L’adozione dell’open source continua ad aumentare. Le aziende stanno diventando più consapevoli rispetto al software open source, e spesso contribuiscono ai progetti e alle organizzazioni per garantire che il software che utilizzano sia stabile, sicuro e guidato dalla comunità.
È uno dei risultati che emergono da una ricerca condotta da OpenLogic e Open Source Initiative (OSI) sullo stato del software open source nel 2022.
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La ricerca analizza le tecnologie più popolari – dalle tecnologie di infrastruttura e dai linguaggi di programmazione agli strumenti DevOps e alle tecnologie di intelligenza artificiale – ed esamina sia i vantaggi che i problemi relativi alla sua adozione in azienda.
Il rapporto
Il rapporto guarda alla maturità del software open source e agli indicatori che forniscono una visione sulla sua traiettoria di sviluppo in ogni parte del mondo.
Nelle sei settimane in cui il sondaggio è stato attivo, a cavallo tra il 2021 e il 2022, sono stati compilati 2660 questionari, i cui dati forniscono una visione ampia ed esauriente dello stato del software open source nel 2022.
Nel 2021, il 77% delle aziende ha riportato un aumento nell’uso del software open source, con il 36% che indica un aumento significativo, mentre meno del 2% degli intervistati ha dichiarato di aver ridotto l’uso del software open source.
Purtroppo, a livello di produttività desktop, solo il 14% delle aziende usa software open source. Nell’insieme, si può affermare che il software open source è presente nella maggioranza delle infrastrutture, mentre continua ad arrancare sul desktop, dove l’atteso “anno di Linux” sembra non arrivare mai.
I principali ostacoli alla diffusione del software open source
A questo punto, gli intervistati dovevano evidenziare i principali ostacoli alla diffusione del software open source, che sono risultati: per il 30% la mancanza di competenze interne per testare, usare, integrare e supportare il software open source; per il 27%, le limitazioni poste da alcune licenze open source; per il 23%, l’assenza di supporto in tempo reale; per il 21%, la minore scalabilità rispetto al software proprietario; per il 16%, il basso livello del supporto tecnico; per il 13%, la sicurezza e l’assenza di test; e per il 10% l’incapacità a convincere il management al suo utilizzo.
I principali motivi per l’adozione del software open source
Ovviamente, dopo aver affrontato gli ostacoli, il sondaggio chiedeva quali sono i principali motivi per l’adozione del software open source. Il 44% del campione ha messo al primo posto accesso a innovazione e ultime tecnologie, seguito dal 38% con la riduzione dei costi e l’assenza di un costo di licenza, dal 37% con la modernizzazione dello stack tecnologico, dal 35% con la disponibilità di funzioni che rendono più veloce lo sviluppo, dal 31% con l’ampiezza delle opzioni, dal 29% con la frequenza dei rilasci e delle patch (correzioni dei bug), dal 27% con l’assenza di vendor lock-in, e dal 20% con la migrazione verso ambienti nativi cloud/container.
I sistemi operativi più diffusi
Passando alle tecnologie open source, i sistemi operativi più diffusi sui server sono Ubuntu (36%), Debian (21%), CentOS (20%), RedHat Enterprise Linux (17%), OpenSUSE (16%), SUSE Linux Enterprise Server (15%), e SELinux (13%). Le tre applicazioni più diffuse sono Docker (26%), Kubernetes e OpenStack (entrambi 18%).
Le motivazioni che hanno portato alla scelta di queste tecnologie sono la stabilità e la robustezza della tecnologia per il 61% del campione, la sicurezza e le patch per il 60%, il livello di professionalità ed esperienza per il 54%, il supporto tecnico a livello enterprise e i costi di licenza, entrambi per il 46%.
Questo evidenzia che il software open source viene utilizzato a livello di infrastruttura soprattutto per i suoi vantaggi rispetto al software proprietario in termini di stabilità e robustezza, sicurezza e rapidità di soluzione dei problemi, e che i costi di licenza sono considerati un fattore meno importante.
Dopo una lunghissima sezione relativa allo sviluppo del software open source, all’interno della quale vengono analizzati sia i linguaggi di programmazione che i framework, la ricerca prende in esame il rapporto tra gli utenti di software open source e le comunità che ruotano intorno ai progetti stessi, per valutare la maturità dell’open source nelle organizzazioni.
Gli investimenti delle aziende nell’open source
Infatti, mentre tutti sono consumatori e utenti di software open source, le aziende si muovono in modo molto diverso quando si tratta di usare e investire nell’open source, per cui è necessario comprendere le tendenze per avere il quadro della sostenibilità dei progetti open source.
Il sondaggio ha preso in esame 9 attività per classificare il livello di maturità dell’open source nelle aziende, che nel loro complesso offrono una fotografia del presente e permettono di fare alcune previsioni per il futuro. Il 40% delle aziende dispone di esperti nelle diverse tecnologie open source, il 33% effettua scansioni del software open source alla ricerca di vulnerabilità, il 32% contribuisce direttamente a uno o più progetti open source, il 31% ha un processo interno per il rispetto di parametri di sicurezza durante lo sviluppo, il 30% sviluppa software open source e lo mette a diposizione in un repository pubblico, il 15% ha un Open Source Program Officer (una figura emergente, che ha il compito di coordinare le attività di un’azienda verso l’ecosistema open source), un altro 15% ha progetti InnerSource, il 13% ha un team legale dedicato al software open source, e il 12% rilascia con licenza open source il software precedentemente sviluppato con licenza proprietaria.
Conclusioni
Tutto questo permette di affermare che il software open source continua e continuerà a crescere nei prossimi anni, e che le aziende che hanno investito nella giusta direzione raccoglieranno i frutti dei loro investimenti in termini di qualità e robustezza del software open source. Sono le aziende che hanno iniziato a lavorare insieme alle comunità open source, e a finanziare il lavoro dei volontari, per ottenere una sostenibilità dei progetti che oggi – in molti casi – è legata più alla volontà dei singoli che a quella delle organizzazioni.