I politici italiani sbarcano in massa su TikTok, per combattere il rischio di elevato astensionismo giovanile, portando la generazione Z al voto. I sondaggi invece stimano che non si recherà ai seggi più di un terzo dei quasi quattro milioni di ragazzi che potranno, per la prima volta sotto i 25 anni, votare per il Senato.
E gli esperti consultati da Agendadigitale.eu sono scettici sulle nuove mosse dei politici italiani.
Del resto, ai giovani è stato promesso di tutto e il suo opposto: l’abolizione del numero chiuso all’università e il ripristino del più inutile degli obblighi, il servizio militare; l’abolizione delle “devianze” a colpi di sport e detassazione totale fino a 25 anni, ma anche una dote di diecimila euro al compimento dei 18 anni; l’allungamento della scuola dell’obbligo, l’abolizione degli stage e dei tirocini gratuiti. Nessuno ha promesso loro un lavoro, ma c’è chi ha augurato “viva le devianze”.
In questo turbillon di promesse, ai giovani deve essere rimaste impresse solo una manciata di barzellette raccontate da un leader ottuagenario. Sul loro futuro invece incomberanno le insistenti richieste di scostamenti di bilancio da parte dei politici: un altro modo per erodere il futuro ai giovani, lasciando loro in eredità altri debiti.
Lost in TikTok, un salto nel vuoto pneumatico delle promesse elettorali. Per i novelli TikTokers è previsto l’effetto boomerang? Lo abbiamo domandato a Massimiliano Panarari, professore di sociologia, Francesco Nicodemo, esperto di comunicazione e innovazione digitale, e Vincenzo Cosenza, fra i massimi esperti italiani di social media e TikTok e Gabriele Iuvinale che ci illustra i problemi geopolitici legati all’uso di TikTok.
Politici italiani su TikTok
Hanno aperto i profili in maniera caotica e spesso senza sapere cosa dovessero fare e dove fossero. Alla prova video, sono apparsi impacciati, disorientati, finti, esilaranti o comunque fuori luogo. “Effetto cringe”, hanno decretato i ragazzi. Stranianti, li avrebbero definiti i teorici del teatro dell’assurdo.
Berlusconi: Tik-Tok-Tak
Per Silvio Berlusconi è stata l’ennesima discesa in campo su quello che lui chiama Tik-Tok-Tak. Rimarrà nella storia del tre volte Presidente del Consiglio (1994, 2001-2006, 2008-2011) l’espressione TikTok detournata in un nuovo “toc toc”. Se il profilo di Berlusconi su TikTok sembra una puntata di “Bim Bum Bam”, è anche vero che il racconto di barzellette è più innocuo di vuote o impossibili promesse.
In meno di 24 ore, il Cav (copyright Giuliano Ferrara) è passato da zero a 320 mila follower. Già nelle prime nove ore, aveva catalizzato 207 mila follower, superando Giorgia Meloni che si era fermata a 105 mila follower dopo ben sei mesi di presenza sul sito cinese.
L’ex Presidente del Milan e proprietario di Mediaset resta dunque il maestro dell’entertainment. I follower non sono elettori, ma nessuno potrà mettere in dubbio le sue capacità comunicative: banalizzarle è sempre servito solo a spiegare le cocenti sconfitte degli avversari o rimonte inaspettate come quella del 2013. Infatti, la barzelletta conta 3 milioni di visualizzazioni e 800 mila Like. E, per lo meno, non ha promesso nulla nel Paese dove ai figli servono cinque generazioni ovvero cent’anni per passare dal reddito basso dei padri al reddito medio nazionale.
Meloni gioca in difesa
Giorgia Meloni, che guida Fratelli d’Italia (FdI) ed oggi è in pole per superare Lega e Forza Italia e compete contro il Pd per vincere la sfida del voto popolare, potrebbe diventare la prima Presidente del Consiglio donna in Italia. L’applausometro, pur non avendo alcuna validità scientifica, l’ha già premiata sia al meeting di Rimini (dove solo la standing ovation a Mario Draghi l’ha messa lievemente in secondo piano) che a Cernobbio 2022, davanti alla platea degli imprenditori. Su TikTok, Meloni è arrivata prima, sotto il profilo temporale. Tuttavia è stata più timida dei suoi competitor. Si limita a riportare slogan, veloci e spesso apodittici, senza cercare di interpretare il social che è diverso da Facebook, Instagram o dal micro-blog Twitter. Infatti “Meloni sta giocando in difesa”, ha commentato Francesco Nicodemo, fondatore di Lievito Consulting e portavoce di Fondazione Italia Digitale (Fid), già autore di “Disinformazia: La comunicazione al tempo dei social media”. “Meloni”, gli fa eco Vincenzo Cosenza, Chief Marketing Officer di Boozole, ex Microsoft Italia e BlogMeter, autore del Blog Vincos.it, “ha forse un approccio classico, non fa contenuti appositi per TikTok, inoltre ricicla video e li ritaglia e infatti non sempre hanno il formato verticale adatto all’app“.
Conte in contropiede
Invece, Giuseppe Conte, a capo del M5S, ha imparato ad adattare il contenuto al media. “Si muove meglio di altri, perché almeno parla ai ragazzi”, secondo Nicodemo, recuperando quell’aspetto didattico e feeling popolare che aveva dimostrato nelle lunghe dirette in pandemia. “Anche secondo me Conte sta facendo bene”, conferma Cosenza, “e comunque meglio degli altri politici perché si sforza di produrre contenuti specifici per quel tipo di piattaforma, pur rimanendo ancora un po’ ingessato”. I margini di miglioramento dunque ci sono.
Infatti, l’ex Presidente del Consiglio, sta interpretando il social media con originalità. E i risultati sembrano dargli ragione, perché chi fa su TikTok ciò che già fa su Facebook o Instagram, commette due gravi errori: in primo luogo, i social sono diversi, con i loro algoritmi e necessitano un linguaggio diverso; in secondo luogo, TikTok è il social preferito della Generazione Z (e non dei Millennial), dunque ciò comporta un approccio differente.
Il Terzo Polo
Fuori sincrono e forse luogo, a tratti esilarante, è apparso anche Matteo Renzi che su Twitter aveva raggiunto l’apice ai tempi della sua ascesa. La sua presenza ha suscitato perplessità e un po’ di ilarità. Invece Carlo Calenda (il secondo più applaudito al Forum The European house Ambrosetti di Cernobbio 2022, dopo Meloni) si è piazzato davanti a videocamera (o smartphone) che registra mentre risponde a domande e illustra i programmi. Calenda, che già su Twitter è accusato di trasudare sarcasmo, qui rischia di apparire in veste di professore. Comunque non sa cogliere il linguaggio innovativo del social. Infatti “nutro dei dubbi su quelli sbarcati negli ultimi giorni, da Calenda a Renzi e Berlusconi”, mette in guardia Vincenzo Cosenza: “non solo perdono credibilità, ma dubito anche dell’efficacia di questi sbarchi. Infatti TikTok richiede mesi di lavoro per ottenere risultati. Invece, un mese prima delle elezioni il rischio è di sprecare forze. Tuttavia è significativo e interessante che tutti abbiano paura di perdere il treno della novità“.
Salvini è spontaneo
Infine, diamo uno sguardo a Matteo Salvini, colui che dominava la sua oliata macchina di propaganda, prima del declino dopo il discorso dei pieni poteri al Papeete e dei post in cui baciava salumi o si preparava merende ipercaloriche che avrebbero fatto scattare l’allarme “devianze” di Giorgia Meloni (una su tutte: il rischio obesità). Salvini sul social cinese sta recuperando in parte lo smalto del Capitano. “Fra gli storici”, sottolinea Cosenza, “Salvini ha la capacità di essere fresco e naturale. Più credibile verso il pubblico giovane. Salvini è più spontaneo nel modo di parlare e di porsi”.
Il Pd dà spazio ai creator
Fra l’effetto “cringe”, vince l’Amarcord di un nostalgico Berlusconi che sembra rimpiangere il Vhs e la calza messa alla videocamera per spianare le rughe e rendere più vellutato il viso. Ma, il sociologo Giovanni Boccia Artieri afferma a Formiche.net che solo il Pd sembra utilizzare il canale offrendo spazio a suoi creator. Ritiene che gli argomenti siano tagliati su misura dell’ambiente di condivisione.
Su TikTok sono dunque riusciti in pochi. Conte a recuperare il terreno perduto sui sondaggi, mentre a brillare è Alessandro Zan. Pronto a difendere i diritti civili, mette in discussione i controversi e reazionari post sulle “devianze”.
L’analisi degli esperti: i pro e contro dei politici su TikTok
Qualcuno deve aver detto ai politici che i giovani seguono i Reel di Instagram e sono presenti in massa su TikTok. Altrimenti non si capirebbe questa folle corsa verso un social media che, evidentemente, non conoscono e non sanno maneggiare. Su TikTok spopolano video velocissimi dove il sottofondo musicale fa la parte del leone. Balletti e duetti sono intervallati da interrogativi caustici e risposte taglienti. Le dirette video vedono protagonisti gli stickers, adesivi virtuali di oggetti improbabili incollati sul volto. Intanto gli utenti del social cinese consumano un video dopo l’altro, fino alla noia e passare ad altro.
TikTok non è un social in senso stretto: in parte segue i gusti degli utenti e in parte lo crea. Dunque stare su TikTok, un social che vanta oltre l’80% da giovani e giovanissimi utenti, richiede competenze specifiche. Ma i politici non l’hanno capito. Usando TikTok in questo modo, alla fine, secondo Rolling Stones, ci fanno nobilitare il “cörsivœ”.
“The content is the king” dichiara Nicodemo, parlando dei pro e contro della presenza dei politici su TikTok. E aggiunge: “Il motore di TikTok è intrattenimento, tuttavia, la politica ha bisogno più di accountability che di entertainment“, ed “ogni piattaforma certamente ha un suo stile – cosa che vale su ogni piattaforma social, comizio, radio, TV, cartacei e online. Ma i politici su TikTok devono evitare il cringe”, per “non perdere credibilità”. Almeno quella che è rimasta loro. “I politici”, se volevano dialogare coi giovani, “avrebbero potuto esplorare l’education”, consiglia Nicodemo.
“In generale, è positivo il tentativo della politica di svecchiare il modo di porsi”, apprezza Cosenza. “Tuttavia c’è sempre l’effetto ‘padre di famiglia’ per cui queste comunicazioni arrivano ai giovani come consigli paternalistici di cui i ragazzi non sanno che farsene. Dunque l’effetto trainante per il voto è tutto da verificare, ma al momento non appare così efficace”.
Massimiliano Panarari: La politica degli slogan si piega meglio al format
“Come tutte le piattaforme comunicative”, spiega Massimiliano Panarari, professore associato di Sociologia della comunicazione presso l’Università Telematica Universitas Mercatorum, “TikTok è uno spazio che può essere utilizzato in maniera strumentale, redditizio, con affordance e caratteristiche strutturali con le quali dobbiamo fare i conti”. Continua Panarari: “TikTok nasce con una vocazione di intrattenimento, con caratteristiche sia di durata temporale che come canale di video e musica che difficilmente si conciliano con la comunicazione politica”. “Invece è efficace il politico che riesce a declinare in pillole o a far passare dei messaggi o ancor più a suggestionare riuscendo ad aderire a queste modalità comunicative”.
Tuttavia, “riuscire ad esserci”, conclude Panarari, “è un enorme vantaggio perché i giovani italiani sono massicci fruitori di TikTok. Il centro-destra è arrivato prima e la discesa in campo di Berlusconi conferma la predisposizione all’innovazione comunicativa da parte dei conservatori o destra dichiarata, perché una politica fatta di slogan, a volte apodittici, che asseconda tendenze profonde della società, riesce meglio a stare in questo contenitore”.
I rischi geopolitici del soft power cinese
TikTok non è un vero social. Infatti, permette agli utenti di navigare attraverso i contenuti senza rete di contatti, di persone da cui i follower possano ricavare i contenuti digitali. L’algoritmo è inoltre ignoto a tutti. Nessuno lo conosce, ma sappiamo che impara a consigliare cosa guardare, proponendo all’improvviso anche contenuti inattesi e imprevedibili, in grado di sorprendere l’utente.
Ma a sottolineare i rischi geopolitici di TikTok, società di proprietà del colosso cinese ByteDance, è Gabriele Iuvinale, studi giuridici, che cura il blog ExtremaRatio, incentrato su geopolitica e diritto internazionale, dopo aver curato una rubrica settimanale sul canale YouTube della Fondazione Einaudi con l’economista Fabio Scacciavillani. Iuvinale punta il dito contro il soft power cinese: “In politica sono favorevole all’uso dei social. Il problema di fondo è che le regole vengono decise unilateralmente dal proprietario/gestore e qui si pongono questioni molto delicate”.
“In primis di sicurezza nazionale e di mitigazione delle influenze malevoli nei processi democratici (casi di Russia e Cina sono noti). I social media cinesi sono un problema serissimo perché sono tutti sotto il controllo del PCC e ci sono rischi di trasferimento illegale di dati e di spionaggio di Stato, anche attraverso l’uso di imprese appaltatrici fuori Cina difficilmente individuabili”, continua Iuvinale.
“Le regole introdotte dal PCC sono tutte orientate in quel senso. Pensa al rischio che c’è stato nelle scorse olimpiadi invernali di Pechino quando gli atleti stranieri hanno dovuto far uso di cellulari ad hoc. TikTok verrà probabilmente vietato in USA, Australia, India e altri proprio per questi problemi. La mia idea è quella di creare un gruppo di lavoro ministeriale che si coordini con i Paesi all’avanguardia come USA, Australia e Canada che hanno avuto i maggiori problemi di interferenze nelle elezioni per la presenza della diaspora cinese”.
“Bisogna elaborare regole ad hoc”, conclude Iuvinale, “che però non devono essere invasive perché altrimenti si rischia di far ricadere tutto nel perimetro della sicurezza nazionale e vietare ogni cosa. Vanno quindi classificate le condotte ritenute ‘illegittime’ e introdotte regole. Il problema maggiore è la propaganda che passa sui social sviluppata con l’uso di farm bot. Ecco qui ci deve essere un intervento serio dei gestori dei social anche se non è semplice. La discrezionalità di cui godono i social è giusta ma c’è sempre un risvolto della medaglia. Su questo lato c’è da lavorare. In sintesi, i social in politica sono un bene, un quid pluris per il cittadino in termini di conoscenza ma devono essere poste regole per evitare che si ripeta ciò che è accaduto negli USA nelle scorse elezioni”.
“Sul tema della lotta alla disinformazione anche sui social è molto attivo il Global Committé for the rule of law Marco Pannella di cui è Presidente Giulio Terzi di Sant’Agata”, già ex ministro degli Esteri del governo Monti, candidato di FdI e in predicato di tornare alla Farnesina nel caso di formazione di un governo di centrodestra.
Le problematiche legate a TikTok
Il problema principale è che i politici su TikTok non si pongono i problemi di privacy e di trasferimento di dati, dal momento che TikTok archivia i dati a Singapore e negli Stati Uniti e il data center di Dublino potrebbe non arrivare prima dell’anno prossimo.
Il New York Times ha adombrato legami oscuri fra il social media, il Partito comunista cinese (Pcc) e la propaganda cinese. Inoltre i trecento dipendenti di TikTok e della sua capofila ByteDance hanno in passato lavorato per media statali cinesi. Quando TikTok con il suo algoritmo orienta i mood, in maniera non trasparente, pone problemi di influenza cinese. Ma i server situati in Cina pongono problemi di privacy e sicurezza nazionale. L’Esercito americano ha messo al bando l’app sugli smartphone del governo federale. Forse il TikTok Cyber Advisory dello Chief administrative officer della Camera dei rappresentanti degli Usa avrebbe dovuto raccomandare prudenza e cautela anche ai politici italiani.
Conclusioni
Le elezioni politiche italiane, dopo lo scioglimento anticipato delle Camere e il benservito di tre partiti (M5S, Lega, FI) al governo bipartisan guidato da Mario Draghi, cadono in un momento cupo per l’Europa. Durante la guerra in Ucraina, invasa dalla Russia, mentre la fiammata inflazionistica post-lockdown brucia gli stipendi e durante una pandemia (che la campagna vaccinale ha finora messo sotto controllo) che non è ancora finita (sono quasi 7 milioni gli italiani non ancora vaccinati, una mina vagante in autunno).
In questo scenario politico, vedere leader politici fare faccette e collezionare figure imbarazzanti su TikTok lascia perplessi gli elettori e chi ci guarda dall’estero. Un ex Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi, protagonista di un trentennio di vita politica) è diventato il “meme del trash italiano”.
Una buona campagna elettorale dovrebbe almeno riuscire a portare gli elettori a votare. I giovani alle urne. Invece, i politici su TikTok potrebbero creare ancora più disaffezione.
Unico vantaggio certo di questo sbarco su TikTok sembra quello di fare parlare di più di sé. Ma non su TikTok, bensì sui media tradizionali. Non è però l’obiettivo originario: coinvolgere i giovani.
Social pieni, urne vuote? Sarebbe l’ennesimo crac di una classe politica. Un nuovo fallimento, dopo aver mandato via Draghi. I politici su TikTok intanto bruciano la propria credibilità, mettono a rischio la sicurezza dei dati e sollevano nuove questioni geopolitiche. Nessuno sentiva la necessità di nuove tensioni fra democrazie liberali e dittature.
Nelle dittature gli autocrati sono feroci e soffocano ogni libertà, ma sono inavvicinabili anche nel digitale. Non si sognano di aprire profili su TikTok. Temono che un bambino, guardando i video, dica che il re è nudo.
I nostri politici invece sono avventuristi e temerari sui social. Forse su TikTok è più facile raccontare barzellette e scandire slogan invece di spiegare come tenere in ordine i conti pubblici. Intanto, a vanificare tutte le irrealizzabili promesse dei politici su TikTok da qui al 25 settembre, ci penserà la realtà. Riporterà presto tutti coi piedi per terra.