La balcanizzazione di Internet potrebbe definitivamente materializzarsi, come emblema della visione statalista russa, con l’avvento di “Runet” dando vita, secondo la configurazione frammentata di “Splinternet”, all’affermazione di un potere centralizzato dell’infrastruttura tecnica di Internet gestita in via esclusiva da nodi geo-localizzati su base nazionale, con modalità tecnologicamente difformi rispetto all’originaria architettura distribuita e interoperabile della Rete.
Usa vs Cina, a rischio la rete globale: come evitare la balcanizzazione
Icann, una presa di posizione politica
Preso atto di tali preoccupazioni, si comprende il motivo per cui l’ICANN, dopo aver escluso qualsivoglia possibilità di attuare sanzioni, blocchi e restrizioni volti a limitare l’accesso alla Rete, abbia respinto l’invocata richiesta – sollecitata dall’Ucraina – di revocare unilateralmente, in via permanente, i domini russi assegnati al Dns primario, formalizzando la propria posizione ufficiale nella risposta indirizzata al vice Premier ucraino Mykhailo Fedorov (a capo del dicastero digitale).
Se è vero che, sul piano motivazionale-formale, la decisione assunta sia stata in un certo senso scontata come inevitabile scelta finale priva di valide alternative in ragione del fatto che l’ICANN non avrebbe potuto agire diversamente stante l’assenza di poteri che le avrebbero consentito di incidere sul controllo della gestione decentrata della Rete al punto da vietarne l’effettivo funzionamento (ben oltre la sua funzione di coordinamento che presuppone un processo decisionale definito, per consenso, su base volontaria con il coinvolgimento di tutti gli operatori della comunità di Internet), è possibile al contempo cogliere, nel merito sostanziale del citato provvedimento, una precisa presa di posizione dalle rilevanti implicazioni “politiche”.
Il presidio alla neutralità della rete
A presidio della neutralità globale di Internet, infatti, la “corporation” internazionale preposta alla gestione tecnica della Rete rivendica la scelta di garantire, in linea con il tradizionale modello multi-stakeholder, il rispetto delle convenzionali politiche progettate per sostenere l’interoperabilità globale di Internet resiliente contro qualsivoglia processo decisionale unilaterale, prospettando in caso contrario il rischio di effetti “devastanti” sull’ecosistema digitale globale. Un’eventuale disconnessione di Putin dal resto del mondo provocherebbe danni non solo a discapitato della popolazione russa ma, con ripercussioni ancor più estese, per l’intera generalità degli utenti, senza peraltro riuscire a contrastare la propaganda del Cremlino che, in condizioni di isolamento tecnologico, potrebbe paradossalmente intensificare ancora di più il proprio impatto comunicativo sulla manipolazione dell’opinione pubblica, veicolando informazioni a senso unico nell’ambito di circuiti polarizzati sotto l’esclusivo controllo mediatico delle autorità nazionali.
L’isolamento digitale potrebbe non essere la scelta giusta
Nondimeno, nella prassi si sta comunque assistendo al massivo abbandono delle principali aziende tecnologiche dal territorio russo che, unitamente al blocco generalizzato di social network e vari siti di notizie non in linea con la narrazione dominante, determina la progressiva interruzione di un crescente numero di servizi digitali, come precisa strategia di accerchiamento concertata dal blocco “Occidentale”: ma è davvero la soluzione più efficace per indebolire Putin? E se ciò, invece, andasse nell’opposta direzione di consolidare, anche indirettamente, la capacità di resistenza di un regime “tecnocratico” autosufficiente del tutto rodato e, quindi, sempre più in grado di sopravvivere, anche in condizioni del tutto autonome e indipendenti dal resto del mondo, come nuovo Stato autarchico digitale?
In altri termini, anche soltanto immaginare l’esistenza di una vera e propria Internet russa sovrana – mediante l’implementazione tecnica di “Rulnet” in grado di funzionare alla perfezione grazie al miglioramento del suo sistema operativo (oggi soltanto ipotizzabile in via meramente teorica) – potrebbe costituire un pericoloso risvolto tecnologico, come irreversibile punto di non ritorno rispetto alle attuali sembianze applicative della governance digitale esistente a livello mondiale.
L’isolamento tecnologico della Russia è un errore strategico? Pro e contro
Alcuni segnali evidenti della progressiva frammentazione di Internet
Di certo, è possibile già ora cogliere alcuni segni evidenti che sembrano paventare il prospettato scenario di una progressiva frammentazione di Internet verso insidiose forme di balcanizzazione tecnologica all’insegna di una sempre più accentuata nazionalizzazione del cyberspazio. Emblematica, in tal senso, l’azione dell’Unione Europea che, di concerto con gli USA, come parte integrante dell’alleanza atlantista, ha duramente reagito all’aggressione russa, inibendo il libero accesso alle agenzie giornalistiche ritenute “vicine” al Cremlino che, a sua volta, ha inaugurato una vera e propria “purga mediatica” contro i suoi oppositori politici, punibili fino a 15 anni di carcere per la diffusione di informazioni “false” sulla guerra in Ucraina, affidando all’autorità di regolamentazione statale dei media (“Roskomnadzor”) il compito di monitorare le fake news, controllare le informazioni e bloccare le comunicazioni provenienti dalle piattaforme telematiche, sottoposte a stringenti obblighi e vincolanti prescrizioni di legge per continuare regolarmente ad operare nel territorio russo, purché non siano qualificate come organizzazioni “estremiste” nell’ipotesi di mancato allineamento alla “narrazione” ufficiale ratificata dal flusso comunicativo unidirezionale veicolato dai media statali.
Il controllo dell’informazione come decisiva arma strategica
Che il controllo dell’informazione costituisca una decisiva arma strategica della sofisticata propaganda messa in campo nella gestione di una cyber-guerra parallela allo svolgimento delle tradizionali manovre militari lo si evince dalla presenza massiva di influencer impegnati in prima linea sul fronte digitale.
Sono numerosi, infatti, i contenuti che circolano in Rete per manifestare esplicitamente la contrarietà all’invasione russa, non solo mediante la condivisione di foto recanti la bandiera ucraina, ma altresì ricorrendo alla pubblicazione di filmati di missili, al pari di consigli su come preparare molotov, o nascondersi per sopravvivere in caso di attacchi militari, così come esiste una fitta compagine di account “pro-Cremlino” che amplificano la strategia centralizzata di propaganda indirizzata all’opinione pubblica nazionale.
L’esercito degli influencer contro la guerra
Proprio per tale ragione, sulla falsariga di quanto già sperimentato contro la disinformazione “No Vax” per cercare di stimolare la campagna di vaccinazione, la Casa Bianca sta pensando di reclutare le più influenti “Star” di TikTok mediante svariate forme di collaborazione volte a condividere gli obiettivi strategici degli Stati Uniti sulla gestione della guerra in Ucraina, nell’ottica di viralizzare le notizie diffuse da fonti autorevoli rispetto al pericolo di false informazioni che vengono fatte circolare online per fuorviare l’opinione pubblica: una vera e propria “guerra di TikTok”, che può essere considerata la “prima guerra di Internet con l’avvento dell’era dei social media”.
Verso l’epilogo dell’era dell’accesso?
Si manifesta così l’epilogo della cd. “era dell’accesso”, come positivo paradigma fondante, in chiave prettamente ottimistica, di un mondo totalmente connesso grazie alla disponibilità di una tecnologia comunicativa globale a lungo considerata emblema della rivoluzione digitale, portatrice di straordinarie potenzialità informative e rilevanti benefici culturali fruibili dagli utenti per accedere ad uno spazio universale di reti interconnesse tra loro e scambiare informazioni veicolate online da qualsiasi parte del pianeta in stretta connessione con l’avvento del pervasivo processo di globalizzazione.
Rinunciare (o anche semplicemente attenuare) un simile approccio, significa mettere in discussione i tratti attuali della struttura globale della Rete, come sistema tecnologico distribuito e decentralizzato, incentivando il ricorso alla progressiva frammentazione di Internet.
Dopo una prima fase di destabilizzazione generale, all’esito di una complessa partita politica per formalizzare i nuovi rapporti di forza tra le superpotenze mondiali, potrebbe trovare terreno fertile un’inedita alleanza euro-asiatica a trazione russo-cinese, in grado di rafforzare il processo di balcanizzazione dello spazio virtuale, alimentando complesse implicazioni non soltanto “tecniche” ma soprattutto “politiche”.
Non a caso, a riprova di ciò, è stata costituita da tempo l’Organizzazione internazionale per la cooperazione di Shanghai, su impulso di Cina, Kazakistan, Kirghizistan, Russia, Tagikistan e Uzbekistan, per promuovere un modello alternativo di governo di Internet, basato sull’affermazione della sovranità statale in materia digitale.
La lotta per il controllo della gestione di Internet sempre più centrale negli equilibri geopolitici
Come dimostra il tentativo – momentaneamente accantonato – della Cina, favorevole a introdurre il nuovo protocollo “New IP”, per sostituire l’attuale standard di Internet, la lotta per il controllo della gestione di Internet potrebbe, quindi, presto diventare centrale negli equilibri geopolitici globali, al fine di ridefinire prioritariamente la tradizionale architettura tecnica di tale infrastruttura, per affermare nuove sistemi politici di “autoritarismo digitale”, in grado di esercitare, in condizioni di totale supremazia tecnologica, penetranti poteri di censura, controllo e supervisione a presidio di interessi di sicurezza nazionale in caso di interferenze esterne suscettibili di compromettere il funzionamento delle infrastrutture nazionali critiche.
In tale prospettiva si colloca quindi la strategia della Russia che – a maggior ragione incalzata dalle attuali contingenze belliche – potrebbe definitivamente spingersi sino al punto di realizzare un compiuto sistema centralizzato della Rete in grado di assicurare un pervasivo controllo statale delle informazioni, frantumando in modo irreversibile l’interoperabilità globale di Internet.
Siamo di fronte a un nuovo modello alternativo di governance promosso in partnership con la Cina per affermare la centralità della sovranità statale digitale?