l'analisi

La direttiva UE su rider & co: ecco gli impatti su lavoro e aziende tech

La direttiva europea pone criteri chiari, per rendere lavoro dipendente quello dei rider e assimilati. Criteri che potranno essere utilizzati sia nella prassi giurisprudenziale, sia nella contrattazione collettiva. Ma anche pone limiti allo strapotere degli algoritmi

Pubblicato il 10 Dic 2021

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

direttiva rider

Parametri fissi per far scattare la subordinazione, controllo umano degli algoritmi e onere della prova della natura autonoma del rapporto in capo alla piattaforma.

La proposta di direttiva europea verrà discussa, approvata – forse con modifiche – e poi gli Stati membri avranno due anni per attuarla. Ma abbiamo finalmente alcuni parametri fissati, nero su bianco, su come comportarci a livello comunicatorio con i nuovi lavori della gig economy: con i riders che portano pacchi, cibo e gli autisti di Uber. Entrambi accomunati dall’avere un’app che dà le direttive in modo semi-automatico.

Riders & co., la scelta della Commissione europea

L’organo di governo dell’Unione europea è intervenuto con un testo base condivisibile e finalizzato a regolare uno dei settori lavorativi che negli ultimi anni si è contraddistinto per sfruttamento del lavoro e disprezzo delle tutele minime garantite, ossia il lavoro per le piattaforme online.

La proposta di direttiva è stata presentata il 9 dicembre 2021; il giorno successivo è stata comminata una sanzione da quasi un miliardo e 200 milioni di euro ad Amazon.

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Il messaggio dovrebbe essere chiaro: il mercato – anche – del lavoro iperliberista statunitense non fa per il modello di welfare europeo.

In Italia, la precarizzazione del lavoro, il mascheramento del rapporto subordinato in rapporto autonomo (le c.d. fase partite iva) e l’impiego di contratti a termine o di – fittizia – collaborazione continuata sono dei grandi temi del diritto del lavoro italiano dagli anni 70’: il nostro modello non è mai riuscito ad essere efficace nella regolamentazione del lavoro flessibile, per moltissime ragioni politiche, sindacali e sociali.

In questo contesto è intervenuta – sempre – la magistratura, con sentenza che, di fatto, hanno regolato interi settori.

Il contesto europeo, invece, è sempre stato ben diverso.

La Commissione, quindi, ha preso una posizione presentando un testo normativo al Parlamento europeo basata sull’articolo 153, paragrafo 1, lettera b), TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), che conferisce all’Unione il potere di sostenere e integrare le attività degli Stati membri con l’obiettivo di migliorare le condizioni di lavoro.

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La proposta di direttiva europea su rider & C

Gli obiettivi del pacchetto sono molteplici: in primissimo piano c’è, però, la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorrente con le piattaforme online (digital labour platforms, nella dicitura della proposta di direttiva)

  • L’articolo 3 richiede agli Stati membri di impostare criteri precisi che facciano scattare il rapporto di lavoro subordinato in maniera certa ed inequivoca, assegnando anche l’onere di controllo.
  • L’articolo 4 determina la presunzione della sussistenza del rapporto di lavoro subordinato in caso di lavoro per piattaforma online, mentre l’articolo successivo attribuisce alle piattaforme la possibilità di “vincere” la presunzione secondo il diritto vigente ed i precedenti della Corte di Giustizia.
  • L’algoritmo è, ancora una volta, protagonista e da controllore diventa controllato: con l’articolo 6 la Commissione chiede che vi sia massima trasparenza sull’utilizzo e sulle modalità di impiego di algoritmi sui posti di lavoro.
  • Il successivo articolo 7 afferma in modo esplicito la necessità di un controllo umano sui processi decisionali automatizzati e l’articolo 8 pone il diritto del lavoratore a discutere decisioni automatizzate rilevanti con una persona designata dalla piattaforma a chiarire ogni questione relativa all’impiego dell’algoritmo.
  • L’articolo 9 prevede il diritto delle organizzazioni sindacali a conoscere la struttura dell’algoritmo, mentre i successivi prevedono la possibilità di accesso per gli uffici statali competenti alle strutture algoritmiche.
  • Il resto della direttiva, poi, prevede i cosiddetti diritti sindacali, ossia i diritti in caso di licenziamento e di sanzioni datoriali.

Conclusioni

La proposta di direttiva mira a creare un precedente normativo importante ed un antecedente logico-giuridico determinante per l’instaurazione dei rapporti di lavoro tra dipendenti e piattaforme online.

Le tempistiche non saranno brevi, ma il testo della direttiva pone criteri chiari che potranno essere utilizzati sia nella prassi giurisprudenziale, sia nella contrattazione collettiva.

I principi di trasparenza dell’algoritmo, poi, andranno a scardinare il segreto industriale dell’efficienza – o del semplice sfruttamento – dei grandi colossi.

La Commissione segna, quindi, un grande punto per i diritti dei cittadini UE; si tratterà di capire se il costo di questi diritti potrà essere sostenuto nel regime di concorrenza sfrenata con i mercati esteri – statunitensi e cinesi su tutti.

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