Negli ultimi anni prima della pandemia, Internet era già il luogo d’elezione per l’elaborazione di una domanda di cura. Al passaparola o all’incontro in conferenze e presentazioni di libri si era da tempo affiancata la ricerca su Internet come modo per lo svilupparsi di una prima manifestazione della fiducia nei confronti del clinico che la psicoanalisi denomina transfert: si tratta del trasferire sentimenti, ricordi e affetti dai propri legami familiari e soprattutto da quelli relativi all’infanzia sull’analista. L’analista potrà allora venire amato, apprezzato ma anche odiato o detestato come avveniva a suo tempo con il papà o con la mamma. Da tempo molte persone si studiavano i siti personali dei vari clinici, ne leggevano articoli in rete, spiavano la loro vita privata sui social prima di compiere l’atto del domandare un appuntamento scrivendo una mail o inviando un messaggio su un determinato social.
Del resto, le statistiche indicano come circa un 30% delle coppie degli ultimi anni si siano formate dopo un incontro online su social o app di dating. Per quanto concerne le coppie gay, soprattutto negli Stati Uniti, pare prevalgano i primi contatti online su quelli offline. Piattaforme come Grindr, Gaydar e Romeo ma anche Tinder divengono il luogo privilegiato per un primo contatto erotico che si evolve talvolta in un appuntamento e in alcuni casi giunge all’instaurarsi di una vera e propria convivenza more uxorio. Un filosofo italiano come Luciano Floridi, docente universitario in Inghilterra, parla di mondo onlife: coniando questo neologismo, indica un superamento della distinzione netta fra online e offline, fra virtuale e reale. Cosa ci insegna questo fenomeno specifico delle app di dating, senza dubbio incrementato dalla pandemia? Credo stia a indicarci come l’amore e anche l’amore di transfert si stia sempre più orientando verso gli oggetti digitali. Il digitale si correla sempre più a un’identità che si struttura sui social network di cittadinanza come Facebook, Instagram, TikTok ma che non risulta per alcuni del tutto assente neppure sui social funzionali come Tripadvisor. Questa identità porta all’incontro affettivo con altre identità, con altre sensibilità, con altre soggettività.
I disturbi d’ansia
Precisiamo innanzitutto cosa intendiamo per disturbi d’ansia: ci riferiamo all’ansia generalizzata che attanaglia alcuni soggetti ogni giorno; all’angoscia che costituisce l’affetto umano per eccellenza non soltanto secondo la psicoanalisi ma anche per la filosofia esistenzialista; alla paura quando essa risulta irragionevole e priva di motivi apparenti; alla fobia che concerne un preciso elemento temuto nonostante qualunque evidenza, nonostante si sappia che l’elemento fobico non può ragionevolmente nuocere in nessun modo; all’esperienza sconvolgente del panico che porta l’essere umano a credere di trovarsi sul punto di morire per un infarto o a venire radicalmente mancare nella forma di uno svenimento.
Come scritto poc’anzi, dell’angoscia si sono occupati storici autori latini quali Seneca e Lucrezio soprattutto in riferimento all’alternarsi di ansia e tedio; hanno dedicato intense pagine all’angoscia pure eminenti filosofi quali Kierkegaard, Heidegger e Sartre. Più recente e più strettamente clinico risulta l’interesse per il panico nella sua caratteristica di sovvertire le coordinate esistenziali, di spodestare chi lo sperimenta della propria presunta posizione di padronanza. Freud distingueva in effetti tre termini: la paura, che ha un oggetto preciso del quale si ha timore; lo spavento avvertito nel trovarsi impreparati di fronte a un pericolo; l’angoscia, la cui peculiarità sta nell’accadere in momenti in cui si attende un evento. L’angoscia diviene dunque anche una sorta di palestra preparatoria, volta a proteggersi dallo spavento. Un attacco di panico risulta invece accostabile appunto a uno spavento, dal momento che viene spesso descritto come un fulmine a ciel sereno in grado di sconcertare chi lo subisce senza riuscire a difendersene.
L’angoscia costituisce già per Freud un segnale, un segnale percepito dall’io corporeo. L’angoscia si dimostra un interrogativo sul desiderio; si avverte appunto l’angoscia in occasioni nelle quali appare il desiderio. Non vi è desiderio senza una quota di angoscia. Nel panico, il soggetto trova al contrario difficoltà ad organizzare un proprio desiderio, viene soverchiato dall’esperienza inquietante che sta vivendo. Trovo perciò di orientamento la differenza rintracciabile nello stesso Freud fra l’isteria in forma di sintomo e l’isteria come attacco. Consideriamo dunque l’attacco di panico come una sorta di attacco isterico che rinvia a ragioni inconsce. Pur implicando sofferenza, si tratta di un’occasione di cogliere la propria soggettività inconscia spesso celata a causa di convenienze e conformismo sociale.
I disturbi d’ansia e in particolar modo il panico indicano un punto d’isteria anche in altre posizioni soggettive (quali una nevrosi ossessiva) come modo di conservare l’insoddisfazione e di rilanciare il desiderio in un’epoca nella quale si può sempre accedere a oggetti di godimento.
La pratica clinica online
Oltre a sedute svolte da remoto nei mesi del lockdown, nella primavera 2020, con coloro che hanno tranquillamente proseguito le analisi in questo modo, salvo poi tornare in studio una volta stabilizzata l’emergenza sanitaria, gli appuntamenti on-line vengono chiesti soprattutto da tre tipi di persone. Un primo gruppo è quello dei cosiddetti expat vale a dire italiani espatriati in nazioni dove pare difficile se non addirittura impossibile recarsi da un analista di origine italiana e che preferiscono un clinico con il quale parlare nella propria madrelingua. Un secondo tipo di soggetti che chiedono appuntamenti online è quello di giovani sempre connessi agli schermi (nerd, geek, gamers, hikikomori): si tratta non di rado di situazioni delicate, con importanti difficoltà di socializzazione e con uno strenuo isolamento volontario. La terza e più ampia casistica relativamente alle sedute online concerne pazienti con esperienza di attacchi di panico, specialmente se affiancata da un’importante agorafobia che li porta a vivere con terrore i contesti sociali, i quali affollati, fino al punto di avere difficoltà a spostarsi dal proprio domicilio. In questo articolo mi concentro sulla cura online di persone con disturbi d’ansia e di panico.
La cura di ansia e panico
Diciamo prima di tutto che il trattamento del panico implica una certa gradualità, che si organizza già spontaneamente sull’ergersi di soglie, barriere, limiti, paletti. Tramite queste costruzioni del soggetto, si vira dal ripresentarsi degli attacchi di panico allo strutturarsi di una fobia. Fobia che presenta spesso caratteristiche specifiche dell’agorafobia e della claustrofobia. Compiere troppo rapidamente dei progressi tende a far ripiombare nel panico. Più efficace è un progressivo avvicinamento alle situazioni temute che porta via via ad attraversare le proprie paure.
Tutto quel periodo in cui alcuni seguono le nostre attività online e ci scrivono per chiederci informazioni sulla nostra pratica clinica, non va forse considerato come un preliminare all’analisi o alla psicoterapia psicoanalitica? Una mia tesi è che, se una forma di questo percorso preliminare avveniva e avviene a volte tuttora nelle istituzioni sociosanitarie, ormai il preliminare alla cura analitica si svolge comunemente online.
Talora, in effetti, pazienti con rilevanti disturbi d’ansia chiedono di iniziare le sedute online, anche se risiedono nella stessa zona del terapeuta. Si sentono più tranquilli, più sicuri incontrando il clinico dal proprio domicilio. Non è impossibile che, una volta instaurato un legame di fiducia, siano in grado di raggiungere lo studio. Compiere questo passaggio si dimostra già un passo importante. Per questo, una mia prima tesi è che la cura online funziona talvolta con ottimi effetti benefici di fatto già risolutivi ma altre volte come preliminare a un’analisi da svolgere nello studio, in presenza.
Scrivere messaggi in chat per chiedere un appuntamento oppure per anticipare argomenti da trattare in seduta oppure ancora per commentare quanto vissuto nell’incontro appena svolto è una consuetudine comune oggi ma che si ritrova spesso in coloro la cui l’ansia si affianca a timidezza, inibizione.
In effetti uno dei motivi per i quali capita spesso che la cura online venga domandata da chi soffre di intensi disturbi d’ansia e ancor più di attacchi di panico sta nel distanziamento rassicurante offerto dallo schermo. Permette di connettersi e disconnettersi, senza attraversare l’angoscia dello spostamento verso lo studio del clinico né quella dell’attendere in sala d’attesa né tantomeno quella dell’eventuale incontro con altri pazienti. Nelle sedute online vi è il rischio di colludere con i problemi di queste persone. Trovo interessante allora alternare sedute online e in presenza, optare per vedersi sulle piattaforme per videochiamate oppure per trovarsi nella stessa stanza in base alle esigenze ma anche alle condizioni soggettive del paziente in quel periodo. Nulla vieta di fissare appuntamenti online all’inizio del percorso di cura oppure in itinere, in un momento di crisi che rende arduo spostarsi dal proprio domicilio; rimane tuttavia importante, quando le condizioni lo permettono, affiancare i periodi di sedute online con altri svolti nello studio dell’analista.
Le operazioni fondamentali della cura dei disturbi ansiosi
Vi sono tre operazioni basilari da compiere nella cura di pazienti con anamnesi di attacchi di panico, i quali si trascinano nell’allerta indotta dalla possibilità di averne una nuova crisi, oltre a un eventuale invio da uno psichiatra per il trattamento farmacologico:
- la prima iniziativa sta nel sostenere lo sviluppo spontaneo delle fobie aiutando il paziente a capire dove avviene il panico, in quali luoghi e situazioni;
- la seconda azione consiste nell’individuare la figura di uno, o meglio, più accompagnatori. Vanno individuati fra le persone care e di cui il soggetto si fida, in modo tale che questi lo possano affiancare nei momenti di tensione della giornata e nei luoghi che lo agitano;
- la terza operazione, tipica della psicoanalisi, si fonda sul cogliere cosa le formazioni dell’inconscio (sogni, lapsus, fantasticherie, voci riconosciute come proprie a differenza delle allucinazioni) stanno a indicare attraverso la forma del panico che è talvolta occasione di una ricostruzione della propria esistenza. Per la psicoanalisi, queste crisi proteggono il soggetto dall’avvicinarsi al proprio desiderio.
In questi disturbi si nota inoltre una difficoltà di separazione: non a caso, si parla di angoscia di separazione che viene in parte distinta da quella di castrazione più classicamente nevrotica e soprattutto dall’angoscia avvertita dai soggetti psicotici.
Tre sono le vie per giungere a separarsi: la prima è quella più classicamente edipica vale a dire il no del padre che recide il legame invischiante con la madre; la seconda è quella di un simile (amica, fidanzato) e per questo motivo risulta appunto fondamentale la figura dell’accompagnatore. La terza via è quella dell’oggetto: oggetto parziale (orale, anale, sguardo, voce), oggetto transizionale descritto da Winnicott, oggetto-droga. Nell’epoca digitale, non è raro che lo smartphone o il tablet divengano una sorta di oggetto transizionale nel quale vivere un’area intermedia fra realtà e fantasia. In altri casi ancora, l’oggetto digitale diventa una sorta di oggetto autistico che permette di rendere meno inquietanti e persecutorie le relazioni umane.
Giungere a separarsi dallo schermo, da questa comfort zone, pervenire a bucare questa dipendenza dagli oggetti digitali che ha funzione di autoterapia come ogni dipendenza, costituisce già un importante avanzamento. Ribadisco che lo costituisce, con i giusti tempi, senza fretta, anche nel percorso terapeutico. Questo avanzamento può avvenire recandosi nello studio dello stesso clinico con il quale si è intrapreso il percorso di cura iniziale online oppure, se le condizioni geografiche non lo consentono, rivolgendosi a un analista ubicato nel territorio in cui il paziente risiede.