A gennaio 2025 esce, per Edizioni Tlon, Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà. Il libro viene presentato come la traduzione italiana dell’opera d’esordio di Jianwei Xun, giovane filosofo cinese interessato a indagare i meccanismi del potere nell’era della percezione digitale.
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Ipnocrazia: l’enigma dell’autore artificiale
Incuriosita dal titolo e dalla pertinenza delle tematiche, molto vicine ai miei interessi di ricerca in ambito accademico, ho acquistato il volume. Tuttavia, durante la lettura, ho iniziato a nutrire dubbi: l’autore non risultava reperibile online, e alcuni riferimenti contenuti nel testo erano privi di fondamento bibliografico.
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Un confronto con la casa editrice ha rivelato la verità: Jianwei Xun non esiste. Il libro non vuole solo parlare di ipnocrazia, quindi, vuole fare ipnocrazia. Il libro è un’opera co-creata da Andrea Colamedici e l’intelligenza artificiale (Claude e ChatGPT). L’intento è metanarrativo: non solo spiegare come il potere contemporaneo agisce sulle percezioni, ma dimostrarlo attraverso la messa in scena di un caso esemplare. La stessa finzione autoriale è quindi parte integrante dell’argomentazione.L’esperimento viene svelato pubblicamente in Italia con un approfondimento pubblicato da L’Espresso il 4 aprile 2025.
Ipnocrazia come sfida interpretativa e didattica
Aver scoperto la verità sull’origine del libro solo dopo averlo letto mi ha condotto a una serie di riflessioni su due piani distinti ma intrecciati: da un lato, l’aspetto filosofico e semiotico dell’operazione; dall’altro, le sue implicazioni didattiche. Mi sono chiesta, ad esempio: se avessi inserito Ipnocrazia nel programma di uno dei miei corsi universitari, quanti studenti si sarebbero limitati a ripeterne i concetti, e quanti avrebbero messo in discussione l’identità stessa dell’autore o la struttura del testo? Questa domanda si è fatta ancora più urgente in seguito a un piccolo esperimento condotto nei miei corsi di aggiornamento per insegnanti. In quell’occasione, solo una partecipante mi ha scritto esprimendo dubbi sulla natura del testo, prima che l’esperimento venisse svelato pubblicamente. Un fatto che mi ha spinto a interrogarmi non solo sulla prontezza interpretativa dei lettori, ma anche sulla necessità di sviluppare dispositivi didattici capaci di allenare lo sguardo critico.
In questo articolo desidero quindi sintetizzare l’ordine di riflessione lungo questi due assi: quello della costruzione semiotica dell’enunciazione e quello, complementare, della formazione di una consapevolezza critica nei contesti educativi.
Ipnocrazia e la dislocazione dell’enunciazione semiotica
Nel quadro semiotico, l’enunciatore è il soggetto che istituisce l’atto comunicativo, mentre l’enunciato è il testo prodotto. Ipnocrazia introduce una dislocazione innovativa dell’enunciazione: l’autore empirico (Colamedici), l’enunciatore simulato (Xun) e una macchina enunciante (l’intelligenza artificiale) concorrono alla costruzione del messaggio. Questo sistema triangolare produce un effetto composito: l’enunciatore non è solo simulato, ma è un’entità postumana, ibrida, opaca. I marcatori enunciativi risultano coerenti, ma non sono più riconducibili a un’intenzionalità soggettiva unica. Ne deriva una forma discorsiva che si colloca oltre il soggetto, in una dimensione che potremmo definire dii postumanità enunciativa.
L’identità di Jianwei Xun attiva un immaginario preciso: il nome, la biografia, l’aura intellettuale orientaleggiante, la riservatezza pubblica, contribuiscono a costruire un ethos esotico e inaccessibile. Tuttavia, in questo caso, l’esotismo non è solo geografico: è anche ontologico. La voce autoriale è altra non solo perché culturalmente distante, ma perché non-umana, o almeno non interamente tale. La co-creazione con IA introduce tratti stilistici marcati: densità teorica, retorica accademica raffinata, ritmo astratto. Il risultato è un ethos iperintellettuale, riconoscibile e rassicurante per il lettore esperto, ma la cui origine è parzialmente automatizzata.
Il testo appare come un discorso senza corpo. Le interviste all’autore sono testuali, filtrate da Colamedici come “traduttore”; nessuna apparizione, nessun video, solo simulacri grafici prodotti da IA. Questa opacità dell’enunciazione – l’assenza di un referente fisico e la mediazione algoritmica del discorso – produce un effetto paradossale: anziché indebolire l’autorevolezza, la accresce. La voce di Xun assume i contorni di un’entità metafisica, una proiezione performativa della nostra esigenza di credere in un pensatore nuovo, rigoroso, distante. In termini semiotici, ci troviamo di fronte a un processo di soggettivazione artificiale.
Le implicazioni di questo esperimento sono molteplici, e radicali. Quella più importante è legata alla necessità, probabilmente, di un ripensamento delle stesse teorie dell’enunciazione che, nell’era dell’intelligenza artificiale deve considerare un enunciatone che è una funzione algoritmi unita ad una strategia editoriale. Una enunciazione che richiede nuove competenze critiche per essere interpretata.
Ipnocrazia e le competenze metacognitive nel contesto educativo
La riflessione nel contesto educativo. Tutto ciò ci interroga sul rapporto tra formazione, consapevolezza e lettura. Cosa possiamo fare per contrastare la credibilità cieca? La letteratura sulla comunicazione di massa offre esempi paradigmatici. Nel volume Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale, Sara Bentivegna e Giovanni Boccia Artieri analizzano, ad esempio, il celebre caso della trasmissione radiofonica La guerra dei mondi di Orson Welles, andata in onda nel 1938. In quell’occasione, come credo ormai tutti sanno, circa un milione di americani fu convinto che fosse in corso un’invasione marziana. Un evento diventato emblematico per comprendere i meccanismi della comunicazione di massa.
La credibilità della trasmissione fu il risultato di una combinazione di fattori. Il contesto storico – segnato dalla Grande Depressione e dall’ascesa dei totalitarismi – alimentava un clima di ansia e attesa di eventi drammatici. La radio, mezzo centrale e considerato affidabile, veniva usata persino dal presidente Roosevelt per parlare alla nazione. Inoltre, il programma imitava perfettamente il linguaggio giornalistico, con finte interruzioni e testimonianze, e molti ascoltatori si erano sintonizzati tardi, perdendo l’avviso iniziale che si trattava di finzione. Ma a rendere davvero interessante il caso fu la varietà delle reazioni. Lo studio di Hadley Cantril rivelò che non tutti caddero nel panico. Le risposte emotive erano influenzate da fattori personali come il livello di ansia, il grado di istruzione e, soprattutto, quella che Cantril definì “abilità critica”: la capacità cioè di valutare, mettere in discussione e contestualizzare le informazioni ricevute. Solo chi era privo di questa attitudine interpretativa reagì credendo ciecamente al messaggio.
In Ipnocrazia, si parla di “autonomia percettiva” come atto di resistenza invisibile. Si tratta di un habitus cognitivo, non di una tecnica. Come docente, ritengo che la strada passi per lo sviluppo delle cosiddette competenze metacognitive: la capacità di riflettere sui propri processi mentali, riconoscere bias, analizzare contesti. In ambito creativo e progettuale, queste abilità si traducono nella gestione consapevole del proprio processo ideativo. Le ricerche di Kaufman e Beghetto (2013) definiscono le metacognizioni creative come la combinazione di conoscenza di sé, del contesto, e della strategia.
Didatticamente, questo significa promuovere la riflessione, esplicitare il processo, valutare non solo l’esito ma il percorso. Lavorare su progetti, stimolare il self-management, favorire l’autovalutazione. In tempi di IA generativa e automazione cognitiva, formare pensatori consapevoli e riflessivi è una sfida educativa urgente. Rafforzare il processo, la riflessione in itinere e la relazione necessaria all’esecuzione mi sembrano più che punti di arrivo, sempre più punti di partenza.
Ipnocrazia come slittamento epistemologico
L’esperimento Ipnocrazia, fondato su una bugia controllata, ha generato conoscenza e stimolato l’avvio, spero, di nuovi approcci alla conoscenza. Ora aspettiamo di capire verso quale direzione quale direzione potrà prendere questo slittamento epistemologico.
Fonti e approfondimenti
Foucault, M. (1971). L’ordre du discours. Gallimard.
Barthes, R. (1968). L’effet de réel. In Communications n.11.
Eco, U. (1979). Lector in fabula. Bompiani.
S.Bentivegna, G.B. Artier (2019), Le teorie delle comunicazioni di massa e la sfida digitale, La Terza, Bari-Roma
Jia et al. (2019) – “The Role of Metacognitive Components in Creative Thinking”. Frontiers in Psychology
Hargrove & Nietfeld (2015) – “The Impact of Metacognitive Instruction on Creative Problem Solving”. Journal of Experimental Education
von Thienen et al. (2023) – “Creative metacognition in design thinking: exploring theories, educational practices, and their implications for measurement”. Frontiers in Psychology
Jianwei Xun, Ipnocrazia. Trump, Musk e la nuova architettura della realtà, Edizioni Tlon, 2025.
ISTAT, Indagine su bambini e ragazzi: comportamenti e socialità (2023).
Ital Communications & Censis, Rapporto “Disinformazione e fake news in Italia” (2023).
Sabina Minardi, L’Espresso – Inchiesta sul “caso Ipnocrazia”, 4 aprile 2025
Emilio Carelli, L’Espresso – Editoriale “Ipnocrazia”, 4 aprile 2025
Redazione ANSA – “Il libro dell’inesistente filosofo Xun”, 3 aprile 2025
LetteraTitudineNews – “Jianwei Xun, il filosofo che non esiste”, 4 aprile 2025
The Italian Review – Eleonora Marangoni, “Ipnocrazia o della credulità”, 2025
Sky TG24 – “Rivelazione sul caso Ipnocrazia”, 3 aprile 2025
Medium (Gino Tocchetti) – “Hypnocracy: arcano svelato e fact checking debunked”, mar 202
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