Social

Il ruolo dei social media nei processi di pace: casi di studio

Strumenti come i telefoni cellulari ed i social network sono elementi essenziali per la costruzione dei programmi di pace.
Lo dimostrano numerose ricerche ed esempi sul campo

Pubblicato il 29 Ago 2014

Nicola Strizzolo

docente associato Sociologia Università di Teramo

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Strumenti come i telefoni cellulari e i social network, permettono un approccio dinamico nei processi di pace, rispetto a quanto è stato possibile fare finora con i media tradizionali. Nel dialogo per la pace, la possibilità della comunicazione social assume un’importanza straordinaria.

Le ipotesi di ricerca di alcuni studi transfrontalieri condotti anche dall’Università degli Studi di Udine che riguardavano le reti sociali di FB all’interno dei Paesi dell’Ex Jugoslavia, sono: l’utilizzo di queste forme di comunicazione influenzano un maggiore senso di vicinanza, amicizia, fiducia e solidarietà tra le persone (condizioni necessarie per i processi di peace building)?

La basi della ricerca risiedono in diverse esperienze riportate dalla letteratura sull’argomento.

Una fra le altre è l’utilizzo delle ICT per l’appianamento dei dissidi con videogiochi che impegnino gli studenti in negoziati di pace tra Israeliani e Palestinesi (Burak, Keylor and Sweeney 2005)

Anche i videogiochi quindi possono coadiuvare interventi per la risoluzione e la gestione dei conflitti, anche all’interno di contesti educativi (Veletsianosm, Eliadou 2009): la variabile determinante non è la tecnologia in questi casi ma le opportunità che la tecnologia offre combinata a determinate pedagogie. Diventa pertanto determinante conoscere e sviluppare questa combinazione di opportunità tecnologia e pedagogie che le sfruttino al meglio.

In altri casi si sono utilizzati invece “warblog” e “peaceblog” per far comprendere agli studenti le dinamiche scatenanti i conflitti e le possibili risoluzioni degli stessi.

La letteratura scientifica si è occupata anche dell’utilizzo della tecnologia al fine di promuovere una formazione apposita che incentivi le basi della pace. Favorire il coinvolgimento in iniziative per trovare soluzioni ai conflitti e produrre ricerche di sostenibilità di risultati correlati alla pace sono le tracce da seguire. (Veletsianos, Eliadou 2009)

Premesse e stimoli per iniziative di pace possono essere la collaborazione, la comprensione dell’altro e la promozione attraverso diverse forme di educazione e didattica (Veletsianos, Eliadou 2009 64), come hanno evidenziato anche altre ricerche (Innovation Persuasive Technology Lab, 2009).

Un elemento propedeutico alla costruzione della pace è la comprensione dell’agire situato. Per questo motivo alcune esperienze si sono incentrate sulla narrativizzazione dell’altro presente online (Veletsianos , Eliadou 2009).

Alcune pratiche evidenziano come il confronto sul razzismo con coetanei provenienti da altri paesi, riesca a fare emergere punti di contatto nelle loro esperienze (Buchanan et al. 2008).

Basi per la pace sono costituite dalla socializzazione che avviene all’interno d’interazioni tra persone di diversa estrazione e cultura: pertanto le tecnologie Web 2.0 possono alimentare forme di comunicazione e collaborazione, zoccolo duro dei processi di peace building (Veletsianos, Kleanthous 2009).

Uno degli esempi virtuosi è l’esperienza del Laboratorio Internazionale della Comunicazione (Università di Udine e Università degli Studi Cattolica del Sacro Cuore; www.labonline.it), che dal 1963 riunisce un centinaio di studenti da tutto il mondo: l’obbiettivo dichiarato è quello di un corso di lingua e cultura italiana. Tra i fall-out vi sono anche le relazioni interculturali che si instaurano tra giovani e meno giovani che andranno a occupare o già occupano ruoli da intellettuali nella classe dirigente dei Paesi coinvolti, relazioni rese da alcuni anni ancora più intese dalle piattaforme social che il Laboratorio utilizza (Facebook e Twitter).

Veletsianos, Kleanthous (2009), in un’approfondita ricostruzione della letteratura scientifica sull’argomento, individua le  tecnologie che sono state maggiormente usate per promuovere la pace:

– Learning Management Systems (LMS) or Virtual Learning Environments (VLEs);

– il Web 2.0 con blog;

– Wikis, social networking online;

– siti per la condivisione di video.

Altri fonti indicano la mail, la videoconferenze e telefoni cellulari per la condivisione di informazioni e comunicazioni orientate alla comprensione reciproca.

Alcuni studi hanno monitorato come la collaborazione in ambienti web all’interno di team tra persone provenienti da paesi diversi aumentasse l’intelligenza culturale, l’identità globale, senza tuttavia intaccare quella locale. L’intelligenza cultuale è la capacità e la motivazione di interagire con altre culture e adattarsi a contesti con culture diverse, l’identità globale invece è il sentimento di appartenenza ad un contesto sovralocale.

Le conclusioni di un elaborato studio condotto su 1200 casi sono che la collaborazione ambiente web tra team di stranieri, sviluppa sia l’intelligenza culturale che l’identità globale, con effetti che non si affievoliscono oltre il semestre (post esperimento), ma non intacca l’identità locale (Erez et al 2013): la persona, composta da più identità, non riduce la sua componente locale, ma cresce quella internazionale. Inoltre cresce anche il livello di fiducia verso le persone con le quali si è interagito e la fiducia è fattore determinante per la costruzione di capitale sociale e le reti che ne conseguono.

Un’altra esperienza positiva si è verificata nelle Filippine attraverso video conferenze in cui i giovani dovevano costruire ponti culturali attraverso la comprensione reciproca di culture diverse [Paderanga 2014]. Attraverso queste azioni, Peach Tech, un’ONG con l’obiettivo di educare alla pace, ha avuto come obiettivo quello di migliorare la comprensione tra Islamici e Cristiani, che sono separati da distanze religiose e culturali, attraverso l’utilizzo della tecnologia (Paderanga 2014).

Dai feedback, sui 220 studenti che sono stati sottoposti a quest’esperimento, risulta aumentata la visione di una possibile convivenza pacifica in quanto membri della stessa comunità (Paderanga 2014).

Pare inoltre dimostrato che il social networking è fondamentale per il reinserimento di ex combattenti nella vita civile e in quella lavorativa. Su queste basi, il World Bank’s Transitional Demobilization and Reintegration Program (TDRP) sta sponsorizzando un progetto sull’utilizzo delle ICT per le peace-buiding, ma a parte le premesse, non vengono offerte ancora validazioni scientifiche degli output di questo percorso [Lamb 2013].

Un’altra esperienza di costruzione di pace attraverso le ICT, è quella della piattaforma Peace Revolution che condivide informazioni e riflessioni sulla pace nonché funge da Hub per le diverse attività che l’omonima organizzazione svolge: un’educazione alla pace per gli operatori della comunicazione e i volontari ed un programma di media education, di utilizzo della piattaforma per la formazione e per la condivisione delle esperienze rivolto a bambini in campi profughi in Africa [Hardy et al. 2011].

Fondamentale esperienza di giustizia sociale attraverso le nuove tecnologie si attesta essere anche nel mondo economico l’iniziativa di M-Pesa.

Con la emme che sta per mobile e “pesa” per denaro in lingua swahili è un sistema di bonifici bancari tramite sms messo a punto inizialmente per abbattere i costi delle mediazioni bancarie per i clienti del micro credito, che pagavano commissioni percentualmente altissime sui modesti importi delle rate di rimborso. Dall’Africa dove M-Pesa è nato, è sbarcato poi in Asia, portato da Vodafone, ed è diventato M-Paisa in India e Afghanistan. A Kabul dove è stato adottato nel 2008 dal Tesoro afgano per pagare la polizia, la sua adozione ha prodotto effetti del tutto inaspettati. Prima di tutto il governo afgano ha scoperto che il 10% degli stipendi che erogava andavano a fantasmi, poliziotti che esistevano solo sulla carta ai quali ogni mese versava gli stipendi. Poi i poliziotti afgani hanno creduto di aver ricevuto un aumento di stipendio, perché quasi nessuno di loro riceveva quanto gli era dovuto e molti non sapevano nemmeno quale fosse il loro stipendio. In quel momento hanno avuto l’esatta misura di quanto erano stati derubati negli anni precedenti, non c’è stata nessuna rivolta, solo entusiasmo per la novità, tanto che oggi i risultati nel paese sono considerati più che positivi.

Infine, una più significativa e promettente sfida, proviene dall’utilizzo dell’analisi dei big data all’interno del contesto elettorale pre e post conflitto.

Una ricerca della Georgia Tech sta portando i suoi frutti attraverso il software Aggie che aggrega e analizza in tempo reale flussi multipli di diversi social media e blog contemporaneamente. Gestisce grandi volumi di informazioni che estraggono in tempo reale parole chiave, analizza il contenuto e valuta l’incidenza monitorando gli argomenti (Best 2013).

Il sistema venne testato nelle elezioni del 2011 in Nigeria. I social network sono diventati un aspetto importante della vita di un numero sempre crescente di nigeriani. Secondo le stime sono due milioni gli utenti locali di Facebook, cifra piuttosto bassa se paragonata alla popolazione totale ma comunque indicatrice del fatto che le elezioni hanno interessato anche il popolo social. I sondaggi online possono configurarsi infatti come strumento per misurare il potenziale elettorale tenendo però conto che il pubblico che risponde ai sondaggi online è molto probabilmente appartenente ad una fascia ben specifica dell’elettorato: presumibilmente giovane, abbastanza scolarizzato e di ceto medio, caratteristiche che in realtà non rappresentano con precisione il totale dei votanti.

In aggiunta, una mossa come la decisione di iscriversi a Facebook dello stesso presidente Jonathan ha aiutato i social network a diventare di moda. In un Paese a lungo governato da irraggiungibili uomini forti, rendersi conto che si poteva interagire con il Presidente è stata una scoperta sorprendente che ha aiutato lo spirito di coinvolgimento.

Arrivato il momento delle urne, il software che in tempo reale tagga e registra i report dei ballottaggi e le eventuali irregolarità nelle elezioni segnalando i casi di frode aveva ignorato i segnali dei primi focolai di violenza (seguiti da violente sommosse con numerosi feriti e morti ). E’ stato così che il software – riconfigurato – oggi ha anche il compito di evidenziare violenze nei flussi di discorso nel web. Questo ha permesso di inviare forze di sicurezza lì dove provenivano sintomi di di violenza e sospetti di frodi elettorali in maniera da prevenire disordini ma anche di garantire elezioni trasparenti e democratiche. I progettisti del sistema credono che usando il software Aggie, si possano rendere servizi di monitoraggio e di trasparenza in tempo reale alle elezioni, attenuando i flussi di violenza e garantendo così un sostegno importante ai paesi in cerca di pace e democrazia.

*Parti dell’articolo provengono da un contributo a più mani, in elaborazione per il convegno internazionale “Challenges and solutions”, in programma a Prato nell’ottobre 2014.

Fonti:

–          Best M.L. (2013), Emerging Markets. Peacebuilding in a Networked World, Harnessing computing and communication technologies in fragile, conflict-stressed nations, «Communications of the acm», april 2013, vol. 56, no. 4

–          Erez M. Lisak A., Raveh Harush, Glikson E., Nouri R., Shokef E. (2013), Going Global:Developing Management Students’ Cultural Intelligence and Global Identity in Culturally Diverse Virtual Teams, «Academy of Management Learning & Education», 2013, Vol. 12, No. 3, 330–355.

–          Hardy S., Paramai Dhanissaro PJ., Thangsurbkul W (2011), «Peace Revolution’s Online Social Platform: From Inner Revolution to Global Evolution of Ethical Media Production», Journal of Media Literacy Education 3:2 (2011) 84 – 89

–          Jaruma B. (2013), The Effective Framework of the Rule of Law for Peace Building and Security, «Procedia – Social and Behavioral Sciences» 91 ( 2013 ) 105 – 112

–          Lamb g (2013), Virtual peace-building: Can social media help to reintegrate ex-combatants?, www.issafrica.org/iss-today/virtual-peace-building-can-social-media-help-to-reintegrate-ex-combatants

–          Paderanga L. D. (2014), Classroom video conferencing: Its contribution to peace education, «Procedia – Social and Behavioral Sciences» 123 ( 2014 ) 113 – 121

–          Peace, Innovation Persuasive Technology Lab. (2009). Inventing peace…yes, it’s possible, peace.stanford.edu/

–          Veletsianos G., Eliadou (2009), Conceptualizing the use of technology to foster peace via Adventure Learning, «Internet and Higher Education» 12 (2009) 63–70

–          www.labonline.it.

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