Oggi è la giornata mondiale della libertà di stampa. Non un giorno di festeggiamenti, ma di riflessioni preoccupate. Perché anno dopo anno la libertà di stampa sta declinando. Chi pensa non sia un problema ne è, a volte inconsapevolmente, parte; e dovrebbe almeno sapere che secondo tutti i rapporti i luoghi dove la libertà di stampa è inferiore sono anche quelli più corrotti.
L’Italia ha un triste primato in Europa in entrambi i sensi.
I dati sul declino della libertà di stampa
Circa l’85% delle persone vive in paesi dove è diminuita negli ultimi cinque anni, secondo l’analisi dell’Unesco dei dati sulla libertà di espressione dell’Istituto Varieties of Democracy (V-Dem). V-Dem dà ad ogni paese un punteggio da 0 (meno libero) a 1 (più libero). La media globale ponderata per la popolazione ha raggiunto un picco di 0,65 nei primi anni 2000, e poi di nuovo nel 2011, prima di scendere a 0,49 nel 2021. Questo è il peggior punteggio dal 1984, quando infuriava la guerra fredda e le due parti sostenevano dittatori in ogni continente.
Il declino più forte è stato proprio nell’ultimo decennio, e ha incluso diversi dei paesi più popolosi. La Cina è scesa da molto male (0,26) nel 2011 ad atroce (0,08) nel 2021. L’India è scesa da 0,85 a 0,55; la Turchia da 0,54 a 0,15; l’Egitto da 0,58 a 0,14; l’Indonesia da 0,83 a 0,68 e il Brasile da 0,94 a 0,57. La Russia è precipitata da 0,51 a 0,31 anche prima che la guerra spingesse il presidente Vladimir Putin a un giro di vite più duro. L’Etiopia si è aperta dopo il 2018, ma una guerra civile significa che il suo punteggio per il 2022 sarà misero.
L’Italia è allineata all’Europa dell’Est, al Brasile.
Male, molto male.
Il carcere, gli omicidi
Diversi stati utilizzano ancora la forza bruta vecchio stile contro i giornalisti. Nel 2021, 488 erano dietro le sbarre, secondo Reporter senza frontiere, un gruppo no-profit. Molti altri sono stati oggetto di intimidazioni.
Anche se la libertà di stampa è diminuita negli ultimi dieci anni, il numero di giornalisti uccisi sul lavoro è anche diminuito, da 76 nel 2011 a 46 nel 2021.
I nuovi modi per imbavagliare la stampa
Forse perché i leader autoritari stanno scoprendo che possono controllare le notizie in modi meno macabri.
Leggi contro i giornalisti
Per dirigere il flusso di informazioni, molti usano finanziamenti statali e leggi apparentemente destinate a salvaguardare la sicurezza dello stato o anche a proteggere la verità. Spesso fingono di permettere una stampa libera, e tollerano alcune voci indipendenti per rafforzare questa affermazione. Ma usano tutto il potere dello stato, compresi i nuovi poteri concessi dall’avanzare della tecnologia, per assicurarsi che queste voci siano a malapena udibili, mentre i media pro-regime sono generosamente favoriti e finanziati.
Per questi leader, la pandemia di covid-19 è stata comoda. Nuove regole in paesi come Bolivia, Russia e Filippine puniscono la diffusione di “false informazioni” sul virus con il carcere. Il Brasile ha limitato l’accesso ai dati del governo. E i giornalisti che lavorano da casa, spesso su dispositivi personali non protetti, sono più vulnerabili agli attacchi informatici. Uno studio che copre 144 paesi suggerisce che le politiche pandemiche sono state usate per giustificare le restrizioni alla libertà di stampa in 96 di loro.
La pressione finanziaria contro i media indipendenti
La pressione finanziaria sui media indipendenti può essere molto efficace, anche perché l’industria delle notizie tradizionali è in declino dagli anni ’80. La pubblicità ha seguito i lettori online, dove il duopolio di Google e Meta raccoglie la metà di tutte le entrate. PwC, una società di consulenza, prevede che la pubblicità globale dei giornali, in stampa e online, diminuirà di circa il 20% tra il 2019 e il 2024.
Un altro trucco comune usato dai regimi è spingere i ricchi loro amici a comprare i media indipendenti e a neutralizzarli. Questo è successo in Russia, Turchia e Ungheria, tra gli altri paesi.
Il caso Hong Kong
Non sono solo le critiche al Governo essere off-limits. Anche argomenti come il razzismo e il femminismo possono esserlo. I membri del pubblico possono essere terrorizzati a parlare con i giornalisti. E quando i reporter e le loro fonti si mettono a rischio per produrre giornalismo investigativo, condividere quelle storie può essere quasi impossibile. Nel bel mezzo di una serrata a Shanghai in aprile, Caixin, un gruppo di media cinesi, ha pubblicato un articolo che esponeva le morti nascoste nel più grande ospedale per anziani della città. È durato online solo un’ora, poi è sparito.
Questo clima di paura sta ora avvolgendo Hong Kong, che fino a poco tempo fa permetteva una relativa libertà di parola. Una legge sulla “sicurezza nazionale” introdotta nel giugno 2020 minaccia pene severe, compreso l’ergastolo, per reati vagamente definiti, come la sovversione, che i giornalisti potrebbero considerare solo facendo il loro lavoro.
Un’altra minaccia alla libertà di stampa è comune anche in luoghi dove i giornalisti sono generalmente rispettati, come l’Europa occidentale.
L’Europa
Ad esempio usando leggi troppo severe sulla diffamazione o persino in modo distorto quelle sulla privacy.
Se in Italia un tempo era solo la Mafia a minacciare la libertà di stampa, ora lo è anche la pressione finanziaria esercitata sia in termini di sponsorship date agli amici o negate a voci critiche; sia in termini di cause di diffamazione temerarie, non finalizzate ad affermare la verità ma solo a spaventare chi la verità prova a farla emergere.
Per fermare questo abuso del sistema legale, la Commissione europea ha abbozzato nuove regole in aprile che permetterebbero ai giornalisti di appellarsi ai tribunali per far rigettare i casi fasulli.
Libertà di stampa, il ruolo del digitale
In tutto questo il digitale svolge un ruolo ambivalente. Come spesso accade.
- I social media permettono ai giornalisti di raccogliere informazioni, diffonderle, trovare fonti e avere rapporti con loro. Al tempo stesso sono usabili dai regimi per la sorveglianza dei giornalisti, per tracciarli e perseguitarli – a volte anche con il supporto delle big tech che forniscono, come insegna il caso Twitter-Khashoggi. Dove si usata anche una tecnologia di spionaggio cellulari (Pegasus).
- Gli Stati stanno usando sempre più mezzi digitali per spiare anche i giornalisti. Un’indagine dell’anno scorso ha rivelato che quasi 200 giornalisti sono stati presi di mira dallo spyware Pegasus, che viene venduto da una società israeliana ai governi di tutto il mondo.
- I social anche forniscono una piattaforma per campagne di odio che possono logorare il corrispondente più duro. Le donne se la passano particolarmente male. Un sondaggio pubblicato l’anno scorso ha scoperto che quasi tre quarti delle giornaliste hanno sperimentato qualche forma di abuso online, compresa la sorveglianza e le minacce di violenza sessuale.
- Come detto, la rivoluzione digitale togliendo sponsor e lettori ai media li rende più vulnerabili e ricattabili.
- Campagne d’odio e di disinformazione sono spesso condotte da supporter dei Governi, come accaduto nell’India di Modi e negli USA di Trump.
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- Addirittura in India i nazionalisti anti-musulmani hanno usato i deep fake con l’intelligenza artificiale per sovrapporre il volto di una giornalista critica di Modi a video pornografici. Hanno chiesto il suo omicidio e condiviso il suo indirizzo di casa online.
- Assistiamo anche un fenomeno di splinternet, ora sempre più in Russia, per limitare la libertà di stampa.
- Scuola ha fatto il “grande firewall” cinese, onnicomprensivo e sofisticato: permette al Partito Comunista di bloccare quasi tutti i contenuti che non gli piacciono. Altri regimi a volte usano metodi più crudi. Un rapporto pubblicato a metà del 2021 da Freedom House, un watchdog, ha scoperto che 20 dei 70 paesi avevano chiuso internet nell’anno precedente per tenere i loro cittadini all’oscuro, tipicamente durante i periodi di disordini.
La risposta tecnologica alla censura e allo spionaggio
I giornalisti stanno combattendo la tecnologia con la tecnologia. Conducono interviste su app di messaggistica criptata, come Signal o Telegram. Per proteggere gli informatori con accesso a informazioni importanti, si affidano a nuovi strumenti di condivisione che cancellano i file non appena un trasferimento è completato.
Per aggirare il blocco in Russia le VPN stanno favorendo l’accesso a informazioni bloccate, non gradite al Governo, pubblicate da giornalisti e normali utenti.
Il bilancio è triste ma non arrendiamoci
Eppure, il bilancio soprattutto nei giorni della guerra, per il giornalismo mondiale, è atroce.
In Russia la macchina della propaganda sta spargendo bugie, compreso il fatto che i crimini di guerra commessi dalle sue forze sono bufale messe in scena da attori, e ha criminalizzato il giornalismo obiettivo. La maggior parte dei russi rimane all’oscuro della verità e quindi sostiene la guerra.
Pubblicazioni indipendenti in Russia come la sua sono state costrette a smettere di stampare e a togliere gli articoli online. Il blocco dei pagamenti imposto con le sanzioni sono arma a doppio taglio, che rende difficile anche pagare per i servizi VPN e fare le donazioni al giornalismo indipendente.
Una soluzione al problema non si vede all’orizzonte. Forse perché una sola soluzione non c’è.
Ma passa in generale da un gioco di squadra delle parti. Tutte quelle che si giovano – anche se spesso non lo sanno – da una stanza libera. Dobbiamo promuovere una rinnovata attenzione, per i media liberi, da parte della società civile – dato che quella politica, incluso il Governo italiano attuale e il precedente di questi temi non parla.
La stampa libera dà fastidio.
Auguriamole che possa darne ancora a lungo.
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