La nuova Carta dei diritti dell’IA: un documento “soft” (l’ennesimo) che formalizza la visione del governo statunitense in materia di intelligenza artificiale enunciando 5 specifici linee di prioritario intervento destinate a orientare lo sviluppo evolutivo di tale tecnologia emergente.
AI Bill of Rights, così gli Stati Uniti cominciano a preoccuparsi dell’intelligenza artificiale
Un catalogo di principi contro le insidie dell’IA
Dopo aver pianificato una fitta agenda di sessioni consultive e audizioni aperte al contributo di esperti e professionisti del settore, per acquisire maggiore consapevolezza sull’insieme di potenzialità e criticità generate dall’impatto pervasivo dell’Intelligenza Artificiale, prendendo atto dei pericoli insiti nella codificazione degli algoritmi tecnologici sempre più utilizzati nella concreta prassi, di fronte ai rischi di discriminazione e violazione dei diritti individuali, l’AI Bill of Rights, come una sorta di guida operativa pratica, funge da cornice regolatoria di riferimento recante un catalogo di principi fondamentali funzionali a minimizzare le insidie che si manifestano con l’avvento dell’intelligenza artificiale.
Monitoraggio continuo per mitigare i possibili pregiudizi
In particolare, viene enunciato l’obiettivo (“Safe and Effective Systems”) di garantire l’implementazione tecnica di sistemi sicuri ed efficaci mediante il ricorso a periodiche operazioni di monitoraggio continuo, previa valutazione d’impatto sui rischi potenzialmente esistenti, nell’ottica di assicurare una mitigazione dei pregiudizi codificati nel funzionamento di applicazioni automatizzate, nell’ambito di una progettazione basata sull’effettuazione di test preliminari, aperti anche alla consultazione “multistakeholder” indipendente di esperti e attivisti in grado di identificare, in funzione preventiva, eventuali danni suscettibili di mettere in pericolo la sicurezza dei sistemi, tenuto conto dello specifico uso previsto.
Predisporre efficaci standard di protezione contro le discriminazioni
Come seconda priorità di intervento (“Algorithmic Discrimination Protections”) si sottolinea la necessità di predisporre efficaci standard di protezione per porre gli utenti al riparo dal rischio di discriminazioni algoritmiche da cui discendono gravi forme di esclusione sociale che possono rendere oltremodo iniquo l’uso dei sistemi di Intelligenza Artificiale. Al tal fine, risulta indispensabile predisporre cicliche valutazioni d’impatto algoritmico per raccogliere complete e dettagliate informazioni sulle effettive implicazioni generate dalle applicazioni tecnologiche.
Tutela della privacy
La tutela della privacy (“Data Privacy”) rappresenta il terzo obiettivo formalizzato dalla Carta dei diritti dell’IA, censurando qualsivoglia pratica abusiva in grado di cagionare pregiudizi alla protezione dei dati personali, utilizzabili in via esclusiva, mediante impostazione predefinita, soltanto per le finalità strettamente necessarie alle specifiche operazioni di trattamento autorizzate tenuto conto del consenso previamente manifestato dai soggetti interessati.
Trasparenza dei sistemi automatizzati
Strettamente connesso alla protezione della privacy individuale è altresì il diritto alla trasparenza dei sistemi automatizzati (“Notice and Explanation”) per consentire di conoscere, in condizioni complete ed effettive, le modalità di progettazione tecnica implementate in relazione a tutti i possibili impatti applicativi configurabili nella concreta prassi. A tal fine, gli sviluppatori dei sistemi di IA sono tenuti a fornire l’integrale documentazione di supporto disponibile in un linguaggio semplice ed accessibile mediante la formulazione di descrizioni chiare ed esaustive sul funzionamento effettivo delle applicazioni progettate.
Un controllo “umano-centrico” dell’intelligenza artificiale
Il controllo “umano-centrico” dell’intelligenza artificiale (“Human Alternatives, Consideration, and Fallback”) identifica l’ultimo pilastro prioritario dell’AI Bill of Rights declinato per consentire di rinunciare in qualsiasi momento all’utilizzo di sistemi automatizzati pericolosi e insidiosi, optando per una corrispondente “alternativa umana” sostitutiva dei sistemi tecnologici, qualora ciò risulti a presidio dei diritti fondamentali delle persone.
L’ennesimo testo “soft” privo di una valenza cogente
Se, da un lato, il progetto AI Bill of Rights presenza indubbiamente il merito di aver realizzato un apprezzabile processo consultivo di partecipazione “bottom-up” dal basso, dall’altro lato, non si comprendono appieno le ragioni che hanno indotto la Casa Bianca ad adottare l’ennesimo testo “soft” privo di una valenza cogente in termini di vincolatività giuridica.
Privacy, gli Usa verso una svolta: novità e sviluppi nella legge e nella cultura
La Carta dei diritti dell’IA, infatti, sembra riecheggiare l’enunciazione di contenuti per certi versi scontati o che comunque sono (o dovrebbero essere) già universalmente recepiti in via del tutto pacifica nella visione culturale, giuridica, politica e sociale di un Paese tecnologicamente avanzato, come gli USA, portatore di valori consolidati e stabilizzati nel ruolo trainante di leadership digitale su scala globale, piuttosto che sentire il bisogno di adottare un documento dal valore meramente programmatico, ripetitivo e duplicativo di altre fonti preesistenti, che pertanto non aggiunge nulla di nuovo nell’attuale panorama regolatorio.
A maggior ragione, in un contesto ordinamentale maturo come quello statunitense dovrebbe, infatti, verificarsi un concreto salto di qualità nella revisione aggiornata delle coordinate regolatorie applicabili allo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, a partire dalla già esistenza di un piano di azione generale, risalente alle “Guidance for Regulation of Artificial Intelligence Applications” del 2019, ove risulta formalizzata la strategia nazionale materia di Intelligenza Artificiale, in attuazione dell’ordine esecutivo n. 13859 (integrato dall’ulteriore ordine esecutivo n. 13960). Tali documenti hanno, infatti, predisposto specifiche linee guida operative sull’uso sicuro e affidabile dei sistemi di Intelligenza Artificiale, poi culminate nell’adozione della cd. “American AI Initiative” che, sempre secondo un approccio “soft-law”, e in combinato disposto con il “Plan for Federal Engagement in Developing Technical Standards and Related Tools” enuncia una serie di obiettivi chiave (praticamente in larga parte corrispondenti ai principi fondamentali ora proclamati nella Carta dei diritti dell’IA), in grado di assicurare una standardizzazione sicura e affidabile dei sistemi di IA, nel rispetto dei principi di liceità, sicurezza, trasparenza e tracciabilità, garantendo il costante monitoraggio durante tutte le fasi di progettazione tecnica delle relative applicazioni.
Piuttosto che irrobustire il quadro normativo vigente mediante interventi regolatori cogenti produttivi di effetti vincolati, laddove si evinca l’esigenza di colmare eventuali lacune normative o adeguarne la cornice attuale alla rapidità evolutiva della tecnologia IA, si continua così a mantenere un approccio regolatorio “soft”, meramente ridondante e riproduttivo di contenuti già esistenti, dalla dubbia utilità pratica specie in ragione delle finalità teoriche che si intendono appunto perseguire.
Niente di nuovo, dunque, nell’attuale contenuto dell’AI Bill of Rights.
Così, mentre l’Unione europea si trova ancora in una fase di stallo da vera e propria “impasse” in attesa di capire quale sarà la sorte del regolamento UE in materia di Intelligenza Artificiale tra radicate criticità e patologici ritardi che stanno bloccando l’adozione di una disciplina – sulla “carta” – in grado di edificare un indispensabile pilastro operativo nella complessiva strategia di sovranità digitale di cui potrebbe dotarsi l’Unione europea nel ruolo di alternativa leadership tecnologica globale, nel frattempo la Cina sta compiendo passi da gigante in materia.
Intanto in Cina…
Pechino, infatti, sta predisponendo da tempo un organico disegno riformatore di lungimirante visione strategica funzionale ad espandere la propria influenza tecnologica su scala planetaria, secondo l’itinerario della nuova “via della seta digitale”, da cui discende, in attuazione del “New Generation of Artificial Intelligence Development Plan”, (integrato dai “Principi di governance” e dal “Codice etico di nuova generazione dell’intelligenza artificiale”), la progressiva stabilizzazione della propria leadership mondiale da raggiungere entro il 2030 mediante uno speculare approccio regolatorio centralizzato e cogente rispetto all’opzione statunitense di intervento.
Ecco perché, sul versante USA, continuare ad alimentare la proliferazione di misure “soft-law” dalle implicazioni “deboli” potrebbe di fatto non bastare se non si passa ad azioni concrete per dare un’impronta tangibile alla propria visione politica, cedendo in caso contrario il passo al primato di nuovi attori dotati di una maggiore capacità di incidenza sulla configurazione del futuro ecosistema digitale.