Il rapporto USA

La Cina manipola i media globali a proprio vantaggio: ecco come fa



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Dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti è stato pubblicato un rapporto storico sulla Repubblica Popolare Cinese, che fa luce sulla volontà di quest’ultima di rimodellare l’ambiente informativo globale a suo vantaggio. Vediamo di cosa si tratta e quali sarebbero gli impatti futuri

Pubblicato il 10 ott 2023

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab – Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference



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Un rapporto storico pubblicato dal Dipartimento di Stato USA, “Global Engagement Center Special Report: How the People’s Republic of China Seeks to Reshape the Global Information Environment”, (Rapporto speciale del Global Engagement Center: Come la Repubblica Popolare Cinese cerca di rimodellare l’ambiente informativo globale), ha evidenziato la volontà da parte della RPC di costruire un ecosistema informativo globale che promuova la sua propaganda, diffonda la disinformazione e faciliti la censura.

Come la Cina manipola il panorama informativo globale

Sono cinque gli elementi principali attraverso i quali la Repubblica Popolare Cinese si muove per il suo scopo:

  • sfruttare la propaganda e la censura,
  • promuovere l’autoritarismo digitale,
  • sfruttare le organizzazioni internazionali e i partenariati bilaterali,
  • unire cooptazione e pressione,
  • esercitare il controllo sui media in lingua cinese.

Grazie a questi elementi, in caso di successo, la RPC potrebbe riuscire a manipolare il panorama informativo globale e le nazioni di tutto il mondo, anche in campo decisionale, portandole a favore dei propri interessi economici e di sicurezza.

L’investimento annuo di Pechino per le attività di manipolazione dell’informazione estera è di miliardi di dollari. Le informazioni false o distorte vengono sfruttate per promuovere opinioni positive nei propri confronti e nei confronti del Partito Comunista Cinese e quelle critiche vengono soppresse, ad esempio nel caso di argomenti come quello di Taiwan, diritti umani, Mar Cinese Meridionale, economia interna e impegno economico internazionale. Insomma, quello che la Repubblica Popolare Cinese fa è portare dalla sua parte governi, stampa e società civile estera, attraverso una sua narrazione delle cose, senza lasciare spazio ad alcuna critica nei suoi confronti.

L’influenza sui media esteri

L’azione di manipolazione delle informazioni della Repubblica Popolare Cinese tocca innanzitutto i media di tutto il mondo. Come evidenziato dal rapporto USA, l’emittente locale China Central Television fornisce gratuitamente video e sceneggiature televisive a 1.700 organizzazioni giornalistiche e media stranieri, che, nella maggior parte dei casi, vengono rimodulati per le emittenti locali senza l’apposizione del marchio, così che non sia visibile la provenienza dall’estero. Nel caso della Thailandia, la cui legislazione prevede dei limiti ben precisi sulla proprietà dei media stranieri, la RPC ha ovviato all’ostacolo creando una filiale locale gestita da cittadini thailandesi attraverso una delle sue principali aziende tecnologiche, così da poter acquistare il sito di notizie thailandese più popolare con 30 milioni di utenti attivi al mese. Nel continente africano, invece, il veicolo che ha permesso a Pechino di diventare il fornitore principale di servizi televisivi digitali è stato la società cinese di elettronica e media Star Times. Con il controllo dei fornitori di servizi televisivi via cavo, la RPC riesce a determinare quali stazioni possono essere accessibili ai telespettatori. L’influenza cinese non ha risparmiato, poi, i social media e ha sfruttato quasi 100 influencer per diffondere messaggi ufficiali in 24 lingue, raggiungendo oltre 11 milioni di follower in decine di Paesi.

L’influenza sulla libertà di espressione

Non solo i media e i social media, ma anche la libertà di espressione ha subito e sta subendo la censura cinese. L’organizzazione non governativa spagnola Safeguard Defenders ha stilato un rapporto sulla presenza e le attività di “100 stazioni di servizio di polizia all’estero” in 53 Paesi, legate alle autorità locali di pubblica sicurezza cinese, che oltre 1.000 account a favore della RPC hanno tentato di insabbiare.

Un rapporto del 2021, pubblicato questa volta dal Centro nazionale di sicurezza informatica della Lituania, ha evidenziato l’attività di censura automatica da parte dei telefoni cinesi Xiaomi di 449 frasi, funzione inattiva nei telefoni spediti in Europa, ma attivabile da remoto. Altro strumento di oppressione della libertà di espressione all’estero è rappresentato da WeChat e WeiXin, le applicazioni popolari tra parlanti cinesi a livello mondiale e nella RPC: le comunicazioni tra utenti registrati su WeChat al di fuori dei confini nazionali sono sottoposte ad una sorveglianza pervasiva che favorisce la censura interna insegnando a WeiXin a distinguere i contenuti sensibili.

Una nuova comunità di autoritari digitali

Altro aspetto su cui la Repubblica Popolare Cinese fa leva è l’esportazione di progetti sotto il cappello di ecosistemi digitali, quali ad esempio le “smart city”, per contribuire alla sorveglianza. A giugno 2021 erano 163 i progetti di smart city e pubblica sicurezza nel mondo che vedevano al loro interno aziende cinesi con sedi operative nello Xinjiang e al 2019 il controllo sulle informazioni cinesi si è diffuso in 102 Paesi.

Difficile non menzionare Huawei, i cui sistemi del valore complessivo di centinaia di milioni di dollari sono stati utilizzati dai governi stranieri a supporto delle forze dell’ordine e per le intercettazioni di comunicazioni elettroniche e localizzazioni cellulari dei membri dell’opposizione politica nazionale, né tantomeno ByteDance, proprietaria di TikTok, che blocca costantemente l’accesso alle sue piattaforme ai potenziali oppositori della RPC.

I possibili impatti

Come si legge nel rapporto USA, “La manipolazione globale delle informazioni da parte della RPC non è semplicemente una questione di diplomazia pubblica, ma una sfida all’integrità dello spazio informativo globale. Se non controllati, gli sforzi di Pechino potrebbero portare a un futuro in cui la tecnologia esportata dalla RPC, i governi locali cooptati e il timore di ritorsioni dirette da parte di Pechino producono una forte contrazione della libertà di espressione globale”.

Fortunatamente, nel caso in cui la RPC ha tentato di manipolare i Paesi democratici, non ha trovato terreno fertile grazie alla resistenza dei media locali e della società civile e “La comprensione globale della manipolazione dell’informazione da parte della RPC è un punto di partenza per un futuro in cui le idee, i valori e le storie della RPC dovranno competere su un piano di parità”.

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