Il Covid-19 ha imposto e sta imponendo una trasformazione accelerata dei business model delle compagnie, dei loro modelli operativi e anche del modo di lavorare.
Stiamo passando da un new normal a una situazione di never normal in cui dobbiamo essere in grado di trasformare gli effetti della pandemia in opportunità reali nei diversi mercati per le persone e per il Paese, accelerando il progresso verso una sostenibilità economica e sociale, costruendo così un futuro diverso, anche attraverso la tecnologia.
Il recovery plan offre a questo proposito un’opportunità unica per la svolta.
Facciamo un passo indietro e ripartiamo dal perché oggi la parola sostenibilità è diventata cruciale su qualunque tavolo (economico, politico, sociale e tecnologico) e quale ruolo hanno giocato le imprese in questo scenario.
Il focus ambientale e la transizione ecologica secondo le imprese
Un argomento interessante di discussione emerso nel corso dell’EY Sustainability Summit dello scorso 8 febbraio è il contesto ambientale che stiamo vivendo ed il ruolo che possono svolgere le aziende per la società civile e per sé stesse. È infatti un concetto ormai acquisito e condiviso il fatto che il ritmo di crescita dell’utilizzo di materie prime abbia raggiunto livelli non più sopportabili dal nostro pianeta, pena l’esaurimento delle stesse; altrettanto, se non peggio, dicasi per il livello di inquinamento che ci sta portando, oltre a fenomeni metereologici estremi sempre più frequenti, verso il limite di non reversibilità degli effetti prodotti. Se a questo aggiungiamo la naturale crescita demografica, ne deduciamo – per buon senso prima che per una puntuale analisi scientifica – la necessità di ripensare al modo in cui affrontare la nostra quotidianità cercando di diminuire il nostro impatto sull’ambiente.
Traslando questo obiettivo nell’ambito delle imprese, anch’esse devono necessariamente impegnarsi nella riduzione dei loro impatti e quindi immaginare il loro sviluppo economico in modo diverso; sviluppo economico e sviluppo sostenibile diventano dei sinonimi e non due qualificazioni, fra loro alternativi o complementari, con cui un’impresa può percorrere il suo futuro.
I tre ingredienti per delineare lo sviluppo sostenibile delle imprese
Il dibattito intercorso nell’EY Sustainability Summit, a sua volta basato sui risultati della ricerca del 2021 “Seize the Change: futuri sostenibili”, ha consentito di individuare 3 ingredienti fondamentali per delineare lo sviluppo sostenibile delle imprese:
- la consapevolezza dello scenario generale sopra descritto; non conoscere e non volersi rendere attori partecipi di questo contesto significherebbe ancorare al passato la propria azienda e gettare, quindi, le basi per il suo declino.
- Realizzare “un modo diverso di fare le cose”; il “fare le cose meglio”, paradigma di riferimento delle aziende considerate più sostenibili, non è più sufficiente perché il “meglio” ha dei limiti economici che impediscono alle aziende di migliorare i propri impatti oltre una certa misura. “Fare le cose diversamente” significa, invece, produrre gli stessi prodotti nelle stesse quantità (o fornire i medesimi servizi) secondo modalità che determinano un assorbimento di risorse naturali e/o l’emissione di rifiuti in misura inferiore; è il cosiddetto cambio di “modello di business”. Sarà compito di ogni azienda individuare i suoi impatti più rilevanti e agire cercando le soluzioni economicamente più sostenibili, in particolare sull’aspetto economico, modificando le modalità di lavoro che li determinano, facendo leva sulle sue competenze e risorse intellettuali e sulle tecnologie disponibili. In tal senso, l’ascolto e l’osservazione delle istanze che arrivano dalle comunità e dal territorio possono essere un’utile fonte di ispirazione e di indicazioni per la modifica del proprio modello di business, oltre che per fornire delle risposte per i relativi stakeholder.
- La capacità di diffusione delle aziende, ossia di estendere questa cultura e questo approccio sia lungo la filiera sia sul territorio e ai suoi stakeholder; la condivisione e l’emulazione sono il “carburante” migliore non solo per replicare in modo più rapido ed efficace questi comportamenti, ma anche per creare quel contesto socioculturale più sostenibile in cui le aziende stesse, le più virtuose, possono veder riconosciuti i propri risultati e il proprio impegno.
Le priorità per avviare il percorso verso la sostenibilità
In questa cornice caratterizzata da un’evoluzione del modello di business, quali sono le priorità per mettere a fuoco il percorso trasformativo verso la sostenibilità e come intraprenderlo?
Innanzitutto, è importante notare che il moto a cui abbiamo assistito è stato multi-fronte. La spinta al cambiamento è arrivata non solo dall’alto, verso una responsabilità normativa che ha permesso di concordare i target futuri con decine di Paesi (tra cui gli EU climate target previsti per il 2030, così come il Climate Neutrality al 2050), ma anche dal basso. Guidata dai consumatori, dai giovani e da tutti gli attori dell’economia che hanno manifestato un cambiamento di passo nelle loro scelte quotidiane. Dall’acquisto di prodotti fino alla scelta di un impiego, è emersa una chiara consapevolezza circa l’importanza di guardare non solo ai risultati immediati e circoscritti al proprio ecosistema, ma anche all’impatto che le decisioni di oggi hanno sul futuro di tutti noi e delle generazioni a venire.
E, incredibilmente, sono proprio questi moti ascensionali a metterci di fronte a scadenze più vicine rispetto a quelle normative. Una montagna che si è messa in moto. Eppure, lo scenario attuale ci pone ancora di fronte a molti meccanismi di funzionamento uguali a quelli di 40 anni fa. Sentiamo tutti l’esigenza di compiere una trasformazione, anche se attualmente ci sono delle resistenze e un impulso istintivo a riprendere la forma precedente rispetto a quella che è la profonda metamorfosi attesa.
Tre priorità per mettere a fuoco il percorso trasformativo verso la sostenibilità
E come sempre quando l’obiettivo è complesso, al fine di essere ambiziosi ma realistici è importante mettere a fuoco il percorso. Guardando le macro-sfide e le esigenze delle aziende – sia italiane che con respiro internazionale – vediamo tre priorità.
I prodotti devono essere sempre più “sostenibili”
La prima è nell’ambito dei Prodotti sostenibili. Dalla fase del disegno a quella della ricerca e sviluppo, all’industrializzazione e produzione, fino alla modalità di trasporto, consumo e riciclo, i prodotti devono essere sempre più “sostenibili”. Ovvero deve essere minimizzato il consumo di energia, acqua e scarti in fase di produzione e trasporto, si deve garantire il rispetto delle condizioni lavorative e idealmente dovrebbe essere possibile riciclare completamente tutto ciò che del prodotto non verrà utilizzato (ad esempio il packaging).
Il 60% dei consumatori richiede prodotti sostenibili e lo dimostrano anche alcune evidenze quantitative. Infatti, il mercato globale dei prodotti sostenibili è passato da pesare il 14,3% del totale dei beni di largo consumo nel 2013 al 16,6% nel 2018, ma soprattutto questi prodotti hanno rappresentato oltre la metà della crescita del mercato nello stesso periodo (Ricerca 2019 NYU Stern, IRI). La comunicazione si è già avviata su questi percorsi, dove è tuttavia richiesta una coerenza e consistenza diversa su tutta la catena del valore.
Focus sulle risorse umane
La seconda priorità, in ambito macro, è più afferente alle risorse umane. Riuscire a creare ambienti inclusivi, più aperti alle donne e ai giovani, in cui ci sia la giusta motivazione e il giusto bilanciamento vita lavorativa/privata offerto ai dipendenti in un continuo percorso di apprendimento (upskilling/reskilling), permette alle organizzazioni maggiore solidità, migliori performance economiche e flessibilità generando anche un effetto positivo verso l’esterno.
Perché i propri dipendenti sono anche gli ambasciatori verso la società e gli attuali meccanismi di comunicazione rendono sempre più trasparente i modi di operare a livello aziendale verso l’esterno.
Le tecnologie digitali
Infine, esiste un terzo elemento sottostante, che è quello sinteticamente riconducibile alle tecnologie digitali. Il ruolo che riveste la tecnologia digitale in questa trasformazione è fondamentale. Come dichiarato dal CEO di uno dei nostri clienti “Dei 169 SDG Target, 103 sono direttamente influenzati dall’Information and Communication Technology (ICT)”. La Tecnologia è sia un abilitatore che un fruitore della trasformazione.
In maniera esemplificativa, l’evoluzione infrastrutturale ci conduce verso scenari di “hyperscale green datacenters” ovvero datacenters di enormi dimensioni e alimentati al 100% da fonti rinnovabili che arrivano a ridurre, per le aziende che passano da soluzioni locali a cloud, fino al 90% delle emissioni di CO2 associate alla gestione dei sistemi informativi.
Esistono numerosi altri esempi di applicazioni della tecnologia, volti a perseguire obiettivi di sostenibilità: dall’adozione dell’intelligenza artificiale (AI) volta ad ottimizzare la fruizione delle infrastrutture, alla produzione massiva ed efficiente in agricoltura, fino all’aggregazione di dati provenienti da molteplici operatori dedicati all’ottimizzazione dell’offerta di mobilità pubblica e alla blockchain che è in grado di fornire la tracciabilità delle materie prime e la sicurezza delle informazioni fornite ai consumatori o ai cittadini.
Lo sviluppo tecnologico a sua volta dovrà essere oggetto di analisi, con l’obiettivo di misurare l’impatto delle stesse tecnologie su ambiente, persone, ecosistema e renderlo sostenibile. Infatti, non tutte le tecnologie innovative vanno verso una direzione di aumento della sostenibilità e niente più dell’uso che le aziende ne faranno, sarà la metafora di come si immaginano il futuro della società.
Nonostante le evidenze riportate, si evidenziano ancora alcune disconnessioni all’interno delle organizzazioni aziendali. Il ruolo dei leader in questa partita è centrale, sia per dare direzione e significato, partecipando in prima persona e mostrando il senso di responsabilità collettiva sia per garantire che i principi vengano tradotti in piani di investimento, in processi e in strumenti che ci permettano di proseguire questa transizione, dove chi rimane indietro rischia di non arrivare a destinazione.
L’opportunità del Recovery Plan
In un contesto allargato ai mercati, come faranno le aziende a compiere una trasformazione tale da mettere la sostenibilità al centro? La sostenibilità è allo stesso tempo uno straordinario impulso e una guida verso la trasformazione. Si pensi ad esempio al significativo cambiamento avvenuto nella “nuova mobilità”: il lavoro da remoto ha quasi dimezzato (-49%) il numero di viaggi effettuati e nel mercato italiano si registra un incremento di interesse per le soluzioni a motorizzazione ibrida (23%), plug-in (11%) ed elettrica (6%), in un contesto in cui la mobilità sostenibile è in grande crescita e dove lo sharing e altre modalità smart hanno nel mercato n valore di 230mld.
Nell’ambito di questa trasformazione è evidente che le aziende hanno una responsabilità crescente e sono gli stakeholder e i consumatori ad assegnargliela. Il Recovery Plan può essere la grande cornice che indica dove innescare questa accelerazione. È l’avvio di un processo senza precedenti nella direzione della transizione verde e digitale, che consente all’Unione Europea e all’Italia di essere protagonisti del Green Deal. Ed è anche l’occasione per ridurre le disuguaglianze di genere e lavorare a una vera sostenibilità intergenerazionale, correndo ulteriormente sul tema della digitalizzazione e innovazione. Accelerare il cambiamento, mettendo al centro la sostenibilità significa legare le nostre strategie ad obiettivi che pongono al centro la capacità di creare valore di lungo termine per la società e per nuove opportunità di business.
Scommettere sulla sostenibilità non è soltanto una scelta etica ma è anche una leva per il proprio business. La crescita globale degli investimenti sostenibili è costante e la pandemia ha rafforzato questa tendenza. Inoltre, le aziende più sostenibili sono poi anche le più resilienti come evidenziato in uno studio condotto dall’Harvard Business School su 180 compagnie statunitensi, che ha rivelato come le imprese più responsabili da un punto di vista ambientale e sociale siano quelle più efficienti e innovative, oltre che quelle meno soggette a rischi operativi e reputazionali.