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La disinformazione online minaccia i diritti fondamentali: quali difese

La disinformazione online minaccia i diritti fondamentali ed è al centro dell’attenzione della Commissione UE, con iniziative di regolamentazione e azioni di sorveglianza da parte di osservatori indipendenti e degli operatori che partecipano al codice di condotta, e un ruolo fondamentale per l’alfabetizzazione digitale

Pubblicato il 14 Gen 2022

Nello Iacono

Coordinatore di Repubblica Digitale

desi 2022

Il recente rapporto 2021 sull’applicazione della carta dei diritti fondamentali europei ha sottolineato la criticità dello stato della disinformazione nei nostri Paesi, dedicandole uno spazio centrale nell’analisi di una delle cinque policy, rivolta ad “affrontare le sfide della moderazione dei contenuti online”.

Come si afferma nel rapporto, infatti, la diffusione della disinformazione, della cattiva informazione e dei miti del complotto può provocare una polarizzazione dei dibattiti e mettere a rischio “la salute, la sicurezza e l’ambiente”.  In particolare, la disinformazione può “ostacolare la capacità delle persone di prendere decisioni informate basate su fatti corretti”.

Il tema della disinformazione online rimane infatti al centro dell’attenzione della Commissione Europea e delle iniziative volte a preservare dall’inquinamento l’ecosistema informativo. Un inquinamento sempre più pericoloso quanto più aumenta la quota di coloro che utilizzando i social media come principale ambiente digitale (oggi il 90% dei giovani europei nella fascia 16-24 anni e il 50% della popolazione europea) finiscono per considerarlo la principale fonte di informazione, con elevati rischi per lo stesso dialogo democratico.

Le azioni della Commissione europea

In questo contesto, nel periodo 2020-2021 la Commissione ha continuato a sviluppare diverse azioni volte a rendere l’ambiente online più trasparente e i suoi attori responsabili, e a promuovere un dibattito democratico aperto online oltre che a responsabilizzare gli utenti.

Tre principali azioni sono sottolineate dal rapporto 2021:

  • un progetto che mette insieme operatori dei media, fact-checkers e ricercatori con l’obiettivo di costituire un punto di riferimento per l’analisi e il contrasto alla disinformazione attraverso l’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO, con la declinazione italiana IDMO);
  • le misure per migliorare l’alfabetizzazione mediatica e digitale, agendo qui sullo sviluppo delle competenze digitali di base, con gli obiettivi necessariamente ambiziosi del Digital Compass;
  • la definizione e il monitoraggio di un codice di condotta sulla disinformazione. Sulla base dell’esito di queste attività di monitoraggio, la Commissione ha anche pubblicato delle linee guida su come i firmatari attuali e nuovi del codice di condotta, comprese le app di messaggistica privata, il settore pubblicitario e le altre parti interessate, potrebbero rafforzare l’applicazione del codice e garantire un quadro di monitoraggio più robusto.

L’Osservatorio europeo dei media digitali e il rapporto sull’Italia

Per quanto riguarda l’Osservatorio,  il 21 dicembre è stato pubblicato il primo report sulla disinformazione dell’Italian Digital Media Observatory (IDMO) a cui hanno contribuito Blasting News, Bufale.net, Facta, Open e Pagella Politica. Idmo è l’hub nazionale italiano parte dello European Digital Media Observatory (EDMO).

Il rapporto prende in esame la disinformazione circolata nel nostro Paese a novembre e si basa su un questionario fatto circolare tra le iniziative che si occupano di fact-checking. Questi i principali elementi evidenziati nel rapporto:

  • quasi il 60 per cento del totale della disinformazione verificata dalle organizzazioni coinvolte ha avuto per oggetto la pandemia di Covid-19, nei diversi suoi aspetti;
  • accanto alla pandemia, gli altri principali argomenti oggetto di disinformazione – seppur in misura non paragonabile – sono stati la politica italiana e l’ambiente (in particolare il cambiamento climatico);
  • gli articoli di fact-checking che hanno riscosso il maggior interesse da parte dei lettori, tra quelli pubblicati dalle organizzazioni partecipanti al report, hanno riguardato l’aumento dei casi a Gibilterra (evento sfruttato in maniera ingannevole dai no vax per sostenere l’inutilità dei vaccini); lo stato di emergenza, di recente prorogato a fine marzo 2022;
  • tra le fake news che risultano  tra le più diffuse in ambito UE, c’è il suicidio del dottor Thomas Jendges, amministratore delegato della Chemnitz Clinic, falsamente collegato al (mal)funzionamento dei vaccini.

Le altre principali fake news circolate nell’UE a novembre sono state, invece:

  • enormi manifestazioni in Austria contro il lockdown e le altre misure restrittive collegate alla pandemia testimoniate da vecchie foto e video, non pertinenti, decontestualizzati e accompagnati da didascalie false;
  • la pianificazione della pandemia, sulla base di un documento (falso) che contiene un calendario di quando saranno diffuse le nuove varianti della Covid-19. Il documento contiene i loghi dell’OMS, della Gates Foundation, della Johns Hopkins University e del World Economic Forum;
  • la revisione al ribasso da parte dell’Istituto superiore di Sanità italiano della stima del numero delle persone decedute per la Covid-19 da più di 130 mila a meno di 4 mila.

Questa analisi è coerente con quella realizzata da NewsGuard rispetto alla diffusione della disinformazione e ai siti principali di disinformazione nel nostro Paese. Se, infatti, il 2020, è stato l’anno di emersione dell’infodemia, come definita dall’Organizzazione mondiale della sanità la diffusione di una quantità molto elevata di informazioni false in tema di salute, nel 2021 l’infodemia ha “continuato a infuriare” come riporta il sito NewsGuard.

Mentre iniziava, nei primi mesi dell’anno, la distribuzione su larga scala dei vaccini contro il Covid-19, internet e i feed dei social media sono stati sommersi di notizie false, fuorvianti o non comprovate, che mettevano in dubbio l’efficacia dei vaccini e promuovevano cure la cui efficacia non è mai stata dimostrata.  Più di recente, si sono moltiplicate le informazioni false sulle elezioni tedesche e sulla politica europea, mentre teorie del complotto sulle elezioni presidenziali statunitensi continuano a circolare nei siti americani ed europei.

Nel contesto nazionale NewsGuard ha individuato, rispetto a dei criteri di trasparenza e affidabilità, i 10 più influenti siti “disinformatori” in lingua italiana, in base ai dati raccolti nelle sue analisi nel corso del 2021. Il più seguito tra questi, solo per dare una dimensione del fenomeno, è un sito gestito in modo anonimo che si oppone ai vaccini contro il Covid-19 e pubblica informazioni false e fuorvianti sulla loro sicurezza ed efficacia. Il dominio del sito è stato registrato a fine settembre 2021 e in soli 3 mesi il sito ha ottenuto un numero di like, condivisioni, e commenti su Facebook, Twitter, e LinkedIn superiore a 71 mila interazioni.

Nuovi rapporti sull’applicazione del codice di condotta sulla disinformazione

Gli ultimi rapporti  sull’applicazione del codice di condotta sulla disinformazione mostrano che YouTube ha ampliato la sua politica di contrasto alla disinformazione sanitaria per includere nelle verifiche le affermazioni sui vaccini che contraddicono le autorità sanitarie locali o dell’OMS. TikTok ha aumentato il numero di parole chiave/hashtag che possono attivare tag e banner relativi a Covid-19 e vaccini. Twitter ha aggiornato la sua politica sulle informazioni fuorvianti sui vaccini. LinkedIn di Microsoft ha ampliato la collaborazione con influencer in Europa per diffondere messaggi autorevoli sulla vaccinazione. Meta/Facebook ha aggiornato le sue politiche in tutto il mondo sulla vaccinazione contro il Covid-19 per i bambini, ad esempio contenuti falsi che affermano che i vaccini non esistono per i bambini o che non sono sicuri e non testati.

I rapporti forniscono inoltre ulteriori informazioni che illustrano le azioni intraprese per combattere la disinformazione correlata al Covid-19 e l’impatto di tali azioni fino a ottobre 2021. Ecco alcuni esempi dai rapporti su quanto avvenuto a  settembre e ottobre:

  • Twitter ha sospeso oltre mille account e rimosso più di novemila contenuti a livello globale per violazione della sua politica sulle informazioni fuorvianti in tema di Covid-19;
  • il rapporto di TikTok mostra che mentre il numero di video taggati con il tag Vaccine è diminuito, il numero di video con il tag Covid è aumentato drasticamente: da 1.261 ad agosto a 6. 818 a settembre e 9.948 a ottobre;
  • Microsoft riferisce che l’esperienza di Bing Covid-19 ha registrato un totale di 4.003.694 visualizzazioni nell’UE tra settembre e ottobre, un calo sensibile rispetto ad agosto, ma in linea con i dati di luglio. Su Microsoft Advertising, il numero di annunci che violano le norme sugli annunci Covid che hanno impedito di raggiungere gli utenti dell’UE ha raggiunto 435.922 a settembre e 909.713 a ottobre;
  • Google segnala di aver intrapreso azioni contro 19.338 URL su AdSense (+ 2.859 rispetto al periodo precedente). Il numero di annunci bloccati o rimossi in relazione al Covid-19 è aumentato di oltre 500.000 rispetto al periodo precedente, con l’aumento più alto in Spagna (+ 252.914).
  • Meta/Facebook riporta che nel mese di settembre 2021 nell’UE oltre 120.000 contenuti sono stati rimossi per aver violato le politiche di disinformazione su Covid-19 e vaccini su Facebook e Instagram (+10.000 rispetto a luglio). In ottobre, questo numero è salito di circa il 20%.

Di recente, 26 nuovi potenziali firmatari hanno aderito al processo di redazione per il rafforzamento del Codice di condotta sulla disinformazione, ora previsto entro la fine di marzo 2022. Il lasso di tempo esteso consentirà ai firmatari di redigere uno strumento forte con impegni granulari adattato anche alle diversi servizi rappresentati dalla più ampia gamma di potenziali firmatari. La Commissione ha esortato i firmatari a procedere rapidamente alla revisione, nel rispetto della sua guida, e ad intensificare gli sforzi del loro programma di monitoraggio, tenendo conto delle recenti raccomandazioni del gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA).

L’informazione tramite social media

Dall’Osservatorio permanente Censis-Ital Communications emerge come anche in Italia ci sia una crescita significativa di persone che utilizzano i social media come fonte di informazione, pur rimanendo predominante la valutazione di maggiore credibilità e l’affidabilità attribuita alle fonti giornalistiche.

In particolare, 14 milioni e mezzo di italiani (il 30,1% dei 14-80enni) utilizzano Facebook per avere notizie, con quote che raggiungono il 41,2% tra i laureati, il 39,5% dei soggetti con età compresa fra 30 e 44 anni, il 33% delle donne. Tra agli altri social media, il 12,6% della popolazione acquisisce informazioni su YouTube (e la quota è del 18% tra i giovani) e il 3% su Twitter (5% tra i più giovani). In genere i social sono utilizzati in combinazione con altre fonti informative, ma sono ben 4 milioni e mezzo gli italiani che si informano solo sui social network e che di conseguenza sono particolarmente esposti alla disinformazione.

Durante la pandemia è cresciuta la popolazione che utilizza quotidianamente il web, ma la percezione della rete vede prevalere elementi negativi: il 55,1% degli italiani è convinto che il digitale fomenti l’odio, il rancore, la conflittualità, con quote che arrivano al 58,9% tra le donne e al 58,4% tra i giovani under 34; e il 22,6% ha paura di cadere vittima degli haters.

Come riporta l’Osservatorio, il Covid-19 ha posto l’attenzione sui vantaggi delle tecnologie digitali, ma ha anche rimarcato i rischi che si annidano in una comunicazione senza filtri, proliferante, disordinata, che ha nel web l’epicentro del pericolo di disinformazione e di circolazione di fake news.

La conseguenza è che l’affidabilità dell’informazione per l’86,4% degli italiani risiede nei quotidiani di carta e online, radio e televisione dove lavorano professionisti, piuttosto che ai social network. Non è però trascurabile la quota di coloro (il 34,3%) che giudica affidabili i social network.

La centralità delle competenze digitali

In questo contesto di sempre maggiore (e auspicabile) utilizzo di Internet (nei paesi scandinavi la quota della popolazione è da anni prossima al 100%, mentre in Francia, Spagna e Germania siamo oltre il 90% secondo i dati Eurostat 2021), il contrasto alla disinformazione naturalmente non passa soltanto attraverso le (necessarie) azioni di sorveglianza da parte di osservatori indipendenti e degli operatori che partecipano al codice di condotta. A parte un necessario intervento continuo di monitoraggio e adattamento della regolamentazione per il sempre migliore bilanciamento della libertà di espressione e della sicurezza in rete, rimane centrale l’importanza di una sempre maggiore crescita della maturità e della consapevolezza digitale dei cittadini, sin dalle fasce più basse di età, poiché si abbassa la fascia d’età d’ingresso alla fruizione di Internet.

Come scritto anche su questa testata, le fake news sono pericolose per la democrazia perché danneggiano la partecipazione informata dei soggetti alla vita pubblica e hanno tanto più impatto quanto più i cittadini rimangono, per l’inadaguetezza della propria consapevolezza digitale, sull’acquisizione superficiale dell’informazione, non approfondendola e anche amplificandone la diffusione. E questo accade con maggiore probabilità per chi utilizza solo i social network come fonte informativa.

Non è un caso che il rapporto 2021 sull’applicazione della carta dei diritti fondamentali europei dia centralità all’alfabetizzazione digitale e mediatica e che, come fa il Digital Compass con l’obiettivo dell’80% di cittadini con competenze digitali ameno di base entro il 2030, la Commissione UE stimoli i Paesi a porre le competenze digitali come uno dei fili conduttori trasversali delle loro politiche (e per cui l’Italia è in azione nell’ambito del programma Repubblica Digitale). Perché la salvaguardia dei diritti fondamentali è strettamente legata a come si configura e si struttura l’ambiente digitale e a come sarà operata la transizione digitale.

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