La riflessione

Il virtuale è morto. Lo spazio della rete come apertura al noi globale

Non è un universo altro, ma è una dimensione delle nostre vite. E ci servono nuove metafore per definirla. Perché nessuno si senta escluso dal nuovo mondo. Una teoria, del noto architetto e artista italiano

Pubblicato il 19 Ott 2012

Fabio Fornasari

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Un architetto è abituato a lavorare con lo spazio come luogo di vita delle persone. Impegna tutto se stesso per immaginare, disegnare e proporre degli spazi di vita.

Per dirla con Perec, le specie di spazi sono tanti e multidimensionali. Ma nel suo lungo elenco non prevedeva lo spazio “virtualizzato” dalla rete della comunicazione digitale. Come è possibile rappresentarlo? Quali strumenti possiamo usare per descrivere lo spazio che la rete ci offre, per crearne una rappresentazione? Quali sono gli strumenti che possiamo usare per immaginare una rappresentazione della rete che forzi la più semplice e non corrette icona di rete a maglia?

Nel 1982, Michael Crichton scrisse un libro che riletto oggi non può non fare sorridere: La vita elettronica. Ma come tutti i libri che si occupano di futuro hanno qualcosa che resta capace di produrre pensiero. Innanzitutto il titolo e in secondo luogo l’elenco di numeri.

Si legge ad esempio che nel 1982 i computer connessi in una rete negli stati uniti fossero non più di 300.000 o che i computer presenti nelle famiglie americane fossero in totale 5.000.000.

I numeri sono la chiave per riconoscere nella matematica uno strumento utile per costruire una rappresentazione della vita digitale immersa nel suo ambiente: la rete.

Dopotutto la cultura digitale ha un inconscio matematico che arriva alla superficie solo per gli addetti ai lavori: informatici, tecnici, ingegneri ecc. Per i normali utenti un computer è ovviamente un oggetto d’uso quasi come un elettrodomestico; oppure è una estensione della propria agenda, dei propri strumenti per ragionare; in qualche modo, ormai per ciascuno di noi ha riempito buona parte dei nostri spazi e dei nostri tempi.

Occupando lo spazio, ne ha prodotto a sua volta di altra specie.

Come tutte le nostre cose, non è unidimensionale ma un oggetto frattale: si compone di parti – schede madri, schede grafiche – che si compongono di parti – componenti, microprocessori – e a sua volte è parte di qualcosa di più grande che normalmente si definisce globale: il world-wide-web, il mondo digitale.

Dire che la rete è globale non significa semplicemente che si riferisce a tutto il pianeta ma suggerisce la forma a globo che ricalca il pianeta. Questo ci dice che non è un universo altro, non è virtuale. E’ ancora il nostro e ci dice che la vita digitale di ciascuno di noi ha uno spazio globale e che all’interno di questo globo possiamo spostarci sulla superficie e quando occorre scendere nella profondità della rete cercando le informazioni che ci interessano. Questo è quello che facciamo all’interno di un nuovo pensiero digitale che può ancora essere spiegato all’interno di un pensiero geografico, ma ancora di più spaziale.

Tutta la nostra vita digitale, dal funzionamento al linguaggio in uso all’interno dei nostri computer, dalle caratteristiche del funzionamento delle connessioni alle regole che si impongono all’interno della rete e quindi dei social network globali è governato dalla matematica e in particolare da un filone definito teoria dei grafi.

La teoria dei grafi è la teoria delle reti, una disciplina matematica che lavorando per metafore semplici studia le regole delle cose che compongono la nostra vita digitale: come e cosa sono le nostre postazioni – i nodi della rete – e come queste si pongono in rete tra loro. In altre parole studia i vari modelli matematici che regolano i rapporti tra le singole parti. La teoria dei grafi è una applicazione della più importante branca della matematica che si chiama topologia o studio delle proprietà geometriche delle figure. Il suo studio non dipende dalla nozione di misura ma si occupa di posizioni, di funzioni e di proprietà e ne verifica la costanza in funzione delle forzature che deformano lo stato geometrico delle entità in gioco.

Parafrasando Crichton, lui stesso sembra definire posizioni, funzioni e proprietà dell’uomo in relazione alla nuova tecnologia. La relazione tra questi due entità si basa su una serie di postulati fondamentali:

1. Gli esseri umani sono più importanti della rete

2. Gran parte delle nostre convinzioni sulla rete sono errate

3. Usare una rete è facile.

4. Questa è una fortuna, visto che tutti dovremo imparare a usarla.

5. Non è altrettanto facile fare buon uso della rete.

6. E questa è una sfortuna poiché tutti dovremmo imparare a usarla.

7. La rete può essere molto divertente

8. C’è chi vorrebbe togliere loro questa caratteristica.

Questi postulati fondamentali sono qualcosa di più di semplici provocazioni letterarie: sono esempi di regole alle quali gli enti devono attenersi per potere funzionare all’interno dei loro ruoli.

Siamo abituati a pensare alla rete, al Web come qualcosa che ha a che vedere con un pensiero democratico: tutti i nodi hanno lo stesso grado di libertà e sono disposti senza una gerarchia. Osservandola con gli strumenti che la teoria dei grafi ci offre vediamo il web come una rete orientata poiché vi sono legami – link, connessioni – che da alcune pagine vanno verso altre pagine ma non necessariamente nella direzione opposta.

Il Web è quindi una rete orientata e questo la caratterizza con un carattere distintivo che la differenzia dalle altre reti in cui tutte le connessioni sono reciproche e bidirezionali.

La rappresentazione della nostra vita digitale comincia così a prendere corpo.

L’uso di nomi semplici ed evocativi come albero, rete, nodo, accesso, cammino, percorso, connessione, ciclo, radice – definirle in italiano è importante per capire il paradosso – si accompagna a una necessaria precisione dei significati. Ad esempio: il cammino che si compie all’interno di una rete non prevede che si possa tornare indietro. In questo caso si chiamerebbe percorso.

L’albero ad esempio è una rete semplice, la prima forma che ha assunto l’organizzazione della memoria di lavoro di qualsiasi PC; si definisce albero una rete in cui esiste uno e un solo percorso possibile tra ogni coppia di nodi.

Se si sale di scala e si entra nella rete globale non è più così semplice. L’albero non basta più come metafora: i percorsi e i cammini sono regolati da vincoli. A quel punto servono altre immagini, altre forme semplici per ragionare su come e cosa possiamo farci.

Descrivere e rappresentare questo spazio, conoscerne le regole è una necessità per orientarsi al suo interno. La rete ha bisogno di metafore per essere abitata. La topologia e la teoria dei grafi ci servono per trattare dall’interno queste metafore. In fondo la prima geometria che conosciamo e che ci restituisce l’impronta della rete è il desktop del proprio schermo che registra innanzitutto la collocazione del nostro essere un nodo della rete, ce ne restituisce una immagine, una faccia che guarda ed è guardata e che funziona come una stretta di mano col mondo.

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