La rete ha cambiato tutto il processo legato alla produzione e distribuzione del cibo: dalla ideazione di ricette, alle modalità di cucinarle, alla distribuzione del cibo (food delivery), alla condivisione delle pietanze a distanza[1].
Non solo gli adulti ma anche bambini e teenager sono sempre più esposti alle esperienze legate all’alimentazione sui social media. In che modo ne vengono influenzati?
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Cibo, media e bambini: arriva il cartoon della food blogger
Il fenomeno dei food blogger rientra in un percorso che in poco tempo ha rivoluzionato la comunicazione alimentare: i primi blog di cucina nascono dieci anni fa, quando sconosciuti appassionati iniziano a proporre ricette e consigli per destreggiarsi ai fornelli.
Il food blogger è diventato un personaggio popolare, in grado di influenzare l’opinione pubblica attraverso la descrizione di un’esperienza culinaria con cui raccoglie molti “mi piace”. È diventato un food influencer, che riceve l’attenzione di aziende e pubblicitari come persona più adatta a promuovere i loro prodotti.
Benedetta Rossi ha iniziato circa 10 anni fa ad inserire ricette su Youtube: da foodstar del web, che registra 38,2 milioni di visualizzazioni, ora diventa un cartone animato, un brand.
Probabilmente, la credibilità e la coerenza narrativa del personaggio hanno determinato una chiara connotazione identitaria basata sulla costanza della narrazione, l’interattività e l’ascolto del pubblico di riferimento.
In “Superbenny”, il nome del cartoon, Benedetta incarna il suo personaggio tra piccoli grandi problemi, faccende di casa e il mondo digitale. La serie è ambientata nel casale di campagna in cui vive con il marito Marco, il cane Cloud e gli animali dell’aia. Il cartone animato tratta due temi cari ai bambini: la cucina e gli animali.
La nascita di un cartoon dedicato al cibo e rivolto ai bambini impone una puntualizzazione sulla dimensione educativa del fenomeno, una riflessione su come il marketing alimentare influenzi il consumo dei più piccoli, utilizzando sempre più numerose tecniche persuasive per influenzarne le abitudini, le preferenze e il consumo di alimenti.
Cibo, media e bambini: gli studi scientifici
I media influenzano le preferenze, le scelte e l’assunzione di cibo da parte dei bambini. A sostenerlo è uno studio condotto da vari ricercatori e pubblicato sulla rivista NCBI – National Center for Biotechnology Information.
L’esperimento, svolto nel 2012-2013 con un campione di bambini da 6 a 9 anni a Minneapolis-Saint Paul, ha indicato che i piccoli sono attratti dai prodotti sponsorizzati dai loro personaggi preferiti dei cartoon, e scelgono così cibi non sempre associati ad un modo salutare di nutrirsi.
A riguardo, anche la rivista Pediatric ha pubblicato uno studio, coordinato dall’università di Liverpool, che analizza l’impatto sull’alimentazione in età pediatrica della pubblicità in televisione ed evidenzia come i videoblogger non siano in grado di promuovere una dieta sana, mentre influenzano l’assunzione di cibo ricco di grassi, zucchero e sale.
Lo studio svela che, nei minuti immediatamente successivi alla visione delle immagini su Instagram, modelli dietetici non salutari, diffusi da personaggi influenti sui social, possono indirizzare i desideri e i gusti dei bambini. Inoltre, risulta che i cibi meno sani e i junk food hanno un’influenza maggiore rispetto a quella di alimenti più salutari, come frutta e verdura.
Lo studio ha coinvolto 176 bambini di età compresa tra i 9 e gli 11 anni, divisi in gruppi, a cui due food influencer proponevano diversi tipi di alimentazione e quattro possibili snack e un terzo proponeva prodotti non alimentari.
La ricerca ha evidenziato due comportamenti prevalenti: il primo è che la promozione del cibo è più penetrante rispetto ad altri prodotti, il secondo è che i bambini sono più esposti alla proposta di alimenti non sani.
Ma c’è un altro risultato interessante: osservare immagini di personaggi popolari che propongono alimenti sani, come verdura e frutta, non ha un impatto significativo nel modificare in positivo le abitudini alimentari dei bambini, spingendoli verso questi prodotti.
Secondo gli esperti, che hanno partecipato allo studio, sono necessari restrizioni maggiori e controlli nei confronti del marketing digitale che pubblicizza i cibi malsani a cui i bambini sono esposti. Inoltre, ai videoblogger non dovrebbe essere permesso di promuovere nei confronti di giovani vulnerabili alimenti non salutari sui social media.
Durante l’adolescenza, abitudini alimentari scorrette e sedentarietà si associano a problematiche di vario genere, tra cui l’aumento di peso e l’obesità ed altri fattori di rischio per malattie croniche non trasmissibili, carenze nutrizionali, disturbi del comportamento alimentare.
Il comportamento alimentare è stabilito da dinamiche complesse, i cui riflessi positivi o negativi si possono ripercuotere sullo sviluppo del bambino e, più in avanti con il tempo, dell’adolescente.
Sotto questo aspetto le regole e i comportamenti concreti trasmessi dai genitori assumono una importanza fondamentale nel modo in cui i figli vivono la propria alimentazione.
Insomma, è importante dare il buon esempio ai più piccoli, anche per combattere l’obesità infantile: in Italia, fra i bambini è al 21% (la percentuale più alta d’Europa) e fra le bambine al 14% (al quarto posto in Europa).
Cibo, media e bambini: la convenzione Unicef e le buone pratiche
Ma c’è un modo per veicolare dei messaggi positivi sul tema dell’alimentazione ai bambini?
Secondo uno studio statunitense pubblicato sul Journal of Nutrition Education and Behavior, parlare durante i pasti di cibo e salute rende i più piccoli maggiormente propensi a scegliere alimenti sani.
I ricercatori hanno seguito un centinaio di famiglie con bambini in età prescolare, dimostrando il valore del dialogo, portato avanti a casa, e anche a scuola.
Parlare dell’alimentazione durante i pasti può essere un buon modo per incoraggiare l’esplorazione di cibi nuovi e sani e per promuovere abitudini alimentari corrette nei bambini piccoli.
L’importanza del tema è recepito anche dalla Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Convention on the Rights of the Child – CRC)[2], un trattato internazionale che tutela i diritti fondamentali di tutti i bambini, le bambine e gli adolescenti.
La Convenzione è divenuta il trattato in materia di diritti umani con il più alto numero di ratifiche: oggi sono 196 gli Stati che si sono vincolati giuridicamente al rispetto dei diritti in essa riconosciuti.
Tra gli obiettivi, il diritto alla vita, alla sopravvivenza e allo sviluppo del bambino e dell’adolescente (art. 4): gli Stati devono impegnare il massimo delle risorse disponibili per tutelare la vita e il sano sviluppo dei bambini.
ll Comitato ONU sui diritti dell’infanzia ha emanato la sua interpretazione del contenuto delle norme sui diritti umani, nella forma di Commenti Generali su questioni tematiche, nel Commento Generale N. 25 – Sui diritti dei minorenni in relazione all’ambiente digitale.
Al punto J del Commento Generale, “Pubblicità e marketing commerciale” ci segnala (Art 41) che se “l’ambiente digitale sta diventando sempre più rilevante per molteplici aspetti che attengono alla vita delle persone minorenni […] Esso offre nuove opportunità per la realizzazione dei diritti dei minorenni, ma comporta anche dei rischi di violazione o abuso dei diritti di questi ultimi. Gli Stati dovrebbero vietare per legge la profilazione o il targeting di minorenni di qualsiasi età per scopi commerciali sulla base di una registrazione digitale delle loro caratteristiche effettive o “dedotte”, inclusi dati di gruppo o collettivi, o la profilazione per affinità o associazione.
Alle pratiche che si basano su neuro-marketing, analisi emozionale, pubblicità immersiva e pubblicità in ambienti di realtà virtuale e aumentata per promuovere prodotti, applicazioni e servizi dovrebbe essere vietato il coinvolgimento diretto o indiretto dei minorenni.”
E ancora (art.41) “Gli Stati dovrebbero assumere il superiore interesse del minorenne quale considerazione preminente nella regolamentazione della pubblicità e del marketing indirizzati e accessibili ai minorenni. La sponsorizzazione, l’inserimento di prodotti e tutte le altre forme di contenuto a scopo commerciale dovrebbero essere distinte in modo chiaro da tutti gli altri contenuti”.
Esistono infine buone pratiche, che, in coerenza con la legislazione, attivano nelle scuole progetti di educazione e consapevolezza, come ad esempio il ciclo di progetti sulla sostenibilità promosso dal Comune di Padova[3] tra cui “Il Clima nel Piatto”, che sensibilizza i ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado partendo dal fatto che, per la prima volta sul Pianeta, coesistono obesità e denutrizione, spreco e penuria di cibo.
Per riflettere su ciò che si mangia non solo in termini salutistici, ma anche etici ed ambientali. Comprendere come le nostre abitudini di consumatori possano avere una forte ricaduta sull’ambiente e sulle vite dei lavoratori. Offrire esempi di stili di vita più sobri e sostenibili, anche in un’ottica di riduzione degli sprechi. Preferire una dieta sana, varia ed equilibrata.
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Note
- Dagli anni 2000, il mercato del “prodotto cibo” si è trasformato in quello delle “esperienze food”. Gli individui desiderano infatti sempre più pietanze scenografiche video-friendly, adatte quindi alla condivisione sui social, ma puntano anche ad una tecnologia che migliori l’efficienza, mediante, ad esempio, l’utilizzo di droni per il servizio delivery o di applicazioni a supporto dei clienti. Si desidera vivere un’esperienza multisensoriale ed essere stupiti dai cibi, divertirsi ed avere un momento da ricordare. ↑
- https://www.unicef.it/convenzione-diritti-infanzia/ ↑
- https://www.padovanet.it/sites/default/files/attachment/Opuscolo%202018%20Web_0.pdf ↑