Yuval Harari nel suo best seller Homo Deus aveva fatto una previsione: gli algoritmi saranno le nuove divinità e controlleranno gli uomini. Nessuno ha mai accusato Harari di complottismo, ma di correre con la fantasia si. Eppure in queste ultime settimane sono accadute una serie di cose a livello di piattaforme social che potrebbero rappresentare l’antipasto della trasformazione preconizzata da Harari.
L’algoritmo di Facebook sulla graticola: ecco cosa non va, dalla privacy alla pubblicità
La “crisi” di Facebook/Meta
- In primo luogo Facebook/Meta inc ha avuto per la prima volta una battuta d’arresto, il suo primo calo dei ricavi, al contrario di Tik Tok che ha ampiamente superato il miliardo di utenti attivi mese.
- E in secondo luogo, sempre Facebook sta trasformando completamente il modo in cui i contenuti vengono presentati agli utenti, rendendo molto meno rilevante la rete di amici – a favore dei content creator – e molto più determinante il ruolo degli algoritmi che prevedono chi interagirà o meno con i contenuti, proprio copiando il modello del social cinese.
I ricavi Facebook e Instagram
Partiamo dai ricavi. Nei giorni scorsi, Meta ha comunicato i dati economici e finanziari relativi al secondo trimestre 2022 e contrariamente a tutte le previsioni, per la prima volta dalla sua nascita, Meta ha generato meno ricavi e meno profitti dello stesso periodo nell’anno precedente. Per la prima volta, dunque Meta rallenta la corsa. Nel mercato impazzito del NASDAQ e dell’ideologia neoliberal che domina l’economia americana, un giro a vuoto rispetto al comandamento della crescita infinita è sostanzialmente inammissibile. Ed è così che tutti i media, gli analisti, le società di rating e di trading hanno messo sotto la lente del microscopio il board di Meta inc., a partire da Mark Zuckerberg, per capire che cosa realmente stesse succedendo. Meta inc. ha chiuso il trimestre con un fatturato di 28.1 miliardi di dollari e un profitto di 6.7 miliardi. Il calo rispetto al periodo corrispondente del 2021 è dell’1%.
Anche se la percentuale di decrescita è statisticamente non significativa, le proiezioni sostenevano numeri differenti e vedere il segno “-” davanti ai ricavi di Facebook ha messo davanti agli occhi di tutti, un’altra previsione filosofica: che niente e nessuno è intoccabile, nell’era dei Cigni Neri, per dirla con le parole del saggista e matematico di Nicholas Taleb.
Di mezzo, c’è la guerra, la trasformazione degli equilibri geopolitici, l’esclusione dei russi dall’utilizzo del social. La policy privacy Apple.
Ma c’è anche la crescita a dismisura di Tik Tok che nel primo trimestre 2022 ha superato il 1.4 miliardi di utenti attivi mese. Nel segmento degli adolescenti, Tik Tok è ampiamente davanti a Instagram.
Il modello Tik Tok è differente rispetto a quello dei social di prima generazione (Facebook, Instagram, Twitter). A decidere quali contenuti vengono presentati agli utenti non è la rete sociale di riferimento dell’utente, ma gli algoritmi di intelligenza artificiale. Su Tik Tok in una singola sessione gli utenti visualizzano decine di brevissimi video. Gli algoritmi apprendono rapidamente che cosa piace all’utente e lo bombardano con video simili. Questo modello è stato replicato su Youtube, che ha creato gli “short videos”. Da Instagram che ha introdotto i Reel, presto seguito da Facebook che sta iniziando a mostrare i reel nella bacheca. A partire dal 2020, quando Instagram ha iniziato a dare la possibilità agli utenti di creare e condividere brevi video, è iniziata una Tik-Tokizzazione del mondo. Ma per un po’ di tempo questa Ti-Tokizzazione è stata soltanto formale. Perchè sui social di Meta inc. in fondo la rete di contatti ha continuato a giocare ancora un certo ruolo. La maggior parte dei contenuti che si vedono nel feed, sono i post “più interessanti” delle persone, amici e aziende che seguo. L’algoritmo pesca tra la rete dei contatti e decide cosa mostrare. Ma il grafo sociale determina il menu editoriale.
Ma sarà sempre così? Oggi già su Instagram 1 contenuto su 6 è determinato dall’algoritmo e non appartiene ad aziende/persone che l’utente segue. Su Facebook la visualizzazione dei Reel sta crescendo ad un ritmo molto importante. E i video che vengono mostrati non appartengono se non in parte minore a persone/aziende seguiti dagli utenti. Insomma c’è stato un sorpasso: Rete Sociale 1, Algoritmo 2. E l’accelerazione è solo agli inizi.
Il nuovo ruolo degli algoritmi
Il cuore dell’esperienza su Tik Tok non sono gli amici o la rete sociale di riferimento. Certo, si possono seguire amici o personaggi. Ma è l’algoritmo a decidere i video in anteprima. Non sorprende che, come emerge dalle ultime dichiarazioni, questa è esattamente la direzione che vuole imprimere Zuckerberg ai suoi social, probabilmente incalzato dagli azionisti e obbligato a clonare il modello di successo di Tik Tok.
Sembrano passati secoli dal 12 maggio 2012 quando nel documento di quotazione sul NASDAQ, Facebook spiegava agli analisti che il suo modello era la monetizzazione del “social graph” – il grafo sociale, la rete dei contatti. Stiamo invece tornando ad un più banale monetizzare il database di teste incollate sullo schermo grazie all’intelligenza degli algoritmi?
Ci sono alcune considerazioni da fare su questa tendenza che tende a privilegiare gli algoritmi sulle relazioni sociali.
La prima considerazione riguarda il potere degli algoritmi. Yuval Harari aveva parlato di un mondo dominato dagli algoritmi. Un mondo di questo tipo sembra tutt’altro che lontano.
Ed è un mondo rispetto al quale non abbiamo difese, risposte, anticorpi. Gli algoritmi – e la mole infinita di dati che macinano – sono oggi l’asset delle grandi aziende tecnologiche. Gli algoritmi sono in grado di sviluppare modelli predittivi del nostro comportamento più efficaci di qualunque altra persona. Ci conoscono meglio di nostra moglie o marito, dei nostri genitori, dei nostri amici. Secondo alcune ricerche: meglio di noi stessi.
Sono protetti da un’infinità di strati di segretezza industriale. Nemmeno chi ci lavora e li sviluppa ha una visione d’insieme di ciò che fa l’algoritmo. Esistono alternative? In pratica, nessuna. In teoria l’alternativa si chiama “open source”. Gli algoritmi potrebbero essere trasparenti. Il web 3 promette di bilanciare gli equilibri di potere tra corporation e utenti, rendendo open source, trasparenti, modificabili, visibili e tracciabili gli algoritmi.
E questa sarebbe una bella notizia, senza “se” e senza “ma”. Sfortunatamente il mondo della “DeSo” (decentralized social platform) non ha ancora sfornato progetti esplosivi come Tik Tok. E dunque l’alternativa è teorica per il momento, non concreta. Sarebbe tuttavia opportuno intavolare anche un discorso politico sull’argomento. Le piattaforme social in particolare Meta inc e Alphabet possiedono una quantità di dati da far impallidire i governi mondiali e sono in grado di influenzare le decisioni dell’umanità, grazie all’IA. Possono dunque ancora essere considerate aziende private? E possiamo accettare che restino nelle mani di pochi fondi e board? O forse, queste società dovrebbero essere obbligate a rivedere la loro Governance, aprendola a quella degli stati e di enti pubblici?
La seconda considerazione riguarda il tema dei contenuti e creatori di contenuti.
Se ne dica quel che si vuole, i contenuti di Tik Tok sono pillole banali svuotate di qualunque contenuto: caramelline che danno dipendenza dove ragazze carine, scenette assurde, gattini giocherelloni e balletti la fanno da padrone.Il format del mini video sacrifica il contenuto al guizzo, la verità all’intrattenimento di 15 secondi. Difficile veicolare contenuti complessi tramite reel e video di Tik Tok. Viene premiato ciò che si dimostra efficace in pochi secondi, il trucco, l’effetto, corpi belli, tecniche video di un certo tipo. Siamo lontani intere ere geologiche dal web dei blog, dei vecchi forum, dove si scriveva, si ragionava, si formavano community. Se uniamo questo allo strapotere, incontrastato e a quanto pare incontrastabile degli algoritmi, ci ritroviamo uno scenario non proprio facile da accettare. Anche perché se i creatori di contenuti avevano fino a questo momento puntato sul partire dalla propria cerchia per poi ampliarsi gradualmente. Oggi questo percorso è impedito. Tik Tok è il primo algoritm-only social network e come si arriva al successo è un mistero.
E’ ancora più imprevedibile di prima. Da un giorno all’altro ci si ritrova con centinaia di milioni di visualizzazioni, si sfrutta la celebrità del momento e poi si ricade nel vuoto. E il problema che Meta inc. sta rincorrendo questa formula. E’ il tempo di Warhol, dei 15 minuti di fama che può capitare a chiunque? Ma l’accento non è tanto sui 15 minuti. Ma sul “può capitare”. E’ l’era dell’arbitrario, del casuale e del fortuito. L’algoritmo segue una ratio o segue il semplice numero di interazioni? Due video simili possono generare 100 milioni di visualizzazioni o nessuna. L’effetto network una volta individuate alcune caratteristiche favorevoli, mostra il vincente a tutti e il perdente a nessuno. Sembra che non sia più in potere dell’utente costruire una propria reputazione online. Come fa a farlo? Quali strumenti, linguaggi, codici può usare? Se l’arbitrio domina la scena. La democrazia e la giustizia lasciano il loro posto al caos.
Una perdita di senso
In questo scenario non suona strano che Meta inc. non abbia rinnovato il contratto di partnership con i grandi editori di news per mostrare le notizie su Facebook. “Le persone non sono sui social per leggere le news” si è lasciato sfuggire un rappresentante della società durante un’intervista. Forse nemmeno per essere circuite da algoritmi, verrebbe da rispondere.
Ma il punto è sempre un altro. Come riusciamo a trovare un equilibrio tra una tecnologia che è sempre davanti e che amiamo per questo. E il senso delle cose, che è necessario per costruire valore e che rischia di rimanere sempre indietro? Perduto. Insieme con i contenuti dei nostri amici, sempre meno rilevanti per i social. E così, forse, anche per noi.