cultura digitale

La digital transformation immersiva dei Beni Culturali: l’esempio di M9

L’evoluzione digitale dei musei e dell’arte deve inserirsi in una visione strategica e integrata con le esigenze e le caratteristiche del settore dei beni culturali. Serve quindi un approccio organico alla cultura digitale. L’apertura di M9, il primo grande museo multimediale in Italia, è così un punto di svolta

Pubblicato il 12 Mar 2019

Roberto Carraro

imprenditore digitale, docente all’Accademia d’arte di Brera

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L’evoluzione verso i media immersivi – realtà virtuale e aumentata – sta imprimendo una forte accelerazione alla Digital Transformation dell’arte e dei musei, abilitando modalità di fruizione innovative, iniziative di nuova concezione come le mostre virtuali senza opere fisiche, esperienze altamente coinvolgenti per il pubblico come le applicazioni di archeologia virtuale.

In questo contesto l’apertura di M9 a Mestre, il primo grande museo multimediale in Italia, rappresenta un punto di discontinuità nell’offerta museale italiana, in linea con la tendenza innovativa nel settore delle esposizioni avviata con il successo di Expo 2015.

Tecnologie digitali e cultura

L’emergere di queste tendenze per certi versi sorprendenti è il segno di nuove potenzialità nel digitale per la cultura, ma – prima di andare avanti – serve una doverosa premessa: per ripensare in chiave strategica i beni culturali non bastano le tecnologie, serve una cultura digitale che grazie ad un mix corretto con la tecnologia possa imprimere un impulso decisivo al patrimonio artistico, di cui l’Italia è massima espressione mondiale pur avendo solo iniziato un percorso efficace di valorizzazione. L’attenzione ai contenuti, ai linguaggi digitali e all’esperienza degli utenti è infatti ancora più importante rispetto alle tecnologie, peraltro soggette ad una rapida obsolescenza.

Verso un approccio strategico alla cultura digitale

Non si tratta, quindi, solo di trovare soluzioni tecnologiche efficaci o sviluppare iniziative isolate, seppure di successo: è fondamentale elaborare strategie integrate di approccio alla cultura digitale.

Con questa espressione non ci riferiamo semplicemente al riflesso in rete delle industrie culturali tradizionali (giornali, libri, Tv, musei….) ma alle forme di cultura nate con il digitale, che meritano una adeguata attenzione.

Ad alcuni decenni dall’avvento del PC e del World Wide Web, il mondo digitale si è enormemente ampliato, sviluppando linguaggi potenti (ipermedialità e interfaccia grafica, realtà virtuale, contenuti partecipativi) e industrie culturali native digitali, come quelle dei videogame e dei social media con tutte le questioni correlate ai contenuti partecipativi. Ora siamo prossimi all’avvento del web 3.0, con applicazioni web AR e web VR, anch’esse contraddistinte da linguaggi propri e forme espressive peculiari.

Anche nel settore museale e artistico, occorre considerare che i digital media rappresentano una discontinuità rispetto al passato: chiamano il pubblico a interagire, sono pervasivi e cross-mediali. Vanno considerati quindi anche come forma di espressione culturale autonoma, non solo ancillare alle forme consolidate di esposizione museale e artistica.

Il ciclo di vita della visitors’ experience

Le grandi piattaforme digitali ci hanno insegnato una regola chiave: porre l’utente al centro. L’esperienza culturale sta diventando immersiva e investe le persone in un lifecycle complesso: prima, durante e dopo la visita delle mostre e dei musei.

Internet, i social e i dispositivi mobili sono già oggi il canale informativo principale per il turismo d’arte, il contesto dove si prepara il viaggio e la visita, e sempre più spesso si acquista il biglietto.

Ma anche nella fase di visita in loco il digitale sta diventando sempre più rilevante: fornisce guide aumentate, permette esperienze immersive.

Dopo la visita, i social diventano il luogo della condivisione e del passaparola. Nessuno di questi passaggi deve sfuggire all’operatore culturale che sta sviluppando una strategia digitale integrata.

Il punto di vista degli operatori del settore museale

I musei e gli organizzatori di mostre sono migliaia di operatori, pubblici e privati, che hanno esigenze molto differenziate:

  • marketing territoriale e museale, internazionalizzazione, distintività, branding e social marketing;
  • conservazione e documentazione del patrimonio artistico, ricerca scientifica, innovazione tecnologica;
  • servizi didattici, turismo scolastico;
  • business models: crescita del ticketing e del merchandising, sponsorship, partecipazione a bandi pubblici;
  • creazione di attrattori fisici e allestimenti innovativi, rilancio di musei con mostre temporanee anche virtuali;
  • relazione col territorio, creazione di itinerari e musei diffusi, gestione dei flussi turistici e dell’overtourism;
  • fidelizzazione del pubblico e creazione di community, ricerca di nuovi target, gamification e coinvolgimento di bambini e famiglie

Il digitale non è quindi banalmente la soluzione ai problemi e alle esigenze del settore, ma una gamma articolata e complessa di risposte, da analizzare con attenzione e adattare a specifici bisogni.

Il digitale per i piccoli musei e i siti monumentali

Non soltanto i grandi musei si stanno misurando con la Digital Trasformation: il fenomeno interessa anche i piccoli musei e i siti monumentali, che posso avvalersi del digitale per ottenere una visibilità e un rapporto col pubblico finora impensabili.

Anzi, per certi versi Internet offre alle piccole realtà una maggiore opportunità di emergere, e di entrare finalmente nei circuiti più rappresentativi esaltando i propri contenuti distintivi, riducendo la distanza dalle realtà più famose e affermate.

Molti piccoli musei non hanno neppure il sito internet: ebbene, una delle prime e più interessanti soluzioni digitali è sviluppare un sito web 3.0, con funzioni di realtà virtuale e aumentata in grado di supportare l’utente prima, durante e dopo la visita.

Media immersivi per i musei diffusi e i centri storici

L’Italia è davvero un museo a cielo aperto, anche se non sempre è leggibile e fruibile agevolmente. Internet, sia a distanza che in mobilità on site, offre la possibilità di valorizzare i musei diffusi nei centri storici, connettendo monumenti, opere d’arte, scorci. Mappe immersive, immagini a 360 gradi riprese da Droni, segnaletiche aumentate. Percorsi georeferenziati rendono efficace e divertente la scoperta culturale del territorio.

All’interno degli info point turistici si possono creare musei virtuali, ad esempio con visori di realtà virtuale, che oltre a fungere da attrattori per il pubblico e i ragazzi, permettono di ottenere una visione d’insieme dell’offerta artistica del territorio, anche in assenza di reperti fisici contestuali. Nell’archeologia la realtà virtuale è una killer application, in grado di coinvolgere gli utenti offrendo ricostruzioni ad alto impatto visivo.

Standard digitali, big data e intelligenza artificiale

Se usciamo dal punto di vista del singolo museo, e ci mettiamo nell’ottica del sistema nazionale dei beni culturali, diventa molto rilevante la questione degli standard.

Inoltre, si pone la necessità di connettere in rete le esperienze e i contenuti, oltre agli utenti, anche al fine di elaborare forme di misurazione e condivisione dei risultati (immersive analytics).

Nell’ambito dei media immersivi, ad esempio, dopo wegGL si sono affermati gli standard web VR e web AR.

L’utilizzo dei dati è di fondamentale importanza per orientare le strategie di tutela e valorizzazione dei beni culturali. In particolare per quanto riguarda il patrimonio archivistico e bibliotecario, la digitalizzazione è un passaggio rilevante, mentre per la promozione del turismo culturale la questione dei dati riguarda il comportamento degli utenti. Le attuali analytics offerte dalle piattaforme global Internet company sono indubbiamente utili, ma l’avvento dei media immersivi comporta lo sviluppo di nuove forme di anaytics, in grado di rilevare ad esempio come un utente si muove nella realtà virtuale, oppure quali marker inquadra in realtà aumentata.

In una prospettiva di un sistema dei beni culturali digitalizzato e connesso, sarà potenzialmente possibile seguire il visitatore dalla fase di esplorazione informativa su web fino all’arrivo sul territorio e all’analisi del suo comportamento relativo a singole opere d’arte.

Know-how combinato di tecnologia e cultura

Per elaborare un progetto organico di digital transformation dei beni culturali è necessario raccogliere un mix di competenze non semplice da trovare e coordinare:

  • conoscenza approfondita dei temi artistici, storici, culturali da trattare
  • know how nei linguaggi e format digitali, e in particolare nello storytelling immersivo
  • capacità di produrre contenuti multimediali e virtuali di alto livello
  • dominio di una vasta gamma di tecnologie: realtà virtuale, aumentata, proiezioni immersive, audio e video guide interattive, touch screen e sensori gestuali, gps e itinerari cartografici, web design
  • competenza nella ideazione e progettazione di allestimenti e segnaletiche fisiche
  • controllo degli strumenti e delle strategie di digital marketing, in particolare applicato ai beni culturali

Interfacce utente, nuovi formati e linguaggi digitali

La trasformazione digitale dell’ufficio avvenne grazie ad una celebre interfaccia, la “metafora della scrivania” che oggi caratterizza tutti i sistemi operativi, con icone e cartelle.

Nel campo dei beni culturali sono necessarie altre metafore e interfacce, che abilitano nuovi format digitali. Ad esempio:

  • l’opera aumentata, basata sul riconoscimento visivo e l’aggiunta di contenuti aumentati
  • il video a 360 gradi, un format immersivo adatto a raccontare storie virtuali
  • il simulatore 3D, che permette di interagire con strumenti e processi storici
  • ascensori e stargate spaziotemporali, per viaggiare nel tempo, ad esempio comparando il passato e il presente
  • il contestualizzatore 3D, che ricostruisce il contesto originario delle opere
  • la guida multimediale, che va oltre la classica audioguida aggiungendo contenuti e funzioni avanzate
  • serious game e forme culturali di edutainment e di gamification.

Tecnologie, system integration e multicanalità

La digital transformation non si ottiene con una sola tecnologia. Spesso occorre un mix complesso, da utilizzare nelle diverse fasi di promozione e fruizione:

  • Siti web 3.0, con funzioni 3D VR e AR, rich content, eventualmente ticketing
  • Social media, con i formati innovativi supportati, ad esempio Facebook AR studio, 360, 3d post, youtube 360
  • Visori di realtà virtuale
  • Applicazioni e occhiali di realtà aumentata
  • Teatri e proiezioni immersivi
  • Touch screen con interazioni nei video e nel 3D
  • Dispositivi mobili per guide multimediali
  • Cataloghi cartacei aumentati
  • 3D analytics, sviluppati con nuove metriche in grado di misurare azioni e comportamenti nel mondo 3D.

Il percorso fin qui citato si completa con una esigenza e competenza cruciale: l’integrazione di tecnologie e applicazioni in un percorso multicanale, in grado di costruire una experience coerente ed efficace. Un mestiere complesso, che può richiedere anche sviluppi innovativi per coordinare contenuti e canali che nascono separati, come il web e i visori VR, il 3D e le proiezioni

https://www.carraro-lab.com/new/wp-content/uploads/2016/11/brixia-time-machine-premio-.jpg

6 tecnologie di realtà virtuale e aumentata, integrate nel progetto Brixia Time Machine, vincitore del premio AVICOM 2916 a Budapest

Mostre virtuali e musei immersivi

L’esito più radicale e per certi aspetti paradossale della digital transformation dei beni culturali è costituito dalle mostre virtuali, che non prevedono la presenza di reperti o opere d’arte fisiche. Alcune mostre virtuali hanno riscontrato un grande successo di pubblico, con un importante effetto divulgativo e dei ritorni economici interessanti. In particolare va rilevato il successo di pubblico delle mostre virtuali dedicate alla pittura moderna (Van Gogh, Magritte…).

Un secondo caso sono i musei multimediali, come ad esempio M9 a Mestre, o il MAV di Ercolano. Si tratta di allestimenti permanenti puramente virtuali.

Molto più diffuso e articolato è l’ambito delle installazioni immersive, che possono essere realizzate sia all’interno di mostre che di musei tradizionali, e ne integrano l’offerta culturale con esperienze emotive e multimediali. Tra le più diffuse citiamo le oculus room, le proiezioni immersive, le installazioni a interazione gestuale e touch screen.

Nella dialettica tra esposizioni permanenti e mostre temporanee, il digitale può creare nuove opportunità, consentendo ad esempio di riproporre una experience rinnovata di opere della collezione permanente, oppure di sviluppare mostre virtuali abbinate al museo classico.

L’innovazione costante: “Sic transit tecnica mundi”

Il digitale evolve, con una notevole rapidità, e costringe a costanti aggiornamenti e adattamenti.

Occorre una grande lucidità ed esperienza, per gestire questa innovazione a volte travolgente dosando gli investimenti e pianificando le fasi di introduzione delle singole tecnologie.

E concludiamo sottolineando che la cultura digitale non può esistere senza le figure dell’autore e dell’artista: la creatività culturale non nasce dalla tecnologia in sé, ma dall’attività intellettuale che si avvale degli strumenti tecnologici per creare contenuti originali. Anche il rapporto con la tecnica deve essere creativo, portando a sperimentare nuove soluzioni, interfacce, tecnologie hardware, applicazioni. L’affermazione quindi di una cultura digitale richiede la formazione e la formazione di nuove generazioni di artisti, curatori e autori digitali.

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