Innovazione tecnologica in Sanità digitale: l’anno appena trascorso si è chiuso registrando una fitta serie di impegni presi e molte domande ancora aperte sui fronti di robotica (riabilitativa e chirurgica), Intelligenza artificiale e big data. La sensazione che se ne ricava è che il lavoro da fare è ancora molto. Proviamo a fare ordine tra le priorità, in Italia.
Intelligenza artificiale in Sanità
E’ vero che l’intelligenza artificiale la fa da padrona da almeno due anni. Ma perché questa serie di strumenti statistico-bioinformatici possano essere opportunamente utilizzati in Sanità, è necessario che si determinino alcune condizioni abilitanti, come piace dire oggi.
Prima di parlare di IA infatti dobbiamo sapere se i dati, che dovrebbero essere il suo pane, sono realmente disponibili e se hanno le caratteristiche appropriate al compito che ci aspettiamo possano abilitare. Domandiamoci se siamo disposti a fornire i nostri dati sanitari ad un sistema o processo che al momento non è così visibile e di cui dovremmo avere fiducia, parola abusata nella gran parte dei documenti a carattere etico e giuridico.
Di contro nei vari convegni nei quali sono stato invitato posso garantire il fortissimo impegno degli esperti istituzionali nazionali, in particolare di Ministero della Salute e AGID, che stanno accelerando con soluzioni in grado di portare tutte le regioni a completare il percorso iniziato diversi anni fa con il FSE, base fondante del nostro grande database di dati sanitari personali.
Dati sanitari: come ci definiscono
Nella visione di Eric Topol (ref.), che ho sposato da molto tempo, tutte le informazioni socio sanitarie che possono andare a far parte del grande database di tutti i cittadini, vanno a comporre un quadro non solo di ognuno di noi, con il nostro stile di vita, le nostre abitudini alimentari, la vita che svolgiamo all’interno di un ambiente con caratteristiche particolari (inquinanti, farmaci, stress lavorativo) che ci forma e ci definisce, ma anche collettivamente come classi di cittadini con peculiarità comuni che definiscono le classi stesse.
Qui si gioca la carta degli algoritmi capaci di leggere questi differenti livelli di informazione e che definiscono un altro livello di conoscenza, quello che io chiamo “il Nuovo Libro Digitale di Medicina del Mondo Reale”. Avere a disposizione questo grande libro e poterlo leggere con criteri di ricerca e associazione guidate dalle polimorbidità di un paziente anziano (ad esempio) permetterà di implementare molte attività, da quelle personali relative alla gestione della nostra salute così come alcune possibili verifiche dei sistemi informativi sanitari sulla storia di patologia di pazienti anonimizzati in modo da poter avere a disposizione informazioni statistiche e cliniche per intraprendere opportune azioni di governo sanitario ad esempio regionali o Ministeriali.
Sarà inoltre possibile disporre di informazioni strutturate che permetteranno ulteriori ricerche cliniche e non, che potranno generare nuove domande di salute di popolazione e personalizzate, ed infine un nuovo mercato delle tecnologie che oggi probabilmente non sappiamo nemmeno pensare.
Le 4 “V” dei big data sanitari
Ci potremmo chiedere a questo punto se siamo già nell’attualità dei Big Data sanitari. Cioè se possiamo usare la definizione di Sanità digitale, ormai abusata senza conoscerne completamente l’estensione, l’essenza e il significato.
Big Data significa strumenti informatici dedicati alla gestione di grandi volumi di dati.
Vediamo le quattro “V” che li contraddistinguono.
Velocità: le analisi saranno probabilmente effettuate in tempo reale. Velocità per prendere decisioni rapide in un mondo sempre connesso come sarà con il 5G: un ritardo nelle scelte di cura potrebbe portare a contenziosi.
Vari ed eterogeni: saranno smistate e analizzate immagini radiologiche assieme ad analisi del sangue e storia familiare delle patologie in esame, profilo genetico etc., in modo automatico.
Veridicità: informazioni scientificamente referenziate e immagazzinate nelle biobanche, riferibili ad una base di conoscenza clinica validata e consolidata, così da poter ottenere una cura personalizzata per un dato paziente, magari con modalità tele-mediche utilizzando tecnologie mobili o di realtà virtuale ed aumentata, realizzando i risparmi attesi da questa visione del Sistema Sanitario Digitale, ancora da realizzare, ma con tecnologie che sembrano tutte già disponibili.
Valore dei dati: i nostri dati possono contribuire a produrre valore per tutta la società ed in particolare per quel cittadino che ha richiesto un servizio per la sua salute o benessere.
Sanità digitale, i tasselli mancanti
Ma cosa manca? Uno sforzo di tutti, basato sulla consapevolezza che solo insieme questa volta è possibile ottenere le risposte di salute che vorremmo dal SSN. Gli ingredienti sono: la nostra disponibilità di cittadini a fornire i nostri dati, in primis, la definizione di chi immagazzinerà queste risorse, di chi le trasformerà nelle informazioni di valore che ci permetteranno di essere curati con le migliori pratiche (anche queste tutte referenziate, validate e disponibili come informazioni tra i Big Data).
Il Nuovo Libro Digitale di Medicina del Mondo Reale, associato al nostro stile di vita ed agli aspetti sociali, permetterà di personalizzare la cura o l’assistenza magari permettendoci di gestire con delle App molte situazioni patologiche o di fragilità difficili da trattare con continuità da parte del SSN così some lo abbiamo conosciuto fino ad oggi; la cosiddetta digital therapy sembra essere un paradigma di una nuova modalità di gestione della salute e del benessere.
Infine quali sono le autostrade su cui possono viaggiare sicuri questi nostri dati? Molti centri ed enti in Italia (e non solo) si sono messi al lavoro come testimoniato dagli incontri e convegni di questo ultimo semestre; l’impegno economico e finanziario notevole, come pure una strategia nazionale unita alla capacità di governance, sono fondamentali. Ministero? Governo?
Sistemi di AI, il fattore fiducia
Solo dopo aver risolto questi quesiti potremmo cominciare ad utilizzare la IA in modo così pervasivo come questa serie di tecniche permette, magari in modo robusto e spiegabile, come richiesto dalle linee guida che si susseguono a livello nazionale ed internazionale, e che richiedono una IA trustworthy, cioè fiducia nello strumento e nell’uso dei risultati.
La spiegabilità delle reti di IA è richiesta anche nel Regolamento sulla protezione dei dati personali (GDPR), mettendo una moratoria all’uso di decisioni prese in modalità automatica se non motivabili in termini comprensibili dal cittadino, a nostra tutela.
La qualità dei dati e la loro disponibilità è tecnicamente assicurata nel frattempo dalle nostre istituzioni pubbliche e da normative appropriate, ma i privati che implementeranno le soluzioni IT dovranno necessariamente conformarsi agli standard proposti dagli enti di governance ed anche a quelli internazionali sulla qualità dei dati, dei servizi e del SW che tanta parte avrà nella costruzione dell’infrastruttura necessaria a far viaggiare sicuri i nostri dati. Non vorremmo vedere quanto riportato recentemente da alcuni ospedali americani e australiani che non possono accettare pazienti perché sono stati colpiti da attacchi Ransomware (con riscatto richiesto per poter rileggere i propri dati clinici).
Il lavoro degli stakeholder
C’è tanto lavoro da fare e tante opportunità da cogliere (razionalità del sistema, integrazione dei dati socio-sanitari, identificazione delle migliori cure, studi clinici di tipo osservazionale sui Big data per conseguire nuove scoperte su scala di popolazione) per la clinica e la ricerca con risparmi che cresceranno in modo iperbolico, a partire da stime incredibili già pubblicate dalla Comunità Europea, permettendo nuovi investimenti [ ].
Forse non siamo pronti a credere che questo futuro sia realizzabile mentre le tecnologie sono già disponibili. La frase che abbiamo sentito spesso nei convegni è “consapevolezza di tutti i portatori di interessi” come necessità abilitante per tutti i processi da mettere in campo, mentre è certamente necessario direzionare appropriatamente i fondi disponibili verso le soluzioni in grado di abilitare effettivamente gli ulteriori sviluppi.
Sempre da alcune indagini (WMware) si deduce che circa il 65 % degli italiani ritiene che non ci sia chiarezza da parte di aziende e governo su quali tecnologie e per quali finalità siano utilizzate, circa il 30% è convinto che l’IA sia un robot; cioè esiste poca possibilità di costruire consapevolezza se le informazioni non sono veicolate con efficacia. Quindi è necessaria molta comunicazione istituzionale di qualità. Oggi noi cittadini abbiamo raggiunto una certa maturità nel selezionare le fonti di informazione, anche grazie ad internet, e pertanto richiede informazioni e comunicazione di qualità.
Invece sui bisogni c’è più chiarezza e motivazione nella disponibilità a fornire l’accesso ai dati sulla propria vita quotidiana al medico (73%) e attesa favorevole verso le nuove tecnologie per monitorare i propri cari anziani (85%).
Non possiamo che augurarci che i governi e tutti gli stakeholders siano in grado di cogliere le occasioni disponibili, non lasciando solo ai ricercatori il compito di fornire soluzioni nei progetti europei e nazionali senza che queste rimangano poi inutilizzate nella vita di tutti i giorni.
Non possiamo che augurarci un Buon Anno 2020 con prospettive incoraggianti dal punto di vista delle opportunità da cogliere, sperando in finanziamenti adeguati.