l’analisi

Privacy sui social: i paradossi della Gen Z



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La Gen Z percepisce i social come spazi di libera espressione, sottovalutando la tutela della privacy. Un’analisi su studenti modenesi rivela la bassa priorità attribuita alla protezione dei dati personali. Emerge una scarsa consapevolezza dell’intermediazione algoritmica e della monetizzazione dei dati sulle piattaforme, evidenziando la necessità di un’educazione digitale mirata sulla Platform Society

Pubblicato il 9 set 2024

Antonella Capalbi

Dipartimento di Studi Linguistici e Culturali, Unimore



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Libertà di espressione o tutela della privacy? Per la Generazione Z sui social media, la scelta sembra netta: i giovani privilegiano la libera condivisione di contenuti, sottovalutando i rischi legati alla protezione dei dati personali. Questo atteggiamento solleva interrogativi cruciali sull’educazione digitale nell’era della Platform Society.

Giovani e social: il progetto “Revolution Lab”

Il presente contributo nasce dall’analisi di alcune attività laboratoriali condotte nel territorio modenese nell’ambito del progetto “Revolution Lab”, organizzato dal Centro Documentazione Donna e dall’Istituto Storico di Modena nel quadro del più ampio progetto “Rivoluzioni. Persone, luoghi ed eventi del ‘900 tra crisi e trasformazioni”. Le attività laboratoriali, condotte nell’anno scolastico 2021-2022 e poi nell’anno scolastico 2022-2023, hanno coinvolto diversi istituti del territorio, promuovendo una riflessione sui delicati intrecci tra oggetti, rivoluzioni e diritti. Pur muovendo da una finalità formativa di tipo operativo, i laboratori hanno previsto sin dalla fase di strutturazione un’attività di analisi e di ricerca, non solo per monitorare l’impatto delle attività laboratoriali, ma anche per analizzare tendenze, percezioni e orientamenti della GEN Z sui grandi temi di diritti e rivoluzioni. In questo senso, alcuni risultati emersi dall’indagine rivelano tendenze e percezioni rispetto al tema del diritto alla privacy e della tutela dei dati personali sulle piattaforme social. Prima di procedere all’analisi dei risultati, si propone il quadro teorico di riferimento, relativo ai processi di piattaformizzazione dell’informazione e ai relativi nessi con il tema della diffusione dei dati personali sui canali social. Si presentano poi la metodologia e il campione di indagine. Si illustrano infine i principali risultati dell’analisi, corredati da considerazioni conclusive.

Il contesto: la platform society

È noto quanto l’avvento del digitale abbia modificato la produzione, distribuzione e fruizione dei contenuti, che si articolano tramite piattaforme social nel più ampio quadro platform society (Van Dijck, Poell and de Waal, 2018), secondo processi di convergenza mediale e culturale (Jenkins, 2007). Il modello a piattaforma ha introdotto un nuovo mindset che ragiona in orizzontale, mettendo in comunicazione all’interno di un ambiente utenti che diventano contemporaneamente fruitori e produttori attivi di contenuti, nell’ottica della cultura prosumer (Collins, 2010), secondo un circolo globale e continuo, in grado di abbattere le barriere spazio-temporali. L’utente ha modo di erogare continuamente feedback anche sulla propria esperienza di fruizione, motivo per cui notoriamente la principale preoccupazione delle piattaforme riguarda la user-experience.

Nello specifico, l’elevata qualità dell’esperienza degli utenti è strettamente connessa alla capacità della piattaforma di profilarne i gusti e gli interessi. Ciò rende cruciale la dimensione dei dati. Gli utenti, da un lato, forniscono una grande mole di dati sui propri profili e sulle proprie scelte di consumo, utilizzati dalle piattaforme per tracciarne l’esperienza di utilizzo e per finalità di marketing. Le piattaforme, inoltre, utilizzano moltissimi metadati proprio per organizzare e rendere visibili i contenuti, che vengono classificati secondo diversi criteri specifici per ogni piattaforma, che stabilisce una specifica tassonomia, utile al proprio modello di business (Avezzù, 2017).

In questo senso, dunque, risulta ormai noto quanto il processo di organizzazione delle informazioni sia guidato dalle piattaforme, che rappresentano l’infrastruttura aperta in cui si svolgono le interazioni e da cui le nostre interazioni risultano essere sempre più dipendenti (Choudary et al, 2017).

Il ruolo delle piattaforme nella vita contemporanea

Il ruolo delle piattaforme risulta preponderante nella vita contemporanea secondo diversi aspetti – dalla gestione dei dati alla trasparenza passando per la sicurezza e per l’informazione. Allo stesso tempo si rileva che, pur proponendo una fruizione più “democraticizzata” dei contenuti che valorizza il ruolo attivo dell’utente prosumer, di fatto esiste una forte intermediazione di un’infrastruttura esterna che organizza i contenuti con uno sguardo “umano” secondo diversi criteri potenzialmente influenzati da bias che possono favorire processi di discriminazione perpetuati dall’intelligenza artificiale o di radicalizzazione delle opinioni. Secondo meccanismi molto comuni all’interno dei processi platforming (Van Dijck et al 2018) caratterizzati dal ruolo degli algoritmi, gli ambienti digitali risultano essere caratterizzati da bolle di filtraggio (Pariser 2011) e, quindi, bolle di partecipazione, in cui di fatto si comunica con chi ha un punto di vista già molto simile al proprio, rischiando di approdare a un forme di aggregazione polarizzate (Klein, 2020) piuttosto che a un reale senso di comunità, secondo una produzione e una fruizione di contenuti più frammentata e individualizzata (Tryon, 2013). “Sebbene anche nella vita reale siamo soliti riunirci con individui che condividono i nostri valori e i nostri interessi, gli algoritmi delle piattaforme amplificano questa tendenza in modi che finiscono per incoraggiare le polarizzazioni delle opinioni e radicalizzare le contrapposizioni ideologiche (Farci e Scarcelli 2022, p. 23).

Dall’altra parte si può rilevare come l’infrastruttura esterna favorisca uno sguardo editoriale ben preciso, molto spesso di matrice statunitense, soprattutto se si considera che le principali piattaforme sono spesso connesse a grandi colossi dell’economia statunitense (Van Dijck, Poell and de Waal, 2018). Per quanto quindi l’utente sia incluso attivamente nell’esperienza di utilizzo della piattaforma, di fatto il rischio di una fruizione molto guidata da un soggetto terzo, che gestisce e organizza i contenuti, risulta presente. In questo senso, anche l’eterogeneità di contenuti di cui si fruisce può essere minata, dal momento che i contenuti vengono presentati sulla base di filtri e categorie impostati dalla piattaforma, secondo criteri molto spesso legati alle precedenti esperienze di fruizione dell’utente, alla somiglianza tra i contenuti visionati in precedenza e quelli proposti e, naturalmente, al modello di business della piattaforma (Avezzù, 2017).

Le piattaforme social, dunque, risultano essere un soggetto terzo che esercita un ruolo attivo nei processi di produzione, distribuzione e fruizione dei contenuti, con un impatto potenziale da un punto di vista sociale, culturale ed economico.

Metodologia e oggetto di ricerca

Il laboratorio “Revolution Lab”, organizzato dal Centro Documentazione Donna e dall’Istituto Storico di Modena nel quadro del più ampio progetto “Rivoluzioni. Persone, luoghi ed eventi del ‘900 tra crisi e trasformazioni”, ha previsto la strutturazione delle attività laboratoriali nella primavera del 2022 e nella primavera del 2024. Ogni attività laboratoriale ha strutturato quattro incontri per classe, facilitati da due formatrici/formatori provenienti rispettivamente dal Centro Documentazione Donna e dall’Istituto Storico di Modena. Le diverse attività hanno visto la partecipazione attiva di studenti e studentesse, coinvolti in attività di piccolo gruppo o in plenaria, con la finalità di riflettere sui concetti di diritti e di rivoluzione mediante alcuni oggetti ritenuti significativamente rivoluzionari, nel più ampio quadro della cultura materiale contemporanea e del Novecento. In questo senso, sulla base delle rielaborazioni condotte da parte degli studenti e delle studentesse, è stato possibile rilevare tendenze e orientamenti rispetto alle percezioni dominanti relativamente al grande tema dei diritti e delle rivoluzioni agli occhi della Generazione Z, oltre che il conseguente impatto delle attività laboratoriali.

Gli Istituti coinvolti

Le attività, spalmate nel corso di due anni scolastici, hanno coinvolto complessivamente tredici classi appartenenti a otto istituti del territorio modenese. Nello specifico, gli istituti coinvolti sono stati i seguenti:

IIS A. Venturi di Modena

IISTAS L. Spallanzani di Castelfranco Emilia

IIS Cavazzi-Sorbelli di Pavullo.

Liceo C. Sigonio, Modena

I.I.S. E. Morante, Sassuolo

Liceo Muratori San Carlo, Modena

I.T.I. Leonardo Da Vinci, Carpi

I.I.S. F. Selmi, Modena

Come è possibile osservare, si tratta di classi appartenenti a scuole secondarie di secondo grado con indirizzi diversificati, spalmate non solo nella città di Modena, ma anche in provincia. Al termine delle attività laboratoriali, sono stati somministrati dei questionari per valutare l’impatto dei laboratori: i questionari sono stati compilati da 95 studenti e studentesse nella primavera del 2022, e da 114 studenti e studentesse nella primavera del 2024, per un totale di 209 studenti e studentesse coinvolti nelle attività. In questo senso, l’analisi si muove a partire da una base quantitativa ampia e diversificata che, pur non avendo pretesa di generalizzazioni a livello statistico, permette di avere uno spaccato di tendenze, orientamenti e percezioni di studenti e studentesse. Utilizzando il linguaggio caro alla metodologia della ricerca sociale, il campione di ricerca può essere a tutti gli effetti considerato come un campionamento di convenienza (Flyvbjerg, 2006), orientato alla creazione di un corpus di analisi rilevante per il portato informativo su un tema definito: le percezioni di studenti e studentesse sul tema dei diritti e delle rivoluzioni.

Una delle attività condotte nel corso del laboratorio risulta particolarmente interessante per questa analisi. Dopo aver approfondito il concetto di rivoluzione e dopo aver illustrato le relative tipologie di rivoluzione, in ogni classe le formatrici e i formatori hanno introdotto il concetto di diritto e la definizione di diritti, presentati come il complesso di norme su cui si fondano i rapporti tra i membri di una comunità e che stabiliscono ciò che è permesso essere, fare, avere. Dopo una prima esposizione in plenaria dei contenuti illustrati, ogni classe è stata divisa nuovamente in gruppi, a cui è stata proposta un’attività di tipo collaborativo.

La “classifica” dei diritti

Nello specifico, ai gruppi è stata illustrata una lista di diritti e a ogni gruppo è stato richiesto di strutturare una classifica dei diritti rispetto all’ordine di importanza.
La lista presentata dalle formatrici e dai formatori è stata la seguente:

  • Diritto di voto e associazione
  • Diritto alla salute
  • Libertà di espressione e libertà di parola
  • Libertà di circolazione
  • Pari opportunità e uguaglianza
  • Diritto al lavoro dignitoso
  • Diritto all’istruzione
  • Diritto di vivere in un ambiente sano
  • Diritto all’integrità e all’autodeterminazione della persona
  • Tutela della privacy e dei dati personali
  • Diritto di cittadinanza
  • Diritto all’inclusione

Nel laboratorio 2021-2022 sono state prodotte complessivamente venticinque classifiche; nel laboratorio dell’edizione 2023-2024 ne sono state prodotte trentadue. Posto che la finalità dell’attività risultava essere innescare una riflessione sull’impossibile gerarchizzazione dei diritti, e sulla difficoltosa attribuzione di maggiore o minore valore a ogni singolo diritto, la comparazione delle cinquantasette classifiche stilate dagli studenti e dalle studentesse risulta interessante per individuare delle tendenze generali in grado di restituire uno spaccato rispetto alle loro percezioni sul tema. Sono diverse le considerazioni che si possono strutturare in relazione a come sono stati classificati i diritti, ma in questa sede ci si limita a osservare in che modo risulto percepito il diritto alla privacy e alla tutela dei dati personali. In questo senso, si procede all’analisi delle classifiche complessive, i cui risultati sono stati poi approfonditi in ottica qualitativa tramite uno specifico focus group sul tema.

I risultati dell’analisi

Comparando le classifiche elaborate dagli studenti e dalle studentesse nel corso del 2021-2022, e assegnando a ogni diritto il punteggio corrispondente alla sua posizione in classifica, si ottiene la seguente classifica generale:

Operando la stessa comparazione per la seconda edizione del laboratorio (2023-2024), si ottiene la seguente classifica:

Com’è possibile osservare dalla comparazione delle classifiche complessive, si possono rilevare elementi di interesse e tendenze comuni. Nello specifico, sia nella prima edizione del laboratorio sia nella seconda, il diritto alla salute si trova al primo posto. Non solo: in entrambi i casi, non si trova mai nelle ultime tre posizioni delle singole classifiche. Si può osservare inoltre che il podio della classifica risulta identico nelle due edizioni del laboratorio, confermando quanto questa attività sia in grado di fornire uno spaccato di tendenze e orientamenti comuni alla GEN Z.

Al contrario, si può osservare come il diritto alla privacy e alla tutela dei dati personali si collochi sempre al fondo della classifica: in terzultima posizione nell’edizione 2021-2022 e in ultima posizione nell’edizione 2023-2024. Ulteriore elemento di interesse è che nell’edizione 2023-2024 del laboratorio non solo il diritto alla privacy e alla protezione dei dati personali si posiziona all’ultimo posto nella classifica generale risultante dalla comparazione delle diverse classifiche, ma non si trova mai nelle prime tre posizioni delle singole classifiche.

Questa percezione rispetto alla scarsa importanza attribuita alla tutela della privacy e dei dati personali, che è andata progressivamente arretrando in senso diacronico, è risultata particolarmente significativa e ha stimolato una riflessione su quanto la tutela dei dati personali sia percepita come meno importante rispetto ad altri diritti fondamentali da parte degli studenti e delle studentesse che hanno preso parte ai laboratori. Muovendo da queste premesse, è stato condotto un focus group con dodici studenti e studentesse, rappresentati delle scuole coinvolte nella seconda edizione del laboratorio, al fine di indagare in ottica qualitativa le motivazioni alla base di queste scelte.
La scarsa attenzione alla tutela della privacy e dei dati personali è emersa trasversalmente proprio quando è stato analizzato il rapporto con i social, citati spesso come fonti di informazione durante il focus group e, coerentemente, utilizzati spesso come fonti per la produzione degli elaborati finali previsti dal laboratorio. Nello specifico, i social vengono percepiti come terra di libertà di espressione rispetto ai media tradizionali, in grado di portare in evidenza prospettive e punti di vista dei più giovani.

“È come se fossero un campanello d’allarme per tenere informati, in modo tale che tutti siano al corrente di quello che sta succedendo […] in cui magari ci si può forse sbilanciare di più rispetto al telegiornale che racconta nel modo più oggettivo possibile, invece magari in una pagina social vista da giovani e a volte mantenuta da giovani, si può, ecco, esprimere un parere che concerne di più i giovani e i loro punti di vista, che sicuramente sono diversi da quelli degli adulti” (studentessa)

Nello specifico, i/le partecipanti al focus group sottolineano quanto i social abbiano portato all’attenzione il tema della salute emotiva, proprio grazie al fatto che molti giovani gestiscono pagine da cui fanno divulgazione sul tema.

“Sui social vedi molti più giovani che fanno divulgazione [sulla salute mentale], al contrario delle vecchie generazioni” (studentessa).

Si può rilevare, dunque, una percezione comune rispetto a quanto i social, grazie anche al ruolo attivo e prosumer degli utenti, permettano una diffusione di informazioni che valorizzino temi, punti di vista e prospettive cari alla GEN Z. L’idea per cui i social possano favorire processi di democraticizzazione dell’informazione, anche grazie al ruolo attivo degli utenti, risulta emergere chiaramente dalle dichiarazioni degli studenti e delle studentesse.

Un’idea di social priva di intermediazione

Ciò che è interessante osservare per questa analisi, inoltre, è che emerge un’idea di social priva di intermediazione. I social, cioè, vengono percepiti come contesti in cui è possibile esprimersi liberamente, poiché liberi da qualsiasi tipo di ingerenza, al contrario di quanto accade nei media tradizionali, in cui la presenza di uno sguardo editoriale risulta essere percepito come molto forte.

“Spesso [sui social] non c’è neanche uno stipendio, quindi è per forza più libero perché non sei pagato per fare qualcosa” (studente)

“Soprattutto non c’è la censura che c’è in tv” (studentessa)

Una fiducia incondizionata verso le piattaforme

Sembra emergere, dunque, una fiducia incondizionata verso le piattaforme e una minore consapevolezza rispetto alla dimensione tecno-mediata di quegli spazi, in cui gli algoritmi invece filtrano, orientano e organizzano la fruizione dei contenuti, proprio a partire dai dati che gli utenti condividono, secondo una prospettiva editoriale altrettanto evidente e marcata, molto spesso di matrice statunitense. Anche i processi di monetizzazione che derivano (anche) dalla condivisione dei dati sembrano essere scarsamente percepiti. La condivisione dei dati personali come moneta di scambio per utilizzare le piattaforme social, dunque, non solo non emerge come un problema, ma nel corso della discussione del focus group risulta essere vagamente percepita, confermando la necessità di un’educazione digitale sul tema.

Conclusioni


Muovendo dal precedente inquadramento teorico, e dalla successiva analisi dei dati, è possibile osservare quanto la rilevanza rispetto alla tutela dei dati personali e della privacy risulti scarsamente percepita dagli studenti e dalle studentesse che hanno preso parte alle due edizioni del laboratorio. L’attività relativa alla classificazione dei diritti, e poi il focus group sul tema, sembrano raccontare una percezione diffusa rispetto a quanto la tutela dei dati personali non sia prioritaria per la GEN Z o, in alcuni casi, risulti poco rilevante nella propria esperienza sui canali social, che vengono percepiti come terra di libertà dal punto di vista dell’espressione personale e in cui la dimensione tecno-mediata risulta scarsamente problematizzata. Naturalmente i risultati finora evidenziati fanno parte di una ricerca in fase esplorativa: un ulteriore approfondimento di tipo qualitativo potrebbe consentire di esplorare in maniera ancora più sfaccettata le motivazioni alla base di questa percezione, motivo per cui ulteriore orizzonte di ricerca potrebbe svilupparsi in questo senso a partire da nuove edizioni del laboratorio Revolution Lab.

Bibliografia

Avezzù, G. (2017), The Data Don’t Speak for Themselves: The Humanity of VOD
Recommender Systems. Cinéma & Cie, 17(29), pp. 51-66.

Collins, S., (2010), Digital fair presumption and the fair use defence. Journal of Consumer Culture, (101), pp. 37-55.

Farci, M. e Scarcelli, C. M. [a cura di] (2022), Media digitali, generi e sessualità, Milano, Mondadori Education.

B. Flyvbjerg, (2006) “Five Misunderstandings About Case-Study Research”, Qualitative Inquiry, 12(2), pp. 219-245.

Jenkins, H. (2006), Convergence Culture, New York University Press, New York.

Klein, E., (2020), Why we’re polarized. New York: Avid Reader Pr

Parker, G. G., Van Alstyne, M. W. and Choudary, S. P., (a cura di) (2017), Platform Revolution. How networked markets are transforming the economy – and how to make them work for you. New York: W. W. Norton & Company.

Pariser, E. (2011), The Filter Bubble. What the Internet is Hiding from You, Penguin, New York.


Tryon, C., (2013), On-Demand Culture. Digital Delivery and the Future of Movies. New Brunswick, Rutgers University Press.

Van Dijck, J., Poell, T. e de Waal, M. (2018), The Platform Society. Public Values in a Connective World, Oxford, Oxford University Press.

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