IA e copyright

Intelligenza Artificiale: come cambia la tutela della proprietà intellettuale



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Stabilire il modo migliore per proteggere e riconoscere legalmente l’IA come entità creativa è un compito cruciale per sostenere una coesistenza armoniosa tra l’uomo e lamacchina. Occorrono norme globali per garantire una tutela uniforme dei diritti delle entità creative, indipendentemente dalla natura umana o artificiale

Pubblicato il 10 ott 2023

Mirko Bergadano

Studio Torta

Paolo Peretti

Studio Torta



Intelligenza Artificiale: come cambia la tutela della proprietà intellettuale
Intelligenza Artificiale: come cambia la tutela della proprietà intellettuale

La crescente diffusione dell’intelligenza artificiale ha portato con sé, in assenza di normative ad hoc, profonde riflessioni riguardo al suo ruolo nella società e nel diritto della proprietà intellettuale. Infatti, nessun stato al mondo ha ancora adottato normative specifiche sulla IA relativamente alla tutela della proprietà intellettuale.

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L’Europa, pioniera nel campo, ha visto l’approvazione da parte del Parlamento europeo lo scorso 14 giugno del testo dell’Artificial Intellicenge Act, ma prima che questo entri in vigore occorrerà attendere ancora i passaggi presso le altre istituzioni dell’Unione europea. Dunque ci si può ragionevolmente aspettare che diventi legge tra la fine del 2024 e il 2025.

Anche il Giappone sta preparando una normativa specifica sulla IA che dovrebbe vedere la luce nei prossimi mesi. Nel campo della proprietà intellettuale, in particolare, emergono due questioni di fondamentale rilevanza connesse al tema dell’IA: l’identificazione dei soggetti legittimati a detenere i diritti di una creazione generata da un sistema di IA e la fattibilità di proteggere sistemi di IA tramite strumenti di proprietà intellettuale, in particolare tramite i brevetti.

Chi detiene i diritti di una creazione generata da una IA

L’IA ha dimostrato di essere in grado di produrre contenuti artistici, scrivere articoli, creare design, sviluppare algoritmi e persino ideare nuovi prodotti con potenziali applicazioni commerciali. Tuttavia, sebbene i sistemi di IA siano strumenti potenti e creativi, rimangono strumenti programmati dall’uomo. Questo solleva interrogativi su chi abbia effettivamente il diritto di rivendicare la titolarità dei diritti di proprietà intellettuale e industriale per le invenzioni generate da questi sistemi.

Dall’azienda che possiede il sistema di AI al programmatore o all’utente che lo ha addestrato, la definizione di creatore dell’invenzione presenta un intricato labirinto di implicazioni legali ed etiche.
La questione se un sistema di IA possa essere riconosciuto titolare di un diritto di proprietà industriale è ancora oggetto di dibattito e non ha una risposta univoca e definitiva.
Attualmente solo le persone fisiche o giuridiche possono essere titolari di diritti di proprietà industriale. Inoltre, solo le persone con capacità legale possono essere inventrici di diritti di proprietà industriale (diritti morali).

La questione d’attribuzione dei diritti: Il caso Dabus

La giurisprudenza in merito è limitata, ma alcuni casi hanno affrontato la questione
dell’attribuzione di diritti di proprietà industriale a sistemi di IA. Un esempio notevole è il caso Dabus (Device for the Autonomous Bootstrapping of Unified Sentience), che è

diventato uno dei punti focali nel dibattito legale ed etico riguardante i diritti delle opere
create da sistemi di IA. Nel caso in esame, l’intelligenza artificiale chiamata Dabus, aveva creato in modo autonomo due invenzioni, una riguardante un contenitore alimentare per migliorare la sicurezza del prodotto contenuto e l’altra riguardante un dispositivo lampeggiante per attirare l’attenzione in situazioni di emergenza. Le invenzioni prodotte da Dabus sono state oggetto di domande di brevetto, depositate dall’imprenditore americano Steven Thaler presso numerosi uffici brevetti in tutto il mondo, con la particolarità che Dabus stesso è stato designato come inventore per entrambe le domande. Questa scelta ha sollevato questioni complesse riguardanti la legittimità dell’assegnazione dei diritti di proprietà intellettuale a un’entità non umana e senza personalità giuridica.

Molti degli uffici interessati hanno rigettato la domanda, spesso con la motivazione che, in base alla normativa vigente, l’inventore designato nella domanda stessa deve essere una persona fisica.
Per esempio, per quanto riguarda la domanda di brevetto europea, la Legal Board of Appeal (Commissione giuridica di ricorso) dell’European Patent Office (EPO) ha annunciato, il 21 dicembre 2021, la decisione di respingere entrambe le domande di brevetto sopra citate, confermando che, ai sensi della Convenzione sul brevetto europeo (EPC), un inventore designato in una domanda di brevetto deve essere un essere umano. In particolare, la Legal Board of Appeal ha ritenuto che la designazione presentata dal richiedente non fosse coerente con l’articolo 81 EPC.

L’intervento dell’ufficio brevetti sudafricano

Al contrario, sorprendentemente, l’ufficio brevetti sudafricano ha deciso di non procedere al rigetto della domanda di brevetto relativa al caso Dabus. È tuttavia importante notare che l’ufficio brevetti sudafricano, di prassi, non esegue un esame sostanziale del brevetto. E pertanto si è ipotizzato che il rilascio sia avvenuto senza che la designazione del sistema di IA come inventore fosse rilevata dall’ufficio.
Un’altra, ed ultima, eccezione riguarda l’Australia, ove l’ufficio brevetti ha stabilito che un sistema di IA può essere designato come inventore.
In particolare, l’ufficio brevetti australiano aveva inizialmente rigettato la domanda di Thaler osservando che, nel caso in cui inventore e titolare del brevetto non coincidano, è necessario che il titolare della domanda di brevetto ottenga il trasferimento della proprietà dell’invenzione dall’inventore. Ma Dabus, essendo una IA, non poteva detenere una proprietà e quindi non era in grado di trasferirla.

Thaler ha presentato ricorso contro la decisione dell’ufficio, come ha fatto anche in altri
paesi in cui le sue domande sono state rigettate. La sentenza della corte australiana del 30 luglio 2021 ha dato ragione al ricorrente, stabilendo che la legge brevetti australiana non impone che l’inventore detenga la proprietà dell’invenzione, bensì richiede che il titolare della domanda abbia ottenuto attraverso vie legali la proprietà dell’invenzione. La sentenza stabilisce che Thaler è proprietario dell’invenzione poiché possiede non solo il codice di Dabus, ma anche i prodotti con esso generati; e conclude che un sistema di IA può quindi essere designato come inventore, sebbene non come titolare del brevetto.

Il caso delle invenzioni di Dabus oggetto di domande di brevetto, con Dabus stesso designato come inventore, è emblematico delle sfide legali e concettuali che l’era dell’intelligenza artificiale sta affrontando. Il dibattito su questo tema continuerà a svolgersi e avrà impatti significativi sullo sviluppo futuro delle tecnologie dell’IA e sulla loro integrazione nella società.

Intelligenza artificiale: bisogna capire se si può brevettare

La complessità delle tecnologie impiegate e l’entità dell’autonomia raggiunta dall’IA suscitano interrogativi sulla reale fattibilità di proteggere queste creazioni mediante i tradizionali strumenti giuridici di proprietà intellettuale.
I sistemi di IA, rientrando nella categoria dei programmi per elaboratore, non sono esclusi dalla brevettabilità a condizione che, quando eseguiti su un computer, forniscano un effetto tecnico che sia ulteriore alla normale interazione fisica, come la circolazione di corrente elettrica, tra il software e l’hardware su cui viene eseguito.
Pertanto, i sistemi di IA sono brevettabili quando dimostrano funzionalità nel conseguimento di uno specifico scopo tecnico. Tuttavia, la natura esatta di ciò che può essere oggetto di brevetto in un sistema IA richiede ulteriori approfondimenti.
Infatti, tra gli elementi suscettibili di tutela in un brevetto, correlati ad un sistema di IA, si annovera l’utilizzo di un sistema di IA.

Esempi

A titolo esemplificativo, costituisce un effetto tecnico meritevole di protezione brevettuale l’uso di una rete neurale in un apparecchio di monitoraggio del cuore al fine di identificare battiti cardiaci irregolari.

Inoltre, è possibile ottenere brevetti per:

  • metodi di addestramento di IA;
  • algoritmi di pre-processing e post-processing per raffinare i dati di input od i risultati ottenuti tramite l’IA;
  • algoritmi e modelli computazionali su cui si basano sistemi di IA, qualora dimostrino un contributo al conseguimento dell’effetto tecnico desiderato.

Diversamente, una configurazione dei pesi, sintomo della forza di una connessione tra
neuroni, prodotti al termine dell’allenamento di una rete neurale, non è suscettibile di tutela in un brevetto.

Ma, essendo espressione della rete neurale, si può trattare come se fosse un database. Quindi si può proteggere tramite copyright o protezione sui generis.

Conclusioni

Si presentano diverse possibilità di tutela per innovazioni di IA e non è difficile prevedere che, a breve, gli esaminatori dovranno affrontare un considerevole numero di domande da valutare.
Determinare il modo migliore per proteggere e riconoscere legalmente l’IA come entità
creativa è un compito cruciale
per sostenere una coesistenza armoniosa tra l’uomo e la macchina. Bisogna preservare al contempo un ambiente favorevole all’innovazione ed alla crescita nella società digitale.

In conclusione, è quindi essenziale stabilire norme globali al fine di garantire una tutela uniforme dei diritti delle entità creative. Indipendentemente dalla loro natura umana o artificiale.

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