Money Dysmorphia

La ricchezza irrealistica sui social: così alimenta la nostra ansia finanziaria



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I social media, ormai parte integrante della vita quotidiana, influenzano le nostre percezioni e comportamenti. Studi recenti rivelano che l’esposizione a ideali finanziari irrealistici su queste piattaforme alimenta l’insicurezza economica, specialmente tra i giovani. Questa tendenza, nota come dismorfia monetaria, solleva preoccupazioni sulla salute mentale

Pubblicato il 14 giu 2024

Marco Lazzeri

Cyberpsicologo e formatore della didattica innovativa, esperto in realtà virtuale



social influencer disturbi alimentari

I social media hanno assunto un ruolo centrale nella vita di milioni di persone in tutto il mondo. Queste piattaforme influenti permeano le nostre giornate, plasmando le nostre interazioni sociali, le nostre percezioni e i nostri comportamenti. Con un semplice tocco dello schermo, possiamo connetterci istantaneamente con amici, familiari e una vasta rete di contatti globali. Tuttavia, questa ubiquità dei social media porta con sé sfide e riflessioni.

Money Dysmorphia: una nuova forma di insicurezza finanziaria

La costante esposizione a una varietà di contenuti, dalle notizie alle opinioni personali, può influenzare significativamente il nostro modo di pensare e percepire il mondo che ci circonda. Verso la fine del 2023, si è osservato un marcato aumento del senso di precarietà finanziaria tra gli utenti, il quale ha generato una crescente insicurezza relativa alla propria situazione economica, indipendentemente dall’effettiva realtà oggettiva. Questa tendenza è emersa in seguito alla pubblicazione di uno studio commissionato da Intuit Credit Karma (2024) che ha rivelato un dato allarmante: il 29% degli americani è affetto da dismorfia monetaria, anche nota come Money Dysmorphia.

I social e la correlazione tra la situazione finanziaria individuale e i disturbi mentali

Questa tendenza risulta particolarmente evidente all’interno delle fasce più giovani della popolazione. Nello specifico il 43% della generazione Z e il 41% dei millennial sono affetti da tale condizione, mentre il 25% della generazione X e solo il 14% degli intervistati di età pari o superiore a 59 anni ne risultano influenzati. Sebbene al momento sia sprovvista di una base scientifica consolidata, questa crescente incertezza, alimentata dall’esposizione a ideali finanziari irrealistici, pone l’attenzione sull’analisi approfondita dei meccanismi intrinseci dei social media e sulla valutazione accurata della possibile correlazione tra la situazione finanziaria individuale e i disturbi mentali. (Karim et al., 2020)

Le piattaforme social hanno assunto un ruolo centrale nella vita quotidiana di un vasto numero di individui, con molte persone che dedicano una considerevole quantità di tempo a piattaforme come Messenger, Instagram e Facebook. (Bartosik-Purgat et al., 2017).

L’illusoria perfezione delle vite esposte sui social

Negli Stati Uniti, l’uso degli smartphone tra gli adolescenti è cresciuto in modo significativo, passando dal 44% nel 2012 all’89% nel 2018. Questo aumento è stato accompagnato da un incremento delle attività sui social media, soprattutto durante la fase di transizione dall’adolescenza alla giovinezza adulta. Nel corso del 2019, il numero globale di utenti attivi sui social media ha superato la cifra impressionante di 3,484 miliardi (Newman et al., 2019; Kim, 2017), evidenziando l’ampia portata di questo fenomeno e la sua rilevanza sociale e culturale. All’interno di queste community, le persone tendono ad essere estremamente selettive riguardo a ciò che condividono, mostrando frequentemente solo gli aspetti “perfetti” delle loro vite, come successi personali, rappresentazioni irrealistiche di ricchezza o immagini gratificanti (Siibak, 2009; Gonzales & Hancock, 2011). Questo comportamento riflette il desiderio di presentarsi in modo positivo e di mostrare il proprio “io ideale” (Rosenberg & Egbert, 2011; Vogel & Rose, 2016) manifestando la volontà di raggiungere un livello di popolarità e di ricchezza economica paragonabile agli altri.

Social e depressione: il potere dei confronti

Sebbene le preoccupazioni relative all’uso dei social media potrebbero essere eccessive (Berryman et al., 2018) numerosi studi hanno evidenziato come l’uso prolungato di piattaforme quali Facebook, può essere correlato al manifestarsi di sintomatologie negative causate dall’ansia, lo stress e dalla depressione (Coyne et al., 2020; Escobar-Viera et al., 2018; O’Reilly et al., 2018)

Secondo Festinger (1954) le persone mostrano una tendenza intrinseca a paragonarsi agli altri. Questo processo può manifestarsi in due modalità distinte: il confronto verso il basso ed il confronto verso l’alto.

Nel confronto verso il basso si verifica quando le persone si paragonano a individui che si trovano in una situazione peggiore. Questo tipo di confronto spesso porta a una valutazione positiva di sé stessi e a un miglioramento del proprio umore (Wills, 1981; Pyszczynski et al., 1985). Al contrario, il confronto verso l’alto si verifica quando gli individui si confrontano con persone percepite come superiori a loro stessi. Questo tipo di confronto può incoraggiare gli individui a perseguire obiettivi simili ai loro modelli di riferimento, ma può anche generare sentimenti di insoddisfazione e una percezione ridotta dell’autostima (Emmons & Diener, 1985; Taylor & Lobel, 1989; Wheeler & Miyake, 1992). Ulteriori ricerche condotte sui social media hanno dimostrato che l’interazione passiva sui social media, come la lettura dei post altrui, mostra una correlazione più marcata con la depressione rispetto all’interazione attiva, come la pubblicazione di nuovi contenuti.

La depressione, una delle condizioni più diffuse nel panorama dei disturbi mentali, è caratterizzata da una serie di sintomi tra cui: una persistente tristezza, perdita di interesse o piacere, sentimenti di colpa dovuti ad una bassa autostima, alterazioni del sonno, nonché affaticamento e difficoltà di concentrazione (World Health Organization; 2017).

Trattamenti efficaci per la depressione

È fondamentale ricordare che la depressione è una condizione curabile. Esistono diverse opzioni di trattamento efficaci che possono aiutare le persone a superare questa sfida e a ritrovare la luce, vivendo una vita piena e appagante.

I farmaci antidepressivi rappresentano un pilastro fondamentale del trattamento. Agendo sui neurotrasmettitori del cervello, come la serotonina e la noradrenalina, aiutano a migliorare l’umore, ridurre l’ansia e aumentare i livelli di energia. Accanto ai farmaci, la psicoterapia cognitivo-comportamentale (TCC) svolge un ruolo cruciale nel trattamento della depressione poiché aiuta i pazienti a identificare e modificare i pensieri negativi e i modelli comportamentali disfunzionali che contribuiscono al mantenimento della malattia. Questo approccio terapeutico incoraggia i pazienti a esaminare in modo critico i propri schemi di pensiero e a sviluppare strategie per affrontare in modo più efficace le sfide quotidiane (Beck et al., 1979).

Stress finanziario come determinante economico della depressione

La depressione è influenzata da una serie di fattori che possono essere categorizzati in determinanti immediati e distali. Tra i primi, rientrano la disoccupazione, il basso status socioeconomico, la limitata istruzione, il reddito insufficiente e la carenza di reti sociali (Antunes et al., 2018; Lund et al., 2018) Tra i determinanti distali, invece, spiccano l’ineguaglianza di reddito e le caratteristiche strutturali dell’ambiente in cui un individuo vive.

Nella ricerca condotta da Guan et al. (2022), lo stress finanziario è stato identificato come un determinante economico della depressione. Al fine di valutare più approfonditamente la correlazione tra questi due elementi, è stata condotta un’analisi sistematica di 40 studi osservazionali. La maggior parte delle evidenze esaminate ha indicato una correlazione positiva tra lo stress finanziario e la depressione.

Impatto delle difficoltà finanziarie sulla struttura del cervello

In una indagine presentata sulla rivista Social Cognitive and Affective Neuroscience (Butterworth et al., 2012), è stata esaminata l’eventuale correlazione tra le difficoltà finanziarie e una riduzione delle dimensioni dell’ippocampo e dell’amigdala. L’amigdala rappresenta un componente essenziale del sistema limbico, svolgendo un ruolo cruciale nell’elaborazione delle emozioni, nella memoria e nel comportamento. La sua complessa rete di connessioni con altre aree del cervello le permette di influenzare una vasta gamma di funzioni cognitive e comportamentali (LeDoux J., 2003)

Nello studio in questione, il campione sottoposto a esame includeva 431 adulti, la cui età variava tra i 44 e i 48 anni, i quali sono stati sottoposti a risonanza magnetica strutturale (MRI). Successivamente, la segmentazione volumetrica è stata condotta utilizzando Freesurfer, un software specializzato per l’analisi delle immagini cerebrali.

Le misurazioni volumetriche dell’ippocampo e dell’amigdala, sia destro che sinistro, sono state impiegate come indicatori di atrofia cerebrale. Dall’analisi dei risultati emerge che i partecipanti che hanno segnalato difficoltà finanziarie mostravano volumi significativamente ridotti dell’ippocampo e dell’amigdala, rispetto a coloro che non avevano riportato tali difficoltà durante l’intervista standardizzata.

Quando una persona sperimenta stress finanziario, questo può attivare l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, provocando la produzione di ormoni dello stress come il cortisolo. Esistono però altri percorsi biologici e neurologici attraverso i quali lo stress finanziario potrebbe esercitare un impatto sulla struttura cerebrale, anche se non sono specificamente citati in questa ricerca. Tra questi, la neuroplasticità, il flusso sanguigno cerebrale e la neuroinfiammazione rappresentano rilevanti aspetti che possono influenzare la salute e la funzione cerebrale nel lungo periodo.

Verso una società più consapevole delle finanze personali

Alla luce di tali evidenze, emerge l’importanza cruciale di adottare politiche mirate a ridurre le disparità socioeconomiche e a mitigare lo stress finanziario, al fine di promuovere il benessere mentale e fisico della popolazione. Comprendere meglio i meccanismi che sottendono alla dismorfia monetaria e sviluppare strategie per promuovere una percezione più sana delle finanze personali nelle culture digitali rimane imperativo. Risulta fondamentale creare un ambiente online più inclusivo e meno orientato al confronto sociale, che promuova una visione più realistica della vita. Affrontare questa sfida richiede un impegno collettivo per promuovere una cultura finanziaria più consapevole e per creare ambienti online che favoriscano la salute mentale e il benessere individuale. Solo attraverso sforzi congiunti a livello scientifico, sociale e culturale possiamo sperare di mitigare gli effetti negativi della dismorfia monetaria e costruire una società più equa e inclusiva per tutti.

Bibliografia

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