Come già successo per reprimere le proteste interne nel 2019, anche nelle scorse settimane, in seguito alle rivolte scoppiate il 16 settembre dopo la morte di Mahsa Amini, il governo iraniano ha imposto delle restrizioni all’infrastruttura delle telecomunicazioni. Ma questa volta sarebbero molto più stringenti che in passato.
Secondo Azadeh Akbari, professoressa e attivista iraniana, lo scopo di queste chiusure non è però solo quello di ostacolare la mobilitazione o di bloccare la condivisione di video che mostrano la brutalità della polizia. Di fatto, negli ultimi anni, il regime iraniano ha sviluppato un sofisticato sistema di sorveglianza che trascende le misure convenzionali di censura di internet.
Secondo Akbari, la rete informativa nazionale permette di dividere il cyberspazio iraniano in due universi paralleli: una rete nazionale e una globale che, per l’utente medio, appaiono simili. La rete nazionale, attraverso la quale operano servizi pubblici vitali e che le banche e le imprese sono costrette a utilizzare, è fortemente spinta dallo Stato attraverso la pubblicità, è più economica e più veloce ed è probabilmente esposta alla sorveglianza del governo. Tuttavia, la rete globale potrebbe essere tagliata in qualsiasi momento dallo Stato.
Le proteste della popolazione contro il codice di abbigliamento femminile
La morte della giovane curda costituirebbe un pretesto per mostrare un malcontento generale all’interno della popolazione iraniana contro Ali Khamenei, Guida Suprema dell’Iran, e contro il decreto predisposto sul codice di abbigliamento femminile. Da quasi tre settimane i manifestanti avrebbero espresso il proprio dissenso anche contro la dura repressione attuata nel Paese, in particolare dalle forze di polizia. Dall’inizio delle proteste almeno 1.500 persone sono state arrestate e altre 154 avrebbero perso la vita.
Già in precedenza il Governo iraniano aveva istituito restrizioni all’accesso ad internet; da quando è salito al potere il Presidente Ebrahim Raisi nel 2021, tali misure sono state ulteriormente rafforzate: sono stati bloccati i servizi online e le applicazioni social, come WhatsApp e Instagram e, secondo il quotidiano Le Monde, sono state prese di mira anche la maggior parte delle VPN presenti sul mercato, la cui richiesta di utilizzo è aumentata esponenzialmente nell’ultimo mese, con l’obbiettivo di renderle accessibili.
Le autorità hanno inoltre bloccato le app Google Play e Apple Store le quali davano la possibilità di installare in maniera veloce le VPN sui propri dispositivi.
Restrizioni più stringenti che in passato
A seguito del blocco di internet da parte del Governo iraniano, molti attivisti hanno cercato metodi alternativi per tornare online, ma con scarsi risultati. Ogni approccio sembra infatti presentare dei limiti, nonostante l’aiuto proveniente da parte di persone e organizzazioni di diversi Paesi del mondo.
Schermaglie cyber tra Stati: infrastrutture critiche e cittadini bersagli sempre più strategici
Alcuni gruppi che operano per tutelare i diritti digitali degli utenti stanno cercando di aiutare la popolazione iraniana inviando strumenti e consigli tecnici per eludere le restrizioni poste dal Governo.
Diverse pressioni sono state esercitate dagli attivisti nei confronti di aziende tecnologiche estere, affinché queste si mobilitassero in favore degli iraniani. Google, ad esempio, ha affermato in un tweet che il suo team starebbe lavorando per rendere fruibili i propri strumenti a seguito delle rinnovate sanzioni statunitensi ai servizi informatici iraniani, per consentire agli utenti l’accesso agli strumenti anti-sorveglianza offerti sui servizi cloud.
Possibili soluzioni alternative per far fronte alle numerose restrizioni
Negli anni gli iraniani hanno adottato diverse soluzioni alternative per far fronte alle numerose restrizioni applicate dal Governo. Tuttavia, secondo quanto affermato da Amir Rashidi, direttore della sicurezza internet e dei diritti digitali presso l’organizzazione per i diritti umani Miaan Group, questa volta le restrizioni governative risulterebbero essere molto più stringenti, in quanto tentano di colpire ogni possibile canale di comunicazione.
L’uso delle VPN
Tra le manovre effettuate per accedere ad internet e stabilire una comunicazione alternativa verso l’esterno vi è l’utilizzo delle VPN le quali permettono di navigare online in maniera sicura e anonima.
Di fatto, alcuni gruppi hacker, tra i quali si evidenzia il gruppo noto come Anonymous, stanno persuadendo la popolazione iraniana a utilizzare VPN, server proxy e il dark web. Ad esempio, sull’applicazione Telegram è presente un gruppo, composto da circa 4.000 membri, nel quale vengono condivisi dettagli sui server VPN ancora disponibili. Invece, all’interno di un altro gruppo presente nella piattaforma vengono distribuiti collegamenti a tutorial sull’uso dei server proxy che convogliano il traffico attraverso una comunità di computer gestiti da volontari, in continuo aggiornamento, per eludere le restrizioni ed evitare il tracciamento dei dati.
Anche le principali applicazioni utilizzate nel Paese sono state bloccate per impedire il proliferare delle proteste sui social. Attraverso un post pubblicato su Twitter, Instagram si è dichiarata estranea alla vicenda ed ha precisato di non aver svolto alcun ruolo nell’interruzione dei servizi per i cittadini iraniani.
Per quanto riguarda le applicazioni di messaggistica WhatsApp e Signal, a seguito delle restrizioni imposte, si sono prontamente adoperate per garantire agli utenti la fruibilità attraverso soluzioni alternative. Signal, ad esempio, dà agli utenti la possibilità di impostare server proxy che indirizzano in modo sicuro il traffico dell’applicazione. Tuttavia, nel caso in cui non si avesse installato il software in precedenza, scaricarlo senza poter accedere ad internet potrebbe risultare complesso.
L’opzione satellitare
Un’altra possibilità è quella di dar vita a connessioni alternative, nello specifico attraverso i servizi satellitari. Tale opzione sta generando dibattiti tra chi è convinto si tratti di un sistema di difficile attuazione, che necessita di ingenti risorse sia economiche che strumentali per poter essere utilizzabile, e chi invece ritiene che si possa trattare di una soluzione proficua. Tra le prime imprese che si sono mosse in questa direzione figura SpaceX di Elon Musk la quale si è impegnata per attivare il servizio internet satellitare Starlink.
Il suo funzionamento avviene attraverso una costellazione di piccoli satelliti che vengono lanciati a circa 500 km in orbita. Questi sono dotati di 4 antenne piatte che, rivolte verso la Terra, sono in grado di trasmettere un segnale che arriva alla superficie alla velocità di 610 mbps utilizzando tre diverse bande di frequenza. Questo tipo di tecnologia permette di raggiungere velocità di connessione paragonabili a quelle previste dalla tecnologia di connessione a fibra ottica e garantisce l’accesso a internet in tutte le zone senza copertura per limiti geografici o strutturali.
Inoltre, sembrerebbe che l’aspetto che contraddistingue Starlink sia la sua capacità di resistere agli attacchi hacker. A differenza dei tradizionali satelliti ad alta orbita, la nuova generazione di dispositivi ad orbita bassa rende più difficile la manomissione, poiché un aggressore dovrebbe individuare tutti gli apparecchi in una volta sola per paralizzare l’intero sistema. Starlink, inoltre, è più adattabile rispetto alle alternative, perché il codice informatico di ogni dispositivo può essere modificato in risposta a possibili compromissioni.
Questo sistema è stato largamente impiegato in Ucraina in seguito all’invasione russa. Fra gli utilizzatori ci sarebbero stati i soldati assediati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol i quali, grazie a questo sistema, sarebbero stati in grado di comunicare con i loro comandanti e con il Presidente ucraino Zelenskyy.
Conclusioni
Sebbene il piano di Musk abbia suscitato entusiasmi tra gli attivisti, sussistono numerose problematiche per la sua implementazione, come evidenziato anche da Alp Toker, Direttore del gruppo di monitoraggio e censura su internet NetBlocks. Chiunque voglia utilizzare Starlink ha bisogno di una parabola speciale per inviare e ricevere dati internet. Anche se fosse possibile contrabbandare l’hardware, portare in Iran una quantità significativa di parabole sarebbe un’impresa complessa. In alternativa, tali parabole potrebbero essere installate in un Paese confinante, ma si avrebbe una velocità sarebbe ridotta.
Da un punto di vista normativo, la complessa natura bidirezionale delle connessioni satellitari è parte del motivo per cui sono soggette a regolamentazione internazionale, in particolare dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni (ITU). Mahsa Alimardani, Ricercatrice Senior presso Article19, ha twittato che, anche se Starlink potesse trasmettere internet agli iraniani, l’azienda potrebbe andare incontro a conseguenze legali da parte dell’ITU qualora lo facesse senza l’approvazione del governo iraniano.