Il ruolo del web e dei social media nell’offensiva lanciata dalla Russia contro un’Ucraina recalcitrante e vogliosa di Occidente è certamente molto significativo, molto di più rispetto a quello avuto nelle primavere arabe del 2011. La trasformazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky da comico a statista passa senz’altro anche dal suo utilizzo abile di tali strumenti, sia dal punto di vista del linguaggio, fastidiosamente spiccio, sia da quello delle immagini.
Guerra in Ucraina, Big tech Usa in prima fila nel conflitto ibrido: strategie e incognite
Ad esempio, il 25 febbraio il presidente Zelensky ha pubblicato un video in cui affermava di essere tra coloro che stanno continuando a difendere Kiev, questo dopo che i media russi avevano suggerito che fosse fuggito dal paese. “Siamo tutti qui. I nostri soldati sono qui. I nostri cittadini sono qui. … Non deporremo le armi. Difenderemo il nostro Stato”.
“I need ammo, not a ride” (“ho bisogno di munizioni, non di un passaggio”) ha ancora risposto all’offerta americana di portarlo fuori dall’Ucraina. La stessa frase spicca su un centrino ricamato dove le parole sono circondate da girasoli, fiore simbolo dell’Ucraina. In un body per bambini viene mostrata la sua immagine nei panni di Capitan America, ma con i colori della sua nazione e la scritta ‘Captain Ukraine’.
La reazione dei social alla guerra russo-ucraina
Ma i vari Facebook, Instagram (entrambi by Meta), YouTube – Google, Telegram, Twitter e, novità assoluta, Tiktok, sono entrati pesantemente nella partita non solo per le performances di Zelensky. In effetti, le principali società stanno lottando per rispondere alle pressioni da parte dei governi ucraino e russo per rimuovere i contenuti pubblicati da entrambi i Paesi, ma non solo. Bisogna considerare, come sempre quando si parla di interventi sui contenuti, delle due facce della medaglia. Da un lato, è necessario mitigare o, meglio, annullare la disinformazione elargita “a piena tastiera” dai governi e dai loro collaboratori nei tanti modi in cui essa è possibile. Dall’altro, va garantita la libertà di coloro che la disinformazione la combattono, di coloro che, grazie agli strumenti moderni, possono fare sentire la loro voce sottraendosi alla censura dei regimi autocrati e dittatoriali dei quali sono succubi.
Il Technology and Social Change Project dell’Università di Harvard sta monitorando le mosse delle principali società tecnologiche e dei governi per limitare il flusso di disinformazione. Ne emerge che le società tendono ad agire in maniera simile, spesso coordinata, oppure a seguire l’una le mosse dell’altra a distanza di pochissimo tempo. Ecco cosa è successo, da questo punto di vista, dall’acuirsi della crisi.
Guerra e disinformazione: la lunga settimana delle piattaforme
- 23 febbraio: l’Autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni russa chiede a Google di rimuovere le restrizioni sul canale YouTube di Denis Pushilin, dal 2018 presidente dell’autoproclamata repubblica di Donetsk.
- 25 febbraio: il capo della sicurezza di Facebook annuncia che smetterà di consentire ai media statali russi di pubblicare annunci; il governo russo comincia a limitare l’accesso a Facebook in risposta all’aggiunta di etichette di avviso di disinformazione ai contenuti su quattro account di notizie controllati dal governo: l’agenzia di stampa statale RIA Novosti; il canale televisivo del Ministero della Difesa, Zvezda; e le testate giornalistiche online russe, Lenta.ru e Gazeta.ru; Twitter annuncia che vieterà gli annunci sulla sua piattaforma in Russia e Ucraina, quando già nel 2019 ha bandito gli annunci dai media statali in tutto il mondo; il governo ucraino chiede al CEO Tim Cook di impedire ai russi di accedere all’App Store.
- 26 febbraio: YouTube inizia a bloccare alcuni media gestiti dal Cremlino, tra cui Russia Today, dalla monetizzazione e dalla pubblicazione di annunci sui loro canali. I loro video vengono classificati in basso nei consigli e RT e altri canali affiliati non saranno più accessibili in Ucraina; viene limitato l’accesso a Twitter ai principali fornitori di telecomunicazioni russi, tra cui Rostelecom, MTS, Beeline e MegaFon; la Russia intensifica la pressione sui social media statunitensi affinché rispettino le sue politiche sui contenuti fissati dalla c.d. “legge di sbarco” che, con decorrenza 28 febbraio 2022, esige che quelle con oltre 500.000 utenti giornalieri creino entità legali nel Paese per essere sottoposte alla censura del governo incorrendo, altrimenti, a sanzioni come multe e chiusure.
- 27 febbraio: Meta respinge su Instagram e Facebook un’operazione di disinformazione russa, nei confronti dell’Ucraina, che coinvolge 40 account e pagine, che fingevano di essere associati a testate giornalistiche a Kiev. L’operazione aveva legami con due organizzazioni di media nella regione ucraina della Crimea occupata dai russi, NewsFront e South Front. Entrambe queste organizzazioni erano state precedentemente sanzionate dagli Stati Uniti per aver sparso disinformazione per conto del governo russo durante le elezioni statunitensi del 2020. Nell’aprile 2021, inoltre, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti le ha accusate di lavorare i servizi di intelligence russi per promuovere la percezione della frode elettorale negli Stati Uniti e la disinformazione sul coronavirus. I gruppi erano attivi anche su Twitter, YouTube, Telegram e sulle piattaforme di social media russe VK e Odnoklassniki;
Facebook afferma di aver preso provvedimenti anche contro il gruppo di hacking e disinformazione Ghostwriter, al soldo del governo bielorusso, che ha preso di mira militari, funzionari pubblici e giornalisti ucraini, con truffe di phishing, dopo aver diffuso negli ultimi quattro anni messaggi e disinformazione contro NATO e Stati Uniti; ancora, Facebook inizia a limitare l’accesso agli account dei media statali russi in Ucraina su richiesta del suo governo; Google Maps disabilita il monitoraggio delle condizioni del traffico in tempo reale e l’identificazione di quanto sono “occupati” le attività commerciali e i luoghi pubblici per proteggere le comunità locali in Ucraina; l’UE annuncia un provvedimento senza precedenti, e cioè il blocco di Russia Today e Sputnik. La presidente della Commissione von der Leyen dichiara che “Russia Today e Sputnik non saranno più in grado di diffondere le loro bugie per giustificare la guerra di Putin e per seminare divisione nella nostra unione”; Google blocca l’accesso all’app Russia Today nell’app store Android in Ucraina; il fondatore di Telegram Pavel Durov esorta gli utenti ucraini e russi a diffidare delle informazioni condivise sulla piattaforma e paventa di limitare parzialmente o completamente alcuni dei suoi canali se il conflitto in Ucraina dovesse intensificarsi. - 28 febbraio: il governo russo chiede a TikTok di limitare le raccomandazioni dei filmati di guerra ucraini ai feed dei minori, sostenendo di aver identificato contenuti anti-russi “sull’argomento di un’operazione militare speciale in Ucraina” e “contenuti politici correlati, di proposito offerto a un pubblico di bambini”; il governo russo chiede a Google di limitare le informazioni che appaiono in Google Ads in quanto conterrebbero inesattezze sulle vittime ucraine; Twitter inizia ad etichettare e ridurre la visibilità dei tweet che contengono collegamenti a Russia Today e Sputnik. Dall’inizio dell’invasione, gli utenti hanno condiviso più di 45.000 tweet al giorno contenenti collegamenti a fonti multimediali collegate al Cremlino; il presidente degli affari globali Nick Clegg comunica che, su richiesta di alcuni governi di Stati aderenti, Facebook limiterà l’accesso a RT e Sputnik in tutta l’Unione Europea; il presidente di Microsoft Brad Smith annuncia che MSN.com e il servizio di newsfeed dell’azienda non pubblicheranno più contenuti di Russia Today e Sputnik, le cui app di notizie saranno anche rimosse dallo store di Windows, e che declasserà i media nei risultati di ricerca di Bing. Inoltre, Microsoft non ospiterà più annunci pubblicitari di RT e Sputnik su nessuna delle sue reti pubblicitarie; i Primi Ministri di Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia scrivono ai CEO di Twitter, Google e Meta accusandoli di avere per anni consentito al governo russo di diffondere disinformazione sulle loro piattaforme e di essere, allo stato, “un accessorio della guerra criminale di aggressione che il governo russo sta conducendo contro l’Ucraina e il mondo libero”. I primi ministri chiedono: la sospensione di account impegnati nella giustificazione o glorificazione di crimini di guerra e di account ufficiali delle istituzioni e della leadership dei governi russo e bielorusso; di demonetizzare gli account controllati dai governi russo e bielorusso e di adattare gli algoritmi di ricerca per aiutare gli utenti di Internet a trovare informazioni affidabili sulla guerra in Ucraina.
- Primo marzo: YouTube annuncia la messa al bando di Sputnik e RT in tutto il continente europeo; Reddit limita l’accesso ai subreddit r/Russia e r/Russia Politics a causa della disinformazione; il capo della sicurezza di Facebook dichiara che la società ha reso le pagine dei media russi sponsorizzati dallo stato più difficili da trovare su Facebook e Instagram e che sta anche retrocedendo ed etichettando i post che includono collegamenti a siti Web dei media statali russi; Apple sospende le vendite di prodotti in Russia e rimuove le app RT e Sputnik News dall’App Store al di fuori della Russia .
L’uso dei social da parte della popolazione ucraina
Fin qui quanto è successo in questa lunga settimana. Un’altra peculiarità venuta alla luce, e per fortuna, in questi giorni, è l’uso del web e dei social media da parte della popolazione ucraina. Un uso che è servito, e non poco, per far fallire il blitzkrieg stile Crimea immaginato dalla Russia ai loro danni.
Gli ucraini hanno utilizzato i social media per ferire, sminuire e umiliare i russi, cercando di aumentare lo spirito di resistenza dei cittadini e fiaccare il morale degli invasori, rappresentando plasticamente il mito di Davide contro Golia.
Una marea di video in tempo reale su Facebook, Telegram, TikTok e Twitter ha smussato la propaganda del Cremlino e ha spostato ancora di più l’opinione pubblica mondiale dalla parte dell’Ucraina. Essi hanno diffuso strategie difensive, tracciato vie di fuga e documentato la brutalità, tanto che il materiale raccolto potrebbe svolgere un ruolo fondamentale nelle auspicabili future indagini sui crimini di guerra commessi.
Glu ucraini battono i russi al loro stesso gioco
L’Ucraina ha iniziato in molti modi a battere la Russia in un gioco in cui essa detta legge da molto tempo, usando una comunicazione costante e colorata per fomentare una resistenza digitale ed esporre l’aggressività della “Santa Madre” su una scena globale.
Le tattiche rivelano come i social media abbiano aperto una nuova dimensione della guerra moderna, mostrando come Internet sia diventato non solo un territorio su cui combattere, ma uno strumento per la conquista del mondo reale.
Ha anche aiutato gli ucraini a sentirsi in grado di contribuire alla lotta. Solomiia Shalaiska, una graphic designer con sede a Kiev, ha detto di essersi sentita impotente fino a quando non ha iniziato a pubblicare immagini di manifestazioni su una pagina Instagram che in precedenza utilizzava per arte e design. L’immagine di una mappa che confronta le dimensioni dei due Paesi, intitolata “Realize the Scale of Ukrainian Heroism”, ha raccolto 100.000 “Mi piace” in un giorno.
I video hanno aiutato a mobilitare il sentimento contro la guerra nelle prime ore dell’invasione, quando una donna è stata registrata mentre ammoniva un soldato russo a portare i semi “così almeno i girasoli cresceranno qui quando morirai”. In un’altra foto di Facebook , una corona funebre con il nome del presidente russo Vladimir Putin era intitolata: “In Ucraina, l’esercito russo è accolto con fiori”.
Da allora, i video hanno aiutato a trasformare storie di coraggio locali in leggende virali e hanno svelato una guerra che la Russia ha combattuto tentando di tenerla nascosta. Gli ucraini hanno pubblicato video di loro stessi mentre contrastano i carri armati , fanno la guardia ai villaggi , preparano bottiglie molotov e le usano.
I post hanno messo in evidenza gli errori tattici e logistici più imbarazzanti degli invasori, sporcando l’immagine da potenza invincibile, accuratamente e pazientemente costruita, con video di veicoli sgangherati e di combattenti inesperti.
In un video , un uomo ucraino ridicolizza i soldati russi bloccati dopo che il loro serbatoio ha esaurito il carburante. In un altro, un autista di trattore sembra trainare un veicolo corazzato russo lungo la strada.
Gli ucraini hanno condiviso guide tattiche online su come schivare il fuoco dei cecchini, bloccare le strade e preparare molotov, ma hanno anche contribuito a smascherare l’urgenza e la disumanità di un massacro urbano. Come quando, pochi minuti dopo che le bombe a grappolo sono precipitate in un quartiere di Kharkiv, le persone vicine hanno utilizzato i social media per documentare le macabre conseguenze.
Un documento sul web è stato utilizzato dall’ambasciatore ucraino alle Nazioni Unite il quale ha letto (a suo dire) uno screenshot del telefono di un soldato russo ucciso: “Stiamo bombardando tutte le città insieme, prendendo di mira anche i civili. Ci è stato detto che ci avrebbero accolto”.
L’agenzia ucraina per la gestione delle strade, dal canto suo, ha esortato i cittadini su Facebook a smantellare i segnali stradali e costruire barricate di pneumatici in fiamme per disorientare i russi, mentre il ministero dell’Interno, per fomentare il dissenso in Russia, ha pubblicato foto e video di soldati russi uccisi o catturati su un account Telegram, invitando i membri delle loro famiglie a chiedere a Putin di porre fine al suo “ordine illegale e spregevole”.
Il rischio di mitizzare i fatti
Il Cremlino, in risposta, ha limitato l’accesso a Facebook e Twitter , proibito ai giornalisti di citare persone diverse dalle fonti ufficiali del governo, vietato l’uso di parole descrittive accurate, come “invasione ” e “guerra”.
Dmitri Alperovitch, ricercatore di sicurezza informatica e presidente della cybersecurity Silverado Policy Accelerator la vede così: “Nonostante tutte le paure degli ultimi 10 anni circa le capacità russe di guerra ibrida/dell’informazione, e gli eserciti di troll, ad questo punto di vista hanno completamente perso la guerra da quando hanno invaso l’Ucraina”.
Un rischio va però messo nel conto, ed è quello di andare oltre la verità mitizzando i fatti.
Come per la storia delle 13 guardie dell’Isola dei serpenti. Dopo che Zelensky ne aveva esaltato la morte eroica, dopo aver mandato via radio una nave da guerra russa di passaggio ad “andare a farti fottere”, si è venuto a sapere che le guardie potrebbero essere effettivamente ancora vive e imprigionate dalle forze russe.
Conclusioni
Ad ogni modo, mentre ci auguriamo che le trattative vadano a buon fine, pur ritenendo le condizioni poste dai russi da disfatta più che da compromesso, non possiamo esimerci dal concludere con due considerazioni.
Nella vita reale si soffre e si muore, e il web, o addirittura il metaverso nelle sue varie versioni, servono fino a un certo punto.
Non è questa la sede per indagare sulle ragioni storiche, geopolitiche, che hanno condotto all’aggressione di un popolo da parte di un governo dittatoriale, sulle responsabilità di chi aveva gli strumenti per vedere e non ha visto nulla, o ha semplicemente finto di non vedere. Qui abbiamo solo tentato di dare conto di certi fenomeni figli di questo tempo, e di come, talvolta, possano risultare utili e servire una buona causa. Ad assottigliare, cioè, la distanza tra Davide e Golia.