La realizzazione della strategia italiana per l’intelligenza artificiale è volta a raggiungere obiettivi quali l’aumento di investimenti, il supporto alla ricerca e la promozione della consapevolezza sul tema nei cittadini. Le sfide che il nostro Paese deve affrontare non mancano, a cominciare dalla necessità di valorizzare i talenti del settore. Ecco la situazione.
Gli obiettivi della strategia nazionale per l’IA
Il 13 settembre 2019 è terminata la consultazione pubblica lanciata dal Mise relativa ai due documenti “Proposta per una strategia italiana per l’intelligenza artificiale”, che un gruppo di 30 esperti di cui faccio parte ha elaborato, e “Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale”, sintetizzato dallo stesso Mise. Tale piano strategico si inquadra nel contesto più ampio del “Piano coordinato europeo per l’intelligenza artificiale”, redatto affinché l’UE possa fronteggiare e superare la concorrenza di Stati Uniti e Cina.
La strategia nazionale per l’Intelligenza Artificiale si pone i seguenti obiettivi:
- incrementare gli investimenti, pubblici e privati, nell’IA e nelle tecnologie correlate;
- potenziare l’ecosistema della ricerca e dell’innovazione nel campo dell’IA;
- sostenere l’adozione delle tecnologie digitali basate sull’IA;
- rafforzare l’offerta educativa a ogni livello, per portare l’IA al servizio della forza lavoro;
- sfruttare il potenziale dell’economia dei dati, vero e proprio carburante per l’IA;
- consolidare il quadro normativo ed etico che regola lo sviluppo dell’IA;
- promuovere la consapevolezza e la fiducia nell’IA tra i cittadini;
- rilanciare la pubblica amministrazione e rendere più efficienti le politiche pubbliche;
- favorire la cooperazione europea ed internazionale per un’IA responsabile e inclusiva.
Vengono identificati sette settori chiave: industria e manifattura, agroalimentare, turismo e cultura, infrastrutture e reti energetiche, salute e previdenza sociale, città e mobilità intelligenti, pubblica amministrazione.
Serve più attenzione verso i talenti
La domanda è se siamo in grado di realizzare un progetto così ambizioso. A mio modesto parere c’è una condizione essenziale, cioè il fatto che per dominare e sfruttare a pieno una qualsivoglia tecnologia ai fini della competitività, prima di tutto bisogna saperla “creare e realizzare”, altrimenti dovremmo pensare a una strategia diversa indirizzata solamente a subirla. Purtroppo osserviamo in Italia uno strano fenomeno, lo scarso interesse pubblico e privato nei confronti di profili di alta qualità, quali quelli dei dottori di ricerca.
Sono queste figure che creano e sviluppano negli altri Paesi avanzati i prodotti di intelligenza artificiale presso prestigiosi laboratori di ricerca industriale. In Italia attualmente abbiamo esigui investimenti in borse di dottorato di ricerca e quei pochi dottori di ricerca hanno come sola prospettiva la carriera accademica o presso enti di ricerca pubblici, dove gli accessi sono solo per pochissimi. L’industria italiana sembra che non ne abbia bisogno e l’alternativa per i nostri giovani è andare all’estero per avere riconosciuta la propria professionalità ed avere una adeguata retribuzione. La mia risposta alla domanda però è sì perché ce ne sono i presupposti, ma dobbiamo essere in grado di creare una filiera che va dalla formazione di risorse umane di alta qualità nell’IA al loro impiego in un’industria orientata alla innovazione e anch’essa competitiva sul piano internazionale.
La storia dell’intelligenza artificiale in Italia
Il nostro Paese è sicuramente all’avanguardia nella ricerca accademica nel settore dell’IA. Già negli anni sessanta, agli albori dell’IA, in Italia operavano degli istituti di ricerca prestigiosi, come gli istituti del CNR di Cibernetica ad Arco Felice e di Cibernetica e Biofisica a Camogli, che avevano collaborazioni con i maggiori scienziati di IA. A partire da quei primi anni presso varie università e altri istituti del CNR si sono sviluppate numerose attività di ricerca nel settore. Negli anni settanta erano attivi il Politecnico di Milano con il suo “Progetto di Intelligenza Artificiale” e alcuni istituti del CNR dell’area pisana. Negli anni ottanta si sono sviluppate la scuola romana presso “La Sapienza” e la “Robotica Antropomorfa” presso l’Università di Genova. In quegli anni furono lanciati diversi progetti nazionali sull’IA. Questi progetti contribuirono alla formazione della comunità nazionale e all’istituzione di società scientifiche nazionali, quali GIRPR (Gruppo Italiano Ricercatori in Pattern Recognition), GULP (Gruppo di Utenti in Logic Programming), GLIA (Working Group on Artificial Intelligence) of AICA, AI*IA (Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale), Siren (Società Italiana Reti Neuroniche). Attualmente circa 900 ricercatori fanno parte del Artificial Intelligence and Intelligent Systems Lab (AIIS Lab) del CINI (Consorzio Interuniversitario Nazionale di Informatica) distribuiti in 53 nodi presso varie università italiane ed enti di ricerca.
L’industria italiana che opera nell’ICT ha anch’essa prestigiosi trascorsi. Ricordiamoci, ad esempio, che l’Olivetti negli anni sessanta realizza il primo computer da tavolo, utilizzato anche dalla NASA per i lanci spaziali, dieci anni prima dell’avvento del PC. Negli anni settanta l’Elsag di Genova realizza e fornisce alle Poste Italiane un calcolatore parallelo, Emma, completo di software per il riconoscimento automatico del codice di avviamento postale scritto a mano sulla corrispondenza. Inoltre in quegli anni le nostre aziende di telecomunicazioni vendono le loro centrali telefoniche in tutto il mondo. Oggi in gran parte tale industria sembra più orientata ai servizi che ai prodotti innovativi e a un mercato più interno. Come evidenziato dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato italiano dell’IA risulta ancora agli albori sotto il profilo della mole degli investimenti. Solo il 12% delle aziende intervistate hanno completato un progetto di IA e un’azienda su due non si è ancora mossa. Fa sperare però il fatto che al Workshop Ital-IA organizzato dal AIIS Lab del CINI sono stati presentati ben 400 progetti industriali di IA.
Le sfide da affrontare
La strategia comprende interventi che intendono incrementare la presenza di esperti in IA sul territorio nazionale. Intende sostenere “la formazione e la ricerca accademica e industriale in questo campo, finanziando l’assunzione di professori e ricercatori nelle università e nei centri di ricerca, nonché master realizzati da imprese in collaborazione con le università e programmi di dottorato industriale. Saranno anche elaborate misure per incentivare le imprese ad assumere le figure professionali e i dottori di ricerca così formati. Saranno inoltre rafforzati gli strumenti di attrazione di forza lavoro qualificata come la Carta Blu UE e di “migrant entrepreneurship” quale il programma Italia Startup Visa.”
La sfida consiste quindi nel realizzare un vero partenariato pubblico-privato, in cui l’investimento pubblico, che purtroppo è limitato, dovrà essere a sostegno di iniziative altamente competitive, ma dove l’industria dovrà investire davvero per essere innovativa e rivolgersi al mercato globale con prodotti innovativi made-in-italy. È previsto un programma di aggiornamento dell’offerta formativa a tutti i livelli, con contenuti consoni al mondo digitale, con l’inserimento ad esempio di un adeguato numero di crediti formativi su temi di IA nell’università, con un cospicuo finanziamento delle borse di dottorato e con l’istituzione di corsi di intelligenza artificiale applicata negli Istituti Tecnici Superiori e nella formazione continua in impresa.
In qualità di presidente della Sezione Sicilia dell’AICA (Associazione Italiana per il Calcolo Automatico) mi è capitato di assistere ad interessanti esperienze di progetti sperimentali di coding già presso le scuole primarie e addirittura per l’infanzia. Dall’altro lato vedo il formarsi in uscita dall’università di figure altamente qualificate, dotate di molta creatività, che spesso trovano il loro successo a livello internazionale. Posso assicurare che il materiale umano su cui costruire c’è.