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Meta, come cambia il ruolo del social network nel mondo

Meta non è solo il rebranding di Facebook, ma una società che gestisce una piattaforma multi-service: spazia dall’offerta di connessione a quella di business, dall’istruzione all’AI. Per Mark Zuckerberg l’opportunità per riacquistare la fiducia degli utenti

Pubblicato il 26 Nov 2021

Giorgio Iorio

junior analyst Hermes Bay

meta privacy edpb

Fin dalla fondazione di The Facebook, avvenuta il primo gennaio 2004, Mark Zuckerberg ha avuto una missione ambiziosa: connettere il mondo intero e offrire alle persone un collegamento da qualsiasi area nel mondo attraverso la sua piattaforma. Nel 2021 – completato il rebranding del marchio e del nome societario, da Facebook a Metaè possibile affermare che Zuckerberg si sta avvicinando sempre di più a conseguire tale obiettivo.

Che c’è in ballo con il Metaverso di Facebook-Meta

Da Facebook a Meta

Il social network Facebook è presente in 167 paesi pari al 92% degli Stati. Rappresenta la più grande piattaforma social a livello globale con 2,6 miliardi di iscritti, di cui 1,73 miliardi di utenti giornalieri; il Paese con il maggior numero di iscritti è l’India con 350 milioni di utilizzatori della piattaforma.

Chiaramente da queste stime emerge come nel mercato potrebbero essere inserite ancora 4,3 miliardi di persone, e proprio con questi piani ambiziosi Mark Zuckerberg sta cercando di affacciarsi nei prossimi anni all’interno del mercato social e dell’interconnessione informatica di massa.

Che cos’è Meta

Dalle cifre in gioco risulta che è riduttivo classificare Meta come una semplice società di social network (di cui si ricorda fanno parte, tra gli altri, anche Instagram e WhatsApp). Nel 2021 è ormai diventata una società che gestisce una piattaforma multi-service: spazia dall’offerta di connessione a quella di business, dall’istruzione al supporto. Ed ora si occupa anche di intelligenza artificiale.

Gli ultimi due anni hanno evidenziato l’importanza della connettività, poiché miliardi di persone in tutto il mondo, a causa della crisi pandemica da Covid-19, si sono affidate a Internet per lavorare, frequentare la scuola e rimanere in contatto con le persone a loro più care.

Non solo Facebook Papers

Negli ultimi anni sono emerse numerose gravi criticità, in particolar modo negli ultimi mesi, messe in evidenza dai report “Facebook Papers” basati sui documenti interni diffusi dalla whistleblower ed ex dipendente Frances Haugen.

I documenti riportano i fallimenti della dirigenza di Facebook nel contenere la disinformazione e l’incitamento all’odio e alla violenza sulla piattaforma, soprattutto per non danneggiare i profitti.

I documenti evidenziano una serie di difficoltà in tal senso, non solo negli Stati Uniti, ma soprattutto in Paesi come l’India, che rappresentano, come già detto, uno dei principali mercati internazionali social.

Le responsabilità di Facebook

I temi principali, che il social avrebbe ignorato, secondo quanto emerso dai documenti, riguardano: la disinformazione, le fake news, l’incitamento all’odio, l’impatto negativo che l’ecosistema social sta avendo sulle diverse generazioni, la divergenza tra le dichiarazioni al congresso di Zuckerberg e i risultati dei report, nonché l’incapacità di controllare la vasta platea di utenti soprattutto al di fuori degli Stati Uniti.

Inoltre, sembrerebbe emergere una complicità nel diffondere questa tipologia di messaggi, da
parte della stessa azienda, sia a livello politico, comportandosi in maniera diversa fra i vari governi nazionali (per esempio risulta che abbia accettato la decisione del Partito Comunista vietnamita di censurare i post antigovernativi) sia a livello etico, in quanto pur di raggiungere sempre crescenti profitti, non abbia valutato attentamente gli impatti psicologici.

Fake news, odio e impatto sui giovani

I vari report interni, fuoriusciti da ex-dipendenti, mostrano come da anni sulle piattaforme social sia confluito ogni genere di soggetti, con profili veri e falsi, che utilizzano il sistema online per raggiungere scopi antisociali, antidemocratici e in alcuni casi razzisti.

A tal proposito la società avrebbe apportato modifiche significative per eliminare tali comportamenti inappropriati, soprattutto all’interno degli Stati Uniti, ma tali modifiche non hanno finora avuto un grande effetto, in particolare nei Paesi del terzo mondo.

Inoltre, secondo i documenti, Facebook avrebbe ricevuto informazioni precise in merito ai danni causati ed esacerbati dalle sue piattaforme e avrebbe volontariamente ignorato gli avvertimenti dei suoi dipendenti sui rischi delle loro decisioni di progettazione, esponendo in questo modo determinate minoranze e comunità a contenuti pericolosi.

L’anno scorso Zuckerberg ha testimoniato davanti al Congresso e ha affermato che l’azienda rimuove il 94% dei discorsi e post di odio. I ricercatori interni, invece, hanno stimato che la società stava rimuovendo meno del 5% di tutti i contenuti di odio su Facebook.

La disinformazione dilaga nei Paesi in via di sviluppo

La disinformazione, le fake news e l’incitamento all’odio, secondo i dati dei report, evidenziano come nei Paesi in via di sviluppo siano fenomeni in crescita e sempre più aggressivi. A riguardo di tali problematiche Facebook sembrerebbe aver preso provvedimenti per eliminare il prima possibile i messaggi, ma è evidente come non sia sufficiente.

Infatti, sempre secondo i report interni, i dipendenti avrebbero messo in risalto la crescente problematica soprattutto nei gruppi privati, nei quali prolifera la condivisione di immagini di morte, violenza, pedofilia e razzismo. Tutto ciò alimenta, internamente ad ogni Paese, odio che sfocia in violenze incontrollate.

Essendo i Paesi emergenti, i principali utilizzatori delle piattaforme social, è necessario assumere un gran numero di personale che parli la lingua locale, migliorare sensibilmente gli algoritmi interni, e dove necessario segnalare ed eliminare post, gruppi e profili, per salvaguardare l’intera comunità social e le nuove generazioni che sono le più esposte psicologicamente.

Laddove la società ha preso tali misure rapidamente e in modo significativo, come negli Stati Uniti o in Europa, ha osservato un abbassamento del livello di odio, della disinformazione e delle fake news.

Meta deve ripartire dalla connessione

Se l’obiettivo è quello della connessione generale online, si dovranno significativamente ristrutturare gli algoritmi e aumentare i controllori del web in tutte le aree del mondo, in modo strutturale, e quindi soddisfare anche il fattore etico del business e non solo perseguire profitti crescenti.

Inoltre, le stesse posizioni politiche di Mark Zuckerberg hanno attirato forti critiche da parte degli stessi utilizzatori dei social, nonché certi scandali come quello di Cambridge Analytica, in merito all’utilizzo dei dati degli utenti per fini propagandistici, hanno fortemente oscurato la figura del CEO del più famoso social a livello mondiale.

Conclusioni

La strada per il Ceo di Meta, Mark Zuckerberg, sembra essere in salita, ma la solidità patrimoniale e l’inserimento di principi etici all’interno dello statuto societario, potrebbero rendere la sfida meno ardua del previsto, permettere il raggiungimento degli obiettivi menzionati precedentemente nel minor tempo possibile e con benefici tangibili per tutta la comunità social del mondo.

In questo modo si potrebbe ristabilire la fiducia persa con il tempo dagli utenti verso la più importante piattaforma social al mondo.

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