Un’altra emergenza, oltre alla pandemia, occupa nuovamente in questi giorni le pagine dei quotidiani: quella climatica. Se anch’essa per essere affrontata richiede di accelerare la transizione digitale, va ricordato che l’auspicabile connubio con la sostenibilità ambientale non avviene senza un preciso intento.
La sostenibilità ambientale dell’ICT deve essere un requisito della transizione digitale, non ne è una mera conseguenza. Sta infatti a chi sviluppa le soluzioni ICT far pendere il piatto della bilancia dal lato dell’ambiente o dall’altro. Le applicazioni, i servizi, le innovazioni che noi creiamo determinano – quando vanno in uso – un saldo netto nelle emissioni GHG, che può essere negativo o positivo.
In altre parole, le emissioni diminuiranno (o saranno quanto più possibile contenute) se le applicazioni saranno state progettate considerando la sostenibilità ambientale un requisito.
L’impronta ambientale dell’ICT
Le ICT non sono innocenti nel progressivo peggioramento dello stato del nostro pianeta e nella crescita delle emissioni di gas serra. Se nel 2008 l’ICT aveva contribuito per il 2% delle emissioni globali di CO2eq, nel 2020[1] l’impatto del digitale in termini di gas a effetto serra si avvia a rappresentare il 3,7% di tutte le emissioni del pianeta, potrebbe raggiungere tra il 7 e l’8,5% nel 2025, per arrivare – all’attuale ritmo di crescita [2] – al 14% nel 2040[3].
Abbiamo già parlato in precedenza de l’impronta ambientale dell’ICT e dei nostri device sul Pianeta. In particolare abbiamo posto l’accento sui consumi energetici del digitale e visto come alcune applicazioni siano (prevedibilmente) particolarmente pesanti, come streaming, deep learning e criptovalute. Abbiamo poi visto il rapporto fra intelligenza artificiale e cambiamenti climatici che, come accade nell’ICT, ha potenzialità di segno opposto.
La pandemia ha creato delle opportunità per il digitale, come sottolinea Il Sole 24[4] quando cita gli specialisti ICT tra le professioni più richieste nell’ultimo bimestre del 2020 (secondi solo ai professionisti della sanità). Fra le figure ad elevata qualifica più cercate vi sono il software engineer e java software engineer, l’analista software, il sistemista/tecnico di rete; si cercano figure specifiche per piattaforme di comunicazione e formazione a distanza, sviluppatori e esperti di intelligenza artificiale.
Avevamo già parlato di come cogliere tali opportunità limitandone l’impatto ambientale evidenziando proprio come servano figure ad alta qualificazione specifica.
Sostenibilità del software e sostenibilità tramite software
In letteratura, i ricercatori di ingegneria del software hanno studiato la sostenibilità da almeno due punti di vista distinti: sostenibilità del software e sostenibilità tramite software. Il primo riguarda i principi, le pratiche e i processi che contribuiscono alla sostenibilità del software e ha principalmente un focus tecnico: focalizziamoci su questo.
Negli ultimi anni gli ingegneri dei requisiti e gli architetti del software hanno contribuito a definire la nozione di sostenibilità del software come requisito di qualità. Diverse iniziative hanno esplorato il contributo di alcuni attributi di qualità alle varie dimensioni della sostenibilità, confermandone la natura multidimensionale (es. dimensione ambientale, sociale, tecnica, economica e individuale). Tuttavia, poiché i sistemi software operano in ambienti dinamici, distribuiti e complessi, anche la sostenibilità del software dovrebbe essere studiata empiricamente in relazione al suo impatto su scale temporali differenti. Inoltre, le inter-dipendenze e le intra-dipendenze tra le dimensioni della sostenibilità devono essere comprese nelle prime fasi del ciclo di vita del software per supportare tutte le fasi di ingegneria del software – come la gestione dei requisiti, la progettazione del software, la valutazione del software e l’evoluzione del software.
Affinché questo approccio diventi non un’eccezione ma la regola si deve sviluppare una diffusa consapevolezza, sia sul lato della domanda che su quello dell’offerta. E per questo servono indicatori, metriche, standard di riferimento.
Standard e processi di certificazione: lo stato dell’arte
Lo sviluppo di standard – con i conseguenti processi di test e certificazione – è fondamentale per consentire alle ICT di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile in tutto il mondo.
Gli standard e i processi di certificazione hanno iniziato a essere utilizzati come uno strumento importante per coinvolgere le forze di mercato nel lancio di nuove tecnologie. Visualizzare se e come le tecnologie ICT inducono la sostenibilità può essere uno sforzo impegnativo poiché diversi utenti della tecnologia ICT hanno percezioni e aspettative le più disparate. Gli standard e il processo di certificazione possono offrire “rilevanza, legittimità e credibilità” al collegamento tra ICT e sostenibilità. E poiché gli standard e le certificazioni a volte agiscono come una cosiddetta “hard law” (con, in una certa misura, autorità coercitiva), se utilizzati in modo appropriato, possono catalizzare l’adozione della tecnologia ICT nelle iniziative di sostenibilità.
Per andare nel concreto è interessante vedere a che punto sta l’attività dei principali enti internazionali che si occupano di questo.
Sobrietà e sufficienza by design
Partiamo dall’ Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE ) e dal suo approccio all’ICT sostenibile. Gli orientamenti emergenti sono rivolti alla definizione di standard e certificazioni, alla sobrietà nel design e all’opportunità di evoluzione della rete.
Il concetto di sobrietà si basa sulla considerazione che nell’ICT il software ed i suoi molteplici layer dovrebbero essere un’area di interesse chiave. Nella battaglia per ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e delle soluzioni ICT, dobbiamo ridurre il consumo di risorse grazie al software. Il software è per molti versi onnipresente e consuma risorse significative (CPU e RAM in primis).
Anche l’attenzione all’intero ciclo di vita, e non solo al consumo energetico durante la fase di utilizzo, è un elemento critico. È necessario affrontare le questioni relative alla fase di smaltimento, come il riciclo delle materie prime e l’aumento della durata delle apparecchiature.
La considerazione degli effetti di rimbalzo associati a ciascuna innovazione dovrebbe aiutarci a ridurre il nostro impatto ambientale.
I concetti di sobrietà e sufficienza dovrebbero essere incorporati nella progettazione di un nuovo servizio o prodotto ICT, con l’obiettivo di fornire solo le funzionalità richieste.
I Project Authorisation Request
Su queste basi concettuali l’iniziativa Green ICT dell’IEEE ha compiuto progressi significativi nell’arena degli standard: sono state definite ben nove Project Authorisation Request (PAR). Tali PAR si occupano in particolare dei metodi per calcolare e accedere alle emissioni di gas serra che derivano dall’infrastruttura di telecomunicazioni e che, in particolare, possono essere mitigate dalla migrazione e dal posizionamento di macchine virtuali. Si occupano inoltre di efficienza energetica, di sistemi di trasmissione e elaborazione di big data.
Per citarne solo alcuni si va dallo standard per un metodo per il calcolo delle emissioni previste causate dalla migrazione e dal posizionamento della macchina virtuale in posizioni geograficamente distribuite fornite da diverse fonti di elettricità (PAR1) , allo standard per un metodo per calcolare le emissioni quasi in tempo reale dell’infrastruttura della tecnologia dell’informazione e della comunicazione (PAR 2), al PAR 4: pratica raccomandata per lo sviluppo di architetture digitali proporzionali alla potenza efficienti dal punto di vista energetico.
Troviamo poi il PAR 6: standard per un’architettura funzionale di elaborazione di Big Data efficiente dal punto di vista energetico, il PAR 7: standard per i servizi forniti dall’orchestrazione e dalla gestione a basso consumo energetico di data center distribuiti virtualizzati, il PAR 8: standard per un meccanismo per il posizionamento di macchine virtuali ad alta efficienza energetica fino al PAR 9: un quadro architettonico per la distribuzione di contenuti efficienti dal punto di vista energetico.
Questi PAR sono stati sottoposti all’approvazione della creazione di gruppi di lavoro sugli standard all’interno dell’IEEE e, a partire da ottobre 2016, hanno tutti superato la prima fase del processo di approvazione e stanno avanzando nel processo. Alcuni sono arrivati al termine, con la definizione di uno standard come, ad esempio, lo IEEE Std 1922.2-2019- IEEE Standard for a Method to Calculate Near Real-Time Emissions of Information and Communication Technology Infrastructure.
E non è solo IEEE ad avere preso l’iniziativa.
L’ European Telecommunication Standards Institute ETSI ha rilasciato la ETSI ES 203 199 V1.3.1 (2015-02) Environmental Engineering (EE)—Methodology for environmental Life Cycle Assessment (LCA) of Information Technologies (ICT) goods, networks and services.
La International Telecommunication Union (ITU) ha rilasciato molte metodologie di assessment legate all’ICT (L-1400, L-1420, L-1430, L 1410, L 1440). Citiamo la ITU L.1450 (2018) Methodologies for the assessment of the environmental impact of the information and communication technology sector.
Conclusioni
Forse, guardando a queste attività dei soggetti di riferimento tecnico scientifico del settore, la formazione di specialisti di una ICT sostenibile sembra finalmente più vicina. E senza l’alibi della mancanza di riferimenti internazionali e autorevoli.
Sarebbe il momento opportuno per una ripartenza nella giusta direzione: quella della sostenibilità ambientale.
- Secondo il think tank ShiftProject nel Report LEAN ICT-Toward Digital Sobriety, 2019 ↑
- L’efficienza energetica ha visto miglioramenti non abbastanza brillanti rispetto alle previsioni. Come risultato di un maggiore consumo di energia, le emissioni di CO2 sono aumentate dell’1,7% nel 2018 e hanno raggiunto un nuovo record. IEA 2018 Global Energy&CO2 status report 2018 ↑
- L. Belkhir, A. Elmeligi, Assessing ICT global emission footprint: tends to 2040 & recommendation, Journal of Cleaner Production 177 (2018) 448-463 ↑
- “Alla ricerca di 90mila lavoratori entro la fine dell’anno. Ecco le 30 figure più richieste”, 26 Novembre 2020 ↑