La qualità dell’amministrazione pubblica dipende in gran parte dalla qualità del personale che vi lavora. Oltre a reclutarlo in modo appropriato, occorre saperlo gestire, con l’obiettivo di tenere sempre elevata la consapevolezza della missione e la motivazione a raggiungere i migliori risultati.
Come in ogni organizzazione, l’obiettivo indicato è tutt’altro che scontato: esso va perseguito sì con grande tenacia, ma a partire dalla disponibilità di uno strumentario che sia all’altezza delle sfide.
Molti strumenti sono stati adottati a livello centrale: c’è però il rischio che essi siano utilizzabili effettivamente solo dalle amministrazioni più grandi o più strutturate.
Ma anche in questo caso gli strumenti ci sono, basta sapere quali siano e come utilizzarli.
Il Piano integrato di attività e organizzazione
Innanzitutto, va ricordato che il Governo italiano, per dare attuazione al PNRR, ha varato una serie di provvedimenti normativi. Fra questi va ricordato il d.l. n. 80 del 9.6.2021 che all’art. 6 prevede la impostazione del Piano integrato di attività e organizzazione, un nuovo elaborato che dovrà tenere conto degli obiettivi programmatici e di performance, delle strategie con le quali gestire le risorse umane, dei processi da semplificare e reingegnerizzare, delle azioni per assicurare la piena accessibilità dei servizi pubblici informatizzati.
Tutte le PA dovranno attrezzarsi per comprendere gli obiettivi del PNRR, imparare a programmare, a coordinarsi fra di loro e non farsi trovare impreparate alle nuove sfide che le attendono nel mondo globalizzato. In sostanza il nuovo piano integrato di attività organizzazione (PIAO) implica attività di programmazione e lavoro in team.[1]
PA, qualche dato di contesto
I dipendenti pubblici in Italia sono 3,2 milioni. Il 16,3% dei dipendenti ha più di 60 anni e solo il 4,2% è under 30. Oltre 500.000 lavoratori hanno più di 62 anni e 183mila hanno oltre 38 anni di anzianità di servizio.[2]
Inoltre, negli ultimi 10 anni la spesa in formazione si è ridotta del 41%. Dal 2008 al 2018 si è passati da 262 a 154 milioni di euro di investimento, 48 euro per ciascun dipendente, offrendo una media di 1,02 giorni di formazione l’anno a persona. Il ministro per la PA Renato in una recente intervista ha affermato che “Una visione basata sulla formazione come leva strategica di gestione delle risorse umane. Sempre nella prospettiva di migliorare la qualità dei servizi a cittadini e imprese, l’unico vero faro. [3]
La gestione delle risorse umane
Ad una buona parte dei dipendenti pubblici si applica un rapporto di lavoro di regime privatistico. Tuttavia, nella gestione del contratto lavorativo, sono presenti criticità molto diverse dal settore privato: la necessità di perseguire il buon andamento e l’imparzialità dell’attività amministrativa costituisce una peculiarità propria nell’ambito dell’organizzazione pubblica. In altri termini, quello che nel privato è del tutto fisiologico, ovvero il perseguimento degli obietti aziendali, nelle pubbliche amministrazioni dev’essere stimolato in modo puntuale anche attraverso norme e regolamenti.
Sul piano pratico, risulta oramai indispensabile adeguare l’impianto normativo lasciando maggiore spazio alla contrattazione individuale, nonché prevedere una diversa articolazione anche di quella integrativa.
Le amministrazioni hanno altresì la necessità di individuare, in trasparenza, percorsi di carriera ai quali possano ambire i più meritevoli. Il “career path” dovrebbe inoltre essere reso noto già prima di fare ingresso nell’amministrazione e la carriera interna dovrebbe esercitare una giusta “pressione competitiva”.
Questa esigenza è particolarmente sentita per le posizioni di carriera più elevate, come quelle dirigenziali, per le quali gli strumenti di pianificazione delle carriere dovrebbero essere finalizzati non solo a fare “retention” per le migliori professionalità, ma anche per attrarne da altre amministrazioni e dal mondo privato: per ottenere questo risultato si deve agire anche sulle procedure selettive.
Le politiche di sviluppo delle risorse umane nella PA
Queste premesse, da sole, basterebbero a far emergere l’importanza della creazione di una vera e propria funzione di gestione del personale modernamente organizzata, necessaria a implementare le politiche di sviluppo delle risorse umane e dell’organizzazione. Occorre interrogarsi, inoltre, sulla corretta allocazione (quantitativa e qualitativa) delle risorse umane e sul ruolo dei dirigenti, ai quali è rimesso – mediante la gestione del personale a loro affidato – il perseguimento degli obiettivi fissati dai vertici dell’amministrazione e che vengono valutati in relazione al loro raggiungimento.
Anche nel settore pubblico, dunque, tocca ragionare su un giusto bilanciamento tra accentramento e decentramento del potere di gestione del personale e investire sulla qualità dei responsabili: come nel settore privato, il dirigente pubblico dovrebbe costituire una figura centrale, che intermedia nella gestione individuale del personale e al quale è in buona parte rimessa la realizzazione concreta della strategia dell’Istituzione per le risorse umane, utilizzando in senso incentivante gli strumenti di gestione del personale (ad esempio, le valutazioni, la premialità). Il dirigente andrebbe conseguentemente valutato per le sue competenze manageriali.
Misurazione e valutazione delle performance
La disciplina della misurazione e valutazione delle performance, come modificata dalla “riforma Madia” [4] ha introdotto numerose novità e tracciato la rotta per un reale meccanismo di incentivazione del merito. Tuttavia, in tema di implementazione, risultano ancora larghe sacche di inefficienza soprattutto a livello di effettiva organizzazione di veri e propri Piani di Performance Management.
Il sistema pubblico, infatti, è complesso e presenta spesso una scarsa qualità degli obiettivi (chi li definisce è di solito chi deve raggiungerli…). Inoltre, la qualità e la preparazione media dei componenti degli Organismi indipendenti di valutazione (OIV) sono ancora basse. I controlli gestionali, inoltre, dovrebbero consentire di promuovere un processo di miglioramento organizzativo dell’amministrazione. Alla valutazione dovrebbero maggiormente concorrere le opinioni e i riscontri degli utenti dei servizi.
La sfida della gestione del cambiamento
Inoltre, è necessario focalizzarsi sulla gestione del cambiamento: è una delle principali sfide non solo per le istituzioni ma anche per i funzionari che devono attuare il cambiamento o ne subiscono le conseguenze. Ciò comporta:
- la riassegnazione delle responsabilità tra organizzazioni, con conseguente riorganizzazione o in alcuni casi esternalizzazione;
- la riorganizzazione interna, come la reingegnerizzazione del processo di erogazione dei servizi;
- l’introduzione di nuovi sistemi di gestione o pratiche relative alle risorse umane.
Le azioni necessarie
Per una efficace implementazione del cambiamento organizzativo nel settore pubblico sarebbe necessario pianificare le azioni necessarie:
- Accertare il bisogno: i dirigenti devono verificare e comunicare il bisogno di cambiamento in modo persuasivo.
- Fornire un piano: i dirigenti devono sviluppare una linea d’azione o una strategia per l’attuazione del cambiamento.
- Costruire sostegno interno e superare la resistenza: i dirigenti devono costruire un sostegno interno e ridurre la resistenza attraverso la partecipazione diffusa al processo di cambiamento e con altri mezzi.
- Garantire il supporto e l’impegno dei vertici: un individuo o un gruppo all’interno dell’organizzazione dovrebbe farsi portavoce e sostenere la causa del cambiamento.
- Costruire supporto esterno: i dirigenti devono sviluppare e garantire il supporto dei supervisori politici e degli stakeholder esterni più importanti.
- Fornire risorse: per condurre a buon fine il processo di cambiamento occorrono risorse adeguate che lo sostengano.
- Istituzionalizzare il cambiamento: dirigenti e impiegati devono istituzionalizzare efficacemente i cambiamenti.
- Porsi come obiettivo un cambiamento complessivo: i dirigenti devono adottare un approccio al cambiamento globale e integrato che consenta di ottenere la congruenza del sottosistema.
Per ogni organizzazione complessa, il personale è, dunque, il principale fattore di successo. L’esigenza di formazione di conseguenza è particolarmente forte, perché le organizzazioni molto complesse, come le pubbliche amministrazioni, sono soggette a una disciplina e a norme in continua evoluzione e sono chiamate a gestire progetti complessi con una grande quantità di risorse.
Sarebbe necessario investire molto di più nella formazione rispetto a quanto già non si faccia. La formazione dovrebbe essere fruita da tutti i dipendenti, in relazione ai propri bisogni formativi e privilegiando le competenze strategiche, come quelle digitali. Non solo rileva la formazione iniziale (si pensi ai corsi-concorsi), ma anche quella permanente, che andrebbe programmata attentamente, mentre di pari passo andrebbero potenziate le strutture di formazione attraverso sinergie con il sistema universitario e con le imprese.[5]
Conclusioni
Come, tra l’altro, evidenziato anche nella “Guida Pratica per una Pubblica Amministrazione di qualità”,[6] le istituzioni sono fondamentali per lo sviluppo economico a lungo termine di qualunque società e hanno un impatto diretto sulla crescita. Inoltre, il processo di costruzione della capacità amministrativa (anche detto “rafforzamento della capacità” e “sviluppo della capacità”) ha tre dimensioni principali:
- Sociale: perché la buona governance poggia su una rete funzionante di connessioni tra istituzioni del settore pubblico a diversi livelli, ma ancor di più, su una rete completa di istituzioni al servizio delle esigenze della società nel suo insieme, nonché di meccanismi volti ad assicurare la responsabilità democratica, individuare problemi e cercare soluzioni (parlamento, difensore civico, società civile, ecc.).
- Organizzativa: perché le organizzazioni non sono semplicemente un insieme di persone al servizio di un obiettivo comune, ma ciascuna di esse ha proprie dinamiche interne e relazioni esterne, e quindi occorre analizzare tutte le dimensioni (missione, strategia, cultura, risorse, processi, pratiche, ecc.).
- Individuale: perché la costruzione della capacità amministrativa avviene anche a livello delle persone, intese come gruppo o singoli individui, e della loro esigenza di operare in modo efficiente ed efficace all’interno dell’ambiente organizzativo e del sistema. Per essere coerente e completo, il processo di costruzione della capacità amministrativa deve avvenire a tutti e tre i livelli e prevedere azioni per crearla, rafforzarla e mantenerla nel tempo.
Va perciò definita un’attenta strategia per favorire l’attrattività del settore pubblico in termini di motivazione, spirito di appartenenza, mantenimento delle competenze. Una strategia che sappia raccontare l’amministrazione ed evidenziare le opportunità e le prospettive, in modo da renderla riconoscibile e in grado di mobilitare e motivare il personale. Occorre fugare l’idea spesso diffusa del cd. posto fisso o del temporaneo parcheggio in vista di altre destinazioni e promuovere invece quella di una carriera brillante, possibile da coltivare e da conseguire all’interno della stessa amministrazione.
Per assicurare il raggiungimento degli obiettivi, le organizzazioni del settore pubblico devono monitorare e valutare se, in quale misura e in che modo, detti obiettivi vengono conseguiti. Tradizionalmente, gli enti pubblici hanno posto più attenzione all’efficienza: impiegare meno risorse possibili per conseguire i risultati attesi. In un’epoca di austerità, la priorità per molte istituzioni è più semplicemente, il risparmio: ridurre gli input in linea con i vincoli di bilancio. Per assolvere al proprio mandato, le pubbliche amministrazioni devono altresì tener conto degli aspetti strategici della loro performance: efficacia, impatto e sostenibilità dei risultati. Ciò richiede un approccio gestionale basato sui risultati sia per quel che riguarda la cultura organizzativa che per l’impiego di tecniche e strumenti. Dopo aver deciso cosa misurare e perché, occorre decidere il come. Ovviamente, gli indicatori essenziali della performance (Key Performance Indicators) saranno diversi in un’istituzione culturale, amministrazione fiscale o ente ambientale.
Con riguardo alla misurazione e valutazione delle performance, dunque, le amministrazioni dovrebbero attuare sino in fondo quanto previsto dal Dlgs 74/2017, il cui obiettivo è proprio quello di migliorare la produttività del lavoro pubblico e garantire l’efficienza e la trasparenza delle pubbliche amministrazioni: sono stati introdotti, per questo, meccanismi di riconoscimento del merito e della premialità, norme per la razionalizzazione e integrazione dei sistemi di valutazione, la riduzione degli adempimenti in materia di programmazione e di coordinamento della disciplina in materia di valutazione e controlli interni.[7]
In relazione alle premialità, queste andrebbero sviluppate non solo quali riconoscimenti economici, facendo sì che la contrattazione di secondo livello sia un vero strumento di incentivazione della produttività dei dipendenti: è di fondamentale importanza individuare meccanismi capaci di differenziare le retribuzioni in base al merito. Bisognerebbe poi potenziare gli incentivi non economici, valorizzando le prospettive di carriera interne ed esterne all’amministrazione di appartenenza e valorizzando la formazione e altre iniziative senza impatto finanziario (come, per esempio, l’inserimento del dipendente meritevole in un team di talenti o di soggetti che hanno accesso diretto al vertice).
Nella formazione del personale bisogna investire molto di più di quanto si faccia attualmente. La formazione deve essere erogata a tutti i dipendenti, in relazione ai loro bisogni formativi (e non come premio), e deve privilegiare le competenze strategiche, come quelle digitali. Le strutture di formazione andrebbero potenziate, anche con sinergie con il sistema universitario e delle imprese. Più che nuove norme, serve una corretta applicazione di quelle esistenti, con riferimento sia alla formazione iniziale (in particolare, il puntuale svolgimento dei corsi-concorsi), sia a quella permanente, che deve essere programmata con cura.[8]
- https://www.periodicimaggioli.it/piano-integrato-attivita-organizzazione-piao-implica-attivita-programmazione-lavoro-team/ ↑
- FPA Annual Report 2020 e 2021 ↑
- https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/ministro/31-01-2022/brunetta-%E2%80%9Cformazione-e-semplificazioni-cambiano-volto-alla-pa-e-al-sud ↑
- https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2017/06/7/17G00088/sg ↑
- https://www.editorialedomani.it/giustizia/incentivi-e-disincentivi-per-la-gestione-del-personale-nella-pubblica-amministrazione-eobb3jna ↑
- https://www.funzionepubblica.gov.it/articolo/dipartimento/14-07-2016/pa-di-qualita-una-guida-pratica-dellue ↑
- https://www.altalex.com/documents/leggi/2017/06/08/riforma-pa-valutazione-della-performance-dei-dipendenti ↑
- https://images.irpa.eu/wp-content/uploads/2021/05/Gruppo-7_Rilancio-p.a._Leve-di-gestione-del-personale.pdf ↑