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Intelligenza artificiale e (speleo)archeologia: prove tecniche di integrazione



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Se il campo dell’intelligenza artificiale è in tumultuoso sviluppo, la sua applicazione all’archeologia è ai primi passi. Poi, nel più ristretto campo della speleoarcheologia, è tutta da inventare. Vediamo in che misura è possibile integrazione

Pubblicato il 20 set 2023

Danilo Ceirani

Sotterranei di Roma

Vindice Deplano

psicologo esperto di digital learning



Speleoarcheologi al lavoro in un condotto di epoca romana (foto di Sotterranei di Roma)
Speleoarcheologi al lavoro in un condotto di epoca romana (foto di Sotterranei di Roma)

Sicuramente gli archeologi e, ancora di più, gli speleoarcheologi (che in questo caso lo fanno come “hobby colto”) non rientrano tra quelli che temono di essere sostituiti, né ora né mai, dall’intelligenza artificiale.

Ma, ora che l’IA è entrata in modo visibile nella vita quotidiana (anche se c’era già, in pochi lo sapevano), è il momento di uscire dalla prospettiva apocalittica della “sostituzione tecnologica”, per vedere se e in che misura è possibile (o si è già verificata) la sua integrazione con la ricerca (speleo)archeologica.

Intelligenza artificiale in archeologia

L’archeologia è una scienza che vive di confronti e analogie tra informazioni che vengono da rilevamenti sul campo, ricerche di archivio sulle fonti storiche e sperimentazioni. Il tutto messo insieme dalle conoscenze, dall’esperienza e dall’intuito degli archeologi. L’intelligenza artificiale, con gli algoritmi giusti e addestrata con le grandi quantità di dati che vengono dalla storia, dalla geografia e dalla geologia, è candidata a fornire un contributo utile e, in prospettiva, insostituibile allo studio e all’interpretazione dei contesti. Ciò vale, in particolare, per quel campo che potremmo definire “riconoscimento e classificazione in condizioni difficili”.

Qui ci sono già contributi interessanti che possiamo articolare in almeno tre filoni di indagine:

  • la classificazione di reperti;
  • la traduzione di testi antichi;
  • la mappatura e il controllo di siti archeologici.

Vediamoli uno per uno.

Classificazione di reperti

La classificazione dei reperti è una delle attività più complesse perché richiede di mettere in correlazione grandi quantità di informazione da diverse fonti, che vanno dalle forme ai materiali, dalle rappresentazioni iconografiche ai dati stratigrafici. In questo contesto, applicando le reti neurali convoluzionali – adeguatamente addestrate -, è possibile identificare pattern significativi anche non immediatamente percepibili anche da un occhio (umano) esperto.

Uno di questi studi riguarda la numismatica antica, un campo in cui siamo ben lontani dal sapere tutto. Il primo problema è che non abbiamo un catalogo esaustivo. Basti pensare che solo nell’Impero Romano sono state coniate decina di migliaia di monete diverse. Il secondo è legato alle dimensioni delle monete e al loro stato di conservazione, per cui è difficile anche solo stabilire se due monete sono uguali. E lo è ancora di più datare e inquadrare storicamente – basandosi su materiali, scritte e figure – quelle che non sembrano appartenere a un conio noto.

In merito, è particolarmente interessante l’approccio di Ognjen Arandjelovic e Jessica Cooper, ricercatori dell’Università di St. Andrews (Scozia), che hanno utilizzato una rete neurale, addestrata con le immagini di 100.000 lotti di monete vendute nelle case d’asta, per ottenere descrizioni del loro “contenuto semantico”. In pratica, il sistema è progettato per produrre descrizioni dettagliate anche di monete sconosciute, esattamente come farebbe un esperto umano, mettendoci molto più tempo (Fadelli, 2019).

Traduzione di testi antichi

La traduzione di testi molto antichi si scontra con tre ordini di problemi, molto diversi. Il primo è il riconoscimento ottico dei caratteri, il secondo è la natura dei testi in gran parte frammentati e/o pieni di lacune, il terzo è la traduzione vera e propria. In alcune lingue, come l’accadico, i caratteri cuneiformi sono polivalenti e, quindi, possono avere diverse funzioni. Ecco un esempio: “il segno grafico “UD”, originariamente un pittogramma del Sole (-dio), ha più di 17 valori fonetici e 6 logografici che possono essere letti in modo sicuro solo nel contesto” (Gutherz e altri, 2023). Contesto che, come sappiamo, è per lo più ignoto.

La traduzione che è molto diversa da quella fra lingue moderne, di cui conosciamo bene l’ambiente culturale, per cui, leggendo in italiano la parola “mitra” capiamo in un istante se ci disi riferisca a un’arma, un paramento liturgico o un antico dio. È facile immaginare che col sumero o l’accadico, lingue parlate dal 2.700 avanti Cristo, di cui non sappiamo neanche come venivano pronunciate le parole, le cose vanno diversamente.

2 – Tavoletta con scrittura cunieifome (foto di Mariusz Matuszewski, Pixabay)

Questo rende particolarmente interessanti lavori come quello, recentissimo, di un gruppo di ricercatori israeliani – Gai Gutherz, Shai Gordin, Luis Sáenz, Omer Levy, Jonathan Berant – che hanno usato reti neurali convoluzionali per tradurre in inglese tavolette scritte in lingua assiro-babilonese (che è un dialetto dell’accadico). I risultati sono molto promettenti. Già ora sono paragonabili a quelli ottenuti dagli esperti umani, ma in tempi molto più lunghi (In questo campo il fattore tempo è importante, perché i testi a caratteri cuneiformi non sono affatto marginali nella ricerca sulle civiltà antiche: ne sono stati ritrovate centinaia di migliaia!).

Un secondo aspetto significativi di questa ricerca è il carattere open source del modello di traduzione automatica neurale, che può essere scaricato su Github.

Mappatura e controllo di siti archeologici

La mappatura e il controllo di siti archeologici a partire da immagini prodotte da velivoli o satelliti non sono una novità: si usano da decenni. L’intelligenza artificiale, però, promette di rendere il processo molto più efficiente e, quindi, applicabile su larga scala. Una pioniera in questo campo è Sarah Parcak, archeologa dell’Università dell’Alabama, autrice di numerose pubblicazioni su questo tema. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, l’intelligenza artificiale basata su reti neurali che apprendono, si è rivelata utilissima non tanto per individuare siti sconosciuti, ma per tenerli sotto controllo. Parcak sottolinea in continuazione il pericolo di danni dovuti a scavi clandestini, guerre, espansione dei centri abitati.

Sono eventi che richiederebbero una segnalazione tempestiva, che non può essere ottenuta con l’analisi manuale delle immagini, troppo lenta e troppo costosa per tenere sotto controllo territori vasti e ricchi.

In apparenza, il compito è semplice: si tratta di confrontare ogni immagine con quella corrispondente di qualche tempo prima per individuare le differenze. Il sistema, infatti, funziona piuttosto bene per la rilevazione di immobili abusivi. Ma nel caso di aree archeologiche (o presunte tali) per notare una differenza è necessario un perfetto allineamento dei pixel (qui un pixel equivale più o meno a un metro di territorio) e bisogna tener conto di molti fattori di disturbo: differenze negli angoli di angoli di ripresa, nel tipo si ottica utilizzata (nel caso che il satellite o il velivolo non sia lo stesso) ombre, veicoli in movimento. In certe zone, è un problema anche lo spostamento delle dune di sabbia causato dal vento.

Poi, una volta individuata una differenza, bisogna distinguere gli scavi clandestini con quelli legali, dovuti per esempio alla posa di infrastrutture. Infatti, se un approccio basato sull’analisi di immagini fotografiche finisce per segnalare un numero esagerato di falsi positivi, la sua utilità si riduce di molto!

È qui che entra in gioco l’intelligenza artificiale basata sul deep learning, che in studi recenti (Parcak, 2017; Bowden, Tofel, Parcak e Granger, 2917) si è mostrata molto efficace anche nella rilevazione di fosse di scavo del diametro di una decina di pixel, sia in siti già noti che in quelli del tutto sconosciuti.

È da notare che i dati provenienti dalla rilevazione sistematica degli scavi clandestini possono essere incrociati da quelli sugli oggetti di pregio che improvvisamente “compaiono sul mercato”, ponendo potenzialmente un freno al mercato illegale delle opere d’arte antiche.

Contributi e proposte in speleoarcheologia

Parlando di speleoarcheologia, entriamo in un settore di indagine dove abbiamo qualche esperienza diretta. Un’esperienza che, anche dal punto di vista di non professionisti, ci consente comunque di partire dai problemi aperti, dai bisogni percepiti, dai desideri. Da questo punto di vista, individuiamo tre campi di applicazione:

  • l’individuazione di tracciati sotterranei;
  • la previsione delle voragini;
  • la divulgazione conversazionale.

Individuazione e completamento di tracciati sotterranei

Anche se gli antichi acquedotti sono associati alle arcate monumentali che attraversano la campagna romana, il loro percorso in realtà è prevalentemente sotterraneo. Individuare con esattezza i tracciati sotterranei, a partire dalle emergenze archeologiche ha rappresentato un ostacolo fin dai tempi di Thomas Ashby (1892-1925). La ricerca delle sorgenti, degli incili, degli spechi sotterranei (con le loro diramazioni non documentate) nel fitto dei monti e delle boscaglie è faticosa e incerta. Se poi le zone da perlustrare non sono ben individuate allora lo sforzo si moltiplica.

3 – Condotto idraulico di epoca romana (foto di Sotterranei di Roma)

Grazie al trattato di Giulio Sesto Frontino, noi conosciamo esattamente le tecniche di costruzione dei romani, i calcoli che operavano in ambito ingegneristico e i criteri logici che seguivano per le opere idrauliche. Sappiamo l’ubicazione, l’altitudine e le distanze di cisterne, pozzi e canali, ma in molti punti l’esatto percorso resta dubbio.

L’intelligenza artificiale può fornire un aiuto significativo. Analizzando i dati geospaziali e geofisici – raccolti da tecnologie di rilevamento, come il Lidar (Light Detection and Ranging) e il radar a penetrazione del suolo, e le immagini – può individuare i percorsi più probabili tra i punti noti, ricostruendo le dimensioni e la struttura del sistema idrico. La verifica, ovviamente, andrà fatta sul campo, evitando però di dover esplorare a tappeto vaste aree.

Un recente progetto per molti versi simile è stato condotto dal Dipartimento di Geodinamica, Stratigrafia e Paleontologia dell’Università Complutense di Madrid. In questo caso si tratta non di antichi acquedotti, ma di vene d’acqua potabile in alcune regioni particolarmente aride dell’Africa. Utilizzando algoritmi di machine learning è stato progettato un software che, nei suoi primi test, è stato in grado di prevedere – con una percentuale di successo particolarmente elevata – le aree con l’accesso più agile alle acque sotterranee potabili in due zone a sud del Mali.

Per l’addestramento degli algoritmi, sono stati utilizzati i dati relativi a 5.387 pozzi già scavati nella regione di Koulikoro (Mali), tra cui il numero totale di fori di trivellazione realizzati per ogni pozzo e la loro percentuale di successo. L’impiego di algoritmi di machine learning è stato in grado di stabilire correlazioni complesse tra le variabili legate alla presenza di risorse idriche del sottosuolo: caratteristiche delle rocce, lineamenti geologici, morfologia, topografia e uso del suolo, drenaggio, pendii, precipitazioni e indici di vegetazione.

Considerato l’esito positivo delle prime fasi di test, l’obiettivo degli autori ora è rivolto alla sperimentazione del sistema in altre regioni dell’Africa, per poi passare al suo impiego su larga scala, al fine di favorire l’accesso all’acqua potabile in zone aride.

Previsione delle voragini

4 – Pronto intervento in una voragine stradale (foto di Sotterranei di Roma)

Uno dei problemi ricorrenti della città di Roma (e non solo) è l’apertura improvvisa di voragini (o sinkhole) stradali, che arrivano a inghiottire i veicoli in sosta o in transito. Sono eventi che di frequente richiedono il Pronto Intervento degli speleoarcheologi di Sotterranei di Roma, su richiesta delle autorità. L’ispezione delle voragini rivela quasi sistematicamente una dispersione idrica da tubazioni dell’acqua potabile o fognarie insieme alla presenza di antiche cavità sotterranee, di cui la città è ricchissima. Sono cave di tufo o pozzolana di epoca romana che formano reticoli di gallerie lunghe chilometri, poi a volte trasformate in catacombe e, più recentemente, in fungaie. Come gli acquedotti romani, sono state esplorate e mappate solo in parte, mentre la città è cresciuta negli anni senza tenerne minimamente conto.

Anche qui, l’uso dell’intelligenza artificiale con tecniche di deep learning può aiutare a interpretare i dati sulla natura e sulle anomalie del terreno, incrociandoli con quelli relativi ai percorsi noti delle cave, alle reti dei servizi idrici e fognari, all’occupazione del suolo, alle voragini verificate negli anni. Obiettivo: anticipare probabilisticamente il pericolo di crolli che mettono a rischio la sicurezza del territorio e dei cittadini.

In questa direzione, ma con tecnologie diverse, va segnalato il progetto MUSE (Multi-sensor Service) curato dal 2019 da Enea, Ingv e altri, basato sui dati provenienti da sensori, georadar, prospezioni geofisiche. È una metodologia in grado di esplorare il terreno fino a una profondità di 4 metri, realizzando una sorta di “ecografia” che rilevi i segnali premonitori dei sinkhole, tra cui i crolli delle volte che, ripetuti nel tempo anche in seguito a infiltrazioni d’acqua, producono i cosiddetti “camini di collasso”. In pratica è come se una cavità si “muovesse” verso l’alto, fino a raggiungere la superficie.

Divulgazione conversazionale

Una terza possibile (e desiderabile) applicazione dell’intelligenza artificiale interessa da vicino l’attività di Sotterranei di Roma. Riguarda la sua variante conversazionale, oggi universalmente nota grazie a ChatGPT, Bing e, ultimamente, Bard.

Questa categoria di sistemi, che si sono rivelati efficientissimi interlocutori in linguaggio naturale (mentre la loro efficacia dipende molto dalle circostanze), potrebbero essere alimentati e addestrati con il database degli ipogei del Lazio e che abbiamo sviluppato in molti anni di ricerca, fino a superare i 12.000 elementi.

Per averne un’idea, basta accedere al portale Explora.

Si otterrebbe così un interlocutore conversazionale multifunzionale, utilissimo per l’attività di ricerca, la divulgazione, la didattica e il turismo.

5 – Home page del sito del Parco Archeologico del Colosseo con link al chatbot Parla con Nerone (dal web)

Un progetto simile, ma dall’estensione molto più limitata, è già in funzione. Si tratta di “Parla con Nerone”, il chatbot del Parco archeologico del Colosseo. Per fare una prova, basta andare sul sito del Parco e cliccare sull’icona in basso a destra.

Possiamo anticipare che l’interlocuzione è molto meno soddisfacente di quella con ChatGPT e simili (per esempio, a domanda specifica definisce sé stesso un “risponditore automatizzato”), ma per gli scopi per cui è stato realizzato funziona più che bene.

Un campo aperto

Se il campo dell’intelligenza artificiale è in tumultuoso sviluppo, la sua applicazione all’archeologia è ai primi passi. Poi, nel più ristretto campo della speleoarcheologia, è tutta da inventare.

Quello che abbiamo tratteggiato qui è solo la prima pagina di un “Diario dei desideri” basato sulla nostra esperienza. Ma è un “Diario” reso realistico da qualche applicazione esistente e da nuove potenzialità. Che possono essere integrate tra loro. Perché non pensare che un’intelligenza artificiale generativa riesca a raccontare gli ipogei, mettendo insieme il noto con il probabile (come i percorsi di acquedotti e gallerie, i rischi di sinkhole e, perché no, una rappresentazione “fotografica” di luoghi ancora da scoprire)?

Bibliografia

  • Elijah Bowden, Brett Tofel, Sarah Parcak, Richard Granger, 2017, “Algorithmic Identification of Looted Archeological Sites from Space”, Frontiers in ICT, vol 4.
    <https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fict.2017.00004/full>
  • Paola Cozzi, 2022, “Mappatura predittiva delle acque sotterranee potabili”, Tech4Future.
    <https://tech4future.info/intelligenza-artificiale-acque-sotterranee-mappatura/<
  • Víctor Gómez-Escalonilla, Pedro Martínez-Santos, Miguel Martín-Loeches, 2022, “Preprocessing approaches in machine-learning-based groundwater potential mapping: an application to the Koulikoro and Bamako regions, Mali”, Hydrology and Earth System Sciences, vol 26.
    <https://hess.copernicus.org/articles/26/221/2022/>
  • Explora – Sotterranei di Roma.
    <https://www.sotterraneidiroma.it/explora.php>
  • Ingrid Fadelli, 2019, “A new method for understanding ancient coin images”, TechXplore, 18 marzo.
    <https://techxplore.com/news/2019-03-method-ancient-coin-images.html>
  • Sesto Giulio Frontino, I sec. aC, De aquaeductu urbis Romae.
    <https://dokumen.tips/documents/sesto-giulio-frontino-de-aquaeductu-urbis-romae.html?page=1<
  • Gai Gutherz, Shai Gordin, Luis Sáenz, Omer Levy, Jonathan Berant, 2023, “Translating Akkadian to English with neural machine translation”, PNAS Nexus, vol 2.
    <https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/37143863/>
  • Sarah Parcak, 2007, Satellite Remote Sensing Methods for Monitoring Archaeological Tells in the Middle East, Journal of Field Archaeology, 32(1).
    <https://www.researchgate.net/publication/233574916_Satellite_Remote_Sensing_Methods_for_Monitoring_Archaeological_Tells_in_the_Middle_East>
  • Sarah Parcak, 2019, Archaeology from space, Holt.
    <https://www.nhbs.com/archaeology-from-space-book>
  • Parco archeologico del Colosseo, sito ufficiale.
    < https://colosseo.it/>
  • Sotterranei di Roma, sito ufficiale.
    <https://www.sotterraneidiroma.it/>
  • Sotterranei di Roma, sito ufficiale.
    <https://www.sotterraneidiroma.it/>

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