E-INCLUSION

Inclusione digitale, meno male che ci sono i privati

Il progetto di e-inclusion per la terza età Rete d’Argento mette a nudo i problemi delle politiche nazionale di alfabetizzazione digitale degli over 60

Pubblicato il 26 Nov 2012

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L’inclusione di quei cittadini che non hanno accesso ai benefici della società dell’informazione è uno dei punti cardine dell’Agenda Digitale Italiana e di quella Europea. A ben vedere infatti tutto parte da lì: se non si usano i nuovi mezzi di comunicazione inutile preoccuparsi della sanità digitale, dei pagamenti elettronici, della firma certificata o degli open data della Pubblica Amministrazione. Il termine ‘inclusione’ compare sei volte nel Decreto Sviluppo 2.0, dà anche il titolo a un articolo, il nono, e se ne parla più diffusamente nell’articolo 20, sulle Comunità intelligenti. L’inclusione digitale è sia fisica (nonostante l’ossimoro), e cioè l’accesso tramite qualsiasi dispositivo alla rete, sia cognitiva. Uno dei sei gruppi di lavoro della Cabina di Regia dell’ADI è dedicato proprio a quest’ultimo aspetto, ovvero all’Alfabetizzazione Informatica e Competenze Digitali, e l’obiettivo dichiarato è fornire a chi non le possiede le capacità di usufruire dei vantaggi assicurati da internet. Molto è stato legiferato e investito sull’istruzione e la scuola digitale, meno finora ha ricevuto un’altra fascia demografica dove ci sono molti analfabeti digitali, gli over 60. Una parte di popolazione che è, purtroppo per il Paese, assai più numerosa di quella degli studenti.

Così le iniziative di formazione dei meno giovani che non sono avvezzi a usare la posta elettronica o non sanno come ottenere un certificato online restano per lo più relegate all’intraprendenza di alcuni e il sostegno in mezzi e finanze dei privati. Come nel caso della recente Rete d’Argento, il progetto di alfabetizzazione destinato a chi ha i capelli grigi che è partito nei Centri ricreativi culturali del Comune di Milano. L’obiettivo è ambizioso anche se proporzionato a una dimensione locale: alfabetizzare più della metà dei 16mila frequentatori dei Centri entro fine 2013. Le docenze sono condotte da studenti universitari (retribuiti) e le lezioni sono concentrate nel tempo (dalle 3 alle 4 ore per il corso). Poche informazioni chiare: come usare l’email, come socializzare con Facebook, come scrivere su un foglio di testo elettronico, a cosa stare attenti quando si è online. Il Comune ha messo a disposizione competenze e l’ospitalità nei Centri ricreativi culturali, a tutto il resto hanno pensato HP (regalando un centinaio di pc), Microsoft (altrettanti software), il Credito Valtellinese (con un finanziamento) e l’Associazione Interessi Metropolitani (AIM) che ha tirato i fili del progetto. La dotazione di hardware e software rimarrà a disposizione dei Centri anche dopo il termine del progetto, in modo da permettere agli alfabetizzati di accedere fisicamente a internet anche in futuro.

Luisa Toeschi, direttore AIM, è sicura che Rete d’Argento centrerà il proprio obiettivo forte di un’esperienza precedente – gli Internet Saloon – che ha dato risultati notevoli “Siamo partiti nel 1998 a Milano con i corsi Nonno e nipoti. Internet era agli albori e Microsoft, HP e Telecom Italia si sono interessati e hanno sponsorizzato i primi progetti. Oggi abbiamo sette sedi. Per dodici anni abbiamo gestito l’unico corso di base per la terza età alfabetizzando 64mila persone, 40mila a Milano”. Il tutto senza soldi pubblici, e in questo Rete d’Argento è emblematico di una realtà diffusa che vede tanti piccoli progetti anche ben realizzati ma quasi mai di iniziativa pubblica. “Il pubblico non ha mai dato una lira in passato, anche se è da anni che ne parliamo coi vari Ministri”, confessa Toeschi. E anche nel decreto sviluppo 2.0 nonostante le sei occorrenze del termine inclusione non vengono prese iniziative di sostegno concrete (né normative né finanziarie) per quella che riguarda gli over 60, come ha lamentato anche il segretario generale di Adiconsum, Pietro Giordano all’indomani della presentazione del decreto. E la trascuratezza di questo fenomeno del digital divide sembra essere un vizio di nascita visto che già durante i lavori di stesura del programma per l’Agenda Digitale Italiana erano state segnalate le lacune in materia di e-inclusion, che poi sono state integrate nel testo ufficiale.
A livello locale le cose per AIM, ma non solo, vanno meglio: la sensibilità degli assessori comunali (nella fattispecie Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali) ha contribuito a rendere possibile oggi la Rete d’Argento.

Una delle caratteristiche del progetto meneghino è la formazione intensiva di un esperto selezionato tra i frequentatori dei Centri. Uno che ne mastichi già qualcosa e che, una volta terminate le lezioni, avrà il compito di seguire i coetanei nei loro tentennamenti digitali futuri. E forse quella della formazione dei formatori, che inneschi una ciclo di insegnamento-apprendimento spontaneo, sembra la strada più praticabile in assenza di più consistenti contributi pubblici per ridurre il digital divide culturale. Oltre ovviamente alle sponsorizzazioni e iniziative dei privati ma quelle, si sa, non sono decretabili per legge. Meno male che ci sono i privati, verrebbe da dire, se si pensa anche a un recente progetto analogo di Telecom Italia. Ma a quanto pare l’inclusione digitale è considerata troppo costosa, per i conti dello Stato, e per giunta senza un ritorno immediato sull’economia, visto che gli anziani non lavorano più. Ma così dimentichiamo, sulla strada della trasformazione digitale, una parte consistente della popolazione.

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