Osservatorio disinformazione

La disinformazione corre sui social? Sì, ma attenti anche ai fact checker

Dal video TikTok che consiglia di conservare l’avocado a bagnomaria alle iniezioni di disinfettante contro il covid di trumpiana memoria. In rete se ne trovano do castronerie, ma non sempre la verità è nelle mani di chi si erge (o viene eletto) a fact checker. Su di tutto dovrebbe valere il buon senso

Pubblicato il 13 Set 2022

Massimo Borgobello

Avvocato a Udine, co-founder dello Studio Legale Associato BCBLaw, PHD e DPO Certificato 11697:2017

fake news

Su TikTok è diventato popolare un video in cui si consiglia di conservare l’avocado in frigorifero, ma in acqua, per mantenerlo sempre fresco.

La notizia parrebbe irrilevante, se non fosse che la FDA (ossia la Food and Drg Administration, l’autorità statunitense che – per semplificare molto – “sorveglia” la commercializzazione di farmaci e cibo) ha diffuso una nota per far sapere che conservare un avocado in frigorifero a bagnomaria può determinare l’insorgenza di batteri di salmonella e listeria.

FDA: TikTok avocado hack may cause bacteria to grow

FDA: TikTok avocado hack may cause bacteria to grow

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TikTok, la corretta informazione non è una priorità

Siamo al livello delle iniezioni di disinfettante per combattere il Covid di Donald Trump: anche solo pensare che qualcuno possa effettivamente seguire certi “consigli degli esperti” pare inverosimile, ma la realtà smentisce anche assunti ovvi.

Il punto interessante è che TikTok è una piattaforma generalista, in cui l’unico parametro di riferimento è il gradimento dell’utente.

In altri termini, se un video – o l’influencer che lo posta – ha molte visualizzazioni e followers, verrà proposto sempre di più agli utenti, anche in relazione a ricerche specifiche.

Dato che l’algoritmo è programmato per tenere l’utente il più possibile sulla piattaforma, è chiaro che la “corretta informazione” (qualunque cosa essa sia) non è prioritaria per la piattaforma stessa.

Il Wall Street Journal è molto attento alla disinformazione su TikTok, tanto che il 7 agosto 2007 Codilia James ha messo in guardia sull’utilizzo della piattaforma, specificando che le fonti delle informazioni su TikTok vanno sempre verificate.

Questo perché TikTok non si comporta come Google, che sostiene di classificare i risultati di ricerca in base alla rilevanza e all’affidabilità dei siti.

Che negli USA la contrapposizione buoni/cattivi faccia breccia è ovvio; che il WSJ si schieri a favore di Google, anche.

TikTok & C, in ballo c’è la nostra libertà: in quanto Europa, in quanto persone

GenZ, fact checking e Google

Il sito technologyreview.com ha pubblicato uno studio effettuato da Google in cui si verificava la qualità delle ricerche online dei giovanissimi, ossia la Generazione Z (i nati tra il 1997 ed il 2012).

Lo studio rivelerebbe una propensione alla “lettura laterale“, ossia l’apertura di una serie di schede ed eseguire più ricerche per verificare i fatti, la fonte o le affermazioni reperite online.

Lo studio, ovviamente, sottolinea come questo modo di procedere sia “virtuoso”, ossa consenta agli utenti dei motori di ricerca di informarsi in modo corretto.

Altri studi, tuttavia, smentirebbero l’impiego della “lettura laterale” da parte dei giovani della GenZ e, anzi li vedrebbero come una categoria a rischio disinformazione al pari delle altre generazioni.

Che la “lettura laterale” sia un valido strumento di fact checking e non solamente una cattiva abitudine legata alla distrazione è una premessa che lo studio non si preoccupa di dimostrare.

La validità del campione, inoltre, pare dubbia, atteso che altri studi, riportati nello stesso articolo, tendono a smentire il nuovo studio di Google.

Resta il dubbio che l’operazione sia puro e semplice marketing: la “lettura laterale” è possibile solo sui motori di ricerca e non sui social, che stanno erodendo “quote di mercato” a Google proprio nelle fasce più giovani degli utenti.

Fake Fact checker

Open online, il quotidiano d’informazione diretto da Enrico Mentana e disponibile solo sul web, è stato oggetto di feroce dissing da parte di chi sostiene che l’emergenza Covid, in Italia, sia stata gestita in modo non corretto.

Tutto è nato da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 22 agosto 2022, a firma di Laura Cuppini ed intitolato “Covid, gli antinfiammatori riducono le ospedalizzazioni del 90%”.

Il web si è scatenato anche perché Open ha la “licenza” di fact checker da parte di Facebook Italia e ha indicato molte “notizie” sul Covid come “disinformazione”, relegandone nell’inferno dei feed.

In altri termini, post in cui si “consigliava” l’utilizzo di antinfiammatori per trattare il covid con le cure domiciliari, sono stati indicati come fake da Open; prevedibile quindi la vendetta del web.

Open, con un pezzo a firma di David Puente, smentisce le critiche, facendo leva sul fatto che l’uso degli antinfiammatori non è mai stato sconsigliato dalle linee guida.

Il punto, però, è un altro, e lo slalom argomentativo del pezzo dimostra l’impossibilità di una smentita secca: un conto è non sconsigliare, un altro è indicare una terapia precoce ed inserirla nelle linee guida, trattando come ciarlatani i soggetti che affermavano l’utilità dei FANS per la cura del Covid-19.

La gestione della pandemia è un tema delicatissimo, specie in piena campagna elettorale: vedremo se sarà aperta, come auspicabile, una commissione d’inchiesta parlamentare.

Intanto, a Open si “godono” il dissing.

Conclusioni

Comunque la si pensi, non è possibile sostituire buon senso e senso critico personali ai consigli che si trovano online.

La rete è bella perché consente accessibilità a fonti diversamente difficili da reperire sul piano “fisico”: non è il luogo in cui trovare panacee e soluzioni per ogni stagione.

Quanto ad Open: mi scuserà David Puente (e io non sono nessuno per criticare il suo operato), ma a me la censura non è mai piaciuta, in nessuna forma e maniera.

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