Mentre in Italia il dibattito sull’Università e la ricerca è ormai limitato alla palude delle normative burocratiche restrittive imposte dalla sciagurata legislazione Gelmini (legge 270 e seguiti). Che impongono restrizione, tagli lineari e una estrema burocratizzazione del lavoro universitario, nessuno al Ministero si è accorto che negli Stati Uniti e negli altri paesi sviluppati si è iniziato a discutere di un nuovo modello di Università, che renda più sostenibili i costi del sistema e lasci intravedere un futuro diverso delle Università globalizzate e aumentate dalla tecnologie. All’origine di questo dibattito c’è il fenomeno dei Moocs. I Mooc(Massive Open Online Courses) sono dei corsi on-line aperti pensati per una formazione a distanza che coinvolga un numero elevato di utenti (i primi Moocs hanno coinvolto docenti fama internazionale che vi hanno dedicato un impegno notevole). I partecipanti accedono ai contenuti e alle verifiche dell’apprendimento via web. Si tratta di uno dei più recenti sviluppi della didattica digitale universitaria.
In estrema sintesi, un Mooc è un corso o un insieme di corsi diffusi via Web, prodotti ed erogati utilizzando una suite di tecnologie 2.0, nella maggior parte dei casi utilizzando il video per la erogazione e piattaforme e strumenti di content e learning management, prevalentemente open source. L’autorevole sito www.moocs.co li definisce “free non-degree online courses with open unlimited global enrollment to anyone who desires to learn, and regardless of their current educational level”.
I Mooc hanno cominciato a diffondersi nel 2007 – 2008. Nel 2011 l’Universita’ di Stanford lancia tre corsi, di cui l’Introduction to Artificial Intelligence, di Thrun e Norvig, raggiunse rapidamente i 160.000 utenti. Sì 160.00 utenti. Rapidamente, visto il successo delle iniziative pionieristiche si è passati a forme più strutturate di governance, tra cui vanno citate:
a. quelle totalmente non-for-profit, come ad es. il MITx del MIT, successivamente evoluta in edX (vedi www.edx.org), a cui hanno rapidamente aderito diverse importanti Università sia americane che di altri continenti (per l’Europa, ad es., Delft e Ecole Politechnique di Losanna), consorzio che recentemente ha annunciato una partnership con Google per sviluppare una piattaforma open source per Mooc.
b. quelle prevalentemente private, con la creazione di spin-off quali Coursera e Udacity.
Alla data odierna (ottobre 2013) il sito www.opencourse.com censisce 625 corsi online ad accesso libero.
L’offerta formativa potenzialmente erogabile con i Mooc amplia significativamente quanto accade per l’offerta formativa tradizionale e per l’e-learning tradizionale. Le principali forme, ma non le uniche, possono essere classificate secondo il soggetto erogante e secondo il segmento target da raggiungere. Riguardo al soggetto erogante possiamo distinguere in:
· corsi di Università a distanza con un minimo di supporto tutoriale. Ad esempio, GeorgiaTech (una delle migliori Università americane) ha deciso di offrire un corso magistrale in Computer Science a 6.600 Dollari per anno (circa un decimo del costo dei suoi corsi standard) grazie al fatto che, fatto un investimento iniziale di 2/3.000 Dollari per cfu, i costi di erogazione dei corsi si ridurranno di un fattore compreso tra 1/5 e 1/10.
· corsi di Università blended in cui i docenti, titolari dei corsi, usano i Mooc come supporti didattici multimediali riducendo il numero delle lezioni frontali che devono svolgere. Questa è la soluzione che impone cambiamenti contenuti all’organizzazione della didattica e potrebbe consentire di offrire agli studenti lavoratori percorsi personalizzati di apprendimento.
· corsi di Università sperimentali, in cui una libreria di Mooc consente a ciascun studente di scegliere (sotto la guida dei docenti) i Mooc che seguirà, semestre per semestre oltre ai pochi corsi che vengono invece erogati dai docenti della faculty. Questa è una soluzione innovativa, in cui si adotta un approccio che distingue decisamente il ruolo dei docenti dell’Università responsabili di un corso di studi e quelli che producono i Mooc, rendendo i programmi di studi flessibili anno per anno, sulla base delle esigenze degli studenti frequentanti e dei programmi che si vogliono realizzare.
Riguardo al segmento target da raggiungere, possiamo includere tutta una platea di figure che abbiano bisogno di formazione permanente, professionisti, dipendenti pubblici e privati e soggetti in situazione di outplacement. E’ importante sottolineare come questo approccio permetta potenzialmente di raggiungere gli ex-alunni dell’Università in quelle attività necessarie per formare una comunità e che opportunamente guidate possono essere la base per la formazione di una rete.
Anche il rapporto dell’Università con il territorio può risultare rafforzato, permettendo di definire strumenti di supporto per formazione blended potenzialmente personalizzabile e adattabile alle diverse realtà produttive presenti nel bacino di utenza.
Vedere i Moocs come una evoluzione della ormai diffusa didattica in elearning, erogata attraverso l’uso di piattaforme Open source come Moodle, ovvero in taluni casi proprietarie, appare limitativo, come cercheremo di mostrare nelle considerazioni successive. In particolare, è la diffusione e accesso attraverso Internet che fornisce ai Mooc una valenza nuova, permettendo di raggiungere una platea mondiale e superando le barriere spaziali e temporali. I Mooc potrebbero rappresentare un salto quantico nella didattica universitaria e nel medio periodo mettere in crisi tutto il sistema dal momento che nulla esclude che le Università USA o Coreane o Inglesi aprano “filiali” in Italia per erogare attraverso questo sistema innovativo corsi di altissima qualità a costi compatibili. Come ci rapportiamo in Italia a questo fenomeno? Per adesso, come spesso accade con le innovazioni ad alto potenziale e ad alta complessità, c’è solo un assordante silenzio.
I Mooc rappresentano invece un’occasione interessante per l’Università italiana, se essa decide di confrontarsi seriamente con processi di innovazione radicale che sono in movimento nelle università del mondo anglosassone. Essi infatti diventano un passaggio obbligato se l’Università decide di diventare più efficiente e migliore (sui terreni della ricerca, della didattica, e della terza missione) senza pretendere un innalzamento dei fondi che lo Stato le destina.
Sul terreno della didattica, infatti, “fare di più con meno” non è possibile (con buona pace del Ministero che spera di ottenerlo con norme sempre più “vessatorie”), se non si pensa di cambiare il mix di fattori che costituiscono l’insegnamento superiore, aumentando il peso degli prodotti formativi e dei contenuti digitali per l’apprendimento e riducendo e ri-focalizzando il ruolo delle lezioni in aula e dei docenti.
I Mooc, come prodotti formativi, sono un salto di qualità decisivo. Essi, infatti, si propongono come una nuova famiglia di supporti didattici molto efficaci, tramite i quali ci si propone sia di cambiare le Università esistenti che di istituire sia una nuova generazione di Atenei on-line di alta qualità. Si tratta di offrire corsi video con esercitazioni on-line da usare come corredo didattico nell’ambito di corsi universitari, ovviamente supportati da tutoraggio ed esercitazioni on-line e in presenza. Niente a che vedere con le Università telematiche Italiane: vere e proprie “truffe” legalizzate. Esamifici virtuali che a fronte di pagamenti ingenti garantiscono lauree. Al o oltre il limite della legalità (vedi a questo proposito una antica ma sempre valida nei contenuti inchiesta condotta con Maria Novella De Luca di Repubblica)