Le “immersive experience” stanno rivoluzionando il mondo dell’arte e dell’intrattenimento.
Ne sono un esempio le mostre immersive ispirate a Van Gogh che affiancano quelle tradizionali del celebre pittore. Oltre che ad artisti di fama internazionale, le immersive experience si legano a brand di lusso, personaggi famosi o del cinema o creano realtà parallele che catturano il pubblico in un’esperienza a tutto tondo.
Immersive Experience e l’innovazione nella fruizione dell’arte
Nell’arte immersiva il ruolo dello spettatore è cambiato: da semplice osservatore terzo in una realtà 2D, diviene parte dell’esperienza stessa, grazie a musiche, suoni, luci, colori, panorami a 360 gradi e componenti multimediali che creano un’esperienza interattiva tridimensionale.
Queste esperienze nascono dall’unione di arte e tecnologia, con l’intelligenza artificiale che gioca un ruolo chiave nella creazione di contenuti customizzati sulle preferenze personali, spingendo gli spettatori in un viaggio multisensoriale dove la distinzione tra realtà e fantasia è sempre più sfumata. Tuttavia, con l’avanzamento tecnologico, emergono nuove sfide legate alla tutela della proprietà intellettuale e dei diritti di immagine.
Dall’IA alle mostre: il confine tra creazione e violazione dei diritti
Le società che realizzano immersive experience rischiano di violare diritti IP di terzi, dall’uso non autorizzato di marchi, alla violazione di contenuti autorali fino all’impiego di tecnologie brevettate.
Nella progettazione di mostre immersive, la riproduzione non autorizzata di un marchio, in assenza di specifica licenza concessa dal titolare, può infatti costituire una violazione anche senza un diretto sfruttamento commerciale. È importante sottolineare inoltre che, indipendentemente dalla categoria in cui sono registrati, i marchi rinomati godono di una protezione ultramerceologica. A tal riguardo, è irrilevante che la creazione digitale sia stata generata da IA, in quanto i principi relativi all’uso indebito di marchi altrui si applicano anche ai contenuti creati con il supporto di IA. Senza dimenticare l’importanza di registrare i propri marchi anche per beni virtuali, o essere certi di poterli utilizzare anche nel Metaverso.
Spesso le mostre immersive si basano su opere in pubblico dominio. Del resto laddove siano decorsi gli anni della protezione del diritto d’autore, la riproduzione – digitale e non, la modifica, trasformazione delle opere è liberamente permessa. Riprendendo l’esempio di Van Gogh, la caduta in pubblico dominio delle opere del pittore ha visto la diffusione di mostre immersive che lo vedono protagonista.
La protezione del marchio nel mondo dell’Immersive Experience
Quest’anno si è molto discusso dell’entrata in pubblico dominio della prima versione di Mickey Mouse, Steamboat Willie del 1928. Sebbene in prima battuta si potrebbe pensare che ne derivi la possibilità di creare un’esperienza immersiva dedicata a Mickey Mouse, bisogna tenere in considerazione che solo la prima versione di Mickey Mouse è caduta in pubblico dominio, mentre le versioni successive continuano ad essere protette dal diritto d’autore. Un’esperienza immersiva con riproduzioni digitali del Topolino “moderno” costituirebbe pertanto illecita violazione. Senza dimenticare i numerosi marchi figurativi registrati dalla Walt Disney su Mickey Mouse per evitare un uso illecito del marchio, oltre che i profili di concorrenza sleale.
Ma in alcuni casi, non si tratta solo di un utilizzo diretto di opere artistiche, musicali o cinematografiche protette, ma della creazione di contenuti realizzati “nello stile di”. Questa situazione può creare zone d’ombra, poiché il diritto d’autore protegge la forma specifica di espressione dell’idea, non l’idea stessa. Nel caso di esperienze immersive realizzate nello stile di un artista, occorre verificare se il risultato ottenuto costituisca violazione, oppure se rientra in quella ispirazione creativa alla base del progresso artistico. Inoltre, l’uso di contenuti audiovisivi che evocano l’aspetto o la voce di celebrità può sfociare in una violazione dei diritti di immagine, oltre al pericolo di creare deepfake. Questo scenario solleva questioni intriganti sul confine tra innovazione tecnologica e rispetto della privacy.
Il problema dei diritti d’autore nelle Immersive Experience
Per rendere l’esperienza più coinvolgente, è possibile utilizzare software che riproducono le interfacce grafiche e modalità AR, registrando i movimenti nello spazio, che potrebbero essere protetti dal diritto d’autore, oppure avere un’implementazione pratica che rientra nella protezione brevettuale. Immaginate di indossare un visore AR e di trovarvi catapultati nella fabbrica di Willy Wonka, dove ogni dettaglio, dal fruscio delle foglie di cacao al luccichio dei fiumi di cioccolato, è riprodotto con una fedeltà tale da sembrare reale (così non è avvenuto nell’esperienza disastrosa avvenuta a Glasgow). Occorre in questi casi essere consapevoli dei diritti intrinseci nelle tecnologie che utilizzano per non violare IP altrui.
Le società che organizzano eventi immersivi, oltre a dover rispettare i diritti IP di terzi, ottenendo le opportune licenze, devono considerare anche il potenziale di una mostra immersiva come asset IP. Il formato di una mostra solitamente consiste nell’unione di elementi comuni tipici di questa tipologia di esperienza, come accostamento di colori brillanti, presenza di aree destinate a fotografie per i social media e impiego di tecnologie per la realtà virtuale o aumentata e la combinazione di questi elementi spesso costituisce un formato non tutelabile.
Ma possono esservi casi in cui il concept potrebbe essere contraddistinto da elementi peculiari e creativi tali da giovare di tutela IP. Se prendiamo in considerazione il carattere creativo di un’immersive experience, caratterizzata da elementi definiti come espressioni originali e una specifica struttura ripetibile, ci si potrebbe chiedere se potrebbe ottenere una tutela autorale in modo simile a quella ormai riconosciuta ai format televisivi.
Quando un format può ottenere tutela IP
Il format può ottenere tutela IP quando si concretizza in una struttura ripetibile e ben definita costituita da canovaccio, struttura tecnica e personaggi fissi. Una mostra immersiva, se dotata di un format specifico, potrebbe essere protetta dal diritto d’autore, a condizione che i suoi elementi salienti siano chiari, definiti e ripetibili. Il deposito di tale format presso la SIAE, come anche la conservazione del processo ideativo e della relativa realizzazione pratica potrebbe aiutare a provarne la relativa titolarità. E’ indubbio tuttavia che sia necessario anche raggiungere quel carattere creativo che costituisce requisito per il diritto d’autore.
Ci si chiede se lo specifico concept, quando dotato di novità e carattere distintivo, possa essere tutelato anche come marchio di forma. Come un concept store può ottenere tutela come marchio per la distintività del layout, dei colori e forme, una specifica immersive experience potrebbe in linea di principio essere tutelabile dove vi siano determinati elementi individualizzanti. La sfida maggiore è stabilire un’indicazione d’origine chiara, in modo che il consumatore riconosca il legame con la società creatrice dell’esperienza immersiva. Questo è più semplice per esperienze già associate a una brand identity specifica.
Esperienze immersive e aumento dei contenziosi internazionali
La crescente popolarità delle esperienze immersive potrebbe portare a un aumento di contenziosi internazionali per proteggere gli investimenti creativi e prevenire l’uso indebito di esperienze uniche. Negli Stati Uniti, un collettivo artistico ha citato in giudizio il Museum of Dream Space sostenendo che avesse copiato la sua mostra immersiva. Il Tribunale della California ha riscontrato una sostanziale somiglianza tra le due, proprio sulla base di caratteristiche virtualmente identiche e ha sostenuto che gli spazi, l’illuminazione e i cambiamenti di colori fossero talmente simili da rendere impossibile distinguere tra le due mostre.
In un settore in rapida crescita come quello delle esperienze immersive, occorre stabilire criteri precisi per la tutela IP, al fine di proteggere distintività e innovazione, senza però limitare la concorrenza e incoraggiando la diffusione della creatività nel settore dell’intrattenimento.
La tutela legale delle esperienze immersive
La domanda che sorge spontanea è: cosa devono fare le aziende per affrontare la sfida di proteggere le proprie esperienze immersive evitando al contempo violazioni?
È cruciale predisporre appositi accordi di non divulgazione e clausole di riservatezza, oltre a patti di non concorrenza, specialmente quando si collabora con partner esterni nello sviluppo delle esperienze immersive.
A livello preventivo, è necessario condurre ricerche di anteriorità per valutare l’uso di contenuti creativi o marchi altrui nelle mostre, definendo con precisione gli elementi distintivi e caratterizzanti.
Avere un team interno esperto di IP è essenziale, così come il supporto di consulenti legali esterni che possano assistere per ottenere protezione legale, se non per il format stesso, difficilmente tutelabile, almeno per gli elementi unici che definiscono un’esperienza immersiva in modo da poter almeno sfruttare la tutela contro la concorrenza sleale. In aggiunta, tenendo conto del ruolo dell’IA nella creazione dei contenuti, è cruciale prestare attenzione ai prompt specifici forniti e ai dati di addestramento dell’IA, per garantire che l’output non violi diritti di terzi e sia considerato di proprietà dell’azienda grazie ad un significativo contributo umano.
*Le opinioni incluse nell’articolo sono dell’autrice e non riflettono necessariamente la visione o posizione dell’azienda Fever.