente per alcuni elementi, in gran parte legati alle osservazioni della Commissione:
- la rimodulazione delle risorse, legate in gran parte al grado di maggior maturità raggiunta da alcuni programmi. È il caso, ad esempio, di SPID o di ANPR, il cui fabbisogno finanziario in particolare passa rispettivamente da 50 a 41 e da 35 a 74 milioni, e, dalla parte opposta, di ItaliaLogin, ancora in cerca di precisa connotazione, il cui fabbisogno passa da 700 a 350 milioni;
- l’attenzione alla misurabilità, e quindi l’identificazione di indicatori di realizzazione (legati quindi alla specificità delle azioni del programma), e alla loro valutazione di impatto sugli indicatori del DESI (Digital Economic and Society Index). Ma anche l’identificazione di valori obiettivo (2018 e 2020) per tutti gli indicatori del DESI;
- l’inserimento tra i programmi di tutte le iniziative fondamentali per la trasformazione digitale delle PA, tra cui non poteva mancare quella in ambito di Procurement.
E’ fondamentale, soprattutto, che questo documento sia visto come documento di indirizzo e non come documento formale. In altri termini, è bene che accompagni e rimanga coerente con lo sviluppo, che è in corso, delle tematiche relative all’architettura IT delle PA (non citata) e delle scelte strategiche e programmatiche che saranno operate.
Da questo punto di vista si possono segnalare anche alcuni elementi specifici che vanno posti in ottica di aggiornamento e miglioramento:
- la presenza di programmi (ItaliaLogin, Smart City) che sono in via di profonda rimodulazione e che appaiono descritti quindi secondo un indirizzo non più attuale;
- la presenza di indicatori (come sul programma Scuola Digitale, il numero di LIM presenti nelle scuole) che sono in continuità con la versione dei primi mesi del 2015 ma non sono più coerenti con l’attuale indirizzo dei programmi;
- la presenza di valori target che sembra poco fattibile raggiungere (es. percentuale PMI che vendono online, per le quali si prevede una crescita dal 5% del 2014 al 33% del 2018, senza iniziative specifiche di accompagnamento o stimolo);
- l’attenzione ancora non sufficiente a temi fondamentali. Uno di questi è la digital security, ancora non centrato sull’intero Sistema Paese e con risorse chiaramente insufficienti (19 milioni fino al 2020).
Per queste ragioni, certamente la nuova versione 2016 del documento Crescita Digitale è un significativo risultato, ma se abbiamo anche la consapevolezza che un documento è strategico se guida progettazione e attuazione.