L’intelligenza artificiale (IA) ha indubbiamente le potenzialità per contribuire ad un miglioramento della vita dei cittadini, che integrato ai procedimenti della Pubblica Amministrazione (PA) può voler dire una burocrazia meno farraginosa.
Ciò è possibile, però, solo se la tecnologia è di qualità e viene sviluppata e sfruttata in modo corretto, guadagnando la fiducia dei cittadini, ossia coloro i quali dovrebbero beneficiare della crescita nella qualità dei servizi. Per questo già l’UE ha cercato di elaborare un quadro strategico che cercasse di conciliare i valori europei con le necessità ed i compromessi del progresso tecnologico.
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Raggiungere l’obiettivo implica anche lo stare al passo con i partner mondiali, il che richiede sforzi notevoli per il compimento dei quali è indispensabile che ogni Stato membro cresca nella direzione di una strategia – nazionale e comune – volta ad accelerare gli investimenti dal punto di vista della ricerca e dell’applicazione nei vari settori della società, in particolare quello dell’amministrazione pubblica.
Da qui l’importanza di capire cosa si può ottenere dall’IA in termini di sviluppo della PA, come si sta comportando l’Europa, ma soprattutto a che punto è l’Italia in questo percorso in divenire.
Come sta andando in Europa
Arrivare a un esame della situazione italiana in materia di IA della Pubblica Amministrazione, presuppone il passaggio attraverso il contesto europeo. Questo per due ragioni fondamentali.
La prima risiede nell’attualità dell’argomento nell’ambito dell’Unione europea in virtù della recente pubblicazione della bozza del regolamento europeo su un approccio europeo all’intelligenza artificiale – che si affianca all’aggiornamento del piano coordinato sull’IA – volto a garantire la sicurezza e i diritti fondamentali delle persone e delle imprese, rafforzando nel contempo gli investimenti e l’innovazione nei paesi dell’UE. Tale normativa introduce numerose novità nella gestione e nella verifica di questi sistemi tecnologici, imponendosi come il centro della strategia europea – influenzando necessariamente ogni Stato membro – e creando una sorta di terza via sul palcoscenico internazionale.
La seconda ragione, invece, nasce proprio dal tipo di atto con il quale sarà disciplinata l’IA in Europa. Infatti, sulle orme di quanto fatto con il GDPR, si tratterà di un regolamento, il quale ai sensi dell’art. 288 TFUE ha portata generale, è obbligatorio in tutti i suoi elementi ed è direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. La volontà è chiara: come in materia di dati personali, l’obiettivo è quello di introdurre una disciplina vincolante per tutti i Paesi dell’UE.
Ciò premesso, nell’attesa degli sviluppi futuri, è interessante capire qual è la situazione relativa invece ai vari Stati membri, dai quali occorrerà necessariamente partire per lo sviluppo della strategia comune.
A tal fine, il punto di riferimento è AI Watch, un Report periodico pubblicato dalla Commissione europea per conoscere e valutare l’andamento dei progetti di Intelligenza artificiale nei diversi Stati membri. La ricerca prende in considerazione i progetti lanciati in 27 Stati membri dell’Unione europea più Svizzera e Regno Unito, per un totale di 230 iniziative complessive e progetti dedicati all’innovazione dei servizi pubblici e delle amministrazioni locali. Ad averne avviati di più c’è l’Olanda con 19 progetti, seguita dal Portogallo con 18, due in meno per la Danimarca, 14 per l’Estonia, un gruppo corposo di Paesi a pari merito composto da Belgio, Francia, Lituania, Spagna, Svezia, Svizzera con 12 progetti, quindi la Norvegia, la Polonia. A chiudere la classifica ci sono Malta e Regno Unito, entrambi con 8 iniziative.
In termini di sfruttamento delle tecnologie, l’IA nel settore pubblico è applicata principalmente per lo sviluppo e l’uso di chatbot, assistenti digitali e operatori virtuali, con 52 progetti in totale; per analisi predittive, simulazioni e rappresentazione grafica dei dati (data visualisation), in totale 37 progetti; la computer vision, il riconoscimento delle identità digitali, algoritmi di decision making, per un totale di 58 progetti.
AI nella PA, a che punto è l’Italia
Per riprendere dal report della Commissione europea, ciò che risulta è che al momento il nostro Paese si trova piuttosto indietro, appena prima di Malta e Regno Unito, in termini di lancio di progetti di intelligenza artificiale dedicati esplicitamente alla PA.
Secondo “AI Watch”, le 9 iniziative italiane si suddividono come segue: tre per servizi pubblici generali, una per la sicurezza pubblica, un’altra per la strategia economica, due per la sanità, una per attività ricreative e culturali e un’altra per l’istruzione e la formazione.
Ciononostante, l’Italia sembra intenzionata ad accelerare il passo.
Dopo la pubblicazione a luglio 2020 di un documento intitolato “Strategia italiana per l’AI” a cura del Ministero dello sviluppo economico, recentemente l’Agenzia per l’Italia Digitale ha lanciato un programma di percorsi di innovazione e co-progettazione volto a migliorare i servizi della PA, introducendo soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. Con la nascita di IA-Gov, un laboratorio di attività volte a costruire progettualità tra uffici pubblici, imprese innovative, startup e centri di ricerca, si stanno costruendo le basi per un profondo rinnovamento nel panorama dei servizi pubblici del Paese. All’iniziativa hanno aderito decine di realtà innovative che applicano l’intelligenza artificiale nella Pubblica Amministrazione.Progressivamente, quindi, l’IA sta iniziando a vedere la luce anche nella Pubblica Amministrazione italiana, o quantomeno stanno emergendo molteplici strumenti utilizzabili in tal senso.
Uno tra questi è AIPA, il servizio di Atos disponibile nel marketplace AGID che permette alla P.A. di ricevere componenti integrate di automazione e Intelligenza artificiale per realizzare nuove soluzioni digitali. Ad oggi, esistono varie applicazioni dell’IA, tra cui: gli smart speaker, i sistemi di sicurezza, i chatbot e gli assistenti vocali. La piattaforma AIPA si fonda sui concetti di “Intelligent Process Automation” (iBPM) per realizzare processi (workflow, case management, BPM, etc.) e “Robotic Process Automation” (RPA) per l’automazione delle attività ripetitive e time consuming. Un’altra ipotesi è la combinazione di iBPM e RPA con l’IA che permette alla Pubblica Amministrazione di realizzare i nuovi servizi. La strada è da tenere in forte considerazione, quindi, poiché si tratta di risorse che permettono di sostituire i passaggi delle pratiche della P.A. da un ufficio all’altro, a volte anche strutture diverse, dove ogni passaggio richiede una verifica da parte dei funzionari.
Tutto ciò potrebbe essere risolto tramite la “Robotic Process Automation”, che riproduce il comportamento dei dipendenti pubblici, senza incorrere in errori.
Ad ogni modo, Atos ha messo a disposizione delle PP.AA. i propri servizi per migliorare l’efficienza delle amministrazioni stesse tramite la reingegnerizzazione, l’automazione e la standardizzazione dell’organizzazione di backoffice della Pubblica Amministrazione
Non solo, tra i servizi esistenti e già utilizzati dalle P.A. per renderla sempre più digitale troviamo SPID, CIE, PagoPA, ed altri, che sembrano rispettare i principi di efficienza e qualità dei risultati nella P.A.
Cosa può fare l’intelligenza artificiale per la PA
Negli ultimi anni, molteplici e diverse innovazioni tecnologiche sono state la conseguenza dell’intensificarsi dello studio dell’intelligenza artificiale.
Quelle che ci riguardano più da vicino in questo contesto hanno a che fare con l’elaborazione di informazioni allo scopo di risolvere problemi e prendere decisioni basate sui cosiddetti algoritmi intelligenti. Sono un esempio quotidiano gli algoritmi di apprendimento utilizzati soprattutto nel settore privato allo scopo di identificare le tendenze nel consumo e fornire raccomandazioni personalizzate ai consumatori. Ed è proprio sulla definizione di algoritmo che può giocarsi la partita dell’apporto che l’intelligenza artificiale può portare alla PA, da intendersi cioè come un insieme preciso di istruzioni o regole, o come una serie di passaggi che possono essere utilizzati per fare calcoli, risolvere problemi e prendere decisioni.
Questi ultimi tre elementi – fare calcoli, risolvere problemi e prendere decisioni – sono anche quelli maggiormente presi di mira da coloro i quali ritengono impossibile riprodurre il cervello umano nelle macchine, data la sua complessità. Tuttavia, l’intelligenza artificiale non necessita di assomigliare al cervello umano per potere eseguire con successo determinate attività, e molti dei progressi tecnologici in cui è presente l’intelligenza artificiale sono stati “naturalizzati” per adattarli al contesto in cui sono impiegati.
Questo perché ci sono vari tipi di IA, con diverse tecniche e forme di adattabilità. Da qui la possibilità di sfruttarla in contesti tradizionalmente “umani”, quali appunto la burocrazia e la Pubblica Amministrazione in generale.
In quest’ultima prospettiva di passaggio a una “burocrazia intelligente” in cui i sistemi di IA facilitino, semplifichino e accelerino esponenzialmente le interazioni e le attività, può essere citato un esempio virtuoso e particolarmente rappresentativo. Si tratta cioè del lavoro svolto congiuntamente da un gruppo di funzionari e magistrati della Procura della città di Buenos Aires e di esperti nel campo dell’intelligenza artificiale che ha portato allo sviluppo del sistema Prometea, che consente un’accelerazione dei tempi di preparazione di documenti legali e amministrativi in materia di appalti pubblici.
Questo sistema si basa essenzialmente su un’interfaccia utente intuitiva, che può essere attivata con comando vocale per ridurre i clic ed eliminare l’apertura di finestre digitali, una migliore gestione dei dati e delle informazioni, automatizzando le attività finalizzate a creare documenti che fungono da base per l’adozione di decisioni maggiormente prevedibili, lo sviluppo di diverse funzioni di assistenza digitale e la possibilità di fare previsioni sulla base dell’utilizzo di un sistema di apprendimento automatico supervisionato, con un tasso medio di successo del 96%. Il tutto è andato a sostituire un procedimento che richiedeva circa 29 giorni e oltre 600 click.
Si tratta di un esempio, ma che fa apparire in maniera evidente la differenza potenziale, in termini di accelerazione delle procedure, efficienza e riduzione dei costi delle stesse laddove si affidi a sistemi di Intelligenza artificiale la gestione di compiti semplici, di routine e ripetitivi all’interno della Pubblica Amministrazione: cioè quelli che sono suscettibili del maggior grado di automazione.
Conclusioni
La strada che porta ad una piena digitalizzazione della Pubblica Amministrazione italiana è ancora lunga e necessità di investimenti ulteriori. Infatti, diversi partner europei sono ancora distanti. Tuttavia, le prospettive per una riduzione del gap sembrano incoraggianti, tenuto conto delle iniziative recenti e dell’agenda politica del Ministero che sembrano mirare ad una accelerazione del processo. Sotto questo punto di vista, la presentazione della bozza del regolamento europeo sull’intelligenza artificiale può essere sfruttata come input per non rimanere indietro, per inserirsi nella strategia comune da protagonisti e con ottime carte in tavola.
Nel frattempo, secondo un comunicato stampa del 30 aprile 2021 rilasciato dall’Agenzia per l’Italia Digitale, è cresciuto il numero di italiani in possesso dell’identità digitale (SPID), superando i 20 milioni di utenti, quasi 14 milioni in più rispetto allo scorso aprile. Secondo il comunicato, inoltre, nel 2020 sono state 144 milioni le autenticazioni ai servizi online di siti e app pubbliche. Solamente nei primi tre mesi del 2021 SPID è stato utilizzato più di 100 milioni di volte.
Come scritto dall’Agenzia, “garantire a tutti i cittadini la stessa modalità di accesso ai servizi online è la chiave per la semplificazione dei rapporti tra cittadini e Pubblica amministrazione”.
Partendo da ciò che già c’è, con un cambio di passo ulteriore, è legittimo puntare, nei prossimi anni, al superamento di un sistema di Pubblica Amministrazione italiano spesso giudicato farraginoso, lento e poco accessibile al cittadino.