L’anno che è appena cominciato, come ogni anno, ha portato con sé una ricca produzione di contenuti su idee futuribili, nuove tendenze, concetti da tenere sotto osservazione, nonché tutta una serie di discorsi che ricordano le aspettative del passeggere di leopardiana memoria viste con gli occhi di un cittadino del XXI secolo.
Proverò allora a delineare quali saranno le caratteristiche della società digitale prossima ventura.
Mercato tech, dalla grande crisi nascerà la prossima rivoluzione
I segnali da osservare per delineare il futuro della società digitale contemporanea
Un tale obiettivo potrebbe sembrare poco realistico. Da un lato perché siamo ancora nel primo ventennio del nuovo secolo, che ha ancora troppi legami col secolo appena trascorso. Dall’altro perché potrebbe suonare arbitrario, come d’altronde lo sono tutte le analisi che usano il contemporaneo per ipotizzare cosa riservi il futuro. Però gli anni che ci siamo lasciati alle spalle sono stati così saturi di crisi sociali globali – tra le altre: la crisi economica del 2008, l’acuirsi del surriscaldamento climatico dal 2010, l’attacco del mondo digitale alle democrazie del 2016 (anno dell’elezione di Donald Trump e del referendum Brexit), la pandemia del 2020, la guerra Russo-Ucraina del 2022 – che interagendo con i processi sociali in corso stanno delineando uno scenario che sta avendo delle caratteristiche piuttosto visibili e che nascono da un nuovo livello di complessità su cui il digitale ha svolto un ruolo.
A questo punto la questione diventa: quali sono i segnali da tenere sotto osservazione per delineare il futuro della società digitale contemporanea?
A mio avviso i segnali fondamentali sono sostanzialmente tre: l’ascesa delle nuove tecnologie autonome, l’ibridazione fra spazi fisici e luoghi digitali, la costruzione della soggettività cyborg.
L’ascesa delle nuove tecnologie autonome
L’ascesa delle nuove tecnologie autonome può essere fatta corrispondere alla crescita delle tecnologie in grado di utilizzare grandi quantità di dati – e pertanto figlie dei big data – per compiere scelte e decisioni sostanzialmente autonome. Rientrano in questa categoria una vasta rappresentanza di tecnologie digitali: dagli algoritmi delle piattaforme social ormai sempre più pervasivi, alle varie forme che ha assunto l’intelligenza artificiale (per esempio: machine learning, deep learning, GAN) e che prende forma in diversi dispositivi che vanno dagli assistenti virtuali degli smartphone, agli smart speaker ad altri prodotti maggiormente specializzati (Mühlhoff 2020). Quello che accomuna queste tecnologie molto diverse fra loro è la capacità di poter compiere delle scelte – più o meno complesse – in modalità prevalentemente autonoma sulla base dell’analisi di grandi quantità di dati. Il fatto di elaborare enormi moli di dati su cui effettuare delle scelte fa sì che queste tecnologie non siano solo dispositivi tecnici, ma siano dei soggetti sociali a tutti gli effetti. Al momento queste tecnologie hanno un campo di applicazione di nicchia e le scelte che compiono sono molto limitate, ma ciononostante possono essere considerate soggetti sociali che si inseriscono in una nuova categoria assieme ai soggetti micro-sociali (individui, opinion leaders, leader carismatici, …) e ai soggetti macro-sociali (gruppi, organizzazioni, istituzioni, strutture collettive, …). In continuità con questa nomenclatura, potremmo chiamarli soggetti tecno-sociali, ovvero una nuova categoria di soggettività sociali che si presentano come degli attori non umani – definizione sociologica della actor-network theory (Latour 2007) – che si inseriscono nel tessuto della società contemporanea.
Potenzialità e conseguenze degli attori tecno-sociali
Esistono diversi modi per dimostrare potenzialità e conseguenze di questi attori tecno-sociali: a mio avviso la migliore e più recente è il nascente dibattito sulle sintografie (termine usato per la prima volta da littlepinkpebble 2022), ovvero sulla possibilità di generare immagini da parte delle intelligenze artificiali a partire da una descrizione testuale dell’immagine da generare e creata da applicazioni come Midjourney, DALL-E, Playground AI. La questione che stanno sollevando questi software è legata al futuro delle professioni creative. In primo luogo, sulla sostenibilità della figura del grafico o dell’illustratore, quando queste tecnologie sono in grado di produrre tantissime immagini in poco tempo e a costi molto bassi. In secondo luogo, sulla compatibilità di questi prodotti con l’attuale mercato delle immagini, sollevando questioni come l’attribuzione del corretto copyright e su come gestire i diritti dei database che questi software utilizzano per produrre le immagini. In ultima analisi la questione della creatività: fino a che punto sono da considerarsi creative queste immagini? Non c’è il rischio di un processo di omologazione estetica derivante da un uso così massiccio di intelligenze artificiali? Tutte domande che al momento sono senza risposta e che stanno surriscaldando notevolmente i rapporti fra content creator di immagini e sostenitori delle tecnologie per le sintografie.
In estrema sintesi, le tecnologie del XXI secolo stanno diventando soggetti sociali: dotate di un arbitrio computazionale, non ancora libero, non ancora consapevole. Almeno per ora.
L’ibridazione fra spazi fisici e luoghi digitali
Il secondo segnale da tenere sotto osservazione è l’ibridazione fra spazi fisici e luoghi digitali. La pandemia del 2020 ci ha ormai abituati a vivere in contesti fisici fortemente tecnologizzati in cui è possibile essere digitalmente presenti in luoghi geograficamente distanti. Questo processo è iniziato con la telefonia mobile che ci ha abituati ad essere socialmente connessi in modo perpetuo Katz, Aakhus 2002).
La dinamica si è istituzionalizzata dall’ingresso dei social che hanno reso la compresenza fisica-digitale una pratica quotidiana con forme diverse: la disattenzione da smartphone (come nel caso degli incidenti automobilistici), la duplicazione dell’esperienza fisica negli spazi digitali (come il live streaming), la costruzione del doppelgänger digitale (come nella presentazione del sé nei profili social). Ma è con il lockdown del 2020 che tali processi sono stati radicalizzati dall’utilizzo massiccio di piattaforme per la presenza a distanza (telepresenza, videoconferenza) a scopi collaborativi come Zoom, Google Meet, Microsoft Teams.
La logica evoluzione di questo processo è rappresentata dai metaversi, spazi digitali immersivi più o meno decentrati che attraverso varie strategie di digitalizzazione dello spazio – dalla realtà virtuale alla realtà aumentata – creano un oggetto ibrido con i vincoli della fisicità ma le opportunità del digitale. Il dibattito sul metaverso è un ottimo punto di accesso per comprendere i problemi – e le opportunità – degli spazi ibridi fisico-digitali (Bennato 2022). Quali sono i diritti degli avatar nei metaversi? Fino a che punto è legittima l’esistenza di metaversi esclusivamente privati? Quali sono i rapporti legali fra un individuo e il suo avatar? Sono tutte domande che al momento fanno parte dell’opinione pubblica più tecnologizzata, ma che rapidamente entreranno a far parte del dibattito pubblico e politico.
La questione in gioco è che lo spazio sociale non è più definito dalle mura delle architetture, ma dalle pareti delle stanze virtuali: liberi dal cemento, ma vincolati dagli algoritmi.
La costruzione della soggettività cyborg
Il terzo segnale da osservare è la costruzione della soggettività cyborg. Con questa locuzione si fa riferimento alla possibilità di esercitare la propria identità fisica e sociale attraverso le tecnologie digitali che possono essere addosso a noi – smartphone, smartwatch, smartglasses – dentro di noi – neuralink, biosensori sottocutanei, organi artificiali – intorno a noi – avatar, doppi digitali, assistenti virtuali smart (Lupton 2014). Il dibattito su questi temi ha assunto forme diverse, dalle filosofie postumane – che si interrogano sui limiti del concetto di umanità – alle ideologie transumane – secondo cui la prossima fase evolutiva dell’uomo è rappresentata dall’ibridazione dei limiti del corpo fisico con le possibilità permesse dalle tecnologie bio-cibernetiche.
Questi sono temi evidentemente appannaggio delle riflessioni futuristiche e futuribili, ma se invece ci limitiamo all’uso del cyborg come metafora interpretativa, possiamo considerare che la condizione sociale contemporanea né solo umana né solo tecnologica, sta sollevando questioni delicate che non sempre il pensiero del secolo precedente è in grado di affrontare. Un caso celebre in questo senso è la richiesta di Oscar Pistorius nel 2008 alla IAAF (International Association of Athletics Federation – Federazione internazionale di atletica leggera) di poter gareggiare con gli atleti tradizionali alle Olimpiadi di Pechino del 2008 nonostante fosse dotato protesi che sostituiscono le sue gambe amputate in giovane età. La IAFF si espresse negativamente affermando che le protesi gli garantivano performance superiori alle gambe biologiche, dichiarando così di fatto Pistorius un cyborg-atleta che non poteva gareggiare con atleti umani (Bennato 2010).
L’uso della tecnologia di potenziamento umano (human enhancement) ha gli handicap come ambito sperimentale, ma diventando sempre più economici e diffusi potrebbe rappresentare delle libere scelte da parte di chi voglia sfruttare il potenziale di essere cyborg. Il dibattito – attualmente poco più che aneddotico – su chi si è fatto implantare chip sottocutanei o su chi preferisce partner robotiche o virtuali, sono solo avvisaglie dei temi che ci troveremo ad affrontare. Inoltre, la questione della soggettività cyborg avrà anche conseguenze socio-politiche perché è facile immaginare che le opportunità sociali consentite dalla tecnologizzazione dell’essere umano daranno vita a processi di resistenza e reazione a queste nuove forme di umanità che prenderanno le caratteristiche di atteggiamenti neoluddisti, ovvero di resistenza – ideologica, religiosa, politica – alla tecnologia, con il rischio che possano assumere anche forme estreme e violente.
Che la dimensione socio-politica del cyborg entri o meno nel dibattito pubblico, comunque, non ci impedisce di sostenere che noi tutti siamo diventati postumani: esseri umani potenziati da tecnologie che ancora non controlliamo (e non comprendiamo) completamente.
Conclusioni
Il XX secolo è stato caratterizzato da processi di istituzionalizzazione della modernità, una società nata da un nuovo ambito produttivo ed economico innescato dalla rivoluzione industriale che ha sconvolto tutte le forme antropologiche e sociali: individuo, cultura, istituzioni, politica, economia. Il XXI secolo raccoglie l’eredità del secolo precedente ma aggiunge un livello in più: la creazione di uno contesto sociotecnico nuovo come il digitale e le sue innumerevoli rappresentazioni a cui si aggiunge un potere trasformativo estremamente profondo che ha messo in crisi categorie che sembravano assodate.
La società che sta prendendo forma davanti ai nostri occhi è sicuramente complessa e articolata ma può essere rappresentata da una sola grande questione: quali sono i confini dell’umano e del sociale nel momento in cui si innestano le tecnologie digitali?
Bibliografia
Bennato, D. (2010), La circolazione delle tecnologie, in XXI Secolo, volume: L’Universo Fisico, Istituto dell’Enciclopedia Italiana Giovanni Treccani, Roma, pp.577-586, disponibile online all’URL: https://www.treccani.it/enciclopedia/la-circolazione-delle-tecnologie_(XXI-Secolo)/
Bennato. D. (2022), Sociologia del metaverso, tra immaginario e ideologie, “le Sfide”, n.11, Maggio, 100-107.
Jurgenson, N. (2012), When atoms meet bits: Social media, the mobile web and augmented revolution, “Future internet”, 4(1), 83-91.
Katz, J. E., Aakhus, M. (Eds.) (2002), Perpetual contact: Mobile communication, private talk, public performance, Cambridge, Cambridge University Press.
Latour, B. (2007), Riassemblare il sociale. Actor-Network Theory, Meltemi, Roma, 2022.
littlepinkpebble (2022, dicembre 23), R/midjourney – comment by U/Littlepinkpebble on “I do both syntography (AI art) and art and believe both should co exist.”, Reddit. Ultimo accesso gennaio 5, 2023, from https://www.reddit.com/r/midjourney/comments/zt6gl6/comment/j1d2lei/
?utm_source=share&utm_medium=web2x&context=3
Lupton, D. (2014), Sociologia digitale, Milano-Torino, Pearson, 2018
Mühlhoff, R. (2020), Human-aided artificial intelligence: Or, how to run large computations in human brains? Toward a media sociology of machine learning, “New Media & Society”, 22(10), 1868-1884.