La corsa all’intelligenza artificiale vede come protagonisti indiscussi Stati Uniti e Cina; tuttavia, i Paesi dell’Unione europea stanno cercando di recuperare terreno, ponendosi obiettivi ambiziosi, come quello di attrarre da ora al 2030 oltre 20 miliardi di euro complessivi di investimenti annui per l’IA in base a quanto riportato dalla Commissione europea nel Libro Bianco sull’intelligenza artificiale.
Un’analisi sulla competitività dell’Europa, e in particolare dell’Italia, nell’ecosistema IA viene offerta dall’ultimo rapporto dell’Osservatorio Reti e Servizi di Nuova Generazione dell’Istituto per la Competitività (I-Com). Lo studio, oltre ad analizzare le tendenze del mercato globale, ha elaborato un indice sintetico con l’intento di fotografare lo sviluppo dell’IA nei Paesi europei, tenendo conto di alcune variabili relative all’ecosistema IA industriale e della ricerca nei vari Stati Membri nonché del livello di adozione di alcune tecnologie (robotica e stampa 3D) ad essa strettamente collegate e dell’analisi dei Big Data.
Lo sviluppo dell’IA nei paesi europei: come si posiziona l’Italia
Come testimonia l’indice I-Com sul grado di sviluppo dell’IA nei Paesi europei, l’Italia ha buone potenzialità.
Con un punteggio pari a 60, il nostro Paese si posiziona al tredicesimo posto su 27 Stati membri, non lontano da Spagna e Germania, che investono in termini pro-capite più di noi. Sebbene penalizzato da un numero relativamente esiguo di player ecosistemici e dall’ammontare molto ridotto di imprese che utilizzano i Big Data, riesce ad avere un’ottima performance nella robotica rispetto al resto dei Paesi europei. L’Italia, infatti, riveste un ruolo di spicco nel settore della robotica sia a livello mondiale, sia a livello europeo e la nostra industria 4.0 continua a farsi strada nel panorama industriale internazionale. Secondo gli ultimi dati dell’International Federation of Robotics, l’industria italiana è sesta – preceduta da Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Germania – per stock complessivo di robot industriali installati, raggiungendo più di 74.000 unità nel 2019 (anno in cui sono stati installati più di 11.000 robot industriali). Nel contesto europeo, l’Italia è, invece, quarta per l’utilizzo soprattutto di robot industriali e di servizio.
Anche l’attività brevettuale è intensa: infatti sono circa il 17% del totale le imprese IA italiane che hanno depositato domande di brevetto: un numero simile a quello della Germania ma più alto rispetto a quanto riscontrato in Francia, dove, sia pure a fronte di un numero più elevato di imprese IA, soltanto il 10% di queste deposita brevetti.
Sul podio della classifica si collocano, invece, Finlandia, Paesi Bassi e Belgio con un punteggio rispettivamente pari a 100, 94 e 89. Questi Paesi, pur essendo da un punto di vista dimensionale piccoli rispetto ad altri, hanno un buon ecosistema industriale che vede un numero di imprese IA, rispettivamente pari a 119, 323 e 96. Inoltre, hanno una percentuale molto più alta della media europea (12%) di imprese che analizzano Big Data, che si attesta intorno al 20%. Seguono a distanza in settima e undicesima posizione Francia (con un punteggio pari a 77) e Germania (68). I due principali Paesi Ue, pur contando rispettivamente 633 e 711 imprese IA, si collocano lontano dal podio in quanto rispetto alla loro dimensione, l’ecosistema industriale e della ricerca Ia non è ancora pienamente sviluppato.
In fondo alla classifica, si collocano i Paesi dell’Est Europa, in cui l’ecosistema sia industriale che della ricerca vede un numero inferiore di player attivi e dove il livello di adozione delle tecnologie, quali robot e stampa 3D, è molto basso.
L’intelligenza artificiale per il sistema produttivo italiano
Dunque, intelligenza artificiale, seppur con alcune difficoltà, continua però a farsi strada nel nostro Paese e il mercato italiano – tra software, hardware e servizi IA – nel 2019 ha raggiunto il valore 200 milioni di euro.
Nello specifico, tra le diverse tipologie di soluzioni, il 33% del valore del mercato IA italiano è imputabile all’Intelligent Data Processing, il 28% al Natural Language Processing e ai Chatbot/Virtual Assistant, poi ai Recommendation System (18%) – algoritmi per suggerire ai clienti contenuti in linea con le singole preferenze – alla RPA intelligente (11%) – cioè soluzioni in cui l’IA automatizza alcuni task di un progetto e ne governa le varie fasi – e in ultimo alla Computer Vision (10%) che analizza il contenuto delle immagini in contesti come la sorveglianza in luoghi pubblici o il monitoraggio di una linea di produzione.
Inoltre, secondo l’analisi I-Com sui comparti italiani più avanti nell’IA, il settore dei computer e dei prodotti di elettronica, con un punteggio pari a 100, è in vetta alla classifica, sicuramente trainato dalla stampa 3D e dalle applicazioni CRM. Seguono in seconda e terza posizione il settore TLC (96) e il settore delle attività editoriali (88), dove si evidenzia in particolare una percentuale maggiore di imprese che utilizzano Big Data rispetto ad altri settori. È intenso in questi settori anche l’utilizzo del cloud computing nonché di sistemi ERP e applicazioni CRM. In quarta posizione si colloca il settore della fabbricazione dei mezzi di trasporto (81) dove è rilevante rispetto ad altri comparti la presenza di imprese che fanno ricorso alla robotica (più del 41% delle imprese che appartengono al settore). Meno inclini all’adozione delle nuove tecnologie sono, invece, il settore della ristorazione, delle costruzioni e dei servizi postali che si collocano, infatti, sul fondo della classifica
Il mercato mondiale dell’IA e le ricadute economiche
Secondo l’ultimo aggiornamento dei dati di IDC (International Data Corporation) i ricavi globali dei segmenti software, hardware e servizi IA, dovrebbero raggiungere i 156,5 miliardi di dollari entro la fine del 2020, con un aumento del 12,3% rispetto al 2019. Nonostante quest’anno l’impatto economico del Covid-19 abbia rallentato la crescita del mercato IA rispetto a quanto registrato negli anni precedenti, gli analisti di IDC ritengono che questo tornerà ad accelerare nei prossimi anni, tanto che si stima che nel 2024 i ricavi mondiali oltrepasseranno quota 300 miliardi di dollari, con un tasso di crescita annuale composto (CAGR) quinquennale del 17,1%.
Inoltre, sono tutt’altro che da escludere – contrariamente alle aspettative – gli effetti positivi sull’occupazione. Il World Economic Forum (WEF), ad esempio, prevede che entro il 2022 l’intelligenza artificiale creerà 133 milioni di nuovi posti di lavoro mentre 75 milioni andranno persi. Il risultato netto è dunque positivo, con la creazione, grazie al consolidamento dell’intelligenza artificiale, di ben 58 milioni di posti di lavoro aggiuntivi nei prossimi anni.
È indubbio, tuttavia, che l’avvento di tecnologie avanzate come quelle già presenti sul mercato (es. robotica e machine learning) o che si affacceranno nei prossimi anni metta a serio rischio alcune tipologie di figure professionali che, da qui a breve, potrebbero diventare obsolete. Secondo un recente studio di McKinsey “The Future of work in Europe”, in Europa l’automazione ha ridotto l’occupazione nel settore agricolo e nelle fabbriche mentre i settori ad alta intensità di conoscenza (es. finanziario, immobiliare, istruzione, ecc.) hanno registrato una crescita occupazionale. Dunque, i lavori a minor rischio sono quelli meno standardizzati, fortemente basati sull’interazione sociale, la creatività ed un problem solving di una certa complessità. Inoltre, sempre McKinsey sottolinea che l’automazione richiederà a tutti i lavoratori di acquisire nuove competenze. Lo studio sottolinea che in tutta Europa più di 90 milioni di lavoratori potrebbero avere bisogno di sviluppare nuove e significative competenze nell’ambito dei loro attuali ruoli, mentre fino a 21 milioni di lavoratori potrebbero dover abbandonare professioni ormai in declino.
La competizione globale e il livello degli investimenti in IA
La corsa all’intelligenza artificiale continua a vedere ai primi posti Stati Uniti e Cina. Le due superpotenze, consapevoli delle enormi potenzialità di questa nuova frontiera tecnologica, stanno investendo più risorse degli altri Paesi. L’Unione europea sta, invece, tentando di tenere il passo ma sicuramente la Brexit ha rappresentato un ulteriore problema per la competitività del Vecchio Continente. Nel 2018 le società statunitensi hanno investito 18,7 miliardi di dollari in IA, rispetto ai 14,35 miliardi di dollari della Cina. Contrariamente, i primi 5 Paesi Ue (Francia, Germania, Svezia, Spagna e Belgio) superano di poco il livello degli investimenti del Regno Unito (1,461 miliardi di dollari rispetto a 1,27 miliardi di dollari), il quale si presenta come il terzo Paese, dietro a Stati Uniti e Cina, a livello mondiale per investimenti privati in intelligenza artificiale.
Secondo il recente report della Commissione europea dal titolo “Estimating investments in General Purpose Technologies: The case of AI Investments in Europe”, il livello complessivo degli investimenti IA nei 27 Stati membri (più il Regno Unito) è stimato, per il 2018, in un range tra i 7 e gli 8,4 miliardi di euro. Questo valore corrisponde al 35-42% dell’obiettivo di investimento annuale fissato nel piano d’azione coordinato della Commissione.
Francia, Germania e Regno Unito sono i primi tre Paesi per valore degli investimenti in intelligenza artificiale nel 2018 e coprono quasi la metà della spesa Ue. Seguono Spagna, Italia, Paesi Bassi e Polonia. Se si considera il valore pro-capite degli investimenti IA, la situazione cambia sensibilmente, con i Paesi del Nord Europa (Danimarca e Finlandia) e Irlanda che spendono più di 35 euro pro-capite a differenza di Francia e Germania, che investono rispettivamente circa 23 e 18 euro pro-capite. L’Italia addirittura spende poco più di 11 euro pro-capite.