Meta (società che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp), cambiando policy, com’è noto, ha autorizzato l’incitamento all’odio contro i russi a causa della guerra in Ucraina, addirittura togliendo la censura ai messaggi che istigano all’omicidio del presidente russo, Vladimir Putin. Per reazione, la Russia ha dichiarato Meta “organizzazione estremista che incita alla violenza e all’omicidio” e ha “bloccato” Instagram.
Ecco: una vicenda che andrebbe considerata come pistola fumante di una trasformazione ormai irreversibili, di big tech che, come “big media”, sono ormai parti integranti di una visione politica e geo-politica. Nulla sarà più lo stesso.
Guerra in Ucraina, così la disinformazione diventa arma strategica
Odio online, propaganda politica e utilizzo delle tecnologie “civili” per fini bellici
La tendenza viene da lontano ma ora, con l’occasione e opportunità di chiarezza che spesso viene da una guerra, si esplica ed esplicita.
Sulla responsabilità, sociale, giuridica e politica dei social network nella diffusione di fake news e di messaggi di incitamento all’odio si è scritto moltissimo; si è sempre invocato l’intervento di autorità statali o europee per regolamentare la diffusione di contenuti anche potenzialmente dannosi per gli utenti (soprattutto per i minori).
La policy di Facebook per i creators è la seguente: “Facebook rimuove qualsiasi incitamento all’odio. Sappiamo che molti editori usano Facebook per mettere in discussione idee, istituzioni e linee di condotta. Tali discussioni possono promuovere il dibattito e una maggiore comprensione. Talvolta gli editori condividono contenuti altrui che incitano all’odio al fine di sensibilizzare o informare altre persone sull’argomento trattato. In questi casi, ci aspettiamo che gli editori indichino chiaramente il loro scopo, per consentirci di capire i motivi per cui hanno pubblicato tali contenuti. Sono permessi messaggi umoristici, satirici o commenti relativi a questi argomenti”.
Le policy Facebook incitano all’odio verso Putin
Senonché, una notizia esclusiva dell’Agenzia Reuters ha reso noto che Meta consentirà i messaggi di incitamento all’odio nei confronti dei militari russi (ma non dei civili) e dei post che inneggiano alla morte di Vladimir Putin (Presidente della Federazione Russa) e Alexander Lukashenko (Presidente della Bielorussia, alleata della Federazione Russa).
Il Metaleak specificherebbe i “termini” entro i quali l’incitamento all’odio social sarà consentito: potrebbero esserne oggetto i soldati russi, ma non i prigionieri di guerra e i russi in generale dove è chiaro che il contesto è l’invasione russa dell’Ucraina.
La stessa Reuters riporta l’elenco degli Stati in cui il cambio di policy sarebbe operativo, ossia Armenia, Azerbaigian, Estonia, Georgia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Russia, Slovacchia e Ucraina.
La reazione russa non si è fatta attendere
La reazione russa non si è fatta attendere: Mosca ha chiesto agli U.S.A di mettere al bando le “attività estremiste” di Meta ed ha bloccato il social Instagram (con ingenti danni per gli influencer di ogni latitudine).
Una scelta autonoma o politica?
Difficile dire se la scelta di Meta sia stata determinata da una visione politica autonoma o se sia da contestualizzare nel set di sanzioni che i Paesi Nato e l’Unione europea (ma anche la Svizzera) hanno adottato per reagire all’invasione russa dell’Ucraina.
Non appare inverosimile che la decisione di imporre policy di facilitazione di divulgazione di discorsi d’odio possa essere stata determinata da pressioni del Governo U.S.A.
Quello che è certo è che nulla, nel mondo dei social network, sarà come prima.
Non risulta infatti che uno scenario simile si sia mai verificato in precedenza, eppure di guerre aperte, nel mondo, ce ne sono: Siria, Yemen, Libia solo per semplificare.
La scelta di campo di Meta determina anche un cambio di paradigma nell’attività del social network in generale, sempre dibattuta, tra “edicola” ed “editore”.
Non solo: se le legislazioni statali regolano i mass media, in quanto idonei a spostare l’opinione pubblica, nulla potrà, ora consentire ai colossi della Silicon Valley di continuare a nascondersi dietro il dito del mancato controllo dei contenuti.
In altri termini, dovranno necessariamente venire a patti con il controllo statale esplicito, sempre ammesso che non siano strettamente legati ad un controllo “occulto” (come si suggerisce nel movie del 2016 Jason Bourne).
L’Unione europea, in questo, potrebbe anche intervenire in un futuro in cui le ostilità saranno cessate, sempre che l’impulso degli States, in questo, non porti a decisioni diverse: l’Unione è priva di un esercito e gli Stati europei non sono militarmente attrezzati per gestire situazioni come quella Ucraina.
Il caso Clearview
Emblematico, però, è il caso della società statunitense Clearview AI, che possiede più di 10 miliardi di immagini di volti di persone, perlopiù recuperate mediante web scraping ed estratte da fonti accessibili.
La società effettua un servizio di profilazione mediante intelligenza artificiale che connette dati biometrici ed informazioni correlate alle foto (pagina di pubblicazione e geolocalizzazione su tutte).
Il Garante per il trattamento dei dati personali italiano ha sanzionato la società con una multa da venti milioni di euro (comunicato stampa del garante del 9 marzo 2022) perché l’istruttoria condotta ha permesso di accertare che “le risultanze hanno rivelato che i dati personali detenuti dalla società, inclusi quelli biometrici e di geolocalizzazione, sono trattati illecitamente”.
ClearView AI, però, sta collaborando attivamente col Governo ucraino al contrasto dell’invasione russa.
La sanzione, quindi, “terrà” in giudizio, o interverranno dinamiche diverse dallo stretto diritto?
Criptovalute per tutti i gusti
Il Rublo digitale è realtà da mesi e sembra sia stato ideato – o quantomeno, messo in circolazione più velocemente – per contrastare le sanzioni economiche dei Paesi occidentali in caso di conflitto in Ucraina.
Se il mercato valutario ha determinato un crollo del Rublo “tradizionale” in seguito all’adozione delle sanzioni, la valuta digitale soggiace alla “semplice” legge del libero mercato.
Questa “soluzione” certamente non allevia le problematiche di inflazione e perdita di potere d’acquisto nel breve e nel medio periodo per il comune cittadino, ma consente ai grandi capitali di continuare a circolare su blockchain.
La soluzione è talmente ovvia che nel marzo 2022 anche gli Stati Uniti hanno iniziato a sviluppare il progetto del dollaro digitale.
E i media tradizionali?
Lo scenario mediatico italiano lascia pochi dubbi: sostegno all’Ucraina senza se e senza ma, a volte negando anche l’evidenza (soprattutto sul reale andamento della guerra sul campo e sulla portata di alcune azioni militari).
Alcuni noti anchormen hanno mandato in onda scene prese da videogiochi e qualcun altro ha parlato di missili su centrali nucleari (salvo essere la notizia smentita malamente da militari veri, che hanno individuato in razzi traccianti – innocui – quelli ripresi dalle immagini andate in onda).
Contro questo bailamme si è letteralmente scagliato, dalle pagine de Il Riformista, Luciano Canfora, intellettuale e noto studioso di Tucidide e dell’Atene classica.
La tesi, condivisibile, è che se la Russia di Putin è accusata di disinformazione, altrettanto può dirsi di quanto avviene da noi.
Più modestamente, credo che dovremmo ricordare il caso Assange, e la relativa condanna di Amnesty International e fare un minimo di autocritica occidentale.
Conclusioni
La guerra cibernetica non è solo quella di Anonymous e dei cyberattacchi degli hacker russi, ma anche quella dei capitali – enormi – dei grandi colossi social.
Mentre le ricadute della guerra in Ucraina sull’economia “tradizionale” sono – più o meno – calcolabili, le ricadute e le implicazioni su quanto avverrà nel mondo digitale sono imperscrutabili.
Le ricadute saranno economiche, sociali, politiche e giuridiche: se negli U.S.A. l’ex Presidente Donald Trump ha aperto un social network per contrastare il “dominio” di Twitter, non è detto che altrettanto non avvenga ora, in aperto contrasto con le politiche di Meta.
Anche per Marc Zuckerberg l’avventura ucraina potrebbe rivelarsi una lunga guerra di logoramento.