DESI2017

Perché l’Italia digitale è frenata da deficit di norme e cultura

Pubblicato il 05 Apr 2017

Angelo Alù

studioso di processi di innovazione tecnologica e digitale

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La situazione digitale italiana è preoccupante: la recente edizione del Rapporto DESI, pubblicato ogni anno dalla Commissione europea e oggi giunto al suo quarto aggiornamento, certifica un ritardo italiano sempre più evidente rispetto al continente europeo, in cui la crescita digitale degli Stati del Nord d’Europa sembra – almeno attualmente – irraggiungibile.

I maggiori risultati, infatti, sono realizzati da Danimarca, Finlandia, Svezia e Paesi Bassi, seguiti da Lussemburgo, Belgio, Regno Unito e Irlanda, a differenza del nostro Paese che ottiene i punteggi più bassi della classifica DESI, insieme a Romania, Bulgaria e Grecia.

In particolare, l’Italia occupa il 25° posto della classifica, terzultima tra i 28 Stati membri dell’UE: precede soltanto Grecia, Bulgaria e Romania, ancora ben al di sotto della media UE.

Preoccupa il livello basso delle competenze digitali, nonostante la predisposizione di azioni concrete per promuovere l’innovazione e la cultura digitale: il Piano Nazionale Banda Ultralarga e la Strategia per la crescita digitale 2014-2020, al fine di realizzare un’effettiva «modernizzazione e sviluppo digitale di cittadini e imprese italiane», anche mediante «la diffusione di cultura digitale e lo sviluppo di competenze digitali per garantire crescita economica e sociale, attraverso lo sviluppo di competenze nelle imprese e di diffusione di cultura digitale fra i cittadini che generi nuova offerta capace di competere sui mercati globali e una accresciuta domanda capace a sua volta di stimolare offerta innovativa e qualificata, in un circolo virtuoso».

Nel 2015 solo il 63% della popolazione italiana utilizza Internet regolarmente (rispetto al dato medio europeo del 76%) e solo il 43% dimostra di possedere competenze digitali di base, il cui basso livello di diffusione incide sull’uso di Internet, dal momento che si registra una modesta percentuale di utenti impegnati in transazioni virtuali “maggiormente impegnative”, come eBanking (43%) e lo shopping online (39%), da cui si evince ancora una “certa diffidenza verso l’ambiente online”.

Tutto ciò incide sullo sviluppo digitale complessivo del nostro Paese, al punto tale da richiedere un deciso ed efficace intervento normativo finalizzato a promuovere un quadro regolatorio organico ed unitario in materia.

Una delle principali cause del ritardo italiano, infatti, è rappresentata da un’eccessiva frammentazione degli interventi di regolamentazione: alla luce dell’oggettiva differente velocità tra innovazione tecnologica e regolamentazione giuridica, la norma non può  limitarsi a “rincorrere” la tecnologia, mediante interventi settoriali, frammentati e contingenti spesso predisposti per fronteggiare situazioni di emergenza, ma deve realizzare una riforma moderna ed evoluta del sistema legislativo, caratterizzato da un’adeguata conoscenza dei profili tecnici delle nuove tecnologie per assicurare un sufficiente livello di qualità e di adeguatezza della produzione normativa, espressione di una strategia nazionale unitaria funzionale ad assicurare un indispensabile processo di coordinamento e di semplificazione degli interventi realizzati anche dalle amministrazioni del più basso livello regionale e locale, chiamate a realizzare la concreta attuazione di politiche innovative in materia digitale.

Il ritardo digitale italiano è, inoltre, la conseguenza di un deficit culturale che impedisce ad una larga percentuale della popolazione italiana di sfruttare i benefici delle tecnologie, mediante un efficiente uso dei servizi digitali.

Tutto ciò trova conferma nella Strategia per la crescita digitale 2014-2020, secondo cui «il ritardo nell’utilizzo dei servizi in rete trova origine innanzitutto nelle caratteristiche socio-demografiche della popolazione che utilizza Internet […] L’utilizzo di internet cresce con l’età, fino ad arrivare a sfiorare il 92% nella fascia 18-19 anni, per poi scendere progressivamente al 80% nella fascia 35-44 anni, poco al di sopra del 60% per quella di 55-59 anni, fino a valori inferiori al 7% nella fascia di 75 anni e oltre […] La penetrazione per area geografica varia dal 64,6% del Nord-Est al 53,8% delle Isole […] La penetrazione per condizione professionale è attorno al 29% per le casalinghe e i ritirati dal lavoro (23,2%), ma sale, rispettivamente oltre l’80% e il 94% per gli occupati e gli studenti […] L’87,1% delle famiglie con almeno un minorenne possiede un collegamento a Internet, mentre nelle famiglie di soli anziani di 65 anni e più la presenza di Internet scende al 16,3%».

Per tale ragione, è necessario considerare come priorità strategia l’obiettivo di sviluppare un processo generale di alfabetizzazione digitale per promuovere un modello di cittadinanza digitale attiva e consapevole in modo da realizzare un’effettiva inclusione nella società digitale, partendo da una radicale revisione del sistema formativo dell’istruzione, basato sull’apprendimento primario delle competenze digitale

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