Il recente, atteso, Rapporto annuale “Global Risks 2024”, a cura del World Economic Forum, prospetta un imminente scenario di instabilità generale (tecnologica, climatica, economica e sociale) per nulla rassicurante: oltre agli avvertiti problemi di eventi meteorologici estremi e di conflitti armati causati da possibili tensioni geopolitiche, lo studio del WEF, infatti, rileva, come ulteriore preoccupante allerta planetaria, il pericolo massivo della diffusione esponenziale di disinformazione online polarizzata, aggravata dall’uso sistemico di sofisticati strumenti di intelligenza artificiale, tra le principali minacce critiche configurabili nell’ecosistema attuale.
Per tale ragione, auspicando la necessità di una maggiore cooperazione internazionale basata sulla concreta intensificazione di sforzi congiunti mediante un dialogo “multistakeholder” aperto, trasparente e costruttivo in grado di garantire un “futuro resiliente e sostenibile” – come si evince dalle osservazioni formalizzate dal WEF – è già stato costituto, ad esempio, su impulso della presidenza brasiliana del G20, il Gruppo di lavoro sull’Economia Digitale con il compito di combattere la disinformazione.
Allarme disinformazione online: un rischio globale
Entrando nel merito delle previsioni evidenziate dal citato studio, sulla scia di frequenti “shock” suscettibili di destabilizzare ormai da tempo il mondo nel suo complesso – secondo quanto già teorizzato dalle precedenti edizioni del Report – si delinea, in un vortice incessante di picco massimo peggiorativo, un contesto attuale di grave incertezza generale particolarmente vulnerabile, tumultuosa e caotica, caratterizzata da tensioni geopolitiche e ostilità belliche in grado di alterare gli equilibri globali esistenti, oltremodo disgregati dal rischio di crisi climatiche e conflitti sociali che esasperano in modo persistente il malessere collettivo alimentato, peraltro, dalle continue oscillazioni negative dei cicli avversi di recessione economica.
Rispetto al supposto “reset” planetario, di fronte agli orizzonti nebulosi di un futuro controverso, ancora alla ricerca di come sarà un nuovo possibile “ordine multipolare” dominato dalle potenze che, nella veste di “decision makers”, riusciranno a imporre le proprie “regole del gioco”, emerge, così, l’inedito impatto, con effetti collaterali potenzialmente distruttivi su larga scala, di un triplice “cambiamento sistemico” (“geostrategico, demografico e tecnologico”) che la crescente proliferazione di virali campagne di disinformazione online tenderà, inevitabilmente, ad amplificare come preoccupante fattore di rischio globale.
La diffusione delle fake news: una minaccia alla democrazia
In particolare, l’analisi predisposta dal WEF mette nero su bianco il pericolo concreto delle fake news: un ipotetico punto di non ritorno all’esito fatale di un processo involutivo della società, destinato ad acutizzare la polarizzazione ideologica e politica, minando persino la legittimità dei rappresentanti istituzionali eletti a seguito di consultazioni democratiche, proprio a causa della massiva circolazione di notizie false, nocive e fuorvianti, diffuse intenzionalmente, anche nell’ambito di una verosimile strategia di destabilizzazione interna promossa da avverse forze esterne rivali che perseguono finalità politiche ostili, con l’intento di provocare proteste violente, scontri civili e attacchi terroristici.
La crescita esponenziale della disinformazione potrebbe raggiungere una soglia patologica talmente tossica da inquinare integralmente il dibattito dell’opinione pubblica su qualsiasi argomento di interesse collettivo (politica, salute, giustizia, ecc.), incidendo negativamente sulle alterazioni distopiche di realtà opinabili, soggettivamente percepite dagli individui anche sulla base delle proprie convinzioni personali in un clima sfavorevole di sfiducia sociale sempre più incerto e polarizzato, nondimeno altresì esposto al rischio di manipolazioni propagandistiche e di narrazioni a senso unico frutto di controllo repressivo e censura informativa.
Il concetto di verità è destinato a sparire?
In altri termini, il concetto di “verità” potrebbe progressivamente relativizzarsi sino a eclissarsi in via definitiva, soccombendo rispetto al prevalente flusso contaminato di informazioni nocive veicolate online. Si materializza, così, l’era della cd. “post-verità, con l’avvento dell’annunciata società “zero-trust”.
Nel dettaglio delle proiezioni descritte dal menzionato Report, dopo aver effettuato una ricognizione complessiva dei più recenti casi di fake news, riguardanti, tra l’altro, la negazione del cambiamento climatico, l’invasione russa dell’Ucraina, la guerra in Siria e la pandemia di COVID-19 (da cui trae origine il noto fenomeno della cd. “infodemia”), secondo gli studi metodologici realizzati dal WEF in materia, i principali veicoli trasmissivi della disinformazione online sono implementati mediante l’utilizzo di sofisticati sistemi di ingegneria sociale in grado di manipolare notizie errate, veicolate da troll, bot e account con false identità, creati per “viralizzare” i contenuti tossici che vengono, così, poi indicizzati online grazie al posizionamento ottimizzato dei relativi annunci generati da strumenti di micro-targeting, al fine di stimolare il coinvolgimento attivo degli utenti nella condivisione massiva delle fake news.
Tecnologie e disinformazione: un circolo vizioso
Al contempo, sempre ricorrendo alla creazione fraudolenta di una notevole quantità di profili falsi, si realizza l’intenzionale screditamento delle fonti informative ritenute autorevoli, isolando i contenuti affidabili e trasparenti, con l’intento di destabilizzare la fiducia dell’opinione pubblica.
Nell’ambito di un progressivo incremento del divario digitale riscontrabile tra i diversi paesi, tenuto conto delle eterogenee condizioni di crescita registrate nei sistemi avanzati rispetto al ritardo degli ecosistemi ancora in via di sviluppo, le recenti innovazioni prodotte dalle nuove tecnologie emergenti, secondo la lettura avallata dal Report del WEF, potrebbero, in chiave peggiorativa, innescare un processo di accentuata disparità nella distribuzione delle risorse, con cambiamenti significativi delle dinamiche economiche, politiche e sociali, dando origine a forme stabili di conflitti permanenti, esasperati dalla circolazione di fake news.
La risposta legislativa USA alla disinformazione
Prendendo atto dei rischi provocati da tale allarmante scenario, proprio nel contesto ordinamentale statunitense, si registra un crescente fermento regolatorio sul tema: alcune recenti iniziative promosse in sede di legislazione statale, infatti, si stanno particolarmente concentrando sul potenziale impatto negativo degli annunci elettorali ingannevoli, nell’ottica di garantire la trasparenza comunicativa delle strategie propagandistiche di marketing politico, anche a seguito dell’avvio del ciclo consultivo che caratterizza le fondamentali operazioni di svolgimento delle primarie, propedeutiche alla successiva elezione finale alla carica di presidente USA, come evidenzia, in tal senso, un recente articolo a cura del “The New York Times”.
Nella fase politica più delicata per gli Stati Unit d’America, in cui entra, infatti, nel vivo la competizione elettorale destinata a mobilitare l’interesse di milioni di cittadini statunitensi (e non solo) per la scelta del futuro presidente prevista alla fine del 2024, dunque, la proliferazione di contenuti propagandistici generati dai sistemi di intelligenza artificiale pone al centro del dibattito generale il problema attuale della disinformazione virtuale in grado potenzialmente di alterare la regolare formazione del consenso, inficiando la libera autodeterminazione dell’opinione pubblica: non a caso, stando ad alcune ricostruzioni emerse al riguardo, la competizione americana del 2024 viene descritta, sul piano teorico, come il primo caso di una possibile “elezione deepfake” per sottolineare, a fronte di un reale pericolo da non sottovalutare, i rischi collettivi sottesi alla circolazione massiva di fake news.
A riprova della fondatezza di tali timori, ha, peraltro, suscitato notevole preoccupazione (ed è attualmente al vaglio di specifiche indagini investigative) la notizia sulla falsa chiamata robotica di Biden diffusa come imitazione manipolata della voce digitale del presidente in carica per confondere gli elettori, invitandoli a non votare in occasione delle primarie indette nello Stato del New Hampshire.
Per tale ragione, alla luce delle criticità prospettate, il menzionato approfondimento giornalistico del NYT cita, ad esempio, il disegno di legge n. 1133/2024 (presentato alla Camera dei rappresentati nello Stato dell’Indiana), recante norme finalizzate a salvaguardare l’integrità elettorale contro il rischio di messaggi pubblicitari politici falsi e la diffusione di deepfake, prevedendo, a tale scopo, l’obbligo di utilizzare un’apposita etichetta di disclaimer per la circolazione di qualsiasi tipologia di contenuto digitale generato dall’intelligenza artificiale, al fine di rendere gli utenti edotti della natura “sintetica” della risorsa prodotta, e consentire ai candidati eventualmente danneggiati di promuovere un’azione legale contro i responsabili delle informazioni false veicolate online.
Meritano, altresì, di essere menzionati, come ulteriori iniziative realizzate in materia con l’analoga finalità preventiva di tutela collettiva a presidio della regolarità delle consultazioni elettorali contro i rischi di disinformazione generati dai sistemi di IA, la proposta legislativa n. 5141/2023 (presentata nello Stato del Michigan), il disegno di legge n. 177/2023 (incardinato presso il Senato dello Stato dell’Alaska), la proposta di legge CS/SB n. 850/2024 (sottoposta all’approvazione del Senato dello Stato della Florida), nonché il testo legislativo n. 1370/2023 (approvato dallo Stato del Minnesota).
L’impatto della disinformazione sulle elezioni future
In conclusione, il problema della disinformazione rappresenta una questione da prendere in seria considerazione nell’agenda politica e nel dibattito specialistico settoriale dedicato a monitorare le dinamiche dell’ambiente digitale: focalizzare le implicazioni negative che l’inquinamento informativo prodotto dal flusso comunicativo di fake news potrebbe generare nel breve-medio-lungo termine assume un rilievo sempre più centrale non solo rispetto agli interessanti (e oltremodo inquietanti) profili di studio prospettabili sul piano teorico, ma soprattutto in vista delle scadenze elettorali che numerosi paesi (tra cui Stati Uniti, India, Messico e Regno Unito) saranno chiamati ad affrontare nei prossimi anni.
Una sorta di banco di prova, quindi, che, come vero e proprio “stress test” politico (alla luce della significativa percentuale di partecipazione al voto, pari a circa 3 miliardi di elettori), consentirà di verificare, in sede empirica, il concreto (letale?) impatto della disinformazione, per stabilire se davvero sia o meno ipotizzabile il paventato rischio, provocato, appunto, dalla circolazione di fake news, di compromettere la tenuta complessiva degli apparati istituzionali democraticamente legittimati a governare, erodendo la fiducia collettiva dell’opinione pubblica, come sembra prospettare il Report “Global Risks 2024” del WEF.
Disinformazione e fake news: una sfida per il futuro
Sul piano teorico, la rilevanza del problema è di indubbio interesse generale: del resto, i precedenti che, nel recente passato, confermano simili preoccupazioni, rendendo opportuna la necessità di alzare il relativo livello di allerta, non mancano. Basta considerare l’esito referendario del voto sulla Brexit nel 2016, o le ultime elezioni presidenziali americane del 2020 per farsi un’idea verosimile sul perché non siano affatto aleatorie, ma piuttosto estremamente realistiche le criticità paventate rispetto all’impatto negativo che può avere la disinformazione virtuale, al punto da giustificare l’esigenza di adottare le più opportune cautele per valutare, anche in chiave preventiva, le concrete insidie poste dal complesso fenomeno delle fake news.
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